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3.1 La fase preparatoria

La formazione di un accordo di programma passa attraverso un procedimento che si articola in almeno quattro fasi essenziali.

La prima di queste fasi, che potremmo definire “preparatoria”, si apre con la convocazione di una conferenza da parte del soggetto promotore dell’accordo ( il presidente della regione, il presidente della provincia o il sindaco in relazione alla competenza primaria o prevalente, come precedentemente precisato). Trattasi di una conferenza di servizi cosiddetta“istruttoria”, il cui scopo fondamentale consiste nel verificare l’esistenza di un interesse delle amministrazioni partecipanti a concludere un accordo di programma per il raggiungimento di un determinato obiettivo.

Alla conferenza dovranno essere invitati i rappresentanti di tutte le amministrazioni “interessate”. Si tratta di una scelta delicata, da un lato perché “l’interesse” va inteso in senso ampio, essendo ricomprese fra le amministrazioni interessate anche quelle contrarie alla realizzazione di un’opera da cui potrebbero subire un danno (28), dall’altro lato perché le amministrazioni ingiustamente escluse potrebbero impugnare in via giurisdizionale il provvedimento che recepisce l’accordo, vanificando così i lunghi sforzi occorsi per arrivare fino a quel punto (29).

Ci si può interrogare su chi possa assurgere alla figura di

“rappresentante”, se un semplice tecnico o un esperto che riceve un incarico ad hoc, oppure se il rappresentante legale dell’ente, come ad esempio richiede la legge regionale Toscana n.5/1995.

(28) In questo senso P. M. VIPIANA, op. cit. supra a nt. (2).

(29) Sul punto B. CARAVITA, Gli accordi di programma, in Aziendaitalia, 1990; e G.

MANFREDI, op. cit. supra a nt. (4), Cap. I.

Quest’ ultima figura ci sembra più indicata delle altre, innanzi tutto perché più consona alla posizione di soggetto portatore della volontà di una pubblica amministrazione e di probabile firmatario del documento finale contenente l’accordo.

In secondo luogo, perché intorno al tavolo della negoziazione primariamente si vaglieranno questioni di opportunità e si svolgeranno vere e proprie trattative, mentre le valutazioni di tipo tecnico potranno avvenire anche in un secondo momento, da parte di professionisti che svolgeranno il loro incarico per conto delle singole amministrazioni, oppure per conto di tutte le amministrazioni coinvolte nel procedimento (in questo caso dovranno essere nominati con il consenso unanime delle stesse).

Molto importante per l’esito della conferenza risulta anche l’atto di convocazione che, pur non richiedendo la legge alcuna formalità, dovrà chiaramente indicare l’oggetto dell’eventuale accordo e dovrà essere trasmesso previamente e tempestivamente a tutte le amministrazioni interessate, in modo che queste possano prendere le opportune determinazioni nel merito, una volta esaminati i dati progettuali e finanziari inerenti.

Come i primi esempi pratici confermano (ad esempio (30) l’accordo di programma approvato con decreto del Presidente della Giunta della regione Emilia Romagna n.70 del 7 febbraio 1995), le conferenze necessarie per arrivare alla stipulazione di un accordo di programma saranno, nella maggioranza dei casi, più di una, dimodochè gli enti coinvolti possano adeguatamente compiere le proprie valutazioni di merito.

(30) L’esempio è tratto da F. GUALANDI, op. cit. supra a nt. (15).

3.2 La fase costitutiva

Se a queste conferenze si attribuisce dunque un ruolo preparatorio, come conferma il comma 3 dell’ art.27 che attribuisce ad esse lo scopo di

“verificare la possibilità di concordare l’accordo”, ne deriva che la

“conclusione” dell’accordo costituisce una fase distinta dalla precedente.

Essa consiste nella manifestazione del “ consenso unanime del presidente della regione, del presidente della provincia, dei sindaci e delle altre amministrazioni interessate” (comma 4 dell’art.27), attraverso la sottoscrizione, in ultima battuta, del documento unitario contenente l’accordo, da parte dei tre suddetti organi monocratici e da parte dei rappresentanti delle altre amministrazioni partecipanti.

Sia la legislazione statale che quella regionale omettono una formale e puntuale regolamentazione di questa fase, introducendo così un principio di libertà del procedimento che si estrinseca in diverse modalità di acquisizione del consenso, nonché in differenti rapporti tra la figura idonea a formare la volontà dell’ente e quella idonea a rappresentarlo.

