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I progetti di riforma

Come già anticipato nel paragrafo 2, nel 1998 venne istituita la “Commissione per la ricognizione e il riordino della normativa di

contrasto della criminalità organizzata”, presieduta da Giovanni

Fiandaca, che presentò un’articolata proposta di riordino della normativa antimafia, con specifico riguardo alla tutela dei terzi aventi causa del proposto e dei titolari di diritto di credito. Successivamente, altra proposta fu elaborata dalla “Commissione istituita presso l’Ufficio

del Commissario Straordinario di Governo per i beni confiscati ad organizzazioni criminali”, che della prima condivise le soluzioni

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MAISANO, Misure patrimoniali antimafia e tutela dei creditori, cit., 895

57 suggerite sia con riguardo all’ambito dei soggetti tutelabili, sia alle forme e alle tecniche di tutela.

La tutela proposta concerneva, i crediti insorti in epoca antecedente il sequestro; escludeva coloro che avessero acquisito diritti direttamente dall’indiziato di mafia dopo l’esecuzione del sequestro; escludeva ovviamente i terzi compartecipi del mafioso, ovvero con lo stesso collusi. Un’importante innovazione che entrambe le commissioni volevano apportare alla normativa antimafia, era la sostituzione del criterio tradizionale della buona fede con un criterio misto: oggettivo, che avesse riguardo alla funzionalità dell’atto rispetto all’attività illecita o all’attività economica che ne sia il frutto o il reimpiego; soggettivo, allorquando il terzo ignori senza colpa tali caratteristiche dell’atto. La divergenza più significativa tra le proposte delle due Commissioni di studio si aveva in tema di onere probatorio. La Commissione istituita presso il Commissario Straordinario, in raccordo con la giurisprudenza di legittimità citata nei paragrafi precedenti, riteneva che dovesse essere il terzo ad offrire la prova del carattere non ausiliare o strumentale dell’atto da cui scaturisce il proprio credito rispetto all’attività illecita; di contrario avviso la Commissione Fiandaca, che riteneva inopportuno far gravare sul terzo l’onere di dimostrare la sussistenza dello stato di buona fede, poiché l’inserimento di un simile regime probatorio nell’ambito di un procedimento retto di suo dall’abbondante ricorso a meccanismi probatori di tipo presuntivo ed indiziario, era parso eccessivamente oneroso per il terzo, e neppure del tutto tranquillante sul piano dei principi. Quanto alle tecniche di tutela, le due Commissioni avevano ritenuto che la sede propria di ogni accertamento sulla sussistenza delle condizioni di tutelabilità dei diritti dovesse essere il procedimento di prevenzione, e avevano suggerito l’introduzione nell’ambito del

58 suddetto procedimento di un subprocedimento64 che avesse funzione accertativa, in quanto volto alla verifica dei diritti di credito dei terzi, solo eventualmente e parzialmente satisfattivo, cui erano estranei scopi liquidativi dei beni, e che fosse funzionale al rispetto della par

condicio creditorum e dell’ordine legale dei privilegi. Le due

Commissioni, suggerirono che il procedimento di verifica si svolgesse su esclusivo impulso di parte, e solo successivamente alla pronunzia della definitività della confisca, e quindi prima della fase di esecuzione della misura. Il modello di riferimento per l’accertamento dei crediti era rappresentato dalla legge fallimentare ed il procedimento si svolgeva in modo sostanzialmente analogo, tanto se si trattasse di sequestro d’azienda, quanto se fosse stato confiscato un bene di natura diversa.

Quanto ai rapporti con le procedura concorsuali, le Commissioni avevano osservato che l’orientamento da privilegiare fosse quello che affidasse al curatore fallimentare la gestione dei beni, poiché tale teoria aveva un maggior fondamento logico, in quanto il fallimento privando il debitore dell’amministrazione e della disponibilità del suo patrimonio, in linea generale, vanificava uno dei presupposti di ammissibilità del sequestro, cioè l’esistenza di beni che si trovassero nella disponibilità, diretta o indiretta, dell’indiziato mafioso. Tuttavia fu rilevata la necessità d’introdurre una serie di garanzie procedurali volte ad assicurare: che anche nelle procedure concorsuali i beni sottoposti a sequestro fossero destinati al soddisfacimento dei creditori chirografari solo qualora i restanti beni costituenti l’attivo fallimentare fossero a quel fine insufficienti; che all’accertamento dei crediti partecipassero gli organi della procedura di prevenzione; che fossero previsti mezzi di reazione per l’evenienza che si scoprisse

