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IL “GIOVANE GIAPPONESE” RAFFIGURATO DA CESARE VECELLIO (1598)

Un altro canale attraverso cui si poté accedere in Italia, alla fine del XVI secolo, alla conoscenza dei costumi giapponesi, fu la pubblicazione nel 1598 a Venezia del volume di Cesare Vecellio Habiti

antichi, et moderni di tutto il mondo. Di Cesare Vecellio. Di nuouo accresciuti di molte figure. Vestitus antiquorum, recentiorumque totius orbis. Per Sulstatium Gratilianum Senapolensis latine declarati.

Il volume, che era corredato da 503 incisioni184 raffiguranti, come dice il titolo, gli abiti “di tutto il

mondo”, apparteneva alla categoria dei “libri di costume”, che erano manoscritti o pubblicazioni

aventi come soggetto gli abiti di una persona, di un determinato luogo, ma perlopiù del mondo intero185.

178 Ivi, pp. 109-110: “Sì come anche sono non meno stravaganti che varii ne’ loro costumi, de’ quali ne avevo fatto una

nota e contrapostoli in tutto e per tutto alli nostri, come essi sono contraposti a noi nel sito delle loro terra […]. E per dirne alcuni che mi sovengono: che maggiore stravagantia si può egli accoppiare, che il modo di governare li loro ammalati, li quali cibano con pesce fresco e salato, e con telline e altre conchiglie di mare, e di diverse frutte acerbe, agre e crude, e mai non cavano sangue, et così fanno in tutto e per tutto al contrario di quello che noi facciamo?”.

179 Ivi, p. 100: “Finalmente quest’isole sono fertilissime d’ogni cosa […]. In quest’isole si potrebbe passare la vita

felicemente e con pochissima spesa, e chi quivi è signore di mille scudi sta meglio che non starebbe uno con dieci mila in questi paesi”.

180 Ivi, p. 110: “Gli uomini di questa terra in generale sono molto ingeniosi [sic], audaci, dissimulatori, iracondi e

carnefici in tanta crudeltà e maniera, che senza aver timore della morte spesse volte a sangue freddo s’ammazzano da per sé medesimi per diverse cause e accidenti, tagliandosi il corpo in croce con una scimitarra. Il che fanno ancora le donne, le quali non sono punto meno crudeli con li proprii figlioli, che spesse volte ne’ loro ventri o subito nati, per non avere quel fastidio, e massimamente quando sono poveri, d’allevarli, gli ammazzano”.

181 Cfr. P. Collo, Introduzione, in F. Carletti, Ragionamenti del mio viaggio intorno al mondo, op. cit., p. XV.

182 Ivi, p. 95: “Per minime cose, a mio tempo, crocifiggevano molti, solo per aver rubbato una radice, o simili bagatelle

non punto meritevole di morte d’uomini; de’ quali se ne tiene in questo caso quel conto che noi terremmo d’ammazzare delle mosche, e per tutte le strade e cammini del paese non si vede altro [..] che croci piene d’uomini, di donne, di ragazzi o fanciullini, senza quelli a’ quali tagliano la testa, che sono un numero infinito”.

183

Cfr. P. Collo, Introduzione, in F. Carletti, Ragionamenti del mio viaggio intorno al mondo, op. cit., p. XIV.

184 J. Guérin Dalle Mese, L’occhio di Cesare Vecellio. Abiti e costumi esotici nel ’500, 1998, p. 20.

185 G. Riello “La moda che verrà: verso una storia globale della moda, in Moda. Storia e storie, 2010, pp. 28-41: 34-

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I “libri di costume” fecero la loro comparsa a Venezia alla fine degli anni Cinquanta del Cinquecento e si diffusero ben presto in tutta Europa186. In un periodo storico in cui le recenti scoperte geografiche avevano posto in contatto gli europei con popoli fino ad allora sconosciuti, “gli illustratori europei usarono il costume come un modo per ordinare l’idea sempre più confusa del mondo”187.

