3. UNA PROSPETTIVA ARCHEOLOGICA DEI DIVIETI SULLE CARN
3.5. Il maiale in Palestina: cronologia di uno sfruttamento
Innanzitutto, come fa notare Hesse, per dare una valutazione obiettiva sulla presenza del maiale è necessario analizzare la natura dei campioni. Fondamentale è quindi l'abbondanza dei resti per riuscire a ricostruire una percentuale verosimile degli
39 Hesse 1990.
40 L'articolo del 2013, Pig husbandry in Iron Age Israel and Judah. New insights regarding the origin of
esemplari. Sarà inoltre necessario tenere in considerazione la prospettiva regionale in cui i reperti si distribuiscono. Infatti laddove in un territorio vi siano precipitazioni consistenti, la presenza del maiale sarà senza dubbio maggiore, mentre in un territorio più arido la frequenza nel ritrovamento del maiale diminuirà consistentemente. Soprattutto nell'ambiente “a mosaico” della Palestina, caratterizzato da microclimi, questo criterio sarà basilare41. Molto importante è inoltre il riconoscimento del processo
di sfruttamento dell'animale, nella distinzione tra esemplari selvatici ed esemplari addomesticati.
La comparsa del maiale selvatico nel Vicino Oriente ha origine molto antica. Due sono le specie selvatiche riscontrabili nell'area: il Sus Scrofa Attila diffuso in Iraq, Iran e la regione del Mar Nero, del Mar Caspio, del Mar d'Aral e il Sus Scrofa Libycus diffuso in Anatolia e in Siria. Pur non essendo le caratteristiche del maiale selvatico tali da prediligere l'ambiente semi-arido del Vicino Oriente, esso ha occupato sin dall'antichità gran parte della regione del Levante insediandosi nei territori più umidi e ombrosi dell'area42.
Come ho spiegato precedentemente, le misure del maiale domestico Sus Scrofa sono più ridotte rispetto a quelle del maiale selvatico. L'identificazione non è così semplice poiché se l'ambiente e la dieta nei quali si trovano i maiali selvatici non sono molto favorevoli, le dimensioni saranno simili a quelle degli esemplari domestici. Dal momento che i reperti archeozoologici dell'area della Palestina non sono stati adeguatamente documentati sino agli anni Novanta, è alcune volte molto difficile stabilire di quale tipologia suina si tratti.
Dall'articolo di Hesse emerge una puntuale rassegna sulla presenza del maiale in Palestina dal tardo periodo preistorico fino all'Età del Ferro. Trattare di un intervallo di tempo tanto esteso permette in primo luogo di comprendere l'importanza dello sfruttamento del suino nell'area del Levante meridionale, in secondo luogo di riuscire a comprendere meglio l'origine del tabù successivamente codificato nel libro del Levitico. Nel ritrovamento di reperti di maiale si parte con il periodo che dal Calcolitico giunge sino alla Prima Età del Bronzo (4500-2000 a.C.).
Nei siti del Calcolitico, la presenza del maiale si trova laddove il tasso di precipitazioni annue sia consono alla vita dell'animale. La presenza del maiale dovrebbe quindi manifestarsi in siti che siano compresi nell'altezza dell'isoieta dei 300mm annui – come ho fatto precedentemente notare43. Essa dovrebbe dividere il territorio in due zone: una
dove è più conveniente uno stile di vita sedentario e agricolo, una dove si predilige uno stile di vita nomade e pastorale.
Per quanto riguarda la Prima Età del Bronzo, sembra valere la stessa regola. Un sito come En Shadud, collocato nella fertile valle di Jezreel in Galilea, mostra una percentuale di ossa di maiale piuttosto alta (24%), mentre in un sito come Arad, ai margini settentrionali del deserto del Negev, la percentuale è molto bassa (da 0 a 3%). In siti le cui condizioni ambientali sono intermedie tra quelli precedentemente citati, anche la percentuale di ossa di maiale riscontrate è intermedia (Tel Delit e Tel Aphek, e Ai vicino a Gerusalemme). Alcuni hanno quindi concluso che la frequenza del maiale subirebbe un netto calo dalle zone del Nord del paese a quelle del Sud, di pari passo con l'aumento dell'aridità e quindi del più difficile adattamento dell'animale al clima del
territorio44.
