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Sequestro successivo alla dichiarazione di fallimento

Il sequestro successivo al fallimento (art. 64 codice), onde consentire una gestione ed (eventuale) destinazione autonoma dei beni attinti dalla misura, impone al giudice delegato al fallimento, sentito il curatore e il comitato dei creditori, di emettere un decreto non reclamabile con il quale ordina la separazione dalla massa attiva fallimentare dei beni soggetti a prevenzione. Si tratta di un provvedimento che rappresenta l’esatto contrario del decreto di

100 acquisizione ex art. 25, l. fall. e che è espressamente individuato come non reclamabile: il che potrebbe porre problemi di tutela dei creditori di fronte ad un’erronea separazione di beni che, invece, non sarebbero dovuti uscire dalla massa fallimentare, residuando, tuttavia, la possibilità di sollecitare comunque il giudice delegato a revocare o rettificare la sua decisione110. Ma, è opportuno segnalare che, a fronte di una chiara volontà legislativa in tal senso, del tutto marginale risulta il ruolo attribuito agli organi del fallimento; nessun potere discrezionale di scelta e nessun sindacato viene riconosciuto al curatore o ai creditori e nemmeno, in sostanza al giudice delegato al fallimento, il quale si limiterà a prendere atto del contenuto del provvedimento di sequestro ed espungere i beni oggetto di vincolo di prevenzione dalla massa attiva. Ciò dimostra che il Legislatore ha statuito, anche in questo caso, il principio della prevalenza della misura di prevenzione rispetto al fallimento.

L’articolo 64, comma 2, prevede che i crediti ed i diritti vantati nei confronti del fallimento, compresi quelli inerenti i rapporti relativi ai beni sottoposti a sequestro, siano sottoposti alla verifica111, di cui all’art. 52 del Codice in esame, nelle forme tuttavia, degli articoli 92 e ss. della Legge fallimentare, in pratica si è cercato di trasportare l’accertamento, squisitamente di prevenzione, circa i diritti dei terzi innanzi al giudice fallimentare, onerandolo di un’ulteriore valutazione. A tal fine, il giudice fallimentare fissa, nel termine di novanta giorni dal sequestro, una nuova udienza per l’esame dello stato passivo.

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G. MINUTOLI, Verso la fallimentarizzazione del giudice della prevenzione

antimafia, cit., p. 1274. 111

Nella Relazione illustrativa si chiarisce che: “ Nella diversa ipotesi di fallimento

preesistente a sequestro, è mantenuta la competenza del giudice delegato alla procedura concorsuale per la verifica dei crediti, che, ove già effettuate, deve essere riaperta, previa fissazione di apposita adunanza, per i creditori già ammessi. Nei confronti di costoro va accertata l’applicazione anche delle condizioni previste per la verifica della loro buona fede. Analogo accertamento avverrà in caso di insinuazione tardiva al fallimento di imprenditore soggetto a misura di prevenzione e laddove penda impugnazione avverso lo stato passivo già definito.”

101 Ci si è chiesti se il decreto ex art. 96 l. fall. precluda un’ulteriore rivalutazione di quanto già ammesso a causa del sopravvenire del sequestro e la risposta sembrerebbe essere negativa, in quanto, alla stregua dell’articolo 64 comma 5, alle ripartizioni dell’attivo fallimentare concorrono solo i creditori ammessi al passivo secondo le regole ed i criteri valutativi presi in esame nei commi precedenti, mentre il comma 4 stabilisce che qualora il sequestro sopravvenga durante la pendenza dei giudizi di impugnazione di cui all’art. 98 l. fall., il tribunale procedente può e deve attuare la verifica di cui sopra, concedendo alle parti un termine perentorio per l’integrazione degli atti introduttivi. È opportuno evidenziare, la circostanza che il Legislatore abbia inteso estendere il vaglio di cui all’articolo 52, e quello della buona fede in particolare, ai crediti insinuati nel fallimento prima del sequestro ma dopo il deposito della relativa proposta; poiché si tratta di un atto segreto, la norma va intesa nel senso di aver voluto contrastare la possibilità che il proposto, in previsione dell’emissione nei suoi confronti di un atto teoricamente a sorpresa come il sequestro di prevenzione, si fosse accordato con dei terzi creditori fraudolenti o compiacenti per provocare insinuazioni strumentali nel passivo fallimentare al fine di indebolire la garanzia patrimoniale dei creditori effettivi. Nulla dice il Legislatore riformista in ordine alla sorte dei giudizi di impugnazione che siano pendenti, al momento del sequestro di prevenzione, innanzi alla Corte di Cassazione, per effetto del gravame frapposto da una delle parti al decreto pronunciato dal tribunale. Poiché si esclude la possibilità di integrare gli atti innanzi al giudice di legittimità, restano in sostanza due sole possibilità: o si ritiene irrilevante nel giudizio di cassazione il sopravvenuto sequestro dei beni fallimentari, oppure si valorizza il potere di rilievo d’ufficio della carenza dei presupposti ex art. 52 del Codice, onde consentire al giudice di legittimità di addivenire ad una pronuncia di annullamento con rinvio al Tribunale fallimentare, perché proceda al riesame del

102 caso, nel contradditorio con le parti, limitatamente ai profili concernenti la buona fede del creditore, id est la sua estraneità all’attività illecita del proposto112

.

