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Riccardo Ravegnani rileva la fabbrica

Anche la situazione della Fabbrica Ghetti volge rapidamente al peggio, giungendo alle soglie del fallimento. Nel 1896 la chiusura viene evitata in virtù di un concordato che vede il riminese Riccardo Ravegnani45 rilevare l’azienda acquistando il

palaz-Panorama di Rimini dal campanile della chiesa di San Giovanni:

in primo piano il fianco di palazzo Ghetti. Fotografia, circa 1930.

Rimini, Biblioteca Gambalunga, Archivio fotografico.

zo (di cinque piani e quaranta vani) con annesso opificio per la fabbricazione dei fiammiferi (di quattro piani e quarantadue vani), con macchinari, mobili e attrezzi, una piccola casa d’affitto, capannoni e tettoie, corti e cortili attigui al prezzo di L.

36.556,10 da destinarsi come segue: L. 20.125 a soddisfazione debiti ipotecari e pri-vilegiati; L. 8.585,23 per i debiti chirografari (pari al 15% dell’importo originario);

L. 3.345,87 per spese del curatore fallimentare; L. 2.500 per spese di registrazione, cancellazione ipoteche e liberazione degli immobili da tutti i vincoli; L. 2.000 alla famiglia Ghetti, che frattanto sta trasferendosi parte a Savignano, parte a Firenze46. L’attività prosegue, ma l’intero settore è in continuo fermento. Nel 1898 viene pre-sentato un progetto di legge che aumenta l’imposta di fabbricazione e ne modifica i termini applicativi. Seguono nuove serrate, che interessano in particolare sedici fra le principali aziende italiane (ad Asti, Moncalieri, Torino, Magenta, Castelfiorentino, Empoli, Jesi, Valenzano e Capurso)47. L’agitazione si spegne solo perché il progetto di legge decade per la chiusura della sessione legislativa. Ma il terremoto che sconvolge il comparto, là dove non determina la vera e propria chiusura degli stabilimenti, in-duce quantomeno alla concentrazione di quelli più vitali. E così la fabbrica fondata nel 1870 a Milano da Giacomo de’ Medici, divenuta ben presto la maggiore d’Italia, il 31 dicembre 1898 si fonde con altre dodici aziende, o per dir meglio le incorpora, co-stituendo la “Società Anonima Fabbriche Riunite Fiammiferi” (la futura S.A.F.F.A.).

Le aziende coinvolte sono le seguenti: Boschiero e Castaldi di Asti, Schiavoni e Pon-zielli di Jesi, Pizzoli & Figli di Bologna, G. Bartolucci di Empoli, R. Ravegnani di Rimini, Luigi de’ Medici di Piobesi Torinese, Causemille e Roche di Torino, Abbona e Romagna di Moncalieri, Fratelli Taddei di Fucecchio, Ambrogio Dellachà di Mon-calieri, Baschiera Luigi di Venezia, L. De Antoni & C. di Este.

A Rimini Riccardo Ravegnani continua a gestire l’azienda ma, da quel momento, la sua veste effettiva è quella del semplice direttore di sede. Frattanto aveva anche prov-veduto ad alienare l’immobile, cedendolo a don Ugo Maccolini per l’importo di L.

36.00048.

Un rapporto del 1899 sulle condizioni industriali della provincia di Forlì riferisce fra l’altro:

Vi sono nella provincia 8 fabbriche di fiammiferi di legno 2 delle quali trovansi in Rimini.

[…] La più importante è quella esercitata dalla ditta Ravegnani Riccardo, succeduta alla ditta Ghetti Nicola, con annessa segheria a vapore per la fabbricazione degli stecchini; dispone di un motore a vapore della forza di 12 cavalli, nonché di una sega a nastro e 2 seghe circolari, oltre ad un tornio, una piallatrice ed altre macchine diverse, sia per la produzione degli stecchini, sia per quella dei fiammiferi; occupa 95 lavoranti e vende i suoi prodotti per la maggior parte nell’Emilia, nella Toscana e negli Abruzzi e in poca quantità nel Napoletano, nell’Umbria, nel Veneto e nelle Marche. L’altra fabbrica di Rimini, che è esercitata dalla ditta Michele Sarti, con 24 lavoranti, vende i suoi prodotti nella provincia e nelle limitrofe.

La parte statistica riferita a Rimini, fra i lavoratori del settore conta 26 maschi adulti e 3 sotto i 15 anni; 70 femmine adulte e 20 sotto i 15 anni, con una occupazione annua media di 300 giorni49.

Ma i problemi di gestione e di bilancio sono sempre all’ordine del giorno. Nel 1901 i Riminesi assistono ad un fenomeno piuttosto inconsueto per la città: lo sciopero de-gli operai della Fabbrica di Fiammiferi Ravegnani. Il malumore nasceva dalla natura

ingrata e pericolosa del lavoro, con orari di 10 ore e mezzo giornaliere, mal retribuite.

