3. UNA PROSPETTIVA ARCHEOLOGICA DEI DIVIETI SULLE CARN
3.6. La teoria etnica del tabù del maiale in Palestina
La teoria etnico-culturale dell'origine del tabù sul maiale è stata abbracciata per più di un decennio dai più illustri archeologi israeliani. Essa si basa sullo spinoso problema della formazione, a partire dalla prima Età del Ferro, di nuove realtà etniche all'interno del territorio palestinese. Si sta in effetti parlando di un periodo piuttosto complesso nella storia del Vicino Oriente e, in particolare nella terra di Canaan, dove la frammentazione etnica è estremamente marcata.
Bisogna dunque chiedersi quali effettivamente siano le etnie presenti sul territorio e quali fenomeni particolari si possano riscontrare nella prima Età del Ferro nella zona del Levante.
Il periodo di formazione dell'identità etnica israelita, un processo di lunga durata, è certamente il periodo storico di transizione del XII secolo a.C., fine dell'Età del Bronzo-
inizio dell'Età del Ferro. Il sistema socio-economico che aveva contraddistinto tutto il secondo millennio era ormai quasi collassato, tuttavia la scossa finale fu senza dubbio di origine esterna. Un processo migratorio originatosi nel Mediterraneo settentrionale, e probabilmente inquadrato in un contesto di generale mutamento climatico di inaridimento, pose le basi per la creazione del sistema sociale che si determinerà successivamente58.
Una forte pressione dai cosiddetti “Popoli del Mare” provenienti dall'Egeo fu fronteggiata dall'Egitto a più riprese. Essendo delle incursioni di gruppi ristretti, molto probabilmente la distruzione di alcuni importanti centri del Tardo Bronzo è da attribuire proprio ad essi. In questo momento sulla costa palestinese si stanziarono i Filistei, uno di questi gruppi. E per l'appunto i Filistei costituiscono una delle nuove formazioni etniche che si vengono a creare nella terra di Canaan.
Essi si stanziarono sulla costa, occupando cinque città principali del territorio, le quali godettero di un grande sviluppo tra il XII e l'XI secolo. I regni filistei, che fondavano la loro potenza sulla centralità del palazzo, si assimilarono all'ambiente cananeo della costa e presto assorbirono tratti della cultura urbana locale.
L'invasione di questo gruppo provocò un collasso dei grandi sistemi di potere che avevano detenuto la sovranità fino a quel momento nella zona palestinese, l'Egitto e Khatti59. Per la prima volta la Palestina era libera da qualsiasi sovranità straniera ed i
piccoli re palestinesi non avevano più un sovrano a cui fare riferimento.
A partire dal XII secolo anche l'intero sistema palatino subì un grave collasso. I numerosi gruppi pastorali ottennero grande giovamento da questa situazione. L'intera
58 Liverani 2003. 59 Ibidem.
storia della Palestina è condizionata da processi di nomadizzazione e sedentarizzazione. Nel periodo del passaggio tra Età del Bronzo ed Età del Ferro, vi fu un grande processo di sedentarizzazione di genti nomadi, i cui gruppi furono rinforzati da un consistente apporto di “emarginati” dalla società precostituita. Tale fenomeno determinò un forte consolidamento del sistema tribale e dei rapporti gentilizi che si erano precedentemente formati all'interno di tali entità. I villaggi centrali sfuggirono quindi all'ormai indebolito e quasi inesistente potere centrale per autogovernarsi secondo un modello prettamente genealogico60.
Con il XII secolo, per la prima volta, il territorio dell'altopiano venne pienamente sfruttato e occupato dall'entità etnica di nuova formazione, i cosiddetti “proto-Israeliti”. Essi vengono così definiti dal momento che la vera e propria consapevolezza di costituire un popolo a sé stante, gli Israeliti appunto, si sviluppò solo con l'età monarchica successiva61. Come spiega Liverani:
«La definizione dell'orizzonte dei villaggi del Ferro I negli altopiani centrali come “proto-israelitica” vuole appunto indicare un processo in atto, che non si è ancora cristallizzato in una autocoscienza etnica piena, ma che pone le basi per quanto avverrà in seguito, come sappiamo sulla base delle fonti scritte62».
La maggior parte dei siti della popolazione agro-pastorale dei proto-Israeliti non insite
su insediamenti cananei, ma è di nuova formazione. La popolazione che qui si insediò
«risulta probabilmente dalla fusione di elementi tribali già esistenti nella zona ma irrobustiti da apporti demografici e socio-economici di provenienza agricola63».
