4. IL DIVIETO DEL MAIALE: UNA QUESTIONE ANCORA IRRISOLTA
4.1. Nuovi risultati archeozoologici sulla presenza del maiale in Palestina
Nel capitolo precedente mi sono soffermata in modo particolare sugli studi archeozoologici che sono stati condotti in Palestina fino agli anni Novanta. Per costruire un quadro generale della questione mi sono servita, come ho fatto più volte notare, dell'articolo di Hesse Pig lovers and pig haters: patterns of Plaestinian pork production comparso nel 1990 su un numero della rivista Journal of Ethnobiology.
La rassegna che Hesse delineava è stata il punto di partenza per la maggior parte degli studiosi che si sono interessati all'argomento e non è stata messa in discussione sino ai recenti sviluppi determinatisi nel campo dell'archeologia israeliana.
Uno dei problemi che emergeva dalla rassegna sopra citata, consisteva nella scarsa sistemazione e catalogazione dei reperti archeozoologici oltre che nell'attesa di nuove e ulteriori ricerche sul campo. Tali “approfondimenti” avrebbero dovuto portare a nuovi risvolti riguardanti lo sfruttamento e allevamento di determinati animali. In questo modo si sarebbero avuti più dati che potevano aiutare a risolvere la questione della creazione dei tabù alimentari giudaici, la quale era stata ampiamente dibattuta durante tutto il XX secolo.
Come ho già fatto notare precedentemente, le valutazioni che erano state tratte dall'articolo di Hesse sul problema delle prescrizioni alimentari giudaiche e, in particolare, sulla carne di maiale erano state successivamente approfondite dagli
studiosi più illustri nel campo dell'archeologia israeliana. Lo stesso Finkelstein aveva sviluppato ampiamente l'argomento giungendo alla conclusione che il ritrovamento di reperti di suini nei siti della Palestina dell'Età del Ferro, dovevano rappresentare uno strumento di distinzione etnica tra le varie entità culturali che si andavano formando in quel periodo.
Dai reperti di cui si disponeva, si evinceva appunto che a partire dalla prima Età del Ferro, momento della formazione dell'etnia “proto-israelita”, la presenza del maiale negli insediamenti dell'altopiano cisgiordanico aveva subito un drastico calo, fino a scomparire. Ossa di suino si continuavano invece ad individuare abbondantemente nei siti della pianura costiera, terra dei Filistei, e nella parte transgiordanica dell'altopiano, sede di altre etnie molto simili, nel processo formativo, a quella israelita. L'unica spiegazione alla scomparsa del maiale in quella zona dell'altopiano doveva essere ricondotta alla presenza dei “proto-israeliti” i quali, a differenza degli altri popoli presenti sul territorio, non se ne cibavano.
Viste le premesse, non ci si stupirà se nel corso degli anni Novanta si creò la tendenza a considerare l'assenza di ossa di maiale in un sito dell'Età del Ferro strumento per distinguere gli israeliti dagli “altri”. La teoria etnica dello sfruttamento del maiale divenne dunque la più accreditata e accettata quasi universalmente da tutti gli studiosi dell'ambito.
Come ho spiegato nel capitolo precedente, le conclusioni che erano state tratte dall'indagine archeozoologica risultavano di certo convincenti ma, vista la mancanza di una ricerca e di una catalogazione sistematica dei reperti, le stesse rischiavano di diventare frutto di una visione semplicistica. Sebbene la teoria etnica dello sfruttamento
del maiale risultasse coerente con i dati materiali, doveva essere valutata alla luce delle nuove ricerche per essere ulteriormente confermata o smentita.
Nel primo decennio del nuovo millennio gli studi archeologici ed archeozoologici in Israele sono nettamente progrediti, essendosi estesi a tutto il territorio e caratterizzandosi come precisi e sistematici.