64 L’auspicio originario di una riforma del procedimento di prevenzione nel senso

dell’introduzione di una sorta di sub procedimento di verifica dei crediti si deve a BONGIORNO, Proposte per una urgente modifica delle norme sul sequestro e la

59 tardivamente che i crediti insinuati erano fittizi; che alla liquidazione dei beni non partecipassero soggetti legati in qualsiasi modo alle associazioni mafiose, sicché, erano vietate le vendite per persona da nominare. L’esame di entrambe le proposte elaborate dalle Commissioni di studio, evidenzia il sedimentarsi di un nucleo di principi, di valori e di soluzioni condivisi, che inevitabilmente dovevano fungere da supporto all’indispensabile intervento normativo. La persistente inerzia del legislatore è stata talvolta valutata come uno dei frutti della perenne emergenza italiana, anzi si è più volte avanzato da più parti il dubbio che la disattenzione del legislatore nel disciplinare il tema della tutela dei terzi era probabilmente voluta, proprio per mantenere ferma una più decisa lotta alla mafia, anche a costo di fare intorno ad essa terra bruciata e di sacrificare i diritti di soggetti incolpevoli65.

65

v. Costa, Il fallimento dell’imprenditore sottoposto a misure di prevenzione, cit., p. 10.

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CAPITOLO 3

Una

imperfetta

“fallimentarizzazione”

del

procedimento di prevenzione

SOMMARIO: 1. La tutela dei terzi creditori nel codice antimafia. 1.1. La Legge di Stabilità e l’intervento della Suprema Corte. 2. La sospensione delle procedure esecutive. 3. I rapporti giuridici pendenti. 4. Il limite della garanzia patrimoniale. 5. L’accertamento dei diritti dei terzi. 6. La domanda del creditore. 7. L’udienza di verifica dei crediti. 8. L’opposizione allo stato passivo. 9. La liquidazione dei beni. 10. Il pagamento dei crediti prededucibili ex art. 54 e il piano di pagamento ex art. 61.

1. La tutela dei terzi creditori nel codice antimafia.

Dopo aver analizzato nel capitolo precedente le soluzioni operative prospettate nel corso degli anni dalla giurisprudenza di merito e di legittimità e dalla dottrina, si può adesso passare all’analisi della disciplina dettata dal legislatore nel Codice Antimafia.

Il titolo IV del suddetto Codice, infatti, contiene un complesso di regole volte a disciplinare gli effetti delle misure di prevenzione nei confronti dei terzi, regole che nel silenzio della normativa previgente, costituiscono certamente un momento di assoluta novità.

Il punto di equilibrio individuato dal legislatore è stato quello di privilegiare l’acquisizione del bene senza conservazione delle pregresse situazioni di diritti ed oneri reali gravanti sul bene stesso, spostando la garanzia dei relativi titolari dai beni al patrimonio del sottoposto, riconoscendo il diritto a detti soggetti di soddisfarsi insinuandosi nella procedura, così originando un sistema di soddisfazione per equivalente. Il nuovo Codice Antimafia, infatti, prevede non solo l’equiparazione, sotto il profilo processuale della

61 posizione del proprietario o comproprietario del bene con il terzo titolare di un diritto reale di godimento, ma anche l’estensione di tale diritto di intervento al terzo titolare di un diritto personale di godimento. Evidentemente tale estensione è avvenuta anche in considerazione del fatto che i diritti personali di godimento se, da un lato, rappresentano una situazione di carattere relativo, dall’altro lato, il titolare del diritto medesimo è tutelato nel godimento della cosa erga

