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Dopo aver analizzato il cosplay, ossia la componente otaku più luminosa ed appa- riscente è di indubbio interesse cercare di presentare una nuova esemplificazione di una delle tante e variegate tipologie di fan, in particolare, quella che per diversi aspetti può risultarne l’opposto: le fujoshi. La caratteristica principale che oppone i due gruppi del fandom è proprio la visibilità: se da un lato i cosplayer rappresen- tano una realtà briosa e colorata, pronta ad abbagliare l’occhio dello spettatore ed in continua ricerca di attenzione ed interazioni, le fujoshi ritraggono un mondo in parte nascosto, a loro speculare, trasgressivo più di quanto non possa essere la posa più sexy o il più succinto dei vestitini di una cosplayer. Il mondo delle fujoshi è plasmato da desideri e proiezioni che stimolano fantasie romantiche e sessuali di stampo omoerotico attraverso complesse forme di valutazione, rielaborazione ed identificazione che ne fanno una delle sottoculture più interessanti di tutto il pano- rama otaku. Ancora una volta ci troviamo di fronte alla constatazione di quanto la componente femminile rappresenti il nucleo portante di un fandom considerato erroneamente a prevalenza maschile: la sottocultura fujoshi è una realtà composta esclusivamente dal gentil sesso; è vero che esistono anche uomini con gusti simili e con lo stesso desiderio di consumare prodotti affini ma a questi si è concesso un termine a parte, “fudanshi” ed il forte legame che la pratica intreccia con la com- ponente di genere non permette di inserirli nel solito insieme. Per addentrarci in questa poliedrica e provocatoria manifestazione di uno dei tanti esiti in cui possono realizzarsi i sentimenti umani occorrerà, come di consueto, analizzarne la termino- logia così come la storia: attraverso nascita, sviluppo ed affermazione cercheremo di chiarificare zone ancora in ombra per tentare di comprendere le motivazioni e

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le difficoltà che le fujoshi incontrano nello svolgimento non solo di un’attività di intrattenimento ma anche nel tentativo di esprimere le proprie inclinazioni ed i propri desideri.

Con il termine “fujoshi” si va ad indicare una precisa componente sottocul- turale giapponese composta da donne appartenenti ad una fascia d’età compresa tra i venti ed i trent’anni, le stesse che formano circa il 70% dei partecipanti al Comiket317. Come vedremo, la prevalenza appena accennata non costituisce esclu-

sività dato che la passione verso certe tipologie di prodotti e le fantasie che ne scaturiscono possono interrompersi in una certa fase della vita così come subire temporanei break o ancora, continuare per tutto il suo svolgimento: essere una fu- joshi quindi ha poco a che vedere con l’età, se non nella fase iniziale di adesione al gruppo. Le fujoshi sono appassionate di manga, anime, videogiochi o quant’al- tro rappresenti un prodotto tipicamente otaku ma i loro gusti si indirizzano verso un genere di produzioni particolare chiamato con il termine ombrello shōnen'ai che racchiude in sé ulteriori sottogeneri di cui una pronta analisi può permettere di evitare facili fraintendimenti. Letteralmente shōnen'ai significa “amore tra ra- gazzi” e si riferisce a quei giovani maschi di età compresa tra i dieci ed i diciassette anni, indicati dal termine “shōnen” che compone la parola insieme ad “ai” ossia “amore”; i protagonisti di queste peculiari opere infatti sono i “bishōnen” ossia i “bei ragazzi” caratterizzati da un fascino androgino dovuto in primis al loro stadio adolescenziale318. Lo shōnen'ai giapponese corrisponde in larga parte con quello

che viene definito “slash” in Occidente ossia un sottogenere di fan fiction che si focalizza sull’intreccio di relazioni omosessuali ma in patria è divenuta pratica co- mune indicarne le varie sfumature che vi si realizzano all’interno attraverso l’uso di termini specifici. Le principali tipologie di shōnen'ai esistenti sono: lo “yaoi”, il

317 KUMIKO SAITŌ, Desire in subtext: Gender, Fandom, and Women’s Male-Male Homoero-

tic Parodies in Contemporary Japan in «Mechademia», University of Minnesota Press, 6 (2011), p. 171.

