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Il palazzo Ghetti e il nuovo stabilimento

A distanza di un anno, una novità significativa: «Solfanelli fosforici. Dal Sig. Nicola Ghetti è condotta e diretta la Fabbrica Solfanelli Fosforici posta nel Borgo di S. Gio-vanni Battista. L’uso grandissimo di detti solfanelli fa sì che in detta fabbrica siano continuamente impiegate nel lavoro più di 300 persone e, posto in attività il nuovo fabbricato, nel corso dell’anno giungeranno a 500»17. La notizia è ribadita nell’edi-zione stampata alla fine del 1856: «Solfanelli fosforici. Dal Sig. Nicola Ghetti è con-dotta e diretta la Fabbrica Solfanelli Fosforici posta nel Borgo di S. Giovanni Battista.

L’uso grandissimo di detti solfanelli fa sì che in detta fabbrica siano continuamente impiegate nel lavoro più di 400 persone e, posto in attività il nuovo fabbricato, nel corso dell’anno giungeranno a 500. Oltre un nuovo grandioso stabilimento di Filan-da a Vapore Filan-da attivarsi nel corrente anno»18.

Finora Ghetti si è servito di strutture edilizie prese in affitto, presumibilmente am-pliate e attrezzate alla meglio, secondo le sue esigenze operative. Ma lo sviluppo rag-giunto dall’azienda rende indispensabile un salto di qualità sotto il profilo esecutivo e organizzativo; d’altra parte l’andamento degli affari lo consente. Perciò si è posto da qualche tempo l’obiettivo di rilevare quegli ampi spazi compresi fra la strada di circonvallazione e la via Flaminia o Corriera, sui quali si estendono i capannoni e gli edifici di cui si sta servendo. Tale processo di graduale acquisizione è ben documen-tato dalla sequenza degli atti notarili che scandiscono il suo progetto.

In data 11 maggio 1853 Nicola Ghetti, al prezzo di 2.400 scudi, acquista dagli eredi di Giacomo Luigi Sentinelli (o Santinelli) un locale a diversi usi con orto, composto da 6 vani al primo piano e 3 vani al secondo piano, contraddistinto dai numeri di

Il borgo di San Giovanni alla fine dell’Ottocento. Illustrazione tratta da D. Francolini, Vent’anni addietro, Rimini, 1924. La torretta di palazzo Ghetti dava all’edificio un carattere tra il pubblico e l’industriale: l’orologio doveva segnare il tempo del lavoro e insieme prestare un servizio ai borghigiani.

mappa 106 e 107 del Catasto Gregoriano. Secondo la tradizionale tipologia dei lotti ivi esistenti, si tratta di uno spicchio molto stretto (particella 106) affacciato sulla Fla-minia e corrispondente alla parte centrale dell’odierno palazzo (cioè al suo ingresso) che gradatamente si allarga comprendendo la gran parte degli odierni spazi retro-stanti (particella 107), con la vecchia cinta muraria del borgo e il torrione poligonale di cui sono emerse le tracce in occasione dei recenti restauri19.

Il 24 aprile 1855 Ghetti acquista dagli eredi Venerucci, al prezzo di 698 scudi, una casa con orto (composta da 4 vani al primo piano e 5 vani al secondo piano), segnata dai numeri di mappa 104 e 892. Consiste nello spicchio edilizio corrispondente alla porzione del palazzo posta dal lato della chiesa (particella 104), compreso lo spazio retrostante che si raccorda con lo stabilimento (particella 892)20.

Il 7 agosto del medesimo anno completa l’acquisizione comperando da Battista Ba-rilari una casetta composta da due vani al primo piano e due vani al secondo piano, segnata in mappa col numero 108, corrispondente al terzo spicchio dell’attuale pa-lazzo, cioè la parte rivolta verso la città21. In sostanza, volendo ottenere un fronte abbastanza ampio per poter realizzare il progetto che si era proposto, Nicola Ghetti accorpa tre unità immobiliari sulla strada principale; mentre sul retro gli spazi si am-pliano ulteriormente, abbracciando tutto il complesso dei fabbricati ad uso indu-striale.

Poiché tali acquisti sono avvenuti con pagamento dilazionato (al pari di altre compe-re effettuate dall’impcompe-renditocompe-re in quel periodo), le varie iscrizioni ipotecarie a carico di Ghetti permettono di cogliere sia la consistenza delle particelle immobiliari di cui

Il borgo San Giovanni: in evidenza il palazzo e lo stabilimento Ghetti.

Catasto Pontificio, aggiornamento, 1884. Forlì, Archivio di Stato.

sopra, sia l’andamento dei lavori che si stanno eseguendo. Infatti, il 24 aprile 1856, presso l’Ufficio delle Ipoteche di Forlì, risulta un’iscrizione su «vasto fabbricato in gran parte diroccato, anzi di recente costruzione e per quello che risulterà allorché sarà perfettamente compiuto, essendo ancora in fabbricazione», posto nel borgo San Giovanni con ingresso principale sulla via Corriera ed altro dalla strada di Circonval-lazione, numeri civici 177, 1771/2, 178, numeri di mappa 106, 107, 104, 892, 108, «ad uso parte di magazzeni, parte di fabbrica di zolfanelli fosforici, parte di fabbrica ossia filanda da seta, con vasti saloni e sotterranei a volta, e parte infine ad uso di abitazio-ne». In successiva iscrizione del 7 luglio 1857 la descrizione del complesso ipotecato è la seguente: «vasto fabbricato in gran parte di recente costruzione e per quello che risulterà allorché sarà perfettamente compiuto, essendo tuttora in fabbricazione»;

alle destinazioni appena indicate nell’ipoteca si aggiunge una macchina a vapore, mentre, nella parte ad uso abitazione, si comprendono terrazzi ed altana. In altra iscrizione ipotecaria del 3 giugno 1859 si fa riferimento ad uno stabile annesso che

«comprende una filanda da bachi da seta e perciò vi si comprendono tutti gli attrezzi

Circolare alla clientela, 1846.