Un primo modello vuole stabilita la coincidenza fra queste due figure nell’organo monocratico dell’amministrazione, dando luogo in molti casi ad una deroga alle ordinarie competenze stabilite dalla legge all’interno di quella (31). Esemplificativo a tal proposito è lo statuto di Roma (32), il quale stabilisce che il Sindaco promuove gli accordi di programma e aderisce alla proposta di altri enti sulla base degli indirizzi deliberati dal Consiglio comunale, informandolo preventivamente sugli elementi principali dell’accordo (art.20 comma 4).

(31) A favore del modello è A. TRAVI, op. cit. supra a nt. (9), Cap. II; e R. MARONE, op. cit. supra a nt. (25).

(32) Questo e i successivi esempi sugli statuti comunali sono tratti da S. STAIANO, L’accordo di programma nelle leggi n. 64/1986 e n. 142/1990, in Rivista giuridica del Mezzogiorno, 1992.

Il modello risulta evidentemente improntato alla speditezza del procedimento, parzialmente bilanciata con l’inserimento di alcune garanzie, date dal rispetto dell’attività di indirizzo dell’organo collegiale e dall’informazione a quest’ultimo assicurata. Tale informazione può essere preventiva, come stabilito dal già visto statuto di Roma o da quello di Bari (art.27 comma 3), viceversa può essere postuma, cioè avvenire dopo l’approvazione o la stipula dell’accordo, come dispongono invece gli statuti di Pescara (art.64 comma 3) e dell’Aquila (art.60 comma 3).

Un secondo modello vuole invece garantito il normale riparto delle competenze all’interno dell’amministrazione (33), ragione per cui il rapporto tra la figura rappresentativa e la figura deliberante vedrà l’organo monocratico e l’organo collegiale in frequente posizione di dicotomia.

A tal proposito due sottomodelli si presentano come astrattamente proponibili: il primo è quello della successiva ratifica da parte dell’

organo collegiale della volontà espressa dal rappresentante tramite la sigla dell’accordo (34); il secondo è quello della previa autorizzazione rilasciata al rappresentante dall’organo collegiale, attraverso un mandato con margini di elasticità tali da poter negoziare le deliberazioni finali (35).

Tale sottomodello ci sembra nettamente da favorire, in primo luogo perché più “garantista” per le autorità competenti che non si trovano costrette a ratificare scelte operate altrove, “magari sotto il solito ricatto della perdita di un qualche finanziamento” (36), in secondo luogo perché si adatta perfettamente al comma 5 dell’art.27 che altrimenti diventerebbe un’inutile repetitio, ed in ultima analisi perché l’accordo di programma risulta fin dall’inizio più stabile, non verificandosi problemi di eventuali

(33) Così G. GRECO, op. cit. supra a nt. (6).

(34) A favore di questo modello si veda G. PERICU, op. cit. supra a nt. (10), Cap. II.

(35) Per la previa autorizzazione sono: G. MANFREDI, op. cit. supra a nt. (4), Cap. I;

P. M. VIPIANA, op. cit. supra a nt. (2); G. ALBANESE, op. cit. supra a nt. (9), Cap. II; e F. GUALANDI, op. cit. supra a nt. (15).

(36) R. MARONE, op. cit. supra a nt. (25).

rifiuti di ratifica da parte dell’organo collegiale (semprechè l’accordo non comporti variazione degli strumenti urbanistici, nel qual caso la ratifica diventa ex lege necessaria).

Esemplificativo del modello è, a livello statale, l’art.25 della legge n.210 del 1985, il quale afferma che i rappresentanti devono essere

“…autorizzati dai rispettivi organi deliberanti”. A livello locale citiamo lo statuto di Firenze, il quale stabilisce che il Sindaco deve essere autorizzato a sottoscrivere l’accordo dal Consiglio comunale (art.32 comma 3), oppure lo statuto di Bergamo, il quale dichiara che il Sindaco

“agisce sulla base di una deliberazione della Giunta comunale, sentiti i capogruppo” (art.51 comma 2). Si consideri ancora lo statuto di Venezia che obbliga il Sindaco a fornirsi del “mandato vincolante dell’organo collegiale competente” (art.21), e, da ultimo, lo statuto di Napoli in cui il Sindaco “sottopone per l’approvazione lo schema di accordo di programma al Consiglio o alla Giunta, in ragione delle rispettive competenze, almeno trenta giorni prima della conferenza fissata per la conclusione dell’accordo. Egli conclude l’accordo o dichiara l’indisponibilità del Comune a concluderlo in conformità alle determinazioni della Giunta o del Consiglio” (art.61 comma 2).

