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Accordi di programma ed effetti urbanistici

3. Il decreto approvativo del presidente della regione

Affinché l’accordo di programma produca gli effetti dell’intesa ex art.81 del D.P.R. n.616/1977, è necessario, sempre secondo il comma 4 dell’art.27 della legge n.142, che la sua adozione (rectius approvazione) avvenga con decreto del presidente della regione.

La conditio sine qua non dell’adozione mediante decreto del presidente della regione presentava, all’interno dell’originaria configurazione dell’accordo di programma disciplinato dalla legge n.142, una ratio precisa che va analizzata sotto un duplice profilo.

Il primo profilo si ricollega all’eventuale effetto di diretta variazione degli strumenti urbanistici ed edilizi locali.

Come si sa, le prescrizioni del piano regolatore generale hanno efficacia a tempo indeterminato. Il comune, per “sopravvenute ragioni che determinino la totale o parziale inattuabilità del piano medesimo o la convenienza di migliorarlo” (ex art.10, comma 7, legge n.1150 del 1942) può apportarvi delle modifiche attraverso la cosiddetta “variante”. Il procedimento di variante, che di regola ricalca quello di adozione del piano regolatore generale, prevede tra gli atti conclusivi l’approvazione da parte della regione.

Ora, poiché tra gli effetti dell’intesa ex art.81 rientra la variante automatica delle prescrizioni degli strumenti urbanistici locali che siano in contrasto con le opere programmate, viene richiesto espressamente che l’accordo di programma con gli effetti dell’intesa sia adottato con decreto del presidente della regione, perché in mente legislatoris la funzione svolta da questo provvedimento viene a coincidere perfettamente con quella esercitata, nell’ordinario procedimento di variante, dall’atto di approvazione regionale.

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Argomentando dall’art.10 della legge n.1150 del 1942 (la cosiddetta “legge urbanistica”), possiamo dire che questa funzione consiste esemplificativamente nel controllare:

- il rispetto delle previsioni del piano territoriale di coordinamento;

- la razionale e coordinata sistemazione delle opere (…);

- la tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali, ambientali ed archeologici;

- l’osservanza degli standards urbanistici e degli spazi necessari per la realizzazione dei parcheggi.

Il secondo profilo, per cui ci sembra che il decreto del presidente della regione rispondesse ad una ratio precisa, attiene alla formulazione del comma 4 dell’art.27, anteriormente alla legge di riforma n.127 del 1997 (la cosiddetta “legge Bassanini/2”).Affermava precedentemente il comma 4 che l’accordo di programma consisteva “nel consenso unanime delle amministrazioni interessate”. Ciò significava che l’amministrazione procedente godeva di un minimum di discrezionalità nella scelta dei propri interlocutori (come abbiamo notato al paragrafo 2.2 del Cap. III), e in particolare, ai fini del nostro ragionamento, che fra gli stipulanti dell’accordo poteva non rientrare la regione.

Ora, i due profili vanno considerati insieme, nel senso che la potenziale assenza della regione dal procedimento di formazione dell’accordo, unita alla necessità che l’accordo di programma in variante incontri l’approvazione della regione (necessità derivante dalla funzione di controllo primariamente attribuita dalla norma al decreto), davano piena ragione della disposizione che prevedeva, e tuttora prevede, che l’accordo di programma recante gli effetti dell’intesa ex art. 81, venga sempre e comunque adottato con decreto del presidente della regione.

Il comma 4 dell’art.27, così come modificato dall’art.17 della legge Bassanini/2, prevede oggi che l’accordo consiste “nel consenso unanime del presidente della regione, del presidente della provincia, dei sindaci e delle altre amministrazioni interessate”. La nuova formula muta l’essenza stessa dell’istituto, perché attualmente un accordo di programma non può

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neppure venire a giuridica esistenza, se manca il consenso di un solo ente territoriale, sia esso la regione, la provincia o il comune.

Per quel che ci riguarda, dobbiamo constatare il venir meno di una condizione (la possibilità che la regione non sia parte dell’accordo) che giustificava la suvvista previsione concernente l’approvazione dell’accordo con decreto del presidente della regione. La funzione di controllo (tipica del decreto) non può da sola giustificare quella previsione, poiché la regione (ex lege considerata necessaria partecipante al procedimento di formazione dell’accordo) può svolgere agevolmente la sua attività di controllo durante la fase preparatoria, e deve comunque svolgerla prima della sottoscrizione dell’accordo, talché l’assenso così manifestato deve intendersi comprensivo del controllo medesimo.

Garantire, come fa oggi la legge, alla sola veste formale del decreto del presidente della regione l’effetto di variante dell’accordo di programma, collide con l’essenza stessa dell’istituto: se l’accordo di programma è dato comunque dal consenso del presidente della regione, perché solamente al suo decreto approvativo consegue l’effetto di variante dell’accordo e non anche al decreto del presidente della provincia o all’ordinanza del sindaco?

Il mancato adeguamento della norma, nel senso di garantire all’accordo l’effetto di variante indipendentemente dal tipo di provvedimento approvativo, costituisce, a nostro giudizio, un’altra ipotesi di lapsus calami in cui è incorso il legislatore nel 1997. In questo caso però le conseguenze non mancano.

Se, come unanimemente si ritiene in dottrina e in giurisprudenza (vedi supra i paragrafi 2.2 e 3.3 del Cap. III), competente ad approvare l’accordo di programma è il soggetto promotore, ovvero il soggetto dotato della competenza primaria o prevalente sull’opera o sull’intervento, qualora questo soggetto venga in concreto a coincidere con il sindaco o il presidente della provincia, i rispettivi provvedimenti approvativi (ordinanza o decreto) non saranno idonei, secundum legem, a conferire all’accordo gli effetti dell’intesa di cui all’art.81.

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Poiché fra le principali esigenze di chi pone in essere un accordo di programma rientra non solo il coordinamento delle competenze, ma anche la celerità e la semplificazione complessiva dei procedimenti, le più recenti applicazioni dell’istituto danno atto che, per superare la rigidità e le incongruenze della norma, si sta ricorrendo in pratica alla sistematica approvazione dell’accordo mediante decreto del presidente della regione, in modo da assicurare allo strumento gli effetti della concessione edilizia e della variante.

Ciò avviene naturalmente a scapito del principio di corrispondenza fra promozione dell’accordo e approvazione dello stesso (9), nonché della previsione secondo cui l’accordo “…è approvato con atto formale del presidente della regione o del presidente della provincia o del sindaco” (ex comma 4, art.27), poiché entrambi, principio e previsione, si trovano ormai più sulla carta che nella realtà dei fatti.