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PROBLEM BASED LEARNING

2.4 IL PBL NELLA PRATICA

Piccoli gruppi di 8 - 10 discenti, senza alcuna preparazione preliminare, si incontrano con un tutor per discutere un problema; nell’applicazione del PBL, è stato verificato che la massima efficacia è stata ottenuta nel lavorare con l’ausilio di un processo strutturato attorno ad un piccolo gruppo.

Il gruppo ha la responsabilità di:

 analizzare e definire il problema;

 descrivere le conoscenze iniziali già in loro possesso;

 identificare le nuove conoscenze da apprendere per risolvere il problema;

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Ciascun discente deve, individualmente, cercare una parte delle conoscenze da apprendere, organizzarle e presentarle agli altri. Le risorse informative raccolte sono valutate in gruppo, e il ciclo si ripete fino a che i discenti ritengono che il problema sia stato inquadrato correttamente e che tutti i temi da apprendere siano stati sufficientemente affrontati. A questo punto, il gruppo può generare delle azioni, delle soluzioni o delle ipotesi; l'intero processo si svolge sotto la guida di un facilitatore.

Il PBL offre la possibilità di:

 strutturare conoscenza per poterla usare in un contesto clinico;

 sviluppare un ragionamento clinico efficace attraverso la capacità di analizzare i dati, generare ipotesi, prendere decisioni;

 sviluppare l'autoapprendimento;

 aumentare la motivazione.

La maggior parte dei pacchetti PBL interessa almeno tre sessioni, con intervalli per lo studio autonomo:

 una sessione introduttiva dove viene presentato lo stimolo, si ha una prima discussione e vengono identificati i bisogni di apprendimento;

 una o più sessioni di revisione (che possono o no essere facilitate) in cui è possibile ridefinire i temi e scambiare informazioni;

 una sessione di feedback in cui l’apprendimento è integrato per suggerire e giustificare gli interventi infermieristici che potranno produrre un miglioramento della situazione descritta.

Il processo di apprendimento nel PBL può essere strutturato tramite la tecnica dei "Sette salti".

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I sette salti rappresentano uno schema che serve a strutturare il processo di apprendimento evitando che l'attività diventi dispersiva.

Dopo aver letto un caso o scenario, il processo di elaborazione nel gruppo segue la seguente sequenza:

PRIMO SALTO: L’esplorazione degli aspetti

Nel primo punto di tale sequenza, l’insegnante presenta il problema, descrivendo la situazione e le sue possibili conseguenze, se tale situazione diventa problematica a seconda delle decisioni prese o meno. Successivamente i discenti iniziano a lavorare in piccoli gruppi in modo collaborativo.

Il lavoro collaborativo permette di:

 generare nuove idee o possibili soluzioni;

 identificare le informazioni disponibili che siano correlate al problema;

 individuare risorse da consultare;

 assegnare compiti ai diversi componenti del gruppo;

 proporre soluzioni.

In questa fase occorre chiarire i termini e le parole sconosciute o non comprese. Si discute su come si pone il problema secondo la propria comprensione, elencandone le parti significative. Il discente potrebbe sentirsi come se non sapesse abbastanza per risolvere il problema, ma questa è la sfida! Deve raccogliere informazioni ed imparare nuovi concetti, principi o abilità man mano che ci si addentra nella soluzione del problema.

SECONDO SALTO: L’elencazione di cosa si conosce

Questo punto può riguardare non solo quello che si sa effettivamente, ma chi possiede questi punti di forza e capacità. Occorre scrivere il suggerimento di chiunque,

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indipendentemente da quanto lo si ritenga appropriato o meno. Questa informazione va posta sotto l’intestazione: questo include i dati della situazione così come le informazioni basate sulla conoscenza precedente.

TERZO SALTO: La definizione del problema

La definizione del problema dovrebbe risultare dalla propria analisi o dall’analisi del gruppo in base a quello che si sa e di quello che si dovrà sapere per risolverlo. Sarà necessario:

 una definizione scritta

 l’accordo del gruppo sulla definizione

 il feedback dell’istruttore su questa definizione (questo può essere opzionale, ma e’ una buona idea)

La definizione del problema e’ spesso rivista è riscritta man mano che si hanno nuove informazioni o quando “vecchie” informazioni vengono eliminate.

QUARTO SALTO: L’elenco delle possibili soluzioni

Le possibili soluzioni al problema devono essere elencate tutte e poi ordinate dalla più valida alla più debole. Verrà scelta la migliore o quella che può avere più successo.

QUINTO SALTO: L’elenco degli interventi in un orizzonte temporale

Bisogna elencare le azioni da compiere per risolvere il problema, in che ordine mettere queste azioni, valutando in che relazione si trovano con la lista di soluzioni.

