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La liquidazione dei beni

L’articolo 60 del Codice dispone: “Conclusa l’udienza di verifica,

l’amministratore giudiziario effettua la liquidazione dei beni mobili, delle aziende o rami d’azienda e degli immobili ove le somme apprese, riscosse o comunque ricevute non siano sufficienti a soddisfare i creditore utilmente collocati al passivo”. La norma introduce una

disciplina che viene sostanzialmente presa di peso dalla legge fallimentare, senza tener conto delle evidenti differenze tra i due procedimenti97. Tale previsione va applicata con la massima cautela, infatti, mentre con la sentenza di fallimento il fallito viene spossessato del suo patrimonio e si procede alla liquidazione dei suoi beni per soddisfare i creditori, nel procedimento di prevenzione il sequestro può essere revocato sino alla confisca definitiva, con conseguente restituzione dei beni al proposto o al terzo interessato, quindi permane fino a quel momento una finalità conservativa del patrimonio sequestrato98. In virtù di dette considerazioni sembra opportuno che la fase liquidatoria del patrimonio in sequestro inizi dopo la confisca definitiva, per effettive necessità di abbattimento delle passività.

Il Codice tace sull’ordine da seguire nella liquidazione del compendio sequestrato, pur tuttavia si può ipotizzare la vendita, in primo luogo dei beni gravati da garanzie reali ovvero da privilegi speciali, ove questa misura sia indispensabile per la soddisfazione integrale dei creditori titolari dei relativi diritti di garanzia.

Per quanto riguarda le modalità di vendita, l’art. 60 del Codice si limita a “procedure competitive” (comma 2), “adeguate forme di pubblicità” (comma 3), l’acquisizione del parere prefettizio previsto dall’art. 48

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v. F. MENDITTO, Lo schema di decreto legislativo del codice delle leggi antimafia e

delle misure di prevenzione: esame, osservazioni e proposte, in www.penalecontemporaneo, 2011, p.99.

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F. MENDITTO, Proposte essenziali di modifica ai Libri I, II, IV e V dello schema di

decreto legislativo del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione presentato dal Governo il 15 giugno 2011, in www.penalecontemporaneo.it, 22.

86 comma 5 per evitare che i beni ritornino anche per interposta persona nel patrimonio del soggetto al quale furono confiscati. Il legislatore ha quindi previsto delle modalità di liquidazione del tutto sganciate dal potere di direzione del giudice delegato, allontanandosi dallo schema pubblicistico che caratterizzava la liquidazione fallimentare prima della riforma del 2006. Infatti, in armonia col ruolo di assoluta preminenza affidato al giudice delegato, l’art. 105 previgente conteneva un rinvio integrale alle norme del codice di rito relative all’esecuzione forzata. Il legislatore della riforma, aveva rafforzato notevolmente i poteri del curatore, attribuendogli la massima autonomia, l’art 107 infatti disponeva che “le vendite e gli altri atti di

liquidazione sono effettuati dal curatore, tramite procedure

competitive anche avvalendosi di soggetti specializzati”.

Successivamente, il D. Lgs. 169/07 ha temperato l’impostazione marcatamente manageriale, consentendo al curatore di prevedere nel programma di liquidazione che le vendite siano effettuate dal giudice delegato. Il Codice antimafia invece ha recepito il testo dell’art. 107 l.f., introdotto nel 2006, provocando quindi uno scarto tra la posizione di generale subordinazione dell’amministratore giudiziario rispetto al giudice delegato (con riguardo soprattutto alla verifica dei crediti) e, invece, la maggiore autonomia concessa al professionista, quando dà inizio alle vendite. Inoltre del tutto irrazionale è la scelta del legislatore di non consentire il ricorso alla vendita coattiva secondo lo schema del processo di esecuzione, mentre questo rinvio è contenuto nell’art. 48 comma 5 del Codice, che impone all’Agenzia di procedere alla vendita degli immobili (quando non è possibile destinarli alle finalità istituzionali o sociali previsti nei commi precedenti) “osservate in

quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura civile”.

È chiaro che sarebbe stato quasi naturale inserire un analogo richiamo per le vendite effettuate dal tribunale di prevenzione per soddisfare i crediti ammessi al passivo, sia per la natura giurisdizionale

87 dell’autorità preposta, sia per la finalità satisfattiva a cui questo compito è preordinato. In ogni caso, sembra inevitabile desumere che l’amministratore giudiziario debba fare ricorso agli strumenti di tipo civilistico, e quindi negoziali, per la cessione dei crediti, dei beni mobili, del complesso aziendale, degli immobili. Ciò determina tuttavia il sorgere di alcune problematiche. Per la cancellazione delle ipoteche, si potrebbe ritenere che l’assenza di un provvedimento autoritativo con cui si verifica l’effetto traslativo della proprietà renda necessaria la comparizione dei creditori assistiti dalla causa di prelazione innanzi al notaio per il rilascio dell’assenso alla cancellazione (art. 2882 c.c.) e, per le trascrizioni dei pignoramenti o dei sequestri conservativi, che sia indispensabile la rinuncia agli atti esecutivi da parte del creditore procedente o sequestrante e dei creditori intervenuti. Una diversa soluzione può però essere rinvenuta nel ricorso in via analogica all’art. 108, comma 2 legge fallimentare, che consente al giudice delegato di ordinare la cancellazione delle trascrizioni e delle iscrizioni, “una volta eseguita la vendita e riscosso

interamente il prezzo”. Ragioni di speditezza ed economicità rendono

preferibile questa opzione, che peraltro sul piano giuridico è sorretta dall’indubbia affinità tra la procedura esecutiva concorsuale e la fase liquidativa del procedimento di prevenzione99.

Ulteriore questione che si porrà è la possibilità di vendere il bene libero e non occupato. Il Codice all’art. 21, comma 2, prevede che il Tribunale può ordinare lo sgombero degli immobili occupati senza titolo, nel caso in cui l’immobile sia occupato dal proposto ovvero da un terzo titolare di diritti reali o personali di godimento è previsto che l’ufficiale giudiziario immetta l’amministratore giudiziario nel possesso del bene, ma rimane la detenzione dello stesso da parte del proposto, ovvero di chi lo occupi in forza di un titolo comunque opponibile. È quindi, probabile che l’acquirente del bene liquidato in

88 seguito alla misura di prevenzione, debba successivamente promuovere un giudizio civile nei confronti del proposto, per ottenere un provvedimento esecutivo che ordini il rilascio della cosa al detentore sine titulo. Con riguardo ai mezzi di tutela avverso gli atti posti in essere dall’amministratore giudiziario, si richiama la regola generale prevista dall’art. 40, comma 4, del Codice, in virtù del quale contro gli atti dell’amministratore giudiziario compiuti in violazione delle norme contenute nel Codice, il pubblico ministero, il proposto e ogni altro interessato possono avanzare reclamo, nel termine perentorio di dieci giorni, al giudice delegato. Il rito, applicabile al reclamo avverso gli atti dell’amministratore giudiziario, in virtù del rinvio operato dall’art. 40 del Codice, è quello previsto dagli artt. 737 e ss. c.p.c., quindi un procedimento in camera di consiglio, ove il giudice sentite le parti e assunte le informazioni del caso, deciderà con decreto motivato in camera di consiglio.

10. Il pagamento dei crediti prededucibili ex art. 54 e il