Il problema dell'etnogenesi di Israele è uno dei temi più dibattuti nella storia del Vicino Oriente. Nel XII secolo le entità statali palestinesi subirono dei notevoli cambiamenti che comportarono il riassetto di tutta la realtà politica e territoriale che si era sviluppata durante il secondo millennio. Pur riscontrando elementi di natura insediamentale e tecnologica che determinano una cesura piuttosto netta con il periodo precedente, esiste un'evidente continuità nella cultura materiale del territorio. Ciò implica che per quanto riguarda il territorio dell'altopiano, dove si insediano i cosiddetti “proto-israeliti” non si può parlare di una migrazione massiccia di genti giunte da un territorio geograficamente lontano64.
Diverse ipotesi sono state addotte sulla provenienza e sulla modalità di insediamento dell'altopiano da parte dei proto-israeliti. La prima abbraccia l'idea biblica del libro di Giosuè sulla massiccia conquista militare, naturalmente supportata da un ambiente tradizionalista. Secondo questa teoria, gli Israeliti sarebbero giunti in massa dal deserto e avrebbero conquistato tutto il territorio dell'altopiano65.
La seconda sostiene invece che sia avvenuta un'occupazione progressiva attraverso la sedentarizzazione di gruppi pastorali già insediati nell'area o di gruppi pastorali
63 Liverani 2003: 59. 64 Liverani 2003. 65 Finkelstein 1988.
provenienti dall'adiacente zona desertica. In entrambi i casi si tratta comunque di un processo di sedentarizzazione di durata molto lunga.
La terza, definita teoria “sociologica”, sostiene che sia invece avvenuta una rivolta contadina interna agli stati cananei. I gruppi oppressi e sfruttati alla base della piramide sociale delle città-stato, ad un certo punto decisero di ribellarsi alle classi abbienti66.
Fra le tre teorie, quella più probabile e supportata maggiormente dalle indagini archeologiche è sicuramente la seconda, la quale vede un processo di sedentarizzazione di genti nomadi che avevano da tempo contatti con la società sedentaria e che con essa non dovevano necessariamente avere rapporti conflittuali.
Si capirà che le due nuove entità etniche, Filistei ed Israeliti, che emergono nel territorio palestinese dall'inizio dell'Età del Ferro, sono completamente diverse tra loro e basate su modalità opposte di formazione sociale e politica. Se i Filistei concentrano il loro potere sulle città-stato dell'area costiera e sul palazzo reale amministrato da una regalità ereditaria, gli Israeliti fondano le loro radici in uno stato “etnico”. In questo caso il legame tra i membri della comunità non si fonda sulla territorialità ma su un legame gentilizio all'interno di una società egalitaria. La comune discendenza, il dio “nazionale”, il meccanismo di inclusione ed esclusione dell' “altro” nella propria società giocano un ruolo preminente nell'identificazione “etnica”.
Gli Israeliti devono tuttavia confrontarsi non solo con l'entità statale dei Filistei, ma anche con altre “tribù” caratterizzate da un processo di formazione esattamente identico
66 Le tre teorie che ho qui delineato molto brevemente e che non vogliono di certo essere esaustive corrispondono alle scuole di pensiero “fondate” rispettivamente da Albright per la teoria della conquista militare, Alt per la teoria della conquista pacifica, Mendenhall per la teoria della rivolta sociale delle classi “svantaggiate”. Le diverse teorie sono sostenute da una serie di dati storici ed archeologici che non ritengo sia opportuno esplicare in questa trattazione. Ho voluto dare
al loro. Nell'altopiano della Transgiordania erano infatti stanziati dei popoli distinti tra loro e distinti a loro volta dagli Israeliti. I tre principali, quelli con i quali gli Israeliti hanno avuto più contatti nel corso della storia, sono Ammoniti, Moabiti ed Edomiti, elencati da Nord a Sud. Di questi popoli si hanno scarse informazioni che derivano da un lato da informazioni presenti in testi israeliti e quindi indirette, dall'altro dall'archeologia e da poche fonti epigrafiche. Con questi popoli i rapporti degli Israeliti saranno molto più tesi rispetto a quelli con i Filistei.
Gli studiosi maggiormente ancorati al testo biblico, il quale fa risalire proprio a questo periodo lo stanziamento delle tribù di Israele sul suolo di Canaan, sostengono che i reperti archeologici risalenti alla prima Età del Ferro, nel territorio dell'altopiano, riescono ad identificare una nuova entità etnica distinta da Cananei e Filistei. Essa sarebbe da identificarsi con gli Israeliti, o meglio ancora con i proto-Israeliti.