318 VERUSKA SABUCCO, Shōnen ai – Il nuovo immaginario erotico femminile tra Oriente e

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“BL” (Boys’Love), il “tanbi” ed il “JUNE”. Secondo Saitō esistono delle motiva- zioni specifiche per spiegare perché gli occidentali usino un solo termine mentre i giapponesi abbiano la necessità di utilizzarne una pluralità: in primo luogo, i ter- mini giapponesi non rifletterebbero la stessa standardizzazione occidentale che porta a non distinguere la narrativa originale da quella secondaria che trova espres- sione nella fan fiction e nella parodia. Come vedremo infatti, in Giappone le pro- duzioni omoerotiche amatoriali per eccellenza si realizzano sotto forma di doujin- shi e vengono indicate con il termine yaoi, mentre un prodotto simile ma realizzato dalla grande industria ricade sotto l’appellativo di BL: è chiaro quindi come le fan giapponesi prestino molta attenzione alle qualità del prodotto di cui usufruiscono in seguito alle differenze che presentano, influenzate principalmente dalla loro ori- gine amatoriale senza scopo di lucro o professionale e lucrativa. In secondo luogo, tra produzione giapponese ed occidentale vi sarebbe spesso differenze d’ispira- zione: lo slash trarrebbe le sue storie da opere di science fiction o fantasy mentre lo yaoi ed il BL, solo per citarne alcuni, avrebbero a disposizione un grande nu- mero di sottogeneri da cui attingere come la commedia romantica di ambientazione scolastica, la fantascienza basata sull’immaginifico dei meccha, il mondo dello sport etc… In terzo luogo infine, lo shōnen'ai attua una funzione parodiante espri- mendosi prevalentemente sotto forma di manga mentre lo slash utilizza la prosa come forma di sviluppo principale: per Saitō la commistione tra potenzialità gra- fiche e testuali sono state la causa più evidente della necessità di coniare ed utiliz- zare una terminologia più variegata319. Se guardiamo ai metodi di pubblicazione prevalenti che si realizzano, come abbiamo detto, da un lato nell’ambito amatoriale e dall’altro nel contesto della grande industria è indubbio che una prima suddivi- sione può essere rappresentata dallo yaoi e dal BL che rappresentano sicuramente i prodotti più consumati e conosciuti, anche se le differenze tra i due termini risul- tano notevolmente flebili vertendo principalmente sui limiti interconnessi proprio

319 KUMIKO SAITŌ, Desire in subtext: Gender, Fandom, and Women’s Male-Male Homoero-

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al contesto in cui vengono realizzati. Il BL rappresenta in sintesi la deriva com- merciale e controllata dello yaoi così, in questa sede verrà utilizzato prevalente- mente il termine yaoi per intendere le caratteristiche che entrambi condividono a meno che non si faccia specifico riferimento. Per la definizione di yaoi, possiamo citare Patrick W. Galbraith che ci conferma non solo la vicinanza di significato con lo slash occidentale ma allo stesso tempo introduce una delle funzioni più in- novative e caratteristiche dell’azione sottoculturale ovvero quella della rielabora- zione dei contenuti:

“[…] a genre of fan-produced fiction and art, usually manga, that places esta- bilished male characters from commercial anime, manga, and video games into unintended romantic relationships, roughly analogous to “slash” fiction outside Japan.”320

Questa breve e concisa definizione racchiude in sé elementi molto significa- tivi: con il termine yaoi si indicano esclusivamente quelle produzioni che utiliz- zano, attraverso una complessa fase di rielaborazione i personaggi rigorosamente maschili appartenenti alla produzione ufficiale che hanno già all’attivo numerose serie proprie di manga, anime o videogiochi. Il processo di rielaborazione e rein- serimento di questi personaggi in contesti omoerotici è la caratteristica portante del genere e la reinterpretazione dei contenuti riguarda principalmente quelle fi- gure maschili che possiamo ritrovare nello shōnen, termine che abbiamo già in- contrato ma che in questo caso indica un genere di prodotti realizzato apposita- mente per un target maschile che si aggira tra l’età scolare e la maggiore età e che introduce quei personaggi in situazioni di azione o di avventura in cui tra alleati ma anche tra antagonisti si instaura un forte legame di amicizia, rispetto o sfida.

320 PATRICK W. GALBRAITH, Fujoshi: Fantasy Play and Transgressive Intimacy among

“Rotten Girls” in Contemporary Japan, in «Signs», The University of Chicago Press, 37 (2011), p. 212.

