Secondo la condivisibile visione di Vanzella233, la passione per anime e manga
sarebbe paragonabile a quella delle molte casalinghe appassionate per i romanzi rosa in stile Harmony234: in maniera simile a queste storie romantiche per le donne
di casa, i prodotti giapponesi rappresenterebbero una via di fuga in una dimensione privata estranea alla routine giornaliera. Così, nonostante il fenomeno si sia diffuso tantissimo ed in un lasso di tempo notevolmente ridotto e nonché si siano creati una moltitudine di spazi sia fisici che sociali dove poter esprimere le proprie pas- sioni verso questi particolari prodotti, chi si sentiva emarginato in passato, ancora oggi prova gli stessi sentimenti. L’adesione al cosplay quindi mostrerebbe l’effet- tiva funzione aggregante che la pratica produce attraverso la sua qualità di rendere semplice l’instaurazione di nuove amicizie. Per comprendere ed avvalorare questa importante caratteristica che intreccia l’essenza della pratica e chiarire ulterior- mente alcuni aspetti del cosplay italiano, possono ricoprire un certo peso le parole dei diretti interessati a cui ho posto delle domande durante le interviste di cui par- lavo precedentemente. Il campione è formato da dodici cosplayer, tra cui otto
232 REBECCA ADAMI, Il Cosplay – Tra immaginazione e realtà sociale, cit., pp. 69-81. 233 Ivi, p. 75-77.
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donne e quattro uomini di età compresa tra i sedici ed i ventisette anni. La preva- lenza del gentil sesso non è un caso ma una costante: così come per la realtà giap- ponese, anche in Italia il numero dei partecipanti femminili alla pratica riveste una netta maggioranza: una media proporzionale di tre su cinque235. Il tipico cosplayer
italiano è infatti prevalentemente femmina, ha un’età tra i quindici ed i trentacin- que anni con una concentrazione nella fascia tra i diciotto ed i venticinque; gene- ralmente possiede un buon titolo di studio rappresentato da una laurea o comunque un diploma e condivide con il resto della comunità, oltre alla passione per il trave- stimento, anche quella per i prodotti da cui trae ispirazione come manga, anime e videogiochi che costituiscono il loro hobby principale, se non esclusivo. Il co- splayer italiano frequenta abitualmente internet ed ha una vita online molto intensa, caratterizzata da continui rapporti virtuali instaurati attraverso l’utilizzo di forum, chat e newsgroup; anche questa abitudine lo avvicina ulteriormente alla loro con- troparte nipponica e rappresenta uno strumento essenziale per far conoscere i pro- pri lavori in quei momenti ‘morti’ in cui non è possibile partecipare ad eventi e fiere. Come affermato precedentemente, il luogo migliore dove poter rivolgere do- mande a questi appassionati è la fiera ed in particolare, durante Lucca Comix & Games, le mura della città rivestono un ruolo privilegiato: è lì che ho svolto le mie interviste utilizzando una fotocamera reflex Canon EOS 700D per girare dei video ed un registratore audio ambientale Tascam DR-05; ho scelto di gestire le tracce audio e video in maniera separata per poi riunirle con il software Adobe Premiere
Pro CC in seguito alla constatazione che quel tipo di ambiente, caratterizzato da
una moltitudine di voci, suoni e musica, sarebbe risultato ostico per il piccolo mi- crofono montato sulla macchina fotografica ma ugualmente importante da regi- strare perché pratica e contesto rappresentano il tutt’uno dell’identità del cosplay, di qui la scelta di un microfono ambientale rispetto ad uno unidirezionale. Grazie all’indispensabile collaborazione della Dottoressa Alessandra Mazzei che ha per- messo di gestire in maniera ottimale il connubio tra fase di ripresa video e fase di
