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Gli accordi di programma nelle leggi settoriali

2. Gli accordi di programma nelle leggi posteriori alla n.142 del 1990

2.2 L’accordo di programma nella legge n.396 del 1990

La legge 15 dicembre 1990, n.396, contempla all’art.3 la possibilità di concludere un accordo di programma sul presupposto della necessità di attivare il programma di interventi, funzionale all’assolvimento da parte della città di Roma del ruolo di capitale della Repubblica (programma approvato a norma dell’art.2), che richieda, secondo formula ormai consueta, l’azione integrata e coordinata di amministrazioni, enti ed altri soggetti pubblici, o comunque di due o più tra i soggetti predetti.

Il soggetto promotore (a differenza dell’art.27 della legge n.142/1990) va individuato mediante un apposito subprocedimento. Egli infatti viene nominato dal Ministro per i problemi delle aree urbane, in base al criterio della competenza primaria o prevalente sugli interventi, dietro precisa richiesta del Presidente della regione Lazio, del Presidente della provincia di Roma, del Sindaco di Roma o di amministrazioni statali.

Conformemente allo schema di accordo di cui all’art.27 della legge n.142, l’accordo di programma previsto dall’art.3 della legge n.396:

a) è finalizzato ad assicurare il coordinamento delle azioni dei soggetti pubblici coinvolti, determinandone i tempi, le modalità, il funzionamento ed ogni altro connesso adempimento;

b) può prevedere procedimenti di arbitrato e di surrogazione;

c) produce gli effetti dell’intesa di cui all’art.81 del D.P.R. n.616 del 1977;

d) viene approvato con atto formale del Presidente della regione Lazio, o del Presidente della provincia di Roma, o del Sindaco di Roma;

e) viene pubblicato nel bollettino ufficiale della regione.

Se l’accordo di programma viene stipulato in variante agli strumenti urbanistici, l’adesione del Sindaco di Roma deve essere ratificata dal Consiglio comunale entro trenta giorni. La mancata deliberazione entro il suddetto termine non comporta (contrariamente

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all’art.27 della legge n.142) la decadenza dall’accordo, bensì la sua automatica ratifica, venendo così la norma a costituire una vera e propria ipotesi di silenzio-assenso.

Altrettanto difforme dall’art.27 della legge n.142 è poi la previsione di cui al comma 5 dell’art.3 della legge n.396: pur consistendo di regola l’accordo nel consenso unanime delle amministrazioni interessate (ex art.3, comma 3) è previsto, in via derogatoria, che in caso di mancato raggiungimento dell’unanimità, il Sindaco di Roma può chiedere al Ministro per i problemi delle aree urbane di sottoporre l’accordo al Consiglio dei ministri. Dopo la deliberazione favorevole di quest’ultimo, l’accordo viene approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

Questa disposizione, simile a quella prevista nella legge n.210 del 1985 istitutiva dell’Ente Ferrovie dello Stato, ha destato notevoli perplessità in dottrina. E’ stato da più parti osservato che in questo caso non si avrebbe più un accordo, ma un atto autoritativo di competenza del Governo (17), infatti “…non si comprende come si possa definire accordo un atto consensuale privo di (taluni) consensi a meno di non ammettere il monstrum di un accordo a maggioranza” (18).

La vigilanza sull’esecuzione dell’accordo e sull’esercizio di eventuali interventi sostitutivi è affidata (conformemente all’art.27 della legge n.142) ad un collegio, composto dai rappresentanti degli enti partecipanti. La presidenza del collegio spetta al Presidente della regione Lazio, o al Presidente della provincia di Roma o al Sindaco di Roma, in relazione all’usuale criterio della competenza primaria prevalente sugli interventi. Se all’accordo partecipano amministrazioni statali o enti pubblici nazionali, la presidenza deve essere attribuita invece al Ministro per i problemi delle aree urbane (in questa ipotesi l’art.27 attribuisce la

(17) L’osservazione è di N. OLIVETTI RASON, Vecchio e nuovo per Roma Capitale, in Rivista giuridica dell’urbanistica, 1991.

(18) E. STICCHI DAMIANI, op. cit. supra a nt. (2), Cap. I.

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stessa al commissario del Governo nella regione o al prefetto della provincia interessata).

Il comma 7 dell’art.3 rinvia, da ultimo, alla disciplina contenuta nell’art.27 della legge n.142/1990, per quanto non espressamente previsto dallo stesso articolo 3.

2.3 L’accordo di programma nel D.L. n.398 del 1993

Il D.L. 5 ottobre 1993, n.398, (convertito in legge, con modificazioni, dall’art.1, comma 1 della legge 4 dicembre 1993, n.493) prevede all’art.11 la possibilità di concludere un accordo di programma per approvare i programmi di recupero urbano.

