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Il pagamento dei crediti prededucibili ex art 54 e il piano d

La procedura di accertamento illustrata nei paragrafi precedenti, non si applica ai crediti prededucibili liquidi, esigibili e non contestati, sorti nel corso della procedura di prevenzione: i medesimi infatti, potranno essere soddisfatti, ai sensi dell’art. 54, anche se non formalmente insinuati al passivo e, quindi, non inseriti nel piano di riparto di cui all’art. 61, previa autorizzazione del giudice delegato, il quale, con decreto dispone anche sul soggetto tenuto al pagamento. Il comma 2 del citato art. 54 statuisce che il pagamento è effettuato con prelievo sulle somme disponibili, se esso non pregiudica la gestione e l’attivo è sufficiente; in caso contrario, il pagamento è anticipato dallo Stato.

89 Per tutti gli altri crediti, si applica l’art. 61, che seguendo la ratio fallimentaristica, statuisce che l’amministratore giudiziario redige nei sessanta giorni successivi alla formazione del passivo o nei dieci giorni successivi all’ultima vendita un progetto di pagamento dei crediti stessi, dandone comunicazione al giudice delegato.

Quest’ultimo, verificata la congruità del progetto di riparto formulato dall’amministratore e, se del caso, apportate al medesimo le variazioni opportune, dispone che lo stesso sia comunicato ai creditori, affinché i medesimi, entro dieci giorni dall’avvenuta comunicazione, possano far valere i propri diritti, attraverso osservazioni sulla graduazione e collocazione dei propri crediti e sul valore dei beni oggetto di confisca. Decorso il ridetto termine di dieci giorni accordato ai creditori, il giudice delegato, tenuto conto delle eventuali osservazioni pervenute ed acquisito il parere dell’amministratore giudiziario, del pubblico ministero e dell’Agenzia nazionale, determina con decreto il piano di pagamento. Il Legislatore, appesantendo ulteriormente la procedura, prevede che entro dieci giorni dalla comunicazione del piano di pagamento i creditori possono proporre opposizione avverso il decreto dinanzi al Tribunale della prevenzione, introducendo un sub procedimento di natura contenziosa cui si applica il già analizzato art. 59 commi 6,7, 8 del Codice antimafia. A seguito della conclusione di tutte le opposizioni, il piano diventa definitivo, e l’amministratore giudiziario procede ai pagamenti spettanti ai creditori concorrenti secondo le percentuali esattamente previste nel piano.

È interessante notare che il d.lgs. 159/2011 ha stabilito la non ripetibilità dei pagamenti effettuati, salvo il caso dell’accoglimento delle domande di revocazione, nella cui ipotesi i creditori devono restituire le somme riscosse, oltre agli interessi legali dal momento della ricezione degli importi ricevuti100. In caso di mancata

100

Si tratta di una deroga al disposto dell’art. 2033 c.c. in forza del quale in caso di pagamento indebito gli interessi sono dovuti dalla domanda e non dalla data del pagamento, salvo che si raggiunga la prova che l’accipiens fosse in mala fede.

90 restituzione, le somme sono pignorate secondo le forme stabilite per i beni mobili dal codice di procedura civile.

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CAPITOLO 4

Rapporti tra procedure concorsuali e misure di

prevenzione patrimoniali

SOMMARIO: 1. Le scelte del Legislatore. 2. Dichiarazione di fallimento successiva al sequestro. 2.1. La legittimazione a proporre l’azione revocatoria. 3. Sequestro successivo alla dichiarazione di fallimento. 4. Rapporti tra procedure concorsuali e misure di prevenzione “minori”. 5. Rapporti tra misure di prevenzione e procedure concorsuali “minori”. 6. conclusioni

1. Le scelte del Legislatore

Nel capitolo 3 di questo elaborato, si è messo in luce come la procedura fallimentare entri surrettiziamente nel procedimento di prevenzione, poiché il modello stabilito dal legislatore è facilmente accostabile al modello dell’accertamento dei crediti e dei diritti previsti per lo stato passivo fallimentare. In questo capitolo, invece, si vedrà come il procedimento di prevenzione entri a gamba tesa nelle procedure fallimentari che eventualmente dovessero concorrere con esso.

Nel Capo III del titolo IV del primo Libro del Codice antimafia, il legislatore ha disciplinato i controversi rapporti tra misure di prevenzione e fallimento dell’imprenditore i cui beni siano stati attinti da sequestro: in siffatta materia si assiste, per la prima volta all’inserimento nella materia delle misure di prevenzione di una disciplina esplicita ed organica delle interrelazioni tra ablazione patrimoniale antimafia e procedure concorsuali. Il complesso della normativa, per quanto non copra integralmente lo spettro delle possibili relazioni delle misure di prevenzione con le procedure

92 concorsuali generalmente intese ( non sono presi in considerazione, anche per i limiti della delega, il concordato preventivo, la liquidazione coatta amministrativa, l’amministrazione straordinaria), ha una considerevole portata innovativa e tenta di recepire, unitamente alla più generale disciplina sulla tutela dei diritti dei terzi (v. cap. 3), contenuta nei Capi I e II del medesimo Titolo, gli orientamenti giurisprudenziali e dottrinari che si erano formati nel corso degli anni per risolvere problemi concreti di coordinamento tra le due procedure. La disciplina introdotta nel Codice antimafia agli artt. 63-64 conferma l’impostazione più rigorista della giurisprudenza antecedente al Codice stesso, nel senso di una tendenziale prevalenza della procedura di prevenzione su quella civilistica del fallimento e quindi dell’interesse pubblicistico su quello della par condicio creditorum, ma è opportuno fare tre precisazioni101:

a) non si tratta di una prevalenza di carattere assoluto, ma occorre assicurare protezione ai creditori del fallito e di coordinare le iniziative di gestione o liquidazione dei detti patrimoni;

b) non sempre la consistenza della massa attiva fallimentare coincide con i beni oggetto di sequestro;

c) nonostante lo stesso Codice antimafia abbia previsto una disciplina analoga a quella fallimentare riguardo al procedimento di verifica dei crediti dei terzi e di liquidazione dei beni i due procedimenti non sono sovrapponibili o intercambiabili.

La tendenziale prevalenza dipende anche dalla sussistenza di poteri più penetranti in capo al giudice di prevenzione nell’accertare se i crediti insinuati nella massa fallimentare siano effettivi, non preordinati ad eludere l’ablazione, non avanzati da soggetti che di fatto consentirebbero il protrarsi del dominium del proposto sul patrimonio, né provenienti da personaggi che abbiano colpevolmente ruoli

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C. MALTESE, I rapporti tra le misure di prevenzione patrimoniali e la procedura

93 strumentali al consolidamento del potere suo o delle sue aziende. La scelta del Legislatore è stata recentemente confermata da una sentenza della Suprema Corte, dove si afferma che: “la dichiarazione di

fallimento non reca alcun pregiudizio alla procedura di prevenzione patrimoniale diretta alla confisca di beni poiché questa prevale comunque sia quando il fallimento sia stato dichiarato prima del sequestro preventivo, sia quando sia stato dichiarato successivamente, dovendo essere privilegiato l’interesse pubblico perseguito dalla normativa antimafia rispetto all’interesse meramente privatistico della par condicio creditorum perseguito dalla normativa fallimentare”102

Il legislatore ha quindi distinto i casi di: dichiarazione di fallimento successiva al sequestro, sequestro successivo alla dichiarazione di fallimento e coesistenza di strumenti di controllo giudiziario con il fallimento.