Definire un'identità etnica non è così semplice, soprattutto considerando il fatto che ognuna è distinta dall'altra attraverso barriere sociali piuttosto che territoriali. Inoltre la dicotomia “noi-loro”, come si è precedentemente notato, gioca un ruolo fondamentale nell'auto-definizione di una comunità. Il confronto con altri gruppi, secondo Max Weber, è una delle componenti che rientrano nella definizione di etnia oltre al senso di comune discendenza esteso attraverso la parentela, alla solidarietà politica, a comuni costumi, lingua, religione, valori e moralità67.
Se definire e distinguere un'etnia da un'altra è un problema piuttosto complesso, lo è ancora di più nel momento in cui si cerchi di circoscrivere un'entità etnica del passato68.
È piuttosto azzardato, nel processo di ricerca, basarsi sui testi che cercano di ricostruire
67 Weber 1961. 68 Finkelstein 1996.
le origini stesse di una comunità, come l'Antico Testamento, dal momento che essi saranno stati redatti in un momento successivo rispetto a quello della formazione del gruppo etnico stesso. Essi possono illustrare piuttosto come il presente crea il passato in funzione dell'attuale ideologia.
La scarsità di reperti è un problema che riguarda l'altopiano centrale e che ostacola l'immediato riconoscimento delle comunità di nuova formazione all'inizio dell'Età del Ferro. Non vi è stato infatti ritrovato materiale scritto né cimitero alcuno, molti scarsi sono inoltre i reperti legati all'aspetto rituale.
I tre elementi che dovrebbero permettere di distinguere, in questo caso, le differenti etnie sono la ceramica, le forme architettoniche e il modo di mangiare.
Molto difficile è riuscire a determinare attraverso la ceramica l'etnia presente nella suddetta area geografica. L'archeologia domestica, che molto spesso può essere utile nel riconoscere le differenze etniche, non riesce ad essere soddisfacente nel caso dell'Età del Ferro, dove il prevalere di case a quattro vani in tutto il territorio dell'altopiano, impedisce l'identificazione dei diversi popoli componenti il territorio. Ceramica e architettura, ai due lati del Giordano, non possono costituire un indicatore certo di etnie diverse ma riflettono esclusivamente i tratti ambientali, sociali ed economici degli abitanti di un territorio dalle stesse peculiarità69.
Come ho fatto notare, anche il modo di mangiare può rappresentare un netto segno di demarcazione fra gruppi etnici. La cultura culinaria, come è risaputo, costituisce uno degli elementi che più si radicano nelle tradizioni di un popolo. Lo stesso Finkelstein sostiene:
«Dietary patterns tend to be conservative symbols of ehnicity70».
A differenza di altre componenti che subiscono spesso influenze da parte delle culture limitrofe e che molto difficilmente possono rappresentare un'etnia, le pratiche culinarie e il cibo sono simboli che possono essere facilmente manipolati per il mantenimento dell'identità e della solidità del gruppo. Cosa un popolo mangia e come lo mangia è senza dubbio un fondamentale marcatore di etnia ed è uno dei modi più evidenti per mantenersi distinti dagli altri. Il cibo costituisce quindi una delle basi dell'auto- identificazione collettiva di un popolo che permette di sottolineare ulteriormente la dicotomia “noi-loro”.
Come scrive B. Lincoln, nell'introduzione al suo articolo sulle regole dietetiche nella religione zoroastriana:
«Differences in diet thus reflect – and permit one to theorize – difference between peoples as something initially based in nature, but greatly amplified by the workings of culture»71.
Nel momento in cui il cibo diviene un modo per dimostrare la propria etnia e costituisce quindi un fondamentale marcatore identitario, all'interno di ogni gruppo si rifiuterà o si considererà in modo negativo quello che gli altri mangiano. Il soggetto della critica non sarà tuttavia il cibo, quanto i valori morali e le abitudini culturali che ad esso sono sottesi72.
70 Finkelstein 1996: 206. 71 Lincoln 2015: 1. 72 Lincoln 2015.
Accade spesso che, nella volontà di affermare la “superiorità” di un popolo, altri gruppi vengano identificati con le pietanze che consumano, le quali costituiscono oggetto di derisione. Nascono in questo modo stereotipi che creano delle insormontabili barriere sociali e culturali73.