SESTO SALTO: L’elenco di cosa bisogna sapere

Rappresenta la prosecuzione, attraverso l’auto-apprendimento per colmare le lacune individuate relativamente agli argomenti oggetto dell’apprendimento.

69 In questa fase bisogna:

 Discutere sulle possibili risorse: esperti, libri, siti web, ecc.

 Assegnare e redigere un programma dei campi di ricerca, fissando specialmente le scadenze.

Se la ricerca conferma la propria soluzione e se c’è un accordo generale si passa al punto 7 altrimenti si torna al punto 4.

SETTIMO SALTO: Definizione della soluzione del problema, con la documentazione di

supporto per essere sottoposta al gruppo

E’ la soluzione/comprensione del problema, l’incontro con il gruppo, la condivisione di quanto appreso, lo sviluppo della versione finale del rapporto.

Come parte finale, gli insegnanti potrebbero chiedere di presentare le singole scoperte e/o raccomandazioni ad un gruppo o ai colleghi. Questo dovrebbe includere la definizione del problema, le domande, i dati acquisiti, l’analisi dei dati e i supporti per le soluzioni o le raccomandazioni basate sull’analisi dei dati: in breve, il procedimento e il risultato.

Alcuni dei mezzi che potrebbero essere utilizzati per la presentazione finale sono: resoconti verbali, uso di grafici, presentazione power-point, diapositive, video, giochi di ruolo, documentazione infermieristica, dibattito sul quale gli altri daranno un feedback.

Lo scopo e’ di presentare non solo le proprie conclusioni ma i fondamenti su cui esse sono basate.

Pertanto occorre essere preparati a:

 Definire chiaramente sia il problema sia la conclusione

 Riepilogare il processo usato, le opzioni considerate e le difficoltà incontrate

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 Portare gli altri dalla propria parte o considerare senza pregiudizi la propria documentazione di supporto e le proprie ragioni

 Aiutare gli altri ad imparare come si è imparato

 Se si viene “sfidati” e si ha una risposta, presentarla chiaramente

 Se non si ha una risposta prendere nota e rimandarla ad una maggiore considerazione

Con la conclusione verrà fatto un bilancio individuale per valutare cosa è stato appreso per risolvere il problema identificato, che possa essere utilizzato anche in futuro.

Le fasi da 2 a 5 possono essere portate avanti simultaneamente mentre si acquisiscono nuove informazioni e si ridefinisce il problema.

La fase 6 può ripresentarsi più di una volta, specialmente quando gli insegnanti stimolano di andare oltre una “prima stesura”.

Attraverso i vari passaggi di questo processo ci si aspetta di arrivare al consenso su come procedere; mentre ogni membro del gruppo “sostiene” il suo punto di vista, occorre essere focalizzati sugli aspetti e le ragioni, non sui personalismi e le emozioni. Se il gruppo ha difficoltà, si farà riferimento all’ insegnante che fornirà l’assistenza necessaria.

2.5 LA SQUADRA

Il successo o l’insuccesso quando si introduce il PBL nel programma di formazione, dipenderà da diversi fattori:

 la dimensione della squadra PBL;

 la selezione dei membri della squadra;

 il processo di costruzione della squadra;

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 gli obiettivi del programma PBL.

Uno degli elementi per il successo del PBL è la capacità della squadra di funzionare bene nel compiere le attività di apprendimento associate al processo stesso, a vantaggio dell’area clinica, essendo il lavoro di squadra essenziale per l’erogazione di un’assistenza di qualità e pertanto una migliore gestione dei problemi del cliente (25).

Le dimensioni delle squadre possono variare da 5 allievi per le attività tutoriali a 20 allievi per i seminari.

Se le squadre sono troppo grandi, la discussione e l’attività di apprendimento vengono ostacolate e gli individui possono nascondersi ed evitare di diventare parte del processo educativo, con conseguente riduzione del “comportamento intelligente”.

Se i gruppi sono troppo piccoli, il carico di lavoro di ogni allievo diventa eccessivo ma, fatto più importante, il livello di confronto e discussione sarà ridotto.

Il numero ottimale di una squadra PBL sembra essere fra i 10 e i 12 allievi.

Secondo Cavanagh e Coffin (26) e Creedy e Alavi (27) è ormai normale che la coorte degli infermieri presenti una considerevole diversità di età, capacità ed esperienze precedenti.

Diventa così indispensabile considerare questo aspetto quando si decide come formare le squadre. L’esperienza formativa percorsa dalla squadra PBL avrà un impatto sulla qualità della preparazione pratica. L’allocazione degli allievi nelle squadre PBL è il primo passo di questo viaggio formativo.

