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Il personale militare di soccorso della Russia

Nel documento Volume 7 • 2020 SIDIBlog (pagine 189-192)

Italia e COVID-19: questioni scelte nell’ottica dell’ International Disaster Law

5. Il personale militare di soccorso della Russia

lavorare», così da ampliare la platea del personale sanitario straniero da cui attingere ed evitare discriminazioni.

L’emergenza COVID-19 ha quindi determinato una celere semplifica-zione dei requisiti per il riconoscimento delle qualifiche professionali. Sarà però opportuno valutare, per una futura ottica sistemica, la congruità delle scelte operate. Se il regime derogatorio odierno si basa, sostanzialmente, sulla semplice iscrizione del personale sanitario straniero all’albo del rispet-tivo Stato di origine, altre esigenze potrebbero essere prese in considera-zione, come il livello qualitativo nell’assistenza, che può sensibilmente va-riare.

Se risulta ovviamente difficile limitare una possibilità di intervento solo alle squadre certificate OMS, che pure hanno operato in queste settimane in Italia, vista la novità di questa iniziativa, si potrebbe ricorrere alle soluzioni ipotizzate in strumenti di IDL, come il Model Act elaborato dall’IFRC e dall’Office for the Coordination of Humanitarian Affairs delle Nazioni Unite (OCHA) per le IDRL Guidelines. In tale caso si potrebbe predefinire perio-dicamente una lista di Stati che, esclusivamente per il periodo dell’emer-genza, godrebbero di un automatico riconoscimento delle qualifiche profes-sionali per il personale sanitario che lì normalmente opera, così da creare un minimo di contemperamento fra esigenze di celerità e definizione di para-metri qualitativi.

servizi segreti russi potesse essere coinvolto51 e sulla richiesta della Russia di rimborso dei costi52.

Nell’ambito dell’IDL, la partecipazione di personale militare straniero in operazioni di soccorso, sebbene ovviamente possibile, non è indifferente.

Difatti, specie da parte degli operatori civili e delle organizzazioni umanita-rie, l’attenzione è rivolta alle criticità che la presenza di personale militare straniero può determinare, specie in relazione alla compressione del c.d. spa-zio umanitario, ai maggiori costi ipotizzati per l’impiego di questa compo-nente o al perseguimento di finalità non strettamente umanitarie.

Il tema è trattato dalle c.d. Oslo Guidelines on the Use of Foreign Military and Civil defence Assets in Disaster Relief, realizzate da OCHA nel 1994, poi riviste nel 2007, tramite un approccio cooperativo ed informale nella sua stesura, derivante dalla collaborazione di Stati, Organizzazioni internazio-nali, ONG, IFRC, Comitato internazionale della Croce Rossa e accademici.

Le Oslo Guidelines si basano su un assunto basilare, ovvero che la parteci-pazione di personale militare straniero sia informato ad un principio di last resort, in ragione di uno «humanitarian gap» e in carenza di alternative civili comparabili. Sebbene le Oslo Guidelines abbiano come principale finalità quella di essere utilizzate per definire le modalità di utilizzo di asset militari stranieri in favore dello Stato colpito dal disastro da parte delle agenzie delle Nazioni Unite, le stesse Linee guida ne raccomandano l’uso da parte dei

«decision-makers in Member States and regional organizations when consi-dering the use of military and civil defence assets to provide assistance to civilian populations in natural disasters». Queste Linee guida rappresentano il documento di riferimento in materia e l’UE le ha richiamate nel processo decisionale circa l’eventuale impiego di asset militari in relazione al Mecca-nismo.

Rispetto al contesto italiano, è ovvio che le Oslo Guidelines non abbiano valenza vincolante, ma la loro presenza quale parametro di riferimento in-ternazionale e i principi largamente condivisi nell’ambito della risposta alle emergenze che sono inclusi nel documento sicuramente testimoniano come queste soluzioni non siano totalmente indifferenti, come poi confermato dai puntuali dibattiti che si sono sviluppati nel caso concreto italiano.

51 J. JACOBONI, “Militari di Mosca acquartierati nella foresteria dell’esercito italiano, i timori di un’“occupazione” russa in Italia”, La Stampa, 25 marzo 2020; ID., “Coronavirus, la telefo-nata Conte-Putin agita il governo: “Più che aiuti arrivano militari russi in Italia”, La Stampa, 25 marzo 2020.

52 J. JACOBONI, P. MASTROLILLI, “Nella spedizione dei russi in Italia il generale che negò i gas in Siria”, La Stampa, 16 aprile 2020; D. RANIERI, “Domandine a Di Maio”, Il Foglio, 18 aprile 2020.

Un ulteriore oggetto di polemica è risultata la copertura dei costi di que-sta missione, visto che articoli di que-stampa conteque-stavano le apparenti richieste della Russia rispetto ai costi sostenuti, qualificati, solo per il trasposto dell’in-gente dispositivo, in almeno mezzo milione di Euro53. Nell’ambito dell’IDL non sussistono principi univoci quanto alla gestione dei costi del personale internazionale di soccorso e, limitandosi alla cooperazione inter-statale, si possono registrare varie soluzioni, ovvero la copertura dei costi interamente a carico dello Stato che presta assistenza oppure di quello che la riceve o soluzioni intermedie.

Nel caso della cooperazione in oggetto, sebbene si sia ufficialmente in-dicato che la missione «non è stata gestita direttamente dal ministero degli Affari Esteri, bensì è frutto di un accordo raggiunto tra i rispettivi vertici politici di governo, italiano e russo»54, si potrebbe ricordare che sussiste fra Italia e Federazione Russa un Accordo di cooperazione nel campo della pro-tezione civile, in materia di previsione e di prevenzione dei rischi maggiori e di assistenza reciproca in caso di catastrofi naturali o tecnologiche, concluso nel luglio 1993 e indicato in vigore dal 14 maggio 1998, come comunicato in Gazzetta Ufficiale n. 135 del 12 giugno 1998. La finalità di questo trattato sembra ben attagliarsi alla situazione in oggetto dato che nelle situazioni di catastrofe naturale rientrano anche le situazioni in cui lo «hazard» è di na-tura biologica, come nel caso del COVID-19. Secondo l’art. 9 del trattato in oggetto «[i] costi dell’assistenza fornita dalle squadre di soccorso della Parte offerente … non verranno assunti dalla Parte richiedente», salvo quanto pre-visto all’art. 9.2 che richiama l’art. 4, dove si specifica che le spese relative al sostentamento delle squadre di soccorso, nonché il normale rifornimento del loro equipaggiamento, saranno assicurate dalla Parte richiedente. Il det-tato, e la divisione dei costi, era piuttosto lineare e risulta quindi inusuale che questo trattato, tuttora in vigore, anche se forse poco noto, non sia mai stato menzionato nel dibattito odierno, e meno si comprende su quali basi il trattato sarebbe stato superato da un «successivo accordo fra i rispettivi ver-tici di governo», come indicato da fonti governative55.

53 J. JACOBONI, P. MASTROLILLI, “Nella spedizione”, cit.; D. RANIERI, “Domandine a Di Maio”, cit.; Redazione, “Volo di Stato per lo show di Putin”, Il Foglio, 17 aprile 2020.

54 “La missione militare russa a mia insaputa”, Il Foglio, 21 aprile 2020.

55 Ibidem.

Nel documento Volume 7 • 2020 SIDIBlog (pagine 189-192)

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