235 LUCA VANZELLA, Cosplay Culture – Fenomenologia dei costume players italiani, cit., p. 19.
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registrazione audio, ho potuto porre alcune domande mirate su cui poter riflettere in separata sede e realizzare le considerazioni seguenti. La scelta di effettuare vi- deo-interviste è stata basata sulla considerazione che spesso il corpo ci comunica più delle parole o comunque che espressioni, movenze e parole possono insieme rappresentare qualcosa di più significativo, rispetto ad un approccio basato preva- lentemente sulle sole affermazioni; non dobbiamo dimenticare poi l’importanza dei due elementi portanti della pratica, ovvero costume ed interpretazione, che so- lamente attraverso una registrazione video permettono un’analisi completa. Il nu- mero di domande che mi ero prefissato di proporre agli intervistati ha dovuto su- bire una drastica riduzione in loco; subito dopo la prima intervista infatti, mi sono accorto che era necessaria un’ottimizzazione: i ragazzi si sono dimostrati sempre molto collaborativi, desiderosi di essere inquadrati e ripresi, nonché interessati a rispondere anche approfonditamente alle mie curiosità ma durante la prima parte della giornata il nervosismo imperava in seguito alla presenza di raduni a tema per cui prepararsi, come ad esempio, quello per il trentesimo anniversario della serie
Jojo no kimyō na bōken236, quello basato sui prodotti Blizzard237 oppure quello relativo all’universo videoludico di Final Fantasy dal titolo Final Fantasy Reu-
nion238, ma anche in vista del concorso vero e proprio che sarebbe iniziato alle
14:00 per poi procedere fino alle 18:40 terminando con le premiazioni. Per gran parte della giornata quindi, nonostante la partecipazione alle interviste fosse quasi spontanea, le risposte sono state relativamente frettolose mentre gran parte del ma- teriale che mi ha più soddisfatto è stato quello raccolto a concorso iniziato o co- munque verso il tramonto, periodo nel quale oramai la tensione per il grande evento era lievemente scemata. Alcune interessanti interviste sono risultate anche quelle di coloro che realizzavano il cosplay senza aderire specificatamente al con- corso e spesso ho avuto l’impressione che il livello di preparazione e conoscenza 236 https://www.luccacomicsandgames.com/it/2017/cosplay/news/jojo-30th-anniversary/ 237 https://www.luccacomicsandgames.com/it/2017/cosplay/news/blizzard-universe-heroes-ne- ver-die/ 238 https://www.luccacomicsandgames.com/it/2017/cosplay/news/the-world-of-final-fantasy- contest-cosplay/
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del personaggio interpretato, a volte, risulti più alto in chi non partecipa rispetto a chi invece arriva alla fiera proprio con l’obiettivo di salire sul palco. Questo fatto, ci può far riflettere sull’idea che il cosplay può assumere diverse sfumature di rea- lizzazione: la passione verso i prodotti dell’intrattenimento audiovisivo giappo- nese è come vedremo una costante ma il carattere della pratica che entro certi li- miti, privilegia la libertà d’espressione ed i diversi gradi di partecipazione, per- mette appunto la presenza di una variegata tipologia di membri, più o meno pre- parati, più o meno bravi oppure improvvisati. Oltretutto la partecipazione al con- corso, che ricordiamo, spesso viene anche criticata per i suoi influssi negativi, sem- bra che effettivamente porti a concentrare l’attenzione di alcuni al puro fattore estetico, alla sola realizzazione perfetta dell’abito o del trucco senza magari una conoscenza approfondita del personaggio che si sta interpretando oppure verso la scelta di characters mainstream. L’ottimizzazione delle domande mi ha portato a strutturare delle interviste che presentano una lunghezza media che va dai tre ai cinque minuti; il tempo effettivo è stato influenzato prevalentemente dalle capacità espressive degli intervistati, dal loro grado di interesse e dalla loro partecipazione: importante sotto questo punto di vista è stato il cercare di non pressare troppo il soggetto in argomenti dove era chiara la sua mancanza di conoscenza o la volontà di non rispondere, così da terminare l’intervista ai primi segni di stanchezza o di- sinteresse. Il canovaccio delle domande così rielaborato contiene diciannove do- mande, un numero che ho ritenuto sufficiente a coprire non solo gli aspetti del cosplay ma anche a soddisfare la mia curiosità su altri argomenti inerenti all’uni- verso otaku che sono stati utilizzati anche per altri capitoli di questo lavoro. Come prima domanda ho chiesto di pronunciare il proprio nome: questo non solo è stato utile per le citazioni seguenti, per riconoscere in fase di montaggio quale audio associare al video oppure come marker iniziale grazie al quale poter far partire il processo di sincronizzazione, ma anche come prima e superficiale dimostrazione della volontà dei partecipanti a rendere visibile fin da subito la loro adesione totale al personaggio interpretato: alcuni cosplayer hanno infatti preferito riferire per