Alcuni metodi che possono essere utilizzati per l’allocazione degli individui nelle squadre PBL sono:

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 scelta in base al ramo o alla specialità interessata alla formazione di base;

 un uguale insieme di età, sesso, storia e ramo o specificità formativa;

 costruzione della squadra basata sulle capacità esistenti di lavorare in squadra;

 autoselezione.

La scelta del metodo di costruzione della squadra deve essere coerente con gli obiettivi del programma PBL; ogni metodo infatti ha in sé delle caratteristiche peculiari tali da incentivare la riuscita del corso. Se ad esempio, a prima vista l’allocazione casuale sembra una buona idea perché assicura che la composizione della squadra PBL non sia decisa dai docenti e sia pertanto “pura”, vi è la possibilità che la squadra non rispecchi il mondo reale.

Infatti una squadra così formata può non avere al proprio interno soggetti capaci di assistere nello sviluppo delle capacità di squadra, o essere interamente composta da donne o da uomini o includere persone con un’esperienza di vita che non si discosta molto fra un soggetto e l’altro.

In un contesto formativo davvero importante, sembra inopportuno lasciare al caso la composizione delle squadre che sono destinate a divenire un fondamentale luogo di discussione, confronto e sviluppo di capacità di apprendimento continuo.

Così come l’autoselezione, ha come aspetto positivo il fatto di consentire agli allievi di scegliere la squadra di appartenenza ipotizzando che il beneficio derivante sia la motivazione, in virtù del fatto che essi stessi hanno potuto scegliere le persone con cui lavorare; d’altro canto però questa scelta, può sfociare nella creazione di gruppi chiusi, con un insieme inappropriato di persone poco capaci di raggiungere gli obiettivi stabiliti.

I gruppi autoselezionati, in genere, non sono rappresentativi del reale mondo infermieristico, in quanto la maggioranza degli infermieri non può scegliere i colleghi di lavoro e, poiché questo è il mondo infermieristico, le squadre PBL devono riflettere questo

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mondo reale. Allievi e accademici, insieme, devono essere pienamente coscienti del meccanismo di scelta delle squadre e della logica dietro la selezione, favorendo così un miglior funzionamento delle squadre stesse. Per costruire una squadra ben equilibrata ci vuole “un numero sufficiente di candidati, con diversi talenti e ruoli” (vedi Fig. 4)

Pianta: risolve i problemi più difficili Gestore risorse: sviluppa i contatti

Coordinatore: promuove il processo decisionale, delega bene Gestore: ha coraggio e volontà di superare gli ostacoli Valutatore: vede tutte le opzioni, valuta bene

Operatore di squadra: ascolta, costruisce, avverte i conflitti, calma le acque Attuatore: converte le idee in soluzioni pratiche

Realizzatore: fa si che i lavori vengano conclusi

Specialista: offre conoscenze e capacità non sempre disponibili

Figura 4 Belbin: nove ruoli dell’èquipe (adattamento da Belbin, R.M. 1993 Team Roles at Work, Oxford:

Butterworth Heineman)

Una parte dell’apprendimento per gli allievi è direttamente collegata al processo della costruzione della squadra che per essere efficace necessita di tempo e di strategie tra cui lo sviluppo di regole di comportamento condivise per il PBL: non c’è dubbio che per il buon funzionamento di una squadra deve esistere una chiara definizione delle regole e un accordo su come operare all’interno di essa.

Risulta un esercizio utile permettere alla squadra di formulare le proprie regole per far si che i membri della squadra si sentano padroni delle stesse e abbiano meno difficoltà a farle rispettare, in quanto essi stessi hanno deciso di aderirvi dall’inizio (vedi Fig. 5).

Regole per le squadre PBL La squadra deve essere:

 puntuale;

 partecipe all’approccio PBL all’apprendimento;  rispettare l’opinione degli altri;

 lasciare tempo perché ogni membro della squadra possa esprimersi  rispettare la riservatezza all’interno della sessione PBL;

 sforzarsi di produrre il lavoro richiesto entro i limiti di tempo stabiliti dalla squadra;  informare la squadra di qualsiasi evento particolare che incide sulla propria performance;

 garantire la rotazione del ruolo di presidente e segretario.

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Le squadre PBL che stanno operando adeguatamente sono capaci di riconoscere un chiaro processo di “costruzione della squadra”, aspetto questo, considerato una componente essenziale di successo del PBL.