Bisogna tuttavia notare che per quanto riguarda la questione dei tabù alimentari e in particolare del caso del maiale, la bibliografia dell'ultimo periodo è piuttosto carente. Precedentemente gli studiosi, su questo argomento, si erano rivelati molto solerti ed interessati ed avevano concentrato gran parte dei loro sforzi nella risoluzione del problema. È molto probabile che in seguito alla presunta conferma della teoria etnica dello sfruttamento del suino, il dilemma sia stato considerato risolto e per questo accantonato. Ciò ha portato ad un decremento del materiale bibliografico che non facilita di certo chi è interessato ad approfondire la materia.
Durante il corso della mia ricerca, ho infatti appurato che per quanto riguarda il primo decennio del nuovo millennio è molto arduo trovare indicazioni ulteriori rispetto a quelle precedentemente citate nell'articolo riepilogativo di Hesse. Mi riprometto tuttavia, nel corso di questo capitolo, di mettere in evidenza come la questione non sia tuttora così semplice né la risoluzione del problema è così vicina.
In uno dei numeri della rivista Zeitschrift des Deutschen Palästina-Vereins del 2013, è stato pubblicato un articolo intitolato Pig husbandry in Iron Age Israel and Judah. New
insights regarding the origin of the “taboo” curato da una squadra di archeologi
israeliani tra i quali è presente lo stesso Israel Finkelstein. Da questa nuova ricerca ogni ipotesi creatasi precedentemente sembra essere stata rivoluzionata. La soluzione al
problema della presenza o scomparsa del maiale nei siti palestinesi deve a questo punto essere ricercata al di fuori della teoria etnica proposta nel corso degli anni Novanta. Cercherò ora di delineare brevemente quanto emerso sugli studi riguardanti il tabù del maiale con il supporto del suddetto articolo che deve essere considerato fondamentale per il proseguimento delle ricerche su questo apparentemente insolubile problema. La ricerca di Lidar Sapir-Hen, Guy Bar-Oz, Yuval Gadot e Israel Finkelstein – autori dell'articolo – si basa in questo caso sulla revisione di 78 assembramenti archeozoologici provenienti da 35 siti in Israele78. Per ogni assembramento i dati sono
raccolti in base alla totalità del bestiame composto usualmente da ovini, caprini, maiali, equidi e cammelli. Per quanto riguarda l'analisi sulla frequenza del maiale, essa viene divisa in tre categorie: minore del 2%, 2-7% e maggiore al 7%.
I risultati di questa nuova analisi, condotta con nuovi e maggiori dati rispetto a quella di Hesse, sono nettamente differenti rispetto a quelli precedentemente sviluppati. Dai dati che erano stati raccolti fino al 1990, si era giunti alla conclusione che all'inizio dell'Età del Ferro, in Israele, reperti di ossa di maiale si trovavano molto più raramente e in percentuali molto più basse rispetto ai periodi precedenti.
Si denotava inoltre la presenza di ossa di maiale solo in alcuni siti che sembravano da attribuirsi ad etnie di nuova formazione all'interno del territorio della Palestina storica. Dunque come ho spiegato precedentemente, laddove non si fossero trovati reperti di ossa di maiale, quei siti sarebbero stati da ritenersi di origine israelita. Infatti, proprio all'interno di quella cultura, si sarebbe dato vita al tabù sulla carne di maiale. L'assenza di ossa attribuibili al suino sarebbe stata quindi da riconnettere a siti di una determinata etnia che praticava l'astensione da quella carne.
Lo scenario che si delinea con Pig husbandry in Iron Age Israel and Judah. New
insights regarding the origin of the “taboo” è tuttavia piuttosto differente. Si nota
innanzitutto, a differenza dell'articolo di Hesse, una maggiore precisione dal punto di vista cronologico, dettata dalle recenti teorie che si sono sviluppate negli ultimi anni. Uno studio sistematico della ceramica ha portato gli studiosi a distinguere in modo molto puntiglioso periodi diversi all'interno dell'intervallo di tempo tra il 1130 e il 600 a.C., che precedentemente era considerato quasi un unico blocco temporale. Tale divisione non è tuttora universalmente accettata, ma nel nostro caso permette di creare una distinzione ulteriore per quanto riguarda i vari momenti dello sfruttamento del maiale in Palestina.