Eccezioni riscontrate in alcuni siti, portano ad introdurre altre teorie sullo sfruttamento del maiale in questo periodo. Nella valle di Refaim, vicino a Gerusalemme, si riscontra una percentuale di ossa del 17%. A pari condizioni ambientali Ai, grande città fortificata, mostra una presenza del maiale molto contenuta, mentre i minuscoli siti della valle di Refaim, geograficamente vicini, ne fanno emergere un'alta percentuale. Ciò porta a considerare che maggiori sono le dimensioni e la complessità del sito, minore è il tasso di presenza del suino, probabilmente per i fattori di natura politica che ho descritto sopra.
Un'altra componente può emergere dai ritrovamenti presso la valle di Refaim. Infatti i numerosi resti di maiale vengono ritrovati esclusivamente tra i rifiuti quotidiani e non in ambiente cultuale dove viene prediletto l'uso di altre specie.
Hesse considera successivamente il periodo della Media e Tarda Età del Bronzo (2000- 1200 a.C.).
Per quanto riguarda questo intervallo di tempo, molto si è discusso sull'uso cultuale del maiale e sul relativo tabù che ne deriverebbe. A questo proposito due siti in particolare, collocati nel Nord del paese, metterebbero in luce l'uso cultuale del suino. A Sasa, nella Galilea del Nord, l'11% dei resti animali provenienti da una tomba datata tra il 2000 e il 1600 a.C., sarebbero di maiale45. Lo stesso de Vaux, nel sito di Tell Fara'ah, avrebbe
riscontrato l'uso del suino in una struttura di culto sotterranea46, sulla cui funzione vi
sono tuttavia dei dubbi. In altre siti della Media Età del Bronzo, come Jebel Qa'aqir vicino ad Hebron o Tell el-Hayyat nella valle del Giordano, vengono trovati resti di
maiale presso le abitazioni comuni, ma non nelle aree di culto scavate.
Ciò porterebbe a concludere che il rifiuto cultuale del maiale sarebbe stato praticato solo in alcune zone, su scala regionale – in particolare nell'area settentrionale del territorio della Palestina. Tale ipotesi incontra tuttavia delle difficoltà che derivano dalla scarsità degli scavi nelle suddette aree, che limitano la validità di questa teoria47. È
inoltre, a mio parere, poco probabile che la proibizione della carne del maiale nel Levitico scaturisca da un divieto cultuale riscontrabile solo in alcune zone del territorio. Particolari sono le condizioni del sito di Tell Jemmeh, collocato nell'area meridionale della pianura costiera della Palestina. Nel Medio Bronzo, la percentuale di ossa di maiale ritrovata nelle abitazioni comuni è del 12%. Per quanto riguarda invece il Tardo Bronzo essa si riduce all'1%. I resti di suini emersi da questo ultimo periodo, sono tuttavia provenienti da una struttura pubblica. Essendo il sito di Tell Jemmeh dominato dall'Egitto in entrambi i periodi, può essere introdotta la spiegazione formulata da Hecker nel suo articolo Preliminary report on the faunal remains from the workmen's
village. Secondo lo studioso, nella società egiziana del Tardo Bronzo il maiale era un
animale molto utilizzato tra le classi basse di lavoratori, mentre non veniva consumato dalle élites48. Il caso di Tell Jemmeh potrebbe quindi confermare la teoria alimentare per
classi di Hecker.
Per quanto riguarda il Medio Bronzo, considerando alcuni siti, Hesse individua una dicotomia tra territorio rurale e territorio urbano nello sfruttamento del maiale. Egli considera in particolare Tell Jemmeh, Tel Aphek e Tel Ishfar, siti localizzati sulla costa, dove le percentuali di ossa di maiale in contesto domestico sono rispettivamente del
47 Hesse 1990. 48 Hecker 1984.
12%, 8% e 23%. Cita inoltre il sito di Tell el-Hayyat, nella valle del Giordano, dove la percentuale è del 34%.