Fra i “libri di costume”, l’opera di Cesare Vecellio è “la più importante in assoluto per la grande quantità di notizie sull’abbigliamento che fornisce”188. Mentre nella prima edizione del 1590 non vi è traccia alcuna di costumi giapponesi, in quella del 1598, alla tav. 476 r. del libro XI dedicato a “gli habiti dell’Asia”, compare l’immagine di un “Giovane Giapponese” (FIG. 26) corredata a p. 477 r. dalla seguente didascalia:

“Giovane giapponese. In questi paesi portano un busto, e braghesse longhe, e larghe fatte di una tela di seta, così bella, e bianca, che somiglia la carta. Queste sono miniate di diversi colori con fogliami, et uccelli molto vagamente. Di sopra portano una zimarra come di velluto à opera. Si cingono una scimitarra, e un pugnale, et tutte queste cose si veggono nella sala delle Armi del Conseglio dei dieci nella Città di Venetia”.

Sulla base di quanto sappiamo oggi dell’abbigliamento giapponese del sec. XVI, possiamo affermare che la rappresentazione del “giovane giapponese” non risulta molto realistica, soprattutto per il fatto che la sua veste non è fermata in vita da una cintura e, seppur aperta nella parte anteriore, non ha i lembi incrociati e sovrapposti, come era invece tipico nell’abbigliamento giapponese maschile e femminile189. Inoltre il giovane regge in mano un bastone, mentre solitamente gli uomini giapponesi portavano una spada o un pugnale, come ricordato del resto dallo stesso Vecellio nella didascalia.

186 “Più di 40 titoli vennero pubblicati fra il 1560 e il 1645 in Europa, senza contare le edizioni pirata o le ristampe e le

versioni in lingue diverse. I libri di costume erano stampati nei maggiori centri librari del Continente come Padova e Venezia, ma anche Amsterdam, Anversa e Francoforte”. Cfr. G. Riello “La moda che verrà: verso una storia globale della moda, in Moda. Storia e storie, 2010, pp. 28-41: 34-35. Per un elenco dei principali libri di costume editi in Europa alla fine del Cinquecento Cfr. D. Davanzo Poli, La moda nel “Libro del sarto”, in Il Libro del sarto della Fondazione Querini Stampalia di Venezia 1987, pp. 57-63:57-58.

187 B. Wilson, Foggie Diverse di Vestire de’ Turchi: Turkish Costume Illustration and Cultural Translation, in “Journal

of Medieval and Early Modern Studies”, XXXVII, 2007, n. 1, p. 100, cit. in G. Riello “La moda che verrà: verso una storia globale della moda, in Moda. Storia e storie, 2010, pp. 28-41: 35. Illustrazioni raffiguranti gli abiti di tutto il mondo furono disposte anche intorno a mappe geografiche, come nel caso della Mappa del mondo realizzata dal cartografo olandese Willem Janz Blaeu nel 1606-7 e pubblicata in M. Tadayoshi, Japanese Map Screens, in Encounters. The Meeting of Asia and Europe 1500-1800, 2004, pp. 326-329: 327. Sulla mappa del Blaeu si basarono dei cartografi giapponesi per realizzare, negli anni dieci del Seicento, una mappa del mondo circondata anch’essa da immagini raffiguranti 42 popolazioni del mondo con i loro abiti caratteristici. Tale mappa è stata pubblicata in M. Tadayoshi, Japanese Map Screens, op. cit., pp. 328-29.

188 D. Davanzo Poli, La moda nel “Libro del sarto”, op. cit., p. 58. Cfr. anche E. Paulicelli, Mapping the World. Dress

in Cesare Vecellio’s Costume Books, in The Fashion History Reader. Global Perspectives, edited by G. Riello and P. McNeil, 2010, pp. 138-159.

189

Si consideri ad esempio il dettaglio di un paravento giapponese del XIX secolo conservato presso i musei civici di Reggio Emilia “Anna e Luigi Parmeggiani” che ritrae uno Spettacolo di danza in onore degli stranieri, dove sono raffigurati uomini giapponesi abbigliati secondo i costumi del XVI secolo. Cfr. Di linea e di colore: il Giappone, le sue arti e l'incontro con l'Occidente, op. cit., II.4, pp. 275-277 e 251 (part.).

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FIG. 26. “Giovane giapponese”, in Cesare Vecellio, Habiti antichi, et moderni di tutto il mondo.

Di Cesare Vecellio. Di nuouo accresciuti di molte figure. Vestitus antiquorum, recentiorumque totius orbis. Per Sulstatium Gratilianum Senapolensis latine declarati , Sessa, Venezia, 1598,

libro XI, p. 476 v.