Rimini, Biblioteca Gambalunga, Fondo Gambetti.

Lettera di vettura della fabbrica Ghetti, 1846. Rimini, Biblioteca Gambalunga, Fondo Gambetti.

Firma di Nicola Ghetti.

e meccanismi inerenti a detto opificio che trovasi in esercizio perfetto». In ulteriore iscrizione del 5 aprile 1866 vengono citate le tre case originarie, facendo ora riferi-mento al «nuovo fabbricato costruito dal Ghetti ad uso di stabiliriferi-mento industriale sulle aree delle demolite case sopra descritte»22. Per comprendere la consistenza dei lavori effettuati, è di qualche utilità anche una garanzia ipotecaria che Nicola Ghetti aveva offerto il 19 maggio 1860 sul «vasto tenimento urbano, nella massima parte di recente costruzione, ad uso di fabbrica di zolfanelli fosforici, di filanda da seta, di magazzini, di abitazione, con cortili, porticati, ampi saloni, pozzi e sotterranei»23. Frattanto le relazioni che periodicamente descrivono lo stato dell’industria rimine-se conrimine-sentono di rimine-seguire l’evoluzione della fabbrica Ghetti non solo sotto l’aspetto edilizio, ma anche dal punto di vista produttivo. Un resoconto del 21 marzo 1858, redatto da Luigi Tonini su invito del Gonfaloniere, alla voce «Fabbrica di solfanelli fo-sforici», recita: «La lavorazione de’ solfanelli fosforici della grandiosa fabbrica eretta dal sig. Nicola Ghetti ha così grande smercio che tiene impiegate al lavoro continua-mente più di 250 persone»24.

A questa data l’intero complesso pare ultimato ed un rapporto stilato per ragioni sa-nitarie – sul quale avremo occasione di ritornare – descrive analiticamente l’operativi-tà dei vari reparti. La struttura «consiste in un immenso quadrilatero avente nel mez-zo un ampio cortile. La sua prossimità al mare e la sua speciale costruzione fanno sì che sia essa liberamente dominata dai venti, circostanza questa importantissima per un opificio dal cui seno di continuo si sollevano delle ree esalazioni. Questa fabbrica si compone di un piano terreno, di due bene sfogati piani superiori, i quali constano di più o meno vaste sale munite su due pareti opposte di assai grandi finestre. Quasi tutto il lavoro si fa nel lato sinistro dell’opificio».

Nel piano terreno, sul lato sinistro si trovano i magazzini dove viene conservato il lavoro di già fatto, il laboratorio privato del sig. Ghetti e le stanze ove egli tiene il fosforo bianco, il rosso e tutti gli altri materiali che sono necessari per comporre la pasta fosforica; e inoltre delle piccole sale in alcune delle quali viene data una tinta nera a colla esternamente alla parte inferiore delle scatole per renderla scabra, in altre è tagliata la carta con cui devono essere fatte le scatole stesse ed in talune altre sono queste, dopo essere state ripiene di fiammiferi, riunite in pacchi. A una certa distanza da queste sale vi è una piccola cucina con fornello munito di cappa in cui si confeziona la pasta fosforica. Sul lato destro poi, in una stanza grande, ma bassa e un poco umida, vi si fabbricano le scatole di carta. Vi sono inoltre molte altre stanze, delle quali alcune servono ad uso di falegname.

Nel primo piano, sullo stesso lato sinistro, vi sono delle sale nelle quali vengono messi i fiammiferi nelle scatole e gli stecchini nei telai; e intermedie a queste sale vi sono diverse stanze, una delle quali munita di fornello con cappa, in cui vengono fatti il bagno di zolfo e quello di fosforo, mentre nelle altre sono messi ad asciugare gli stecchini dopo che sono stati immersi nei bagni accennati.

Nella stanza ove si fa il bagno, che è piuttosto grande, sono inoltre messi i fiammiferi nelle scatole. Questa stanza è poi in diretta comunicazione con tutte le altre per mezzo di porte che stanno quasi sempre aperte.

Nel terzo piano non vi si fa che un unico lavoro e consiste questo nella riduzione, col mez-zo delle macchine, degli stecchini a misura.

In questo stabilimento, stando alle relazioni del sig. Ghetti, sono consumati al giorno da circa 3 chilogrammi di fosforo e 9 chilogrammi circa di zolfo e vi sono fabbricati da circa 1.500 pacchi di fiammiferi ordinari, di cui ciascun pacco è composto di 72 scatole, ognuna delle quali contiene 40 fiammiferi.

Tutti i diversi materiali entrano nella composizione della pasta nelle proporzioni seguenti:

colla animale parti 10, acqua parti 12, fosforo bianco parti 6, clorato di potassa parti 3, vetro in polvere parti 3, materia colorante parti 2.

La popolazione di questa fabbrica si compone ora di 300 o 350, ora anche di 400 indivi-dui, di cui 6 o 7 ottavi circa sono donne25.