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La risposta dell’OMS alla diffusione del COVID-19 durante la prima ondata del contagio

Nel documento Volume 7 • 2020 SIDIBlog (pagine 134-138)

L’effettività delle risposte normative dell’OMS alla diffusione del COVID-19 durante la prima ondata del

3. La risposta dell’OMS alla diffusione del COVID-19 durante la prima ondata del contagio

Il Direttore generale dell’OMS ha definito l’epidemia di COVID-19 gene-rata dalla diffusione del SARS-COV-2 – un patogeno di natura zootecnica in grado di diffondersi per via aerea mediante il contatto con animali o per-sone infette – quale «public health emergency of international concern» il

10 Per approfondimenti, v. www.ebolaresponse.un.org.

11 Il testo della risoluzione 2177/2014 è consultabile al sito internet www.unscr.com.

12 Si veda S.NEGRI, Salute pubblica, sicurezza e diritti umani nel diritto internazionale, Torino, 2018, p. 135-173. Segnalo altresì, tra gli altri, L.POLI, La risoluzione n. 2177 (2014) del Con-siglio di sicurezza delle Nazioni Unite e la qualificazione dell’epidemia di ebola come minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale, in Diritti umani e diritto internazionale, 2015, p. 238 ss.

30 gennaio 2020, ossia quando focolai di questa malattia infettiva non si erano manifestati ancora su larga scala, come accaduto successivamente13.

A seguito di tale qualificazione e secondo quanto previsto nel regola-mento sanitario internazionale dell’OMS del 200514, il Direttore generale ha indicato alcune misure provvisorie che la Cina, in quanto Stato allora più colpito dal contagio, e gli altri Stati membri, individualmente e collettiva-mente, erano chiamati ad attuare.

La Cina avrebbe dovuto realizzare, al fine della tutela della propria po-polazione, strategie estese di comunicazione del rischio e dei suoi sviluppi, rafforzare le misure sanitarie tese al contenimento del contagio tramite il po-tenziamento del proprio sistema sanitario nazionale e la protezione delle persone ivi impiegate, collaborare con l’OMS e altri attori per l’individua-zione di casi utili alla comprensione dell’epidemiologia della malattia, con riguardo particolare alla sua origine zootecnica, condividere i relativi dati ed effettuare infine valutazioni mediche dei passeggeri in transito negli aero-porti e aero-porti nazionali nell’obiettivo dell’identificazione preventiva di casi con la minimizzazione dell’interferenza nella libera circolazione delle per-sone. Sulla base dell’assunto che il contagio potesse diffondersi «in any country», gli altri Stati avrebbero dovuto attivarsi per assicurare controllo, individuazione preventiva, isolamento e gestione dei casi, nonché traccia-mento dei contatti avuti da persone infettate prima della diagnosi, onde fa-vorire la prevenzione di una diffusione incontrollata del numero di contagi.

I medesimi Stati avrebbero dovuto comunicare inoltre qualunque dato utile relativamente al contagio di animali di ogni specie, test diagnostici usati e risultati ottenuti. Tali indicazioni avrebbero dovuto portare alla riduzione del contagio tra le persone, alla prevenzione della trasmissione secondaria e transnazionale del virus. Tutti gli Stati membri dell’OMS avrebbero dovuto altresì osservare gli obblighi di comunicazione e cooperazione posti dal re-golamento sanitario internazionale del 2005, al fine di favorire e, se possibile, contribuire alla scoperta delle caratteristiche ancora sconosciute del virus all’origine della pandemia e alla diffusione delle conoscenze.

Il Direttore generale ha evidenziato anche che l’inazione di alcuni Stati membri non avrebbe dovuto incidere negativamente sulla risposta adeguata di altri Stati membri, quando ha dichiarato successivamente che la propaga-zione del COVID-19 avesse raggiunto lo stadio di una pandemia. Da

13 La dichiarazione del Direttore generale del 20 gennaio 2020 è consultabile alla pagina www.who.int.

14 Segnalo, in particolare, l’art. 12, par. 1 e 4, del regolamento. Il testo del regolamento sani-tario internazionale, come rivisto nel 2005, è consultabile alla pagina www.who.int.

quest’ultima sua dichiarazione si evince che l’adeguatezza della risposta sa-rebbe consistita nell’adozione di misure nazionali idonee a contenere la dif-fusione del contagio entro la capacità di assistenza sanitaria disponibile nel territorio di riferimento, giacché nella medesima dichiarazione il Direttore generale ha chiarito che, «[i]f countries detect, test, treat, isolate, trace, and mobilize their people in the response, those with a handful of cases can pre-vent those cases becoming clusters, and those clusters becoming community transmission»15.