L'antropologo sostiene quindi che le condizioni generali determinanti l'abbondanza del suino nei vari siti siano due in particolare. La prima è connessa alla piovosità dell'ambiente circostante l'insediamento (maggiore la piovosità, maggiore la percentuale di maiale). La seconda è determinata dalla correlazione tra estensione del sito e abbondanza delle ossa di maiale (maggiori sono le misure del sito, minori le percentuali di ossa di maiale). Quest'ultimo fattore comporta che l'allevamento del maiale venga praticato laddove vi sia uno stanziamento rurale con economia di sussistenza49.
Altri fattori sembrano caratterizzare la presenza del maiale in due differenti siti del Tardo Bronzo, Tell Halif al limite meridionale dell'altopiano e Tel Dan nell'alta Galilea. La crescita percentuale delle ossa di maiale in questo periodo va di pari passo con la crescita percentuale dello sfruttamento di animali selvatici adibiti alla caccia. Ciò potrebbe evidenziare un'economia di sussistenza o, secondo le prove testuali, la presenza di élites interessate alla caccia. Dal momento che non è chiaro se le ossa appartengano ad esemplari domestici, simbolo di un'economia di sussistenza, o ad esemplari selvatici, impiegati nella caccia dalla classe abbienti, è difficoltoso confermare o smentire questa teoria50.
Il periodo che più interessa la mia trattazione, e che più ha interessato fino ad ora gli studiosi, è di certo l'Età del Ferro (1200-586 a.C.). Quest'era vede infatti la formazione culturale dell'etnia israelita, dove viene codificata la stessa prescrizione sulle carni del maiale. Per questo motivo molto più intensa è stata la ricerca archeozoologica nel corso
degli anni che ha portato alla formazione di più teorie sull'origine dei tabù alimentari giudaici.
La teoria di de Vaux, la quale riconduce la proibizione del maiale presso gli Israeliti a ragioni di matrice cultuale, è stata supportata da numerosi studiosi. De Vaux sosteneva infatti che gli Israeliti rifiutassero l'utilizzo del suino nelle pratiche sacre, opponendosi ai costumi delle popolazioni vicine51.
Una parte della critica sosteneva che tra le ossa di animali provenienti da un contesto cultuale di fine X secolo, presso Megiddo, nella valle di Jezreel, e Ta'anach, grande centro religioso, vi fossero resti di maiali. Tale ritrovamento avrebbe indicato due importanti esempi di apostasia in due comunità israelite, volti a contrastare l'ampio potere sacerdotale. Proprio per questo motivo i sacerdoti sarebbero stati costretti ad emettere una minuziosa legislazione rituale. La presenza di ossa di maiale in contesto cultuale è stata tuttavia successivamente smentita da alcune preziose analisi supplementari52. La teoria di de Vaux è quindi stata rigettata e l'origine delle prescrizioni
alimentari sarà da ricercarsi in qualche altro contesto.
Sorprendente è il fatto che con l'inizio dell'Età del Ferro la maggior parte dei siti del territorio della Palestina mostra una quasi totale assenza di ossa di maiale nei depositi animali.
Una breve rassegna degli insediamenti della prima Età del Ferro (1200-1000 a.C.) aiuterà meglio a comprendere la tendenza. Iniziando con la parte meridionale del territorio, a Tel Masos, Beersheba e nel Negev molto raro è il ritrovamento di ossa di maiale. Poco più a Nord, presso i siti di Tel Hesi e Tel Jemmeh, la percentuale di resti è
51 Hesse 1990. 52 Ibidem.
minore dell'1%. Nei siti costieri di Qasile, Tel Michal e Izbet Sartah, poco più all'interno, la percentuale è ugualmente minore all'1%. Anche nella zona dell'altopiano centrale, presso Ai e Raddana, si manifesta lo stesso fenomeno. A Tel Dan, in Galilea, non viene trovato alcun reperto di ossa di maiale. La stessa tendenza si riscontra anche nel periodo successivo, durante la tarda Età del Ferro53.