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Lo yaoi si concentra proprio su questo intenso sentimento e lo tramuta in qualcosa di diverso: il contatto fisico, gli sguardi e le parole vengono ricostruite per alludere ad un affetto amoroso e ad un’attrazione sessuale321. Come afferma Saitō, i manga

di questa tipologia che colpiscono più intensamente l’interesse delle fujoshi sono quelli pubblicati sulla famosa rivista Weekly Shōnen Jump, spesso riadattati anche in serie animate: tra i più parodiati possiamo trovare Captain Tsubasa, Saint Seiya,

Code Geass, Gundam, Naruto e One Piece, solo per fare alcuni esempi. Tutte que-

ste serie sono considerate “di punta” ed hanno tutt’oggi un enorme successo, basti pensare che la rivista pubblica circa due milioni di copie a settimana e nonostante i suoi lettori siano principalmente maschi adolescenti, riesce ugualmente ad attirare una consistente percentuale di pubblico appartenente alla fascia d’età tra i trenta ed i quarant’anni ai quali si devono ovviamente aggiungere le fujoshi che la utiliz- zano come fonte di ispirazione. Negli shōnen viene esaltata la ferrea volontà dei personaggi principali, lo spirito di collaborazione per superare gli ostacoli della vita ed il rapporto paritario che si instaura tra protagonista ed antagonista portan- doli a sviluppare una sorta di simpatia e rispetto reciproci in seguito all’impegno che entrambi dimostrano nella competizione. Questi aspetti fungono da materiale grezzo che la fantasia delle fujoshi riesce a plasmare radicalmente: la competizione viene parodiata per costruire strategie psicologiche che possano creare situazioni ambigue in modo da poterle reinterpretare per costruire un rapporto paritario ba- sato su affinità ed attrazione in cui l’ambiguità viene sorretta dalla caratteristica androgina dei personaggi322. Indubbiamente lo shōnen è il genere privilegiato su cui viene applicato il procedimento ma anche in questo caso non bisogna intendere l’esclusività: come vedremo la fantasia erotica delle fujoshi è di difficile conteni- mento e nulla vieta di applicarlo anche ad altri generi o media contemporanei di- versi come quelli appartenenti alla cinematografia oppure al mondo della musica

321 Ivi, p. 213.

322 KUMIKO SAITŌ, Desire in subtext: Gender, Fandom, and Women’s Male-Male Homoero-

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perché, come afferma anche Kotani Mari, la cultura yaoi legge e ricostruisce l’ete- rosessista società maschile attraverso le linee del desiderio femminile323. Per

quanto riguarda l’etimologia del termine yaoi, esso risulta essere la combinazione delle lettere iniziali dell’espressione in lingua giapponese “YAmanashi, Ochinashi,

Iminashi” ossia “Nessun climax, nessun epilogo, nessun significato” e si presenta

come un riferimento autoironico basato sul fatto che questo genere di parodie non necessitano di un effettivo plot324 né di nessun climax325 oppure di elaborati finali.

Secondo la rigida considerazione di Kotani la trama diviene una caratteristica ac- cessoria dal momento che queste opere vengono considerate semplicemente come una ripetizione di scene di sesso326. In realtà una costruzione, seppur minima esiste

ed è quella che permette, tra le altre cose di realizzare contesti e situazioni in cui si possano svolgere le situazioni romantiche, introdurre i personaggi e permetterne l’identificazione del tipo; avremo modo di presentare queste caratteristiche in modo più dettagliato nelle pagine seguenti. Ripercorrere la storia del genere, sof- fermandoci in particolare sulle sue origini, nonché addentrarci nella peculiare con- cezione dell’amore di matrice asiatica risulta essenziale per ampliare la nostra pro- spettiva. In questa impresa si dimostrano efficaci e di grande valore gli studi effet- tuati da Mark McLelland e James Welker: secondo i due autori la celebrazione della bellezza maschile in Giappone non è solo un fenomeno che riveste prepoten- temente la contemporaneità affiancandosi a quella femminile espressa dal termine “bishōjo” in tutte le forme artistiche prevalenti, dal teatro kabuki alla pop music fino agli anime ed ai manga. L’esaltazione del fascino maschile risulta una costante nella storia giapponese fin dal periodo Heian (794-1185 d.C.) con una testimo- nianza d’eccezione rappresentata dal “Genji Monogatari” ovvero “Il Racconto di Genji”, un’opera letteraria scritta dalla dama di corte Murasaki Shikibu nell’XI

323 CHRISTOPHER BOLTON, ISTVAN CSICSERY-RONAY, TAKAYUKI TATSUMI, Ro-

bot Ghosts and Wired Dreams: Japanese Science Fiction from Origins to Anime, University of Minnesota Press, 2007, pp. 223-224.