La nuova cronologia comporta la divisone della fascia temporale tra il 1130 e il 600 a.C. in sei periodi: Prima Età del Ferro I (1130-1050), Tarda Età del Ferro I (1050-950), Prima Età del Ferro IIA (950-870), Tarda Età del Ferro IIA (870-780), Età del Ferro IIB (780-680), Età del Ferro II C (680-586)79.
Utilizzando una divisione tanto meticolosa, si potrà facilmente notare che le informazioni che si potranno estrarre attraverso i reperti archeozoologici saranno da collocare in un periodo di tempo molto più ristretto. In tal modo si potranno delineare più specificamente le fasi intermedie di alcuni processi di lunga durata come, nel nostro caso, il disuso o l'incremento nello sfruttamento di alcuni animali all'interno degli insediamenti umani.
Dopo essermi brevemente soffermata su queste doverose premesse, cercherò di seguire la rassegna che si delinea nell'articolo sopra citato, per quanto riguarda la presenza del
79 Sulla questione della nuova cronologia dell'Età del Ferro in Israele, che non sembra necessario approfondire in questa sede, la bibliografia è vasta. Si veda in particolare Herzog 2004.
maiale nei siti che sono stati esaminati negli ultimi anni.
Iniziando la rassegna dalla Tarda Età del Bronzo, si nota che una significativa presenza è localizzata per la maggior parte in alcuni dei più importanti centri cananei come Megiddo, Tel Halif, Lachish ed Ekron. Per quanto riguarda tuttavia i siti limitrofi, non emerge alcuna attrattiva nell'allevamento del maiale80.
Nella zona dell'altopiano in particolare presso Shiloh e Tell Dotan, in questo periodo, resti di suino sono totalmente assenti, cosa che non accadeva nella Media Età del Bronzo quando esso era un animale domestico abbastanza utilizzato.
Nella tarda Età del Bronzo l'allevamento del maiale era praticato inoltre in siti da riconnettere al dominio egiziano. Ad Aphek e Beth-Shean la percentuale di ossa di maiale è la più alta tra tutti i siti della Palestina, con una percentuale rispettivamente del 2,4% e dell' 11,75%. in particolare per quanto riguarda Bet-Shean, il grande consumo di suino è stato ricondotto alla presenza di soldati e amministratori di origine egiziana stanziati nel luogo81.
Nel periodo dell'Età del Ferro I, come era già emerso all'inizio degli anni Novanta, si può notare un notevole accrescimento della percentuale di ossa di maiale nei siti della pianura costiera, riconnessi allo stanziamento dei Filistei. Nei siti di Ashdod ed Ekron si riscontrano le percentuali più alte (10,8% e 19,5%)82.
Anche dall'analisi riportata in Pig lovers and pig haters: patterns of Plaestinian pork
production, era già emerso che in questo periodo, nei siti dell'altopiano, i reperti di
origine suina erano drasticamente dimezzati, sino a scomparire quasi completamente. Nel territorio dell'altopiano era stanziata, come ho precedentemente spiegato, l'etnia
“proto-israelita”. Il fenomeno della scomparsa del maiale in questi siti era stato riconnesso quindi alla teoria etnica dello sfruttamento di questo animale, che sembrava fino a questo momento la più plausibile.
Le nuove ricerche hanno tuttavia fatto emergere delle complicazioni, che non erano state prima considerate in un quadro generale che sembrava ormai chiaro e risolto. Si erano sopra considerate le percentuali di ossa di maiale provenienti dai siti filistei e si era affermato che esse erano molto elevate. I centri di cui si è parlato erano tuttavia di grandi dimensioni. Negli insediamenti rurali situati nel raggio delle città, la presenza del suino è molto limitata: ad Aphek 0,4%, nel Nord a Tell Qasile 1,2%, a Qubur el- Waleyide vicino a Gaza non si sono ritrovati resti83.