I programmi di recupero urbano sono strumenti pianificatori di dettaglio che prevedono un sistema di opere finalizzate:

- alla realizzazione, manutenzione e ammodernamento delle urbanizzazioni primarie (con particolare attenzione ai problemi di accessibilità degli impianti e dei servizi a rete), e delle urbanizzazioni secondarie;

- alla edificazione di completamento e di integrazione dei complessi urbanistici esistenti;

- all’inserimento di elementi di arredo urbano, alla manutenzione ordinaria e straordinaria, al restauro, al risanamento conservativo ed alla ristrutturazione edilizia di edifici.

Dal D.L. n.398 e dai due D.D.M.M. 1° dicembre 1994, contenenti le disposizioni per la realizzazione dei programmi di recupero, si evince che questi programmi sono rivolti prevalentemente a realizzare interventi di completamento e di integrazione degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica, da localizzare all’interno di questi stessi insediamenti, nelle aree contigue, ed eventualmente anche in aree esterne per la realizzazione di alloggi-parcheggio da destinare a lavoratori dipendenti e alle categorie

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sociali più deboli. I due decreti determinano inoltre le modalità e i criteri generali per la concessione dei contributi, per l’individuazione delle zone urbane interessate e per la determinazione particolareggiata delle tipologie di intervento.

L’approvazione dei programmi di recupero mediante conclusione di un accordo di programma, che dovrà avvenire ai sensi dell’art.27 della legge n.142/1990, risulta particolarmente utile nei casi in cui gli interventi proposti siano in contrasto con le prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti, in considerazione degli effetti di diretta variazione di questi strumenti e di rilascio della concessione edilizia, che all’accordo di programma stipulato secondo l’art.27 sono da attribuire (19).

Risulta molto importante notare che al programma partecipano sia soggetti pubblici che privati, anche associati fra di loro. Ad essi la legge consente, infatti, di presentare una proposta unitaria del programma di recupero, e di concorrere al finanziamento e all’attuazione dello stesso.

Fra questi soggetti possono rientrare, oltre alla regione, alla provincia e al comune, gli altri enti pubblici locali, gli I.A.C.P., le imprese di costruzione, le cooperative, i consorzi di soggetti pubblici e privati (questi ultimi devono però possedere, ex D.D.M.M. 1° dicembre 1994, determinati requisiti di tipo tecnico-organizzativo, economico, finanziario e morale).

E’ stato osservato in dottrina che con l’introduzione nel nostro ordinamento dei programmi di recupero urbano (e dei programmi integrati di intervento), si assiste alla diffusione, anche nel nostro paese, del fenomeno dell’urbanistica contrattata, “…a sottolineare come i privati vengono coinvolti direttamente nella fase creativa degli assetti pianificatori generali ed il ruolo dell’accordo non venga confinato più alla sola fase esecutiva” (20).

(19) Sugli effetti dell’accordo di programma ex art. 27 vedi supra al par. 1, Cap. IV.

(20) S. CIVITARESE e P. URBANI, op. cit. supra a nt. (10), Cap. II.

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2.4 L’accordo di programma nel D.M. 21 dicembre 1994

Lo strumento dell’accordo di programma è previsto anche dal D.M.

21 dicembre 1994, il cui art.12 ne prevede la stipula al fine di approvare i programmi di riqualificazione urbana (21).

“I grandi obiettivi della riqualificazione urbana, del recupero delle periferie, dei grandi progetti metropolitani, della riconversione di aree industriali dismesse, in breve, della ripianificazione di intere parti del tessuto urbano richiedono una costante integrazione tra soggetti pubblici e privati operatori” (22). A questa esigenza sembrano poter dare una risposta i programmi di riqualificazione urbana, i quali consistono in “…un insieme sistematico e coordinato di interventi pubblici e di interventi privati realizzati in regime di convenzione” (ex art.5, comma 1), diretti ad

“…avviare il recupero edilizio e funzionale di ambiti urbani specificamente identificati attraverso proposte unitarie che riguardano:

a) parti significative delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;

b) interventi di edilizia non residenziale che contribuiscono al miglioramento della qualità della vita nell’ambito considerato;

c) interventi di edilizia residenziale che inneschino processi di riqualificazione fisica dell’ambito considerato” (ex art.2).

L’ambito di intervento dei programmi di riqualificazione urbana (ex art.4) può ricadere all’interno di zone in tutto o in parte già edificate, oppure anche all’esterno di queste se vi è una connessione funzionale fra tutti gli interventi pubblici e privati programmati.