Molti siti che nel periodo precedente contavano un'alta percentuale di resti di maiale e quindi un ampio sfruttamento della produttività dell'animale, con l'Età del Ferro sviluppano una tendenza totalmente opposta, volta al rifiuto del suino nell'allevamento e di conseguenza anche nella dieta.
Il maiale viene tuttavia utilizzato soprattutto nella Prima Età del Ferro (in particolare il XII secolo), in alcuni siti situati nel territorio dei Filistei. Presso Tel Miqne e Ascalona sulla costa e Tel Batash, nella Shephelah, al limite dell'altopiano centrale, le percentuali di ossa di maiale riscontrate sono molto alte. I tre siti sopra citati sono delle importanti comunità filistee e l'impiego del suino non si riscontra in ambito cultuale, ma è importante in alcuni settori della società54.
La teoria etnica della prescrizione alimentare sarebbe quindi la soluzione al problema. Il ritrovamento di resti di suini, permetterebbe dunque di riconoscere l'etnia filistea da quella israelita.
È da notare inoltre che il consumo del maiale nell'età del Ferro, anche presso le comunità filistee, ha durata molto limitata. La percentuale di ossa di maiale subisce un drastico calo nel periodo immediatamente successivo alla progressione dell'insediamento. I Filistei, provenienti dall'Egeo, avrebbero quindi portato nella nuova
terra conquistata l'allevamento tipico della madre patria e avrebbero sfruttato inizialmente le elevate qualità dell'allevamento del maiale.
Questo fenomeno sembrerebbe confermare la teoria di Crabtree, su cui mi sono soffermata precedentemente, secondo la quale l'allevamento del suino sarebbe molto vantaggioso nel primo periodo dello stanziamento di una popolazione in un nuovo territorio. Quando l'insediamento è sufficientemente sviluppato e di conseguenza anche l'allevamento, altri animali meno dispendiosi, come pecore e capre, prendono il posto dei suini55.
Per quanto riguarda il periodo successivo all'Età del Ferro, di scarso interesse secondo gli studiosi, molto lacunosa è la documentazione riguardante i reperti archeozoologici dell'area. Tuttavia i dati provenienti dal sito di Ascalona – e dalla costa in generale - risalenti al periodo classico, bizantino e islamico, dimostrano che il suino era parte integrante della dieta56.
Nella parte finale dell'articolo, Hesse esprime una chiara opinione sulle origini del tabù sul maiale. Egli fa notare che è innanzitutto molto problematica la datazione dei libri di Levitico e Deuteronomio – dalla maggior parte fatta risalire alla fine dell'Età del Ferro - , dove è contenuta la legislazione sulle proibizioni alimentari. Hesse sostiene che l'abitudine di non consumare la carne del maiale deve appartenere ad un periodo precedente: non avrebbe senso proibire la carne di un animale che non viene sfruttato né consumato nel momento della codificazione del tabù.
Egli ritiene dunque che due possano essere le prove fondamentali per attribuire all'inizio della prima Età del Ferro il divieto del suino. La prima è la questione della
55 Crabtree 1989. 56 Hesse 1990.
centralizzazione politica del Medio Bronzo. Questo processo avrebbe determinato lo scarso utilizzo del maiale, animale non conveniente all'economia centrale. La stessa situazione si sarebbe poi verificata nel periodo della redazione di Levitico e Deuteronomio.
La seconda prova è tuttavia la più coerente, sulla base delle indicazioni fornite da Hesse nel corso della trattazione sui reperti archeozoologici. Egli sostiene infatti che il maiale venga rifiutato dagli Israeliti poiché esso è il “cibo tradizionale” dei loro nemici per eccellenza, i Filistei. La questione etnica sarebbe quindi la soluzione al problema riguardante le origini delle prescrizione alimentari giudaiche57.