3.3 La fase approvativa

Alla fase di conclusione segue quella di “approvazione”, come espressamente dispone il comma 4 dell’art.27: “L’accordo…..è approvato con atto formale del presidente della regione o del presidente della provincia o del sindaco”.

Trattasi di un atto unilaterale, di natura provvedimentale con veste di decreto od ordinanza, la cui competenza è rimessa, secondo unanime dottrina, al titolare del potere di promozione dell’accordo (37).

Ciò dovrebbe valere anche per l’ipotesi prevista dal comma 7, ovvero quando l’accordo ha per oggetto un intervento o un programma di intervento che richiede il concorso di due o più regioni finitime: in tal caso il decreto di approvazione dovrebbe provenire dal Presidente del Consiglio dei ministri.

In tutte le ipotesi è comunque dubbia la natura e l’efficacia dell’atto di approvazione dell’accordo di programma.

Secondo una parte della dottrina l’atto di approvazione dà luogo ad un fenomeno di novazione della fonte di produzione, sostituendosi il provvedimento all’accordo come fonte degli effetti giuridici ivi contemplati e fungendo il provvedimento da strumento per il controllo degli aspetti formali e sostanziali dell’accordo stesso (il controllo verterà ad esempio sul rispetto delle norme vigenti e sul sistema delle competenze, sulla coerenza delle dichiarazioni dei vari enti e sull’osservanza degli atti di programmazione di cui gli accordi costituiscono attuazione) (38).

Secondo un’altra frangia notevole della dottrina (39), gli effetti giuridici sono da attribuirsi comunque all’ accordo, dando luogo il provvedimento di approvazione ad un fenomeno di mera esternazione volto a rendere l’accordo efficace nei confronti dei terzi che, qualora

(37) In tal senso, fra gli altri: L. VANDELLI, Ordinamento delle autonomie locali.

Commento alla legge 8 giugno 1990, n. 142, Rimini, 1991; G. MANFREDI, op. cit.

supra a nt. (4), Cap. I; e G. GRECO, op. cit. supra a nt. (6).

(38) Fra coloro che sostengono questa posizione citiamo G. GRECO, op. cit. supra a nt.

(6), e F. CAIAFFA, op. cit. supra a nt. (9), Cap. II.

(39) All’interno di questa frangia ricordiamo: A. QUARANTA, Gli accordi di programma nella legge 1° marzo 1986 sul Mezzogiorno, in Il Consiglio di Stato, 1987; e V. CERULLI IRELLI, op. cit. supra a nt. (12), Cap. I.

ritengano l’accordo lesivo dei loro diritti, possono impugnare il decreto che lo recepisce davanti al giudice amministrativo. Il termine

“approvazione” non dovrebbe dunque trarre in inganno: la funzione dell’atto non sarebbe tanto quella di controllo del contenuto, giacché questa viene assegnata ad una delle parti contraenti che la può esercitare semplicemente impedendo la conclusione dell’accordo, bensì è quella di estendere erga omnes gli effetti dell’accordo di programma che, prima della sua recezione, si producono esclusivamente inter partes.

Una spiegazione ulteriore di questa particolare procedimentalizzazione è stata proposta proprio in riferimento alla materia urbanistica. L’atto amministrativo conclusivo sarebbe da ricollegare ai possibili effetti di diretta variazione degli strumenti urbanistici, che all’accordo sono espressamente attribuiti dal comma 4 dell’art.27. Tali effetti non si potrebbero infatti produrre per via meramente consensuale ma necessiterebbero, almeno formalmente, di un atto amministrativo di tipo autoritativo (40).

3.4 La fase di pubblicazione

Alla fase di approvazione dell’accordo di programma segue, sempre secondo il comma 4 dell’art.27, quella di “pubblicazione” dello stesso.

La pubblicazione dovrà avvenire nel bollettino ufficiale della regione: si tratterà della regione il cui presidente ha emanato il decreto di approvazione, oppure della regione in cui è ricompresa la provincia o il comune il cui organo monocratico di vertice ha provveduto all’approvazione.

Per l’accordo di programma previsto dal comma 7 dell’art.27, la pubblicazione, stante il silenzio della norma sul punto, dovrebbe avvenire

(40) Questa teoria viene sostenuta da E. STICCHI DAMIANI, op. cit. supra a nt. (2), Cap I.

nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica in considerazione degli effetti ultraregionali dell’accordo (41).

Con la pubblicazione il procedimento di formazione risulta essenzialmente completo e l’accordo diventa operativo.

(41) Conformemente P. M. VIPIANA, op. cit. supra a nt. (2).