Basti pensare al caso-limite dei tabù alimentari ebraici, e in particolare alla prescrizione sul maiale. Non consumare gli stessi cibi e non condividere i pasti con altri gruppi, se da un lato costituisce una modalità di distinzione e separazione, dall'altro può divenire mezzo di scherno e pregiudizio. Secondo i frangenti cristiani medievali più estremisti, ad esempio, i giudei “deicidi” rifiutano di mangiare il maiale poiché ne condividono la stessa natura74.
Tuttavia, se le abitudini alimentari costituiscono uno degli elementi più distintivi e conservativi di un popolo, anche esse possono trarre in inganno. Il modo di mangiare può essere soggetto a variazioni ed influenze dovute al contatto con altri popoli o ad altri fattori puramente pratici. Come scrive Finkelstein:
«Nonetheless, identifiyng ethnic groups according to their diet is not devoid of obstacles. In certain cases, processes of acculturation, inter-cultural contacts, and avaliability or scarcity of certain food products can influence the culinary practices of a given group75».
Nonostante questa osservazione, per quanto riguarda il territorio della Palestina storica,
i più illustri studiosi, durante gli anni Novanta, ritenevano che le pratiche culinarie fossero fondamentali per distinguere i vari gruppi nella prima Età del Ferro. Ciò che i diversi popoli mangiavano – o, meglio, non mangiavano – sembrava costituire l'indicatore etnico per eccellenza.
Tra i gruppi etnici di nuova formazione che occupavano sia la costa, sia il territorio dell'altopiano, coloro i quali si potevano più facilmente identificare dalle abitudini alimentari erano gli Israeliti. Essi, secondo il testo sacro o secondo le loro precedenti abitudini, non si cibavano infatti di alcuni animali, tra i quali il maiale. La mancanza di questa carne all'interno della loro dieta doveva quindi costituire il maggior fattore di individuazione.
Secondo la breve rassegna sui ritrovamenti di ossa di maiale che ho precedentemente delineato, la scarsità o addirittura la scomparsa del suino nel territorio dell'altopiano, si sarebbe definita nel periodo della prima Età del Ferro, momento del primo insediamento dei “proto-israeliti”. Nello stesso periodo, reperti di ossa di maiale si sarebbero ritrovati solo nei siti della zona della pianura costiera meridionale (in particolare nelle città di Tell Miqne, Tell Batash e Ascalona) e nel territorio della Shephelah (ai piedi dell'altopiano), dove era stanziata la popolazione dei Filistei. Il reperimento del suino costituirebbe, perciò, un fattore di distinzione tra l'etnia degli Israeliti e quella dei potenti rivali Filistei, insediati lungo la costa.
Il tabù del maiale determinerebbe inoltre la possibilità di distinguere anche i gruppi etnici dell'altopiano. Secondo gli studi condotti, infatti, nel territorio dell'altopiano transgiordanico durante la prima e la seconda Età del Ferro, sono stati ritrovati resti di maiale, in particolare presso Hesban, importante città ammonita76.
Dunque, la prescrizione del suino permetterebbe di identificare gli Israeliti non solo dai Filistei, ma anche dagli altri gruppi etnici che avevano avuto un simile processo di formazione e che abitavano un territorio dalla stesse peculiarità77.
Il tabù del maiale potrebbe quindi essersi formato tra gli Israeliti in un periodo molto antico e potrebbe rivelarsi l'unico vero indicatore di differenza tra alcune culture troppo simili per essere tra loro distinte in altro modo.
Queste osservazioni porterebbero a concludere che già dall'inizio dell'Età del Ferro, nella zona dell'altopiano, la prescrizione sulla carne di maiale si sarebbe creata come simbolo di distinzione etnica e sarebbe stata codificata presso gli Israeliti solo nel momento della monarchia unita. In questo periodo essi avranno infatti la necessità di inventare o riprendere delle qualità etniche che servano a distinguersi dagli altri, nella riproposizione della dicotomia “noi-loro”.
L'ipotesi etnica delle proibizioni alimentari giudaiche potrebbe essere piuttosto convincente, ma piuttosto “comoda” e semplicistica.
Come ho spiegato precedentemente, all'inizio degli anni Novanta gli studi archeozoologici sul territorio e di conseguenza il rilevamento delle percentuali animali non erano ancora stati approfonditi e studiati sistematicamente. La teoria emersa dal lavoro riepilogativo di Hesse è stata supportata per più di un decennio da tutte le personalità più in vista nell'ambito dell'archeologia della Palestina, tra i quali lo stesso Finkelstein.
Con il procedere degli studi, le teorie e le opinioni sull'origine delle proibizioni alimentari del Levitico sono tuttavia ampiamente cambiate, come si vedrà nella parte successiva della mia trattazione.