Negli insediamenti filistei più grandi il maiale sembra quindi molto sfruttato, questo fenomeno non riguarda invece i siti di dimensioni nettamente minori. Considerando quanto era emerso nel capitolo precedente dalla rassegna di Hesse, questa tendenza risulta abbastanza anormale. Si era infatti affermato che per questioni legate all'economia centrale e alla redistribuzione dei prodotti, la carne del suino era da considerarsi piuttosto svantaggiosa. Per questo motivo nei siti rurali di piccole dimensioni, e quindi legati ad un'economia di sussistenza, la presenza di ossa di maiale era molto più frequente.
Questa tendenza non sembra tuttavia valere nel caso dei siti filistei che qui si sono presi in considerazione, anzi la regola potrebbe ritenersi totalmente capovolta.
Dalle nuove ricerche, diversamente da quanto si riscontrava nella rassegna del 1990, emerge inoltre che nei siti della pianura in nessun modo connessi con la popolazione dell'altopiano, le percentuali di resti di maiale sono molto basse se non addirittura nulle.
A Dan reperti di suino non sono presenti, sulle sponde del Mar di Galilea a Tel Kinrot la percentuale è dell'1% e ugualmente per quanto riguarda Dor, sulla costa settentrionale84.
Anche nella Shephelah, in particolare presso Beth-Shemesh e Hirbet Qeyafa, non si trovano resti di maiale. Per quanto riguarda Beth-Shemesh, vista la continuità della cultura materiale tra Tarda Età del Bronzo ed Età del Ferro I, si è supposto che l'assenza di ossa di maiale fosse da interpretarsi come una sorta di resistenza cananea85. Hirbet
Qeyafa, invece, è probabilmente da riconnettere ai gruppi stanziati sull'altopiano. Si è inoltre notato che nella Tarda Età del Ferro I, i siti che successivamente orbiteranno attorno al territorio settentrionale di Israele, successivamente alla divisione in due regni, sono caratterizzati da una bassa percentuale di ossa di maiale86.
Le complicazioni che sono emerse dalle nuove ricerche, dipingono un quadro generale molto più complesso rispetto alla visione “semplicistica” creatasi negli anni Novanta. A questo punto la validità della teoria etnica sullo sfruttamento del maiale deve essere quantomeno ridimensionata. La risoluzione della questione sarà quindi da ricercare in altre ipotesi, come vedremo successivamente nel corso della trattazione.
Uno dei periodi che risultano più interessanti per quanto riguarda la prescrizione sulla carne del maiale è senza dubbio quello che viene definito Età del Ferro IIA, che dovrebbe corrispondere al periodo 950-780 a.C.. Si assiste in questo momento ad una notevole crescita nelle percentuali di ossa di maiale nel Nord della Palestina, in particolare presso Tel Qemun, Tel es-Sarem e Hazor87.
Come si può notare Tel Qemun ed Hazor si collocano nel territorio del Regno di Israele.
84 Sapir-Hen 2013. 85 Ibidem.
Se si accettasse la teoria etnica dello sfruttamento del maiale, questo fenomeno risulterebbe piuttosto strano, dal momento che reperti di ossa di maiale si sono ritrovati in quella parte della Palestina occupata dall'etnia israelita88. Ciò significherebbe che la
prescrizione sulla carne di maiale non veniva praticata uniformemente in questa cultura di nuova formazione.
Nello stesso periodo, i siti filistei continuano a mantenere un'alta percentuale di ossa di maiale. Gli insediamenti limitrofi, vicini al regno di Giuda, sembrerebbero escludere totalmente dalla loro dieta la carne del suino, in particolare per quanto riguarda la città di Lachish.