Secondo le indicazioni del Comitato di emergenza, la cooperazione avrebbe dovuto ispirarsi al principio di solidarietà come previsto all’art. 44 del medesimo regolamento. Gli Stati membri dell’OMS avrebbero dovuto conformarsi alle misure indicate dal Direttore generale in maniera non di-scriminatoria e nel rispetto dei diritti delle persone, come disposto agli art.

3 e 43 del suddetto regolamento. Il Direttore generale ha sottolineato più volte che le attività di contenimento e prevenzione attese dagli Stati membri dell’OMS non avrebbero dovuto includere restrizioni alla libera circolazione delle persone, non essendo raccomandata «any travel or trade restriction ba-sed on the current information available».

Il bilanciamento tra sicurezza sanitaria mondiale e libera circolazione di merci e persone è infatti l’obiettivo del regolamento sanitario internazio-nale16.

Tuttavia, gli Stati maggiormente esposti al contagio hanno adottato provvedimenti quarantenari restrittivi.

Questi provvedimenti statali hanno avuto carattere discordante quanto ai tempi e all’intensità normativa. La circostanza che Stati economicamente avanzati, in cui i servizi sanitari nazionali e le condizioni sanitarie esistenti sono ritenute comunemente affidabili e di alta qualità, abbiano deciso prov-vedimenti siffatti ha reso più evidente la mancanza di effettività delle misure provvisorie del Direttore generale dell’OMS.

Questa mancanza è emersa chiara quando il 16 marzo 2020 la Presidente della Commissione europea ha raccomandato la chiusura dell’intero territo-rio dell’Unione europea, ammettendo che

«[w]hile travel restrictions are generally not seen by the World Health Or-ganisation as the most effective way of countering a pandemic, the rapid spread of COVID-19 makes it essential that the EU and Member States

15 Si rinvia a www.who.int.

16 Cfr. G.L.BURCI,C.-H.VIGNES, World Health Organization, The Hague, 2004; D.P. FID-LER, From International Sanitary Conventions to Global Health Security: The New Interna-tional Health Regulations, in Chinese Journal of InternaInterna-tional Law, 2005, p. 325 ss.

take urgent, immediate and concerted action not only to protect the public health of our populations, but also to prevent the virus from further spread-ing from the EU to other countries, as has been observed in recent weeks.

Travel restrictions should focus on drastically reducing incoming people flows at the external borders of the Union, thereby also slowing transmis-sion to other countries on travellers’ return, and discouraging outgoing travel of EU citizens and other persons residing in the EU+ area»17.

Per agevolare l’attività di risposta degli Stati membri, l’OMS ha pubbli-cato periodicamente diversi atti nella forma di technical guidance, situation reports, comunicati stampa con dati e informazioni di carattere scientifico, suggerimenti e dichiarazioni dello stesso Direttore generale. Tutti questi atti sono consultabili nel sito internet dell’Organizzazione18 e sono aggiornati in maniera regolare. Si tratta di atti non vincolanti diretti a orientare la con-dotta degli Stati membri e dei privati. L’OMS ha inviato altresì missioni di esperti in Cina e Italia per sostenere la reazione di siffatti Stati nel momento più aggressivo del contagio. Una delle conclusioni raggiunte dalla breve mis-sione in Italia – terminata il 6 marzo 2020 – è stata quella di considerare la nostra situazione nazionale quale una «knowledge-generating platform on COVID-19 within the scientific community»19.

L’OMS ha instaurato poi forme eterogenee di collaborazione con altri organismi internazionali riconducibili al sistema delle Nazioni Unite, in par-ticolare con FAO, UNICEF, Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, Gruppo della Banca mondiale e Fondo monetario internazio-nale, la Commissione europea e