omnes. In particolare, il comma 1 dell’art. 52 del Codice Antimafia

contiene una piccola rivoluzione, poiché afferma che la confisca non dovrà pregiudicare i diritti di credito dei terzi che risultino da atti aventi data certa anteriore al sequestro, qualora ricorrano specifiche condizioni. Non sembra eccessivo affermare che la norma, se interpretata in senso strettamente letterale, comporterebbe il rigetto della maggior parte delle domande di ammissione al passivo. La disposizione richiede infatti che il credito risulti solo da atti a contenuto negoziale, muniti di data certa. Il riferimento alla “ data certa” contenuto nella norma in esame richiama indubbiamente la norma sancita dall’art. 2704 c.c., che disciplina i requisiti necessari per rendere opponibile a terzi la data del documento. In materia fallimentare, e più specificamente in tema di verifica del passivo, la necessità della data certa deriva da un’interpretazione sistematica della legge e in particolare dall’art. 44 legge fallimentare, che istituzionalizza il conflitto tra creditori anteriori e creditori successivi, che ne restano esclusi. Preme sottolineare che per l’ammissione del credito non è giuridicamente indispensabile la produzione di un documento con data certa secondo i rigorosi requisiti richiesti dall’art. 2704 c.c., poiché ciò è necessario solo per la prova di negozi per i quali è prescritta la forma scritta ad substantiam o ad probationem oppure quando si tratta di “un contratto che, in relazione al suo valore, alla

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iscritto66” In altri termini anche nel fallimento è richiesto che il credito

sia di data anteriore rispetto all’apertura della procedura concorsuale, come è desumibile dall’art. 42 comma 1 L.F., dall’art. 44 L.F. e, infine dall’art. 52 L.F. che pone la regola del concorso dei creditori. È logico che l’anteriorità del credito deve essere certa, ma ciò non implica in maniera automatica a limitare le fonti di prova a quelle esclusivamente documentali, come invece sarebbe se, per concretizzare il riferimento alla data certa contenuto nell’art. 52 del Codice, si applicasse l’art. 2704 c.c. Né può servire a questo scopo la costante preoccupazione del giudice della misura di prevenzione di evitare la precostituzione di creditori di comodo, perché non solo nel procedimento di prevenzione, ma anche nel fallimento la verificazione del passivo è un’attività giurisdizionale diretta ad evitare “possibili manovre fraudolente di

appesantimento del passivo”67.Le condizioni dettate dall’art. 52, sono finalizzate a garantire effettività alla misura di prevenzione nel tentativo di evitare, ovvero di prevenire, il rischio di precostituzione di posizioni di credito meramente di comodo, che comporterebbero di fatto, la possibilità per il proposto di eludere le finalità intrinseche delle misure di prevenzione stesse. In primo luogo, se il credito, non importa se di natura personale o nascente dall’attività imprenditoriale svolta dal proposto, è chirografario, non essendo cioè assistito da cause legittime di prelazione sui beni sequestrati, come un’ipoteca su beni immobili, un pegno su beni mobili ovvero un privilegio generale mobiliare o speciale mobiliare o immobiliare, è necessario che l’istante dimostri che l’escussione del restante patrimonio del proposto non abbia comunque giovato al soddisfacimento integrale delle proprie ragioni creditorie68. Ai sensi dell’art. 52, lett. b), poi, è necessario che

66

Tribunale Milano 10 giugno 1985, in Fallimento, 1985, p. 190.

67 G. BOZZA, G. SCHIAVON, L’accertamento dei crediti nel fallimento e le cause di

prelazione, Giuffrè, 1992, p. 23.

68

In sostanza si tratta della codificazione in materia di prevenzione antimafia del principio previsto nell’ambito delle società in nome collettivo (art. 2304 c.c.) del

63 il credito, non sia nato nell’ambito di un’attività strumentale a quella illecita o che di essa non costituisca il frutto o il reimpiego, fatta salva l’ipotesi in cui il terzo creditore non dia idonea prova di aver ignorato, in buona fede, il nesso esistente tra il credito stesso e l’attività criminosa. Viene quindi ribadita la necessità di una indagine più penetrante sul credito che coinvolge il titolo costitutivo non solo dal punto di vista civilistico, ma anche sotto il profilo dell’esistenza o meno di un collegamento o di una collusione dell’avente diritto con l’attività esercitata dall’indiziato di mafia69

. Inoltre, il legislatore recependo una regola sulla ripartizione dell’onere probatorio ampiamente consolidata nella giurisprudenza penale70, ribalta la regola generale posta in materia di buona fede dall’art. 1147 c.c. – a tenore del quale la buona fede del possessore si presume- onerando il creditore istante di dare dimostrazione della propria buona fede.