Durante l'Età del Ferro II B (780-680 a.C.) viene a determinarsi una nuova tendenza, nel territorio del regno di Israele, che gli studi precedenti non erano riusciti in nessun modo ad individuare. Nei siti della pianura settentrionale legati al regno del Nord, le percentuali di resti di ossa di maiale sono in notevole crescita. Questo processo sembra aver avuto inizio nell'Età del Ferro IIA, come si è visto prima, accentuandosi successivamente tra il 780 e il 680 a.C..
Presso Hazor, all'estremo Nord, e a scendere Megiddo, Tel Qemun e Beth-Shean i valori percentuali risultano relativamente alti tra il 3,2% e il 7,8%89. Non si hanno purtroppo
indicazioni per quanto riguarda gli insediamenti dell'altopiano che non sono ancora stati adeguatamente indagati.
I siti limitrofi a quelli appena citati, che si collocano sul confine fra i due regni, non presentano invece percentuali elevate di ossa di maiale. Ciò farebbe dunque pensare ad
88 Con l'espressione di “etnia israelita” intendo quella cultura di nuova formazione, di cui ho parlato nel capitolo precedente. Nell'etnia israelita sono compresi, dunque, dopo la divisione in due regni, sia il regno di Israele sia il regno di Giuda.
un netto disinteresse nell'allevamento di questo animale.
I reperti che hanno dato modo di individuare questa tendenza riguardano la prima metà dell'VIII secolo, considerato il momento più prospero nella storia del regno di Israele. Tali siti, infatti, vennero rasi al suolo nel 732 a.C. con l'invasione degli assiri, guidati da Tiglat-Pileser III90.
Come si può notare, dalle nuove ricerche, emerge un fenomeno del tutto inaspettato: una netta differenza nelle percentuali di ossa di maiale tra il territorio del Nord, corrispondente al regno di Israele e il territorio del Sud, corrispondente al regno di Giuda91. Se negli insediamenti meridionali la scarsità di reperti fa pensare ad un divieto
sulla carne del suino, dai siti settentrionali si riscontra un larga diffusione dell'allevamento di questo animale.
Nel territorio del regno di Giuda, la presenza del maiale tra gli animali domestici è praticamente inesistente92. Presso Lachish, Tel Halif, nella Shephelah, e Tell es-Seba,
nella valle di Beer-Sheba, la percentuale di ossa di maiale è molto bassa. Anche nel territorio dell'altopiano vicino a Gerusalemme, si assiste agli stessi risultati.
Solo nel sito di Aroer, nella valle di Beer-Sheba, dove il territorio è fondamentalmente abbastanza favorevole all'allevamento del maiale, con precipitazioni annue di 200mm, la percentuale è maggiore al 3%93. Tuttavia, come gli studiosi fanno notare, questo
insediamento si trova in condizioni piuttosto particolari. Esso si trovava infatti al centro
90 Sapir-Hen 2013.
91 Si ricorda che la divisione nei due regni viene fatta risalire alla seconda metà del X secolo, con la data fissata al 930 a.C. (vedi Liverani 2003), successivamente alla morte del leggendario personaggio biblico di Salomone, con la quale si decreta la fine del regno unico. L'iscrizione della campagna condotta dal Faraone Sheshonq nel tempio di Karnak in tutto il territorio della Palestina, risalente al 925 ca., darebbe delle indicazioni riguardo ai piccoli regni di Giuda ed Israele ormai divisi sotto la presunta guida di Roboamo e Geroboamo.
delle vie commerciali che collegavano il Mediterraneo all'Arabia. Per questa ragione Aroer si potrebbe considerare un sito “multi-culturale”. Il consumo del maiale, in questo sito legato al regno di Giuda, potrà essere riconducibile all'alta frequentazione di genti esterne al territorio.
Nell'Età del Ferro II C (682-586 a.C.), la tendenza al rifiuto del maiale si nota ancora nel territorio del Regno di Giuda. Non si hanno tuttavia reperti per quanto riguarda la parte settentrionale del territorio, dell'ormai decaduto Regno di Israele94.