Il comma sesto del’articolo 64, impone un secondo significativo limite alle prospettive di tutela dei creditori del fallito sottoposto al sequestro di prevenzione, stabilendo che i creditori ammessi non potranno partecipare a riparti che superino nella misura del 60% il valore dei beni confiscati e sequestrati (in forza della soglia prevista dall’art.53 del Codice) e, naturalmente, nei riparti dovrà tenersi conto delle somme già incamerate per effetto dei provvedimenti di distribuzione approvati dal giudice delegato al fallimento. La disposizione andrà coordinata con quella di cui al comma 1, che, come si è osservato, postula la tendenziale separazione113dei beni colpiti da sequestro di prevenzione rispetto alla massa attiva del fallimento; l’ipotesi sopra esaminata, riguarderà i terzi che già insinuatisi nel fallimento ed ivi ammessi in base al doppio vaglio, vantino diritti su beni appresi con l’ablazione statuale, sui quali potranno comunque soddisfarsi nonostante detti beni siano stati sottratti, con decreto, alla massa attiva, ma entro i limiti quantitativi e con le modalità sopra delineate. È innegabile, che la posizione del terzo titolare di un diritto, ad esempio di garanzia, su di un bene colpito da misura di prevenzione e che già si fosse attivato prima del sequestro per insinuarsi nel passivo, sia esposta

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G. CAPECCHI, F. BRIZZI, Misure di prevenzione patrimoniali e tutela dei terzi, Giappichelli editore., Torino, 2013.

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Nella Relazione illustrativa si legge che: “ In entrambi i casi delineati (dichiarazione di fallimento successiva al sequestro e sequestro successivo al fallimento) opera il principio, espressamente indicato dal legislatore delegante, della

sottrazione dei beni sottoposti alla prevenzione rispetto alla massa fallimentare.

Esso trova attuazione mediante un duplice meccanismo che tiene conto delle cadenze temporali in cui intervengono le diverse procedure: nel caso di dichiarazione di fallimento successiva al sequestro o alla confisca, lo

spossessamento dell’imprenditore-proposto è escluso per i beni già sottoposti alla gestione dell’amministratore giudiziario; ove invece la dichiarazione di fallimento preceda l’applicazione della misura di prevenzione su beni dell’imprenditore insolvente, l’ufficio fallimentare è chiamato ad effettuare una operazione di separazione dei beni già acquisiti alla massa per la consegna degli stessi, in quanto attinti da sequestro di prevenzione, all’amministratore giudiziario”

103 al rischio di un indebolimento, dato che il bene passa sotto la gestione dell’amministratore giudiziario, viene sottratto alla massa attiva e di conseguenza verranno applicati una serie di filtri maggiormente restrittivi nell’accertamento dei diritti.

Se il sequestro o la confisca di prevenzione hanno per oggetto l’intera massa attiva fallimentare (ovvero nel caso di società di persone, l’intero patrimonio personale dei soci illimitatamente responsabili) il tribunale, sentito il curatore ed il comitato dei creditori, dichiara chiuso il fallimento e alla verifica dei crediti provvede il giudice della misura di prevenzione secondo gli articoli 52 e seguenti. In dottrina114 si è sottolineato che non è chiaro se, in questa ipotesi, i creditori debbano, o possano, ripresentare l’istanza di ammissione al giudice delegato alla prevenzione e cosa accada se il loro credito sia già stato definitivamente non ammesso in sede fallimentare.

L’unico limite, alla prevalenza delle misure di prevenzione sul fallimento, che si può rinvenire nel Codice antimafia, è previsto all’ottavo comma dell’articolo in esame, ove si precisa che allorché il sequestro o la confisca intervengano dopo la chiusura del fallimento, essi possono essere eseguiti solo su quanto eventualmente residui dalla liquidazione: si è recepito l’orientamento giurisprudenziale115 che già prima del d.lgs. 159/2011 individuava proprio nella ripartizione dell’attivo e nella chiusura del fallimento l’argine temporale di fronte al quale dovevano arrestarsi gli effetti dell’ablazione patrimoniale, infatti in tale situazione i beni sono legittimamente fuoriusciti dal patrimonio del fallito.

Se poi il sequestro o la confisca dovessero essere revocati in via definitiva, troverà applicazione la regola già vista in precedenza per il caso di fallimento dichiarato successivamente alla misura di

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A. BALSAMO – C. MALTESE, Il codice antimafia, cit., p. 75.