Per garantire che le squadre funzionino in modo efficace, ogni membro deve conoscere bene il suo ruolo all’interno della squadra. È chiaro che durante il processo di costruzione della squadra e di identificazione delle regole il facilitatore del PBL offre un sostegno al gruppo, ma i membri devono anche assumere altri ruoli-chiave. Due di questi ruoli sono rappresentati dal presidente e dal segretario.

Il presidente ha un ruolo importante perché incoraggia il lavoro di squadra; questo ruolo viene svolto a rotazione (questo assicura che a ogni individuo venga offerto il ruolo come parte del suo sviluppo professionale). I compiti del presidente sono quelli di:

 fungere da punto focale, con funzioni di controllo durante gli incontri della squadra;

 assicurare che le attività della squadra siano correlate allo scenario PBL;

 assicurare che tutti i membri siano coinvolti nella discussione e nelle decisioni prese dal gruppo;

 monitorare il carico di lavoro e mantenere il tempo;

 fornire chiarimenti e assistere nel dirigere la discussione.

Non è necessario tenere un verbale degli incontri PBL ma è necessario catturare il sapore della discussione della squadra PBL documentando i punti-chiave e le decisioni prese.

Il segretario, individuato dal gruppo (spesso a rotazione) ha invece il ruolo di:

 tenere nota dei punti-chiave della discussione durante la sessione PBL;

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 documentare le aree da esplorare e la distribuzione dei carichi di lavoro a ogni membro della squadra;

 tenere un diario di informazioni e feedback aggiornato a ogni incontro PBL.

Gli allievi svilupperanno i propri ruoli all’interno della squadra, entrando ed uscendo, di volta in volta da essi.

I membri della squadra devono fare affidamento sugli altri per lavorare e produrre le risorse richieste; si ottiene di più dal PBL se si divide l’apprendimento in modo uguale tra i membri della squadra. La squadra, guidata dal presidente, deve fare in modo che non siano sempre le stesse persone ad assumersi il massimo carico di lavoro. Il tempo speso in squadra per concentrarsi sulle domande farà risparmiare tempo quando si comincerà a cercare il materiale, guadagnando di più se si seleziona un differente aspetto per ciascuna tematica.

La squadra può decidere di lavorare in coppie di due persone o gruppi di tre se l’argomento scelto sembra troppo esteso per una sola persona e non è possibile fare scomposizioni logiche, assicurandosi di non lavorare sempre con le stesse persone.

Questo serve a sviluppare le capacità che permettono di avere rapporti con diversi tipi di persone.

2.6 IL FACILITATORE

Il ruolo del facilitatore è fondamentale per il successo di un programma PBL tanto che, la facilitazione e la preparazione è al primo posto tra le priorità di chi progetta il programma. Rogers e Freigerg (28) richiamano l’attenzione sul fatto che essere un facilitatore richiede una particolare prospettiva di vita. I facilitatori sono persone che mettono i bisogni e gli interessi dei discenti al primo posto, una caratteristica riconosciuta e apprezzata dalla maggior parte degli allievi.

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Il facilitatore non è la fonte delle informazioni/conoscenze necessarie a risolvere il problema, ma deve supportare gli allievi nella ricerca per la risoluzione del problema.

Anziché rispondere “corretto” o “sbagliato”, l’insegnante domanda “perché”, “cosa intendi dire”, “come fai a sapere che questo è corretto”, "Che cosa non sapete di questo argomento", "dove potreste trovare questa informazione" o "cosa pensate che bisognerebbe fare ora".

Il facilitatore deve:

 facilitare le interazioni di gruppo tra gli studenti

 riflettere su come migliorare la cooperazione nel gruppo e conseguire gli obiettivi

 ascoltare con attenzione ciò che gli studenti già conoscono e stimolarli ad affrontare eventuali nuove sfide

 porre domande e stimolare il dibattito

 spiegare come la materia è organizzata

 monitorare i progressi e le prestazioni

La guida del facilitatore deve contenere gli obiettivi prestabiliti, i risultati relativi all’apprendimento dei discenti, così come i risultati relativi al processo PBL e al ruolo del facilitatore stesso nel raggiungere le aspettative dello scenario.

Se gli obiettivi devono essere illustrati agli allievi insieme allo scenario, prima o dopo, è materia di discussione da parte della squadra che pianifica il programma. L’esperienza ha dimostrato che fornire gli obiettivi di apprendimento agli allievi per ogni sessione PBL limita la discussione. Gli allievi identificano velocemente cosa ci si aspetta da loro e ripartiscono fra loro i contenuti che devono essere esaminati: finiscono quindi per conoscere soltanto la

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parte di argomento che hanno studiato. La conoscenza che deriva dalla discussione e dalla sfida va così perduta.