Ma cerchiamo di capire quali furono le fonti tramite le quali il Vecellio poté acquisire informazioni sugli abiti giapponesi. Non sappiamo se l’artista veneziano avesse visto dal vero i quattro membri della delegazione giapponese in visita a Venezia dal 26 giugno al 6 luglio 1585. Poté però osservare l’illustrazione raffigurante uno dei legati, contenuta sia nel frontespizio dell’opera Breue raguaglio

dell'isola del Giappone. Et di questi signori, che di là sono venuti à dar obedentia alla Santità di N. S. Papa Gregorio XIII edita a Bologna da Alessandro Benacci nel 1585 (FIG. 13), sia in un'altra

pubblicazione, sempre del 1585 (FIG. 14)190.

C’è addirittura chi ha ipotizzato che il Vecellio si sia ispirato a una di queste due illustrazioni per realizzare la propria incisione191. In effetti l’immagine del Vecellio è simile a quelle del 1585 perché anch’essa raffigura due vesti indossate una sopra l’altra e un tessuto riccamente decorato con motivi vegetali. Tuttavia nell’abbigliamento del Vecellio manca la cintura, presente invece nelle illustrazioni del 1585.

190

Cfr. in questo capitolo il paragrafo 5 su “La prima ambasciata giapponese in Italia (1585)”.

191

Cfr. R. Kowner, From White to Yellow. The Japanese in European Racial Thought, 1300-1735, 2014, nota 13, p. 495 e F. Mochimaru Abbigliamento giapponese nell’iconografia italiana dei secoli XVI –XVIII, tesi di laurea in Conservazione dei beni culturali presso l’Università ‘Ca’ Foscari’ di Venezia, a.a. 2006-7, cap.7. Ringrazio la dott.ssa Mochimaru per avermi gentilmente permesso di consultare la sua tesi.

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Quel che è certo invece è che il Vecellio poté ammirare i doni offerti nel 1585 alla Serenissima dalla delegazione giapponese (come da lui scritto nella didascalia: “et tutte queste cose si veggono

nella sala delle Armi del Conseglio dei dieci nella Città di Venetia”). Tali doni comprendevano,

come abbiamo visto, anche degli abiti che sono andati dispersi192. Tuttavia, dalla descrizione pervenutaci di quei vestiti, sembra che il Vecellio si sia ispirato all’“habito di tabì bianco in forma

di braghesse lunghe congiunto insieme con un habito in forma di mezzo commesso: dipinto a varij colori di uccelli, fiori et fogliami”193. Infatti il taglio verticale nella parte inferiore della veste del

giapponese rappresentato dal Vecellio sembra un tentativo di tradurre per immagini i calzoni annessi all’abito citato nel testo (“habito di tabì bianco in forma di braghesse lunghe”), così come i motivi decorativi vegetali del tessuto alludono ai “fiori et fogliami”.

In effetti, sembra che il Vecellio sia stato suggestionato, più che dalle scarne fonti iconografiche, dagli scritti dell’epoca. Pare proprio che abbia cercato di tradurre visivamente le descrizioni presenti nella pubblicistica del tempo. Una fonte per lui importante fu in tal senso il libro del Gualtieri

Relationi della venuta de gli ambasciatori giaponesi à Roma… del 1586. Infatti alcuni passaggi del

Gualtieri trovano riscontro puntuale nell’incisione del Vecellio. Ciò avviene ad esempio a proposito delle vesti indossate una sopra l’altra (Gualtieri: “Di questo drappo portano due, e talvolta tre vesti,

l’una sotto l’altra, lunghe fin’a terra, aperte d’avanti, con le maniche larghe che arrivano fin’al gomito, o poco più”). Il Gualtieri aggiungeva che “queste vesti usano di raccogliere dalla cinta ingiù dentro certi calzoni assai larghi [..]” ma il Vecellio potrebbe aver omesso di rappresentare i

calzoni poiché poco oltre il Gualtieri specificava che “non sogliono mettersi se non quando escono

di casa”.

Anche la presenza di motivi decorativi vegetali presenti sul tessuto dell’abito era citata dal Gualtieri (“tessuti in figure di diversi ucelli [sic], e fiori, e fogliami”).

Infine, la didascalia del Vecellio riprende puntualmente, in alcuni punti, il passo del Gualtieri relativo ai motivi decorativi nei tessuti giapponesi, come possiamo vedere nella tabella sottostante.