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primo, il nome del personaggio anziché il proprio. Anche la cura riposta nei con- fronti della propria immagine è stata immediatamente visibile: all’avvicinarsi della fotocamera ogni intervistato ha provveduto furtivamente ad aggiustarsi i capelli, a controllare l’eventuale presenza di grinze nel costume formatesi con il naturale movimento del corpo, oppure a verificare che le varie componenti della propria armatura fossero perfettamente allineate, prima di mettersi istintivamente nella posa classica in attesa dello scatto. La simbiosi tra interpretante ed interpretato crea un connubio tra i due atteggiamenti appena descritti, come specifica anche la Adami:
“L’importanza centrale dell’interpretazione la si può capire subito provando a chiedere una foto, cosa, per altro, molto gradita se non addirittura bramata da tutti i cosplayer: per ogni scatto che gli verrà fatto il cosplayer assumerà sempre e comunque le pose del personaggio che interpreta; anzi è interessante sottolineare come loro considerino ‘sciocco’ chi, invece di chiedere la foto, la ‘ruba’.”239
La richiesta del permesso per fotografare o riprendere una persona è un’usanza che forse negli ultimi anni sta letteralmente scomparendo subissati come siamo ormai dai numerosi social network che richiedono condivisioni spontanee ed immediate, volte per lo più ad una testimonianza fugace di istanti, spesso del tutto fine a sé stessa, nel caso dei cosplayer però la situazione risulta diversa. Chie- dere il permesso fa parte dell’etichetta ed è il primo passo da compiere per iniziare un’interazione positiva: omettere questo passaggio non consentirebbe l’assunzione della fondamentale posa che incarna in sé la prima ed immediata fase dell’inter- pretazione; non solo quindi minerebbe la qualità della fotografia ma anche la rico-
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noscibilità del personaggio, nonché l’intento stesso del fotografato che vuole mo- strare al meglio il proprio costume e le proprie doti. Conscio di questa realtà, ho provveduto a richiedere il permesso ogni volta, avendo premura di premere il tasto ‘rec’ solo quando il soggetto fosse stato pronto ed in posa: una volta poi coscienti della mia volontà di eseguire registrazioni video e con l’incedere delle domande, i formalismi si sono allentati, cedendo il posto ad atteggiamenti più spontanei e ri- lassati. La seconda domanda che ho deciso di porre è stata quella relativa all’età che mi ha permesso di dare conferma a quanto riportato sulle fonti che ho analiz- zato; come terza domanda invece ho chiesto le motivazioni della scelta di realiz- zare un cosplay. Ho ritenuto opportuno inserire questa richiesta che apparente- mente può sembrare scontata, non solo perché confidavo mi avrebbe permesso di comprendere effettivamente le loro scelte, quanto per lasciare fin da subito la pa- rola all’intervistato in modo che il conversare sulla propria passione avrebbe sor- tito un effetto ‘rompighiaccio’, un allentamento di eventuali tensioni, dovute so- prattutto all’incombente obiettivo che diversamente dallo scatto fotografico, con- tinua a far pesare in maniera costante la sua presenza con movimenti numerosi al variare della posizione del soggetto. Nonostante le prime risposte siano risultate brevi e concise, le mie supposizioni hanno avuto un esito positivo su gran parte dei ragazzi che dopo la domanda hanno risposto con maggiore fluidità, oltretutto, sono emersi dei dettagli interessanti. La scelta è stata prevalentemente motivata dal di- vertimento che la pratica conferisce o comunque da una considerazione positiva di essa, magari legata alla sua derivazione dal mondo dell’intrattenimento nipponico oppure all’attività del DIY o ancora, relativa alla sua qualità di hobby da svolgere nel tempo libero, al di fuori dell’attività lavorativa o scolastica. Ecco alcuni esempi di risposte alla domanda “Perché hai scelto di fare cosplay?”:
“Così… per divertimento.”240
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“Perché è un buon passatempo tra studio e lavoro.”241
“Perché mi piace…”242
“Perché mi piacciono i manga.”243
“Perché è una cosa bella.”244
“Perché è una passione, mi piace… mi piacciono i lavori di artigianato…”245
Anche il carattere liberatorio sui cui prima sentivamo la necessità di una con- ferma tangibile è stato ratificato:
“Boh, perché è divertente… è un hobby che… che ti fa evadere per un giorno in un altro personaggio.”246