Il comma 3 dell’art. 52, stabilisce i criteri di valutazione della buona fede del terzo, prevedendo che il Tribunale debba all’uopo tenere conto, oltre che delle condizioni delle parti, dei rapporti personali e patrimoniali tra le stesse, anche della tipologia di attività professionale svolta dal creditore e degli obblighi di diligenza al medesimo spettanti con riferimento alla fase precontrattuale. La chiara finalità del legislatore è quella di vincolare il creditore al rispetto degli obblighi di diligenza nella fase precontrattuale, da valutarsi con riferimento al tipo di attività professionale espletata. Si discute se la regola della buona fede debba trovare riscontro soltanto per le obbligazioni contrattuali ovvero anche per quelle di natura extracontrattuale: è noto come possa accadere che i reati posti in essere dal proposto abbiano cagionato

patrimonio dei singoli soci se non dopo avere infruttuosamente escusso quello della società.

69

G. MINUTOLI, Verso una fallimentarizzazione del giudice della prevenzione

antimafia, in Il Fallimento, 2011, p. 1277. 70 v. Capitolo 2, paragrafo 2.3.

64 danni patrimoniali e non a terzi71. In realtà, dalla lettura della norma si evince chiaramente come il legislatore, alludendo agli atti di data certa anteriore al sequestro, abbia inteso riferirsi alle obbligazioni volontariamente contratte, dovendosi escludere che per quelle ex

delicto – purché sorte evidentemente in seguito a fatti occorsi prima

del sequestro- la consapevolezza in capo al danneggiato del contesto criminale in cui operava il danneggiante, costituisca ostacolo alla partecipazione al concorso72.

Al fine di evitare il rischio che il proposto possa avvalersi di prestanomi che vantino fittiziamente diritti sui beni sottoposti alla misura reale, con lo scopo di riottenerne indirettamente il controllo, l’art. 52, comma 1, lett. c) e d), stabilisce che il terzo, qualora il credito dal medesimo vantato abbia quale fondamento una promessa di pagamento, ovvero una ricognizione di debito, di cui all’art. 1988 c.c., al fine del riconoscimento del proprio diritto, debba dare prova del rapporto sottostante. Ciò, dunque, in aperta deroga alla previsione codicistica, la quale – riconoscendo alla promessa di pagamento ed alla ricognizione di debito natura di atto unilaterale recettizio - espressamente prevede come dette dichiarazioni dispensino colui a favore delle quali siano state effettuate dall’onere di provare il rapporto fondamentale sottostante.

La confisca definitiva di un bene determina, inoltre, lo scioglimento dei contratti aventi ad oggetto un diritto personale di godimento, nonché l’estinzione dei diritti reali di godimento sui beni stessi. Ai titolari dei diritti di cui al comma 4, spetta in prededuzione un equo indennizzo commisurato alla durata residua del contratto o alla durata

71

La legge ammette espressamente la possibilità di risarcire “le vittime dei reati di

tipo mafioso”, con le somme di denaro confiscate, con i proventi della vendita di

beni mobili e immobili e con quanto ricavato dalla vendita o liquidazione di complessi aziendali (art. 48 comma 1, lett. a) e b), comma 3, lett. a), e comma 8, lett. c), del Codice)

72 M. ORLANDO, La procedura pre-fallimentare ed i reati fallimentari: problematiche vecchie e nuove. Il rapporto tra i provvedimenti ablativi di natura penale (sequestri, misure di prevenzione, confisca) ed i processi esecutivi individuali/concorsuali: esigenze di tutela dei terzi, Incontro di studio CSM, Milano, 2012, 11.

65 del diritto reale. La limitazione dei diritti dei terzi, disposto dal legislatore, persegue la finalità di mantenere il bene oggetto di misura di prevenzione libero da pesi in previsione della sua destinazione a servizio del pubblico interesse. Da evidenziare, poi che l’art 52, commi 7 e 8, prevede una specifica regolamentazione del bene in comunione: ove esso sia divisibile, si procede alla divisione secondo le ordinarie regole civilistiche; ove esso sia indivisibile, si procederà alla vendita, salvo il diritto di prelazione attribuito ai partecipanti in buona fede. Tuttavia, non può disporsi la vendita, se vi sia il rischio che il bene, in ragione del livello di infiltrazione criminale, possa tornare in mani criminali anche per interposta persona: in tal caso, esso verrà acquisito per intero, con diritto dei partecipanti alla corresponsione di una somma equivalente al valore della quota.