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V. MOLINARI, Rapporti ed interferenze tra xmisure di prevenzione patrimoniale e

104 prevenzione: su istanza del pubblico ministero116, ovvero dei creditori, il tribunale potrà disporre la riapertura del fallimento ai sensi dell’art. 121 l. fall., richiamando nelle funzioni il giudice delegato e il curatore ove il fallimento sia stato già chiuso; quando invece il fallimento risulti ancora aperto, per effetto dell’art. 64, comma 10, del Codice i beni sottoposti a vincolo, sono nuovamente ricompresi nella massa attiva ex

lege, senza necessità di ulteriori provvedimenti; l’amministratore

giudiziario dovrà pertanto procedere alla consegna delle attività al curatore fallimentare, il quale avrà cura di procedere alle necessarie iscrizioni nei registri immobiliari e dei beni mobili registrati.

4. Rapporti tra procedure concorsuali e misure di

prevenzione “minori”.

L’art. 65, Codice antimafia, prevede la non prevalenza delle c.d. misure di prevenzione patrimoniali minori sul fallimento; quindi le figure di nuovo conio del controllo ex art. 34117 e dell’amministrazione giudiziaria dei beni personali ex art. 33 del Codice118, non possono

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Nella Relazione illustrativa al testo in commento è scritto che: “In caso di revoca del sequestro o della confisca e ove il fallimento sia ancora aperto, si prevede che i beni liberati dal vincolo di prevenzione vengano acquisti alla massa fallimentare; ove il fallimento fosse stato già chiuso, è prevista la riapertura anche su iniziativa del pubblico ministero”.

117 La norma prevede che quando il Tribunale dispone la revoca della misura

dell’amministrazione giudiziaria di beni connessi ad attività economiche, può contestualmente disporre il controllo giudiziario, con cui si impone l’obbligo nei confronti di chi ha la proprietà, l’uso o l’amministrazione dei beni, o di parte di essi, di comunicare, per un periodo non inferiore a tre anni, al questore ed al nucleo di polizia tributaria del luogo di dimora abituale, ovvero del luogo in cui si trovano i beni se si tratta di residenti all’estero, gli atti di disposizione, di acquisto o di pagamento effettuati, gli atti di pagamento ricevuti, gli incarichi professionali, di amministrazione o di gestione fiduciaria ricevuti, e gli altri atti o contratti indicati dal Tribunale, di valore non inferiore a € 25.822,84, o del valore superiore stabilito dal Tribunale in relazione al patrimonio e al reddito della persona.

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Si prevede che con il provvedimento che applica la misura personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, il Tribunale può disporre l’

105 essere disposte sui beni compresi nel fallimento e, se il fallimento è successivo all’adozione del provvedimento del controllo o dell’Amministrazione giudiziaria, il Tribunale della prevenzione dovrà con ordinanza pronunciare la cessazione delle misure e avverso siffatto provvedimento sarà possibile proporre impugnazione innanzi alla Corte d’Appello secondo le regole ordinarie. Nel caso in cui, una volta dichiarato il fallimento, non si pervenga alla totale liquidazione dei beni in precedenza sottoposti alla misura di prevenzione poi revocata, l’art. 65, comma 3, del Codice, prevede che il Tribunale della prevenzione stabilisce se disporre con un nuovo decreto l’applicazione della misura del controllo giudiziario o dell’Amministrazione giudiziaria sui beni relitti, sempre che sussistano ancora le esigenze che hanno giustificato i provvedimenti in precedenza revocati.

L’impostazione scelta dal Legislatore, potrebbe apparire comprensibile, ed anche condivisibile per non comprimere le posizioni giuridiche dei terzi creditori interessati ad insinuarsi nel fallimento al di fuori delle ipotesi di intervento strictu sensu ablativo da parte dello Stato, si consideri che la disposizione di cui all’art. 65 si riferisce a misure che in linea teorica, potrebbero trasformarsi in sequestro ed addirittura in confisca dei beni che si ha motivo di ritenere siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego, alla scadenza del termine per l’amministrazione giudiziaria.

Si sostiene119, quindi, che per ragioni di coerenza di sistema, in tal caso si debba far applicazione non dell’art. 65, ma degli articoli 63 e 64, a seconda dell’intervento della misura ablativa in epoca precedente o successiva rispetto alla dichiarazione di fallimento.

che la libera disponibilità dei medesimi agevoli comunque la condotta, il comportamento o l’attività socialmente pericolosa.

119 C. FORTE, Il Codice delle leggi antimafia e la crisi dell’impresa sottoposta a misure di prevenzione patrimoniali: analisi della nuova disciplina dei rapporti tra gli strumenti di intervento ablativo statuale e le procedure concorsuali, in

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5. Rapporti tra misure di prevenzione e procedure