241 Risposta di Miria, una delle ragazze intervistate a Lucca Comix & Games il 4 novembre 2017.
242 Risposta di Katiuscia, una delle ragazze intervistate a Lucca Comix & Games il 4 novembre 2017.
243 Risposta di Debora, una delle ragazze intervistate a Lucca Comix & Games il 4 novembre 2017.
244 Risposta di Danilo, uno dei ragazzi intervistati a Lucca Comix & Games il 4 novembre 2017. 245 Risposta di Matteo, uno dei ragazzi intervistati a Lucca Comix & Games il 4 novembre 2017. 246 Risposta di Chiara, una delle ragazze intervistate a Lucca Comix & Games il 4 novembre 2017.
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Quest’ultima risposta risulta come una summa delle precedenti, sinonimo tangibile di un punto di vista condiviso. Il cosplay viene vissuto dai praticanti ita- liani come un passatempo, un’estensione della propria passione verso i prodotti giapponesi, da svolgersi nei momenti in cui non sono onerati dagli impegni della vita, attraverso il quale, non solo provano sensazioni piacevoli e positive ma tro- vano un luogo dove poter rifuggire dalla routine quotidiana; oltretutto, come af- ferma Matteo è possibile ricollegare questa passione ad altre, a cui ci si avvicina la prima volta oppure che fanno già parte del nostro bagaglio culturale come nel caso dell’accostamento del DIY all’artigianato. È interessante notare come la ca- pacità attrattiva stessa della comunità, rappresenti un ulteriore motivo di adesione che magari si realizza non solo, attraverso ciò che si può vedere, sentire o leggere
online, quanto quello che attraverso la conoscenza o il rapporto diretto proprio con
i partecipanti può apportare:
“Diciamo che… vedendo altri fare cosplay, mi è venuta anche a me la voglia di farne altri… mi sembra molto bello e più divertente di… essere vestiti nor- male.”247
“Per divertimento e mi ha convinto lui!”248 (indicando il fidanzato, anch’esso
cosplayer).
“Mi ha introdotto mio cugino in questo mondo del cosplay e dopo mi è pia- ciuto, perciò sono andata avanti… da sola.”249
247 Risposta di Greta, una delle ragazze intervistate a Lucca Comix & Games il 4 novembre 2017.
248 Risposta di Alice, una delle ragazze intervistate a Lucca Comix & Games il 4 novembre 2017.
249 Risposta di Dorotea, una delle ragazze intervistate a Lucca Comix & Games il 4 novembre 2017.
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Conoscenti, amici e familiari che già aderiscono alla comunità possono rap- presentare quindi un primo contatto col mondo del cosplay e permettere così, in alcuni, lo sviluppo della passione, soprattutto se già alle spalle vi è un interesse verso anime, manga o quant’altro. È anche vero però, come vedremo più avanti che a volte non è realmente necessaria la passione verso quei prodotti, infatti ho constatato che sono numerose le coppie mascherate composte da soggetti che nella vita reale condividono un forte legame affettivo per cui una delle due decide di prestarsi alla pratica in seguito alle pressioni del compagno o della compagna, ma- gari proprio per realizzare un cosplay in cui si rende necessaria la presenza di un’altra persona. Anche la risposta di Greta rappresenta una conferma della ricerca dell’originalità che, come abbiamo già discusso, contraddistingue l’attenzione nella scelta del soggetto, soprattutto tra i praticanti italiani: la ragazza infatti af- ferma di essere stata influenzata dalla visione degli altri cosplayer ma specifica subito che il suo non è solo uno spirito emulativo, bensì una volontà di interpretare ‘altri’ personaggi in modo da presentare qualcosa di nuovo e più incline rispetto alle proprie caratteristiche fisiche, al proprio carattere o alla nuova immagine di sé che vuole mostrare. La prevalenza dei partecipanti che ho intervistato ha realizzato un cosplay legato al mondo degli anime o dei manga: circa la metà di essi ha pro- dotto costumi di personaggi appartenenti a serie animate considerate mainstream come Naruto250, Dragon Ball251 e Seinto Seiya252 mentre la restante parte, ha pro-
posto personaggi derivati da serie meno conosciute, più peculiari o che hanno avuto successo nel passato come Kobayashi-san Chi no Maid Dragon253,