(21) Un accordo di programma approvato ai sensi del D.M. 21-12-1994 è contenuto in appendice, e ad esso rinviamo esemplificativamente per tutto quanto esposto di seguito in questo paragrafo. E’ da segnalare anche che con l’O.M. 25-09-1998 sono stati introdotti i programmi di riqualificazione urbana e di sviluppo sostenibile del territorio (PRUSST).

(22) S. CIVITARESE e P. URBANI, op. cit. supra a nt. (10), Cap. II.

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Tra gli interventi pubblici che possono costituire oggetto del programma rientrano (ex art.5):

- l’acquisizione di immobili da destinare ad urbanizzazioni primarie o secondarie o ad edilizia residenziale pubblica;

- la realizzazione, il completamento e l’adeguamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;

- la sistemazione ambientale e l’arredo urbano delle aree e degli spazi pubblici.

Possono invece essere sia pubblici che privati gli interventi concernenti:

- il risanamento delle parti comuni dei fabbricati residenziali;

- la manutenzione ordinaria e straordinaria, il restauro, il risanamento conservativo e la ristrutturazione edilizia di fabbricati residenziali e non residenziali;

- la ristrutturazione urbanistica;

- la realizzazione o l’ampliamento di fabbricati residenziali e non residenziali.

Il comune, con procedure autonomamente determinate, promuove e valuta, ai fini dell’ammissibilità, le proposte che pervengono dai soggetti interessati alla realizzazione del programma (ex art.6, comma 3). Gli interventi dei privati ammessi costituiscono oggetto di atti unilaterali d’obbligo e di apposite convenzioni stipulate fra questi e il comune.

Tutti gli interventi devono infine confluire in un unitario programma che (ex art.12, così come modificato dal D.M. 30 ottobre 1997) deve essere approvato con accordo di programma, sia che risulti conforme, sia che comporti variante agli strumenti urbanistici vigenti.

Prima della conclusione dell’accordo viene stipulato un protocollo di intesa relativo al finanziamento e all’attuazione dell’accordo, tra le amministrazioni e gli enti interessati.

L’accordo di programma è promosso dal comune e vi partecipano tutti i soggetti che hanno sottoscritto il protocollo di intesa.

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Conformemente a quanto da noi sostenuto in generale per l’accordo di programma, la norma di seguito precisa molto opportunamente che, qualora gli interventi previsti comportino variante agli strumenti urbanistici, i comuni devono garantire prima della conclusione dell’accordo la necessaria pubblicità del programma, nei modi e nei termini previsti dalla normativa vigente in materia. Nelle premesse dell’accordo di programma andranno poi indicate le procedure di pubblicità attuate, e le osservazioni con le relative controdeduzioni presentate.

L’accordo sanziona severamente il mancato rispetto del termine per l’avvio del programma, fissato entro i dieci mesi successivi alla data dell’accordo stesso, con l’automatica inefficacia della variante e la decadenza dal finanziamento concesso.

Dall’allegato A, che costituisce parte integrante del D.M. 21-12-1994, ricaviamo che l’accordo di programma deve inoltre prevedere:

a) l’ammontare, la provenienza e le modalità della messa a disposizione delle risorse pubbliche e private per la realizzazione degli interventi pubblici;

b) gli organi e le competenze dell’amministrazione comunale per la vigilanza sulle opere pubbliche e private realizzate in regime convenzionato, e per la realizzazione delle opere pubbliche (un responsabile del procedimento, un progettista, un direttore dei lavori, ecc.);

c) i tempi di realizzazione e la durata dell’accordo di programma;

d) le attività di vigilanza, monitoraggio e collaudo degli interventi programmati.

Costituiscono parte integrante dell’accordo di programma anche gli allegati che contengono i progetti, le schede dei progetti, le relazioni e il cronoprogramma delle opere pubbliche e private previste.

Un’ultima disposizione degna di nota consiste nella possibilità che l’accordo affianchi al collegio di vigilanza (disciplinato dal comma 6 dell’art.27 della legge n.142) una struttura di coordinamento, costituita dai

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responsabili del procedimento (assistiti da un ufficio di segreteria con personale comunale), con il compito di verificare la corrispondenza del programma agli impegni convenzionali assunti, nonché la sussistenza di eventuali modifiche del programma.

La struttura, inoltre, raccoglie ed esamina i dati relativi al programma con particolare riferimento all’avanzamento dei lavori, elabora un rendiconto periodico sull’attuazione del programma, e collabora con gli organismi competenti al monitoraggio e alla collaudazione degli interventi.

Le procedure di approvazione e quant’altro non previsto dal D.M.

21-12-1994 sono regolati dall’art.27 della legge n.142.