1.1. La Legge di Stabilità n. 228/2012 e l’intervento della

Suprema Corte

Con un inaspettato intervento normativo, il Legislatore nell’ambito della Legge n. 228 del 24/12/201273, ha dettato una disciplina tendenzialmente organica volta a regolare i rapporti tra creditori ipotecari e pignoranti e Stato, con riferimento alle procedure di confisca non soggette alla disciplina del Codice antimafia, entrato in vigore il 13 ottobre 2011. In particolare, l’art. 1, comma 194 della legge n. 228 del 2012 prevede che "a decorrere dall'entrata in vigore

della presente legge, sui beni confiscati all'esito dei procedimenti di prevenzione per i qual non si applica la disciplina dettata dal libro I del D. Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, non possono essere iniziate o proseguite, a pena di nullità, azioni esecutive". La Legge di Stabilità

regolamenta le diverse casistiche utilizzando quale spartiacque la data

66 del 01. 01. 2013; in dettaglio distinguendo se entro tale data la confisca sia già avvenuta o meno e differenziando quindi la disciplina qualora sia verificata o meno l’aggiudicazione. Se alla data del 01. 01. 2013 i beni oggetto della procedura di prevenzione sono già stati confiscati, ma non ancora aggiudicati, la nuova legge stabilisce che: nessuna azione esecutiva potrà essere iniziata o proseguita sui beni suddetti; i pesi e gli oneri iscritti o trascritti prima della confisca si estinguono. La tutela dei terzi si avrà nei confronti della “ Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata”. Per ottenere il pagamento dei loro crediti, debbono presentare una istanza entro il termine del 30 giugno 2013, l’istanza va proposta al “giudice dell’esecuzione presso il tribunale che

ha disposto la confisca” il quale provvede su di essa con

provvedimento impugnabile ai sensi dell’art. 666 c.p.p. L'Agenzia forma quindi il "piano di pagamento" dei creditori ammessi e procede ai pagamenti, che non potranno complessivamente eccedere la minor somma tra il ricavato della vendita ed il 70% del valore del bene. Nella seconda ipotesi, invece, vale a dire se alla data del 01. 01. 2013. è già avvenuto il trasferimento o l’aggiudicazione nell’ambito di una esecuzione forzata, ovvero se il bene da confiscare consiste in una quota di proprietà indivisa già pignorata, restano fermi gli effetti

dell’esecuzione o dell’aggiudicazione.

Nel caso, infine, in cui alla data del 1 gennaio 2013, i beni ipotecati o sottoposti ad esecuzione forzata non siano ancora stati confiscati, si applicheranno le stesse misure previste per quelli che alla data del 1.1.2013 siano già stati confiscati, ma non ancora aggiudicati, con l'unica differenza che il termine di decadenza di 180 giorni, entro il quale i creditori debbono presentare la domanda di ammissione del credito, decorrerà dal passaggio in giudicato del provvedimento che dispone la confisca.

67 La citata Legge di Stabilità, ha inoltre risolto uno degli aspetti dibattuti circa la confisca penale, che non si era risolto nonostante l’emanazione del Codice antimafia, vale a dire la natura dell’acquisto da parte dello Stato del bene confiscato. Nel capitolo 2 di questo elaborato, sono state elencate ed esaminate le diverse correnti giurisprudenziali e dottrinali che si erano formate prima dell’emanazione del D.lgs. 159/2011. Il Legislatore nel Codice ha dapprima statuito all'art. 45, che “a seguito

della confisca definitiva di prevenzione i beni sono acquisiti al patrimonio dello Stato liberi da oneri e pesi”; rispetto al previgente art.

2 nonies della legge n. 675 del 1975 si è quindi aggiunta l'espressione “libera da oneri e pesi”. Allo stesso modo l'art. 45, comma 4, recita come segue: “la confisca definitiva di un bene determina lo

scioglimento dei contratti aventi ad oggetto un diritto personale di godimento, nonché l'estinzione dei diritti reali di godimento sui beni stessi”. Questi elementi testuali hanno contribuito a valorizzare la tesi

dell’acquisto a titolo originario ma non sono apparsi ai commentatori così solidi da risultare evolutivi. Si è infatti visto, nel paragrafo precedente, che l’art. 52, comma 1, precisa che la confisca non pregiudica i diritti del terzo risultante da atto con data certa, così come i diritti reali di garanzia, purché anteriori al sequestro. Inoltre, sempre il citato art. 52, al comma 4, riconosce il diritto ad un equo