250 Serie animata basata sull’omonimo manga di Masashi Kishimoto, edito in Giappone tra il 1999 ed il 2014.
251 Serie animata basata sull’omonimo manga di Akira Toriyama, edito in Giappone tra il 1984 ed il 1995.
252 Serie animata basata sull’omonimo manga di Masami Kurumada, edito in Giappone tra il 1990 ed il 1993.
253 Serie animata basata sull’omonimo manga diCool-kyō Shinja, edito in Giappone dal 2003 ed ancora in corso.
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Steins;Gate254, Dottor Slump & Arale255; due ragazze invece, Sara e Miria, hanno
tratto ispirazione dal mondo dei videogiochi Blizzard, specificatamente D.VA di
Overwatch e Ahri di League of Legends e solo una, Dorotea, ha scelto di fare cross- dressing interpretando Romano di Hetalia Axis Powers256. Unica eccezione è stata
Alice che ha indossato i panni di un personaggio non appartenente all’immaginario giapponese: Mad Madam Mim257. La scelta di interpretare quella che in Italia è
conosciuta come Maga Magò, risulta particolarmente interessante perché la ra- gazza in questione è proprio colei che è stata convinta dal fidanzato a partecipare alla fiera mascherata quindi, l’atipicità del suo costume nei confronti del contesto è da attribuire al solo desiderio di compiacere il partner, senza un effettivo back-
ground passionale, se non verso i prodotti Disney, distanti per impostazione e mo-
dalità di consumo rispetto a quelli giapponesi. Questa sua posizione viene oltre- tutto confermata dalla successiva domanda che verteva sul perché della scelta di quel particolare personaggio: mentre Alice rispondeva con “Ricordi d’infan- zia!”258, la prevalenza dei rimanenti intervistati ha espresso il desiderio di imper-
sonare soggetti che avessero una qualche affinità con loro, soprattutto caratteriale oppure delle qualità o ruoli che desidererebbero fare propri. Ecco alcuni esempi di risposte alla domanda “Perché hai scelto proprio questo costume?”:
“Ehm… diciamo che… io ho molto… il carattere uguale preciso a quello di Arale! Sono lei in forma ragazza invece che di robot!”259
254 Serie animata basata sull’omonimo manga diSarachi Yomi, edito in Giappone dal 2009 ed ancora in corso da cui sono state visual novel e videogames.
255 Serie animata basata sull’omonimo manga di Akira Toriyama, edito in Giappone tra il 1980 ed il 1984.
256 Serie animata basata sull’omonimo manga diHidekaz Himaruya, edito in Giappone dal 2006 ed ancora in corso.
257 Conosciuta in Italia con il nome di “Maga Magò” ed appartenente al lungometraggio animato “La Spada nella Roccia” della Disney, pubblicato per la prima volta nel 1963.
258 Risposta di Alice. 259 Risposta di Greta.
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“Perché mi rispecchio un po’ nel personaggio e mi piaceva… quell’anime… quindi… l’ho… l’ho scelto per quello!”260
“Perché… diciamo che… mi sento molto vicino a questo personaggio e nella mitologia e anche nel cartone… è molto legato alla Dea Atena: è il cavaliere che la protegge!”261
“Mi rappresenta! Proprio… lo sento come il mio personaggio!”262
Quello che questi ragazzi ci insegnano con le loro risposte è che dobbiamo sempre considerare che anche a frutto di una grande passione per uno scopo troppo spesso scontato come quello del divertimento è sempre presente un grande impe- gno, sia nella fase di realizzazione dell’abito sia in quella interpretativa; di conse- guenza la scelta del personaggio viene vagliata meticolosamente. Il connubio tra interpretato e interpretante si rivela nuovamente ben visibile attraverso le loro pa- role: le caratteristiche affini o i desideri fungono da collegamento tra le due identità