Ad eccezione del “capo d’arte” , che percepiva L. 2,67 giornaliere, agli operai andava-no da L. 1,25 a L. 1,75 ed agli apprendisti appena 75 centesimi. A loro volta le donne addette alla fabbricazione delle scatole, pagate a cottimo, non riuscivano a superare il compenso di 40-60 centesimi giornalieri e le bambine, incaricate dei lavori più leggeri, percepivano appena 4 o 5 soldi. A precedenti richieste salariali l’azienda si era detta disponibile, purché si fosse intensificata la produzione; ma all’aumento dei ritmi non fa seguito alcuna crescita dei salari, sicché gli operai ritornano ai ritmi con-sueti. Al persistere di attriti e malumori Ravegnani li manda a chiamare e, liquidata la paga, li licenzia tutti. In risposta all’intervento del Sotto-Prefetto, Ravegnani dichiara di non poter accogliere le richieste senza l’autorizzazione della Direzione Generale di Milano, essendo lui solo un Direttore locale. Promette tuttavia di riaprire la fab-brica, ma gli operai si rifiutano di tornare alle vecchie condizioni. Viene diffuso un volantino, dove indicano le loro richieste: un aumento di 25 centesimi giornalieri e migliori patti per le donne e le fanciulle. Ravegnani replica precisando che la fabbrica era in passivo da due anni e che lui cercava di trattenere la Direzione Generale che invece intendeva chiuderla. Una commissione, formata da operai e cittadini, lo invita allora a recarsi a Milano, con una lettera del Sindaco, per cercare una soluzione. Al suo ritorno Ravegnani informa che la Direzione Generale intende riaprire la fabbrica;

per risanarne il bilancio, introdurrà nuovi macchinari e chiederà un aumento di pro-duttività, da verificarsi in via sperimentale fino a giugno, promettendo un aumento salariale con valore retroattivo; intanto paga una settimana di salario agli scioperanti a riparazione del licenziamento arbitrario, promette di migliorare la sorte delle fan-ciulle e garantisce l’introduzione di un regolamento disciplinare interno da stilarsi di comune accordo. A seguito di questi impegni, gli operai deliberano di riprendere – a titolo sperimentale – il lavoro50.

Per il momento, dunque, la fabbrica prosegue la sua attività. Una relazione del 1906, relativa alla figura di Riccardo Ravegnani (in vista di una sua onorificenza, e perciò di tono palesemente encomiastico), gli riconosce il merito

di avere contribuito ad ampliare e consolidare una delle poche industrie riminesi, quella della fabbricazione dei fiammiferi. Avvenuto il fallimento della Ditta Ghetti, esercente una

Ritratto fotografico di Riccardo Ravegnani. Rimini, Cimitero Civico.

Scatola di fiammiferi “Marca Riccardo Ravegnani”, circa 1900.

Faenza, Biblioteca Manfrediana, raccolta Giuseppe Donati.

tale industria, il Ravegnani ne rilevò parecchi anni or sono lo stabilimento e, dopo averlo dotato di un nuovo edificio, vi introdusse i più moderni e perfetti macchinari, aggregan-dovi la fabbricazione dei fuscellini che vengono forniti anche ad altre fabbriche. Egli è così riuscito ad assicurare a Rimini un’importante industria, aumentandone di gran lunga la produzione. Ora la fabbrica del Ravegnani, che impiega continuamente dai 150 ai 200 operai, è aggregata alla Società Industriale delle Fabbriche Riunite di Fiammiferi con sede a Milano ed egli ne è il Direttore.

Un’altra relazione, collegata alla prima, riferisce che Ravegnani

rilevò dagli eredi Ghetti quella fabbrica di fiammiferi condotta con sistemi primitivi ed al-lora in stato di fallimento; affrontò perdite importanti, a riorganizzare il lavoro e raccoglie-re la ormai perduta clientela con la sua eccezionale competenza ed energia. Rialzate le sorti di questa decaduta industria, edificò di sana pianta un nuovo stabilimento, vastissimo, ove ora esercita la sua industria, apportandovi tanto nei locali come nei macchinari tutti i perfezionamenti tecnici voluti per l’utilità e lo sviluppo dell’industria stessa, per l’incolu-mità e benessere materiale e morale degli operai. Quando rilevò dal Ghetti lo stabilimento, non occupava più di 70-80 operai; ora ne occuperà il doppio e, tenendo calcolo dei nuo-vi macchinari introdotti (che di necessità eliminano la forza manuale), si potrà calcolare quadruplicata la sua potenzialità di produzione. Si deve dunque a lui solo se Rimini ha potuto veder conservata non solo la sua importante industria, ma trovar quadruplicato, per importanza e modernità, quello che sino ad oggi è stato l’unico stabilimento che rap-presentasse l’industria. Ora lo stabilimento è stato ceduto alla Società Fabbriche Riunite di Fiammiferi di Milano, ma Ravegnani ne è sempre il Direttore e non ha certo trascurata occasione per migliorarlo sotto ogni rapporto. Chi l’ha visitato può ben assicurare che non sta certo al di sotto di moltissimi primari stabilimenti dell’alta Italia51.

Un annuario statistico pubblicato a Rimini nel 1908 dichiara:

Un’industria che è assurta in Rimini ad una notevole importanza è quella della Fabbrica-zione dei Fiammiferi di legno. Iniziata nel 1837 dal sig. Nicola Ghetti, in principio produceva un solo pacco di fiammiferi al giorno (48 scatolette); ampliata in seguito dall’intelligen-te ed operoso fondatore e dal suo successore Cav. Riccardo Ravegnani, che la corredò di macchinario moderno, poté in questi ultimi tempi acquistare un rimarchevole sviluppo.

Dall’ultimo proprietario detta fabbrica venne fusa poi con la “Società Anonima Fabbriche Riunite di Fiammiferi di Milano”. Attualmente produce circa 200 pacchi al giorno di fiam-miferi, che vengono esitati nella Romagna, nell’Alta Italia ed in Sicilia, impiegando circa 150 operai ed operaie. Possiede pure un macchina fissa a vapore della forza di 8 cavalli per la fabbricazione dei fuscellini di legno per i fiammiferi, dei quali fornisce anche lo stabili-mento che la Società possiede in Bologna. È tuttora diretta con intelligenza ed amore dal Cav. Riccardo Ravegnani52.

Costola della scatola di fiammiferi della fabbrica Ravegnani, circa 1900.

Faenza, Biblioteca Manfrediana, raccolta Giuseppe Donati.