324 Intreccio, trama di un film o di un romanzo.

325 L’apice di una serie di eventi che anticipa lo scioglimento della vicenda. 326 Ibid.

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secolo d.C. e considerata non solo come uno dei capolavori della letteratura giap- ponese ma anche come il primo romanzo moderno ed il primo di carattere psico- logico. Anche numerosi monaci buddisti dell’epoca si dilettavano a scrivere opere in cui si esaltava la bellezza maschile oppure a narrare di relazioni amorose tra gli stessi monaci ed i loro accoliti: numerosi racconti di questo tipo possono infatti essere trovati all’interno di un altro famoso testo letterario, il Chigo Monogatari327.

La consacrazione del genere però si ebbe nel successivo periodo Edo (1603-1868 d. C.) grazie a Ihara Saikaku, autore di “Nanshoku ōkagami” ovvero “Il grande specchio dell’omosessualità maschile” un’altra opera letteraria in cui si narrano stavolta rapporti amorosi sia tra componenti della classe dei samurai che della bor- ghesia. Nel testo di Ihara si ritrova un concetto dell’amore omosessuale legato ai dettami della devozione e della lealtà confuciana: attraverso lo shudō o “la via dei ragazzi” si instaurava una sorta di galateo per la classe guerriera giapponese in cui il rapporto gerarchico dettato dalla posizione e soprattutto dall’anzianità si riflet- teva anche sul piano sessuale. Lo shudō imponeva un rapporto amoroso di tipo pederastico dove il giovane samurai ed il suo amante più adulto si scambiavano promesse d’amore talmente profonde e rigide da prevedere anche delle automuti- lazioni: tra i due amanti si stabiliva così una ferrea monogamia e l’obbligo per il più anziano di provvedere alle necessità educative ed economiche del più giovane; nel caso in cui queste promesse venissero infrante, l’unico destino possibile era la morte. Il Nanshoku ōkagami risulta importante per comprendere i vari aspetti dei rapporti d’amore ed il ruolo del sesso come strumento nella società del tempo, in particolare in relazione ai soprusi ed agli abusi che i giovani attori di teatro kabuki erano costretti a subire: la loro condizione di fuori-casta li obbligava spesso alla prostituzione con la speranza che qualche ricco borghese si innamorasse di loro e li riscattasse328. McLelland e Welker insistono molto sulla considerazione che una

327 MARK MCLELLAND, KAZUMI NAGAIKE, KATSUHIKO SUGANUMA, JAMES WELKER, Boys Love, Manga and Beyound - History, Culture and Community in Japan, Uni- versity of Mississippi, 2015, p. 6.

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ricostruzione storica dello yaoi non può prescindere dalla comprensione di come è stato e di come viene oggi concepito l’amore in Giappone329. Gli studi comparativi

tra la letteratura romantica europea e quella giapponese svolti da Takayuki Yokota- Murakami nel suo libro “Don Juan East/West: On the Problematics of Compara-

tive Literature”330 possono aiutarci proprio nell’intento di distinguere le diverse prospettive nei confronti del sentimento in esame attraverso una comparazione tra Oriente e Occidente: l’amore romantico occidentale elaborato alla fine del XIX secolo d.C. si basa su un rapporto paritario tra uomo e donna e questo risultava incomprensibile ai letterati giapponesi dell’epoca Meiji (1868-1912). Per intuire il grande divario di pensiero tra i due mondi basta considerare il fatto che a quel tempo in Giappone non esisteva neanche un termine per indicare la fusione spiri- tuale e fisica di due individui attraverso il sentimento dell’amore. La moralità con- fuciana che iniziò a diffondersi ampiamente nella metà del periodo Edo conside- rava la donna come inferiore all’uomo e spesso addirittura come un’influenza ne- gativa; in un contesto simile, concetti come l’ammirazione o il rispetto che stanno alla base dell’amore romantico occidentale risultavano alquanto sconosciuti e ri- fiutati. Per trovare qualcosa di simile al sentimento occidentale antecedente al pe- riodo Meiji si deve necessariamente considerare quei racconti di devozione ma- schile: quei rapporti amorosi tra i samurai di cui abbiamo parlato precedentemente. Anche la parola “amore” sembra non avere nel passato un corrispettivo nella lingua giapponese se non attraverso la traslitterazione dall’inglese “love” che diviene “rabu”, effettuata nelle prime traduzioni in giapponese degli scrittori romantici occidentali per poi affermarsi successivamente nell’uso comune. Il termine che più si avvicina al significato di amore occidentale si definisce all’incirca alla metà del periodo Meiji, in seguito proprio ad una rivoluzione sul concetto stesso, del matri- monio e dello status sociale della donna: “ren’ai”, parola formata dalla commi- stione tra il vocabolo “ren” (pronunciato anche “koi”) che indica l’amore fisico, il rapporto sessuale, con “ai” che rimanda ad un ampio spettro di sensazioni diverse

329 Ibid. 330 Ibid.

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(oltre a quello di “amore” come abbiamo visto in precedenza). L’impatto che la concezione dell’amore in stile occidentale ebbe in Giappone fu significativo e si diffuse soprattutto grazie alla letteratura di genere, alle riviste per il pubblico fem- minile ed all’educazione cristiana che veniva impartita nelle scuole private. Una delle conseguenze di questa nuova realtà fu la messa al bando dello shudō e dell’af- fetto tra uomini che aveva caratterizzato il periodo precedente, una letteratura d’in- trattenimento ed un concepimento dell’amore visto ormai come lascito di un pe- riodo feudale considerato incivile331. Le origini effettive dello yaoi sarebbero quindi da far coincidere con l’epoca Taisho (1912-1925) in cui il Giappone fu in- teressato da una consistente crescita economica e tecnologica che portò a consi- stenti miglioramenti dello stile di vita così come nell’educazione della popolazione urbana. La letteratura di questo periodo si instradò verso la pubblicazione di nu- merose riviste indirizzate sia al pubblico maschile che a quello femminile. Uno degli artisti più conosciuti del periodo, Takabatake Kashō, sembra essere stato una fonte notevole di influenza verso la pubblicazione di immagini ritraenti giovani maschi dall’aspetto androgino ed effemminato, caratteristica che abbiamo visto essenziale nei prodotti di stampo omoerotico; l’assenza delle figure femminili nei suoi lavori sembra confermare questa impostazione. In quest’epoca il contesto in cui venivano inseriti i vari personaggi variava notevolmente in base target di rife- rimento: le riviste indirizzate alle ragazze vertevano all’ambito domestico e fami- liare mentre i ragazzi leggevano di avventure, di combattimenti e di vita al di fuori delle mura domestiche dove solo le donne erano confinate. Indubbiamente il con- tatto con le riviste maschili, esteticamente attraenti e cariche di situazioni attive affascinavano ed incuriosivano il pubblico femminile relegato nella passività: è forse questo il vero incipit di quello che possiamo chiamare slash giapponese332.

Secondo Welker la fonte più diretta per la nascita e lo sviluppo dello yaoi in quanto genere a sé stante può ritrovarsi nell’evoluzione di un altro genere, lo shōjo333 a

331 Ivi, p. 7.

332 Ivi, p. 8.

333 PATRICK W. GALBRAITH, Fujoshi: Fantasy Play and Transgressive Intimacy among

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cui appartengono quei prodotti realizzati per un pubblico femminile che si basano su relazioni romantiche eterosessuali: furono le opere del gruppo chiamato “Hana

no nijūyo’nen-gumi” ossia “I favolosi 49” a rivoluzionare il genere. La formazione,

il cui nome deriva dal riferimento al fatto che la maggior parte degli artisti che la componevano erano nati nell’era Showa, in particolare nel 1949 (l’anno 24 se- condo la numerazione relativa al calendario giapponese), diede nuovo brio allo sviluppo del manga attraverso la commistione di elementi stranieri e di altri tipi- camente giapponesi, costruendo prodotti dalla trama complessa e dalle sfarzose