2. I soggetti dell’accordo di programma
2.2 I soggetti partecipanti
Per quanto riguarda i soggetti partecipanti all’accordo di programma il comma 4 dell’art.27 (così come modificato dall’art.17 della legge n.127/1997, la cosiddetta “Legge Bassanini/2”) esige il “…consenso unanime del presidente della regione, del presidente della provincia, dei sindaci e delle altre amministrazioni interessate”.
Mentre prima della riforma l’amministrazione procedente godeva di un minimo di discrezionalità nello scegliere i propri interlocutori (il vecchio articolo4 voleva semplicemente il “consenso unanime delle amministrazioni interessate”), ora questa “libertà” viene meno perché regioni, province e comuni, principali figure della pianificazione urbanistica, vengono previste, attraverso i rispettivi rappresentanti istituzionali, quali parti assolutamente indefettibili dell’accordo.
La nuova formulazione ha come scopo quello di rendere il procedimento di scelta più omogeneo, e di dare complessivamente maggiore stabilità e certezza all’istituto. Alcune perplessità vanno però sollevate in rapporto sia alla contrazione dell’autonomia riservata all’ente procedente, sia alla più difficile adattabilità verso procedimenti di bassa complessità, in quanto entrambi i fenomeni risultano potenzialmente idonei a disincentivare l’utilizzo dello strumento in esame (17).
(16) L’espressione è di G. MANFREDI, op. cit. supra a nt. (4), Cap. I.
(17) In tal senso G. PERULLI, Conferenze di servizi e accordi di programma, in Lo snellimento dell’attività amministrativa (coordinatore V. ITALIA), Milano, 1997.
Per quanto riguarda il consenso delle “amministrazioni interessate”
riteniamo, conformemente alla più recente dottrina, che non sia necessario l’assenso di tutti i soggetti invitati alla preliminare conferenza di servizi, ma sia sufficiente il consenso di quei soggetti che nella conferenza abbiano manifestato il loro interesse (18), fra i quali non possono mancare
“i titolari dei poteri corrispondenti all’atto del procedimento da porre in essere” (19), perché, come sappiamo, l’accordo di programma non è strumento di deroga alle ordinarie competenze previste dalla legge, ma di acquisizione, in un unico contesto procedimentale, delle manifestazioni di volontà, di giudizio e di conoscenza dei soggetti interessati.
Un altro problema interpretativo, riguardante l’individuazione degli enti pubblici legittimati a partecipare all’accordo, consiste nella possibilità o meno che organi diversi da quelli di amministrazione attiva intervengano come parti nell’accordo stesso. Una soluzione positiva deve ritenersi plausibile per le autorità che devono intervenire nel procedimento a scopo di vigilanza e prevenzione, analogamente a quanto avviene nella conferenza di servizi ex art.14 legge n.241/1990. Si pensi, in materia urbanistica, all’opportunità di inserire una autorizzazione regionale per la costruzione di nuovi impianti industriali o artigianali, oppure una valutazione di impatto ambientale riservata al Ministero dell’ambiente, oppure infine una autorizzazione dell’Ufficio del genio civile per le costruzioni da realizzare in località ad alto rischio sismico. Per quanto riguarda invece le autorità di controllo in senso stretto, il cui apporto è ottenibile con le forme ordinarie ossia al di fuori dell’accordo di programma, la loro partecipazione pare questione di opportunità da
(18) Sostengono questa interpretazione F. GUALANDI, op. cit. supra a nt. (15), e G.
PERULLI, L’iter preliminare all’accordo di programma, in Riv. Trim. appalti, 1992; contra G. MANFREDI, op. cit. supra a nt. (4), Cap. I.
(19) Confronta la sentenza della Corte Costituzionale 28-7-1993 n. 348, in Foro italiano, 1994.
risolversi caso per caso, soppesando le contrastanti esigenze di celerità del procedimento e d’imparzialità dell’autorità che esegue il controllo (20).
Circa l’includibilità del concessionario d’opera pubblica fra i soggetti legittimati a stipulare l’accordo di programma, non possiamo che fare un rinvio ai numerosi scritti sul tema, in considerazione dell’assai dibattuto ed ancora insoluto problema sulla natura (pubblicistica o privatistica) dell’attività posta in essere dal predetto soggetto (21).
In ogni caso, la possibile soluzione si connette alla risposta che si intende dare al quesito (di fondamentale importanza) sulla possibile partecipazione dei soggetti privati all’accordo di programma. Sul punto la dottrina è divisa in due ampi schieramenti; al primo appartengono quegli autori (22) che limitano ai soli soggetti pubblici la facoltà di stipulare l’accordo. A sostegno del loro assunto costoro adducono, da un lato l’esaustività della formula contenuta nell’art.27 che, a meno di voler stravolgere il dato letterale, non prevede in alcun modo la partecipazione dei privati, dall’altro lato possono contare su di una recente sentenza della Cassazione, la già citata (23) sent. 4 gennaio 1995 n.91, ove si afferma che
(20) Conformemente P. M. VIPIANA, op. cit. supra a nt. (2); e G. ALBANESE, op. cit.
supra a nt. (9), Cap. II.
(21) A sostegno della tesi della natura pubblicistica degli atti del concessionario si veda R. MARRAMA, Natura giuridica degli atti del concessionario privato di sola costruzione, in Riv. giur. urb.,1991; e G. MONTEDORO, Il concessionario di opere pubbliche: privato esercente pubbliche funzioni o imprenditore commerciale?, in Riv. Trim. appalti, 1991; contra si veda F. ANCORA, Il concessionario d’opera pubblica tra pubblico e privato, Milano, 1990, ed E.
CANNADA BARTOLI, Degli atti di gara del concessionario di sola costruzione, in Foro amm., Milano, 1991.
(22) Appartengono a questo schieramento: E. STICCHI DAMIANI, op. cit. supra a nt.
(2), Cap. I; F. CAIAFFA, op. cit. supra a nt. (9), Cap. II; e P. M. VIPIANA, op.
cit. supra a nt. (2).
(23) Supra a nt. (13), Cap. II.
l’accordo di programma consiste nel consenso unanime delle amministrazioni statali, delle amministrazioni locali e degli altri soggetti pubblici interessati, senza che ad esso partecipino i privati che, invece, possono essere coinvolti nella sua attuazione (24). Ulteriore elemento di contrarietà ai privati è ravvisato nella possibilità che questi inquinino la trasparenza dell'azione amministrativa, compromettendone il principio di imparzialità (25).
Il secondo schieramento, di più recente formazione, vede gli autori che ne fanno parte prendere una netta posizione in favore dei privati.
Costoro (26) portano a fondamento del loro pensiero, l’espressa previsione della partecipazione dei soggetti privati all’accordo contenuta nella legislazione successiva alla legge n.142 (in particolare nelle leggi n.179/1992, n.493/1993 e n.662/1996) (27), nonché un parziale ravvedimento della giurisprudenza (T.A.R. del Lazio, Sez. I, 30 gennaio 1995 n.62) concretizzatosi nell’ affermare la duttilità dello strumento dell’accordo di programma, l’assenza di rigidi caratteri di specificità, il suo possibile utilizzo per la realizzazione di opere d’iniziativa privata (d’interesse pubblico). Secondo questi autori, la partecipazione dei privati contribuirebbe poi a migliorare l’andamento dell’attività amministrativa, essendo in grado quest’ultimi di apportare nuove idee, finanziamenti e mezzi attuativi.
(24) Sulla sentenza si veda la nota critica di E. CANNADA BARTOLI, Accordo di programma e giurisdizione, in Giurisprudenza italiana, 1995.
(25) L’opinione è sostenuta da R. MARONE, Gli accordi di programma nella legge n.
142 del 1990, in Il corriere giuridico, 1991.
(26) A favore dei privati si schierano: G. DI GASPARE, L’accordo di programma:
struttura, efficacia giuridica e problemi di gestione, in Le Regioni, 1988; A.
PREDIERI, op. cit. supra a nt. (1), Cap. I; R. FERRARA, op. cit. supra a nt. (11), Cap. II; G. PASTORI, Accordo e organizzazione amministrativa, in L’accordo nell’azione ammministrativa, Atti del convegno organizzato dal Formez in Roma nel 1988, Roma, 1988.
(27) Su queste leggi si veda più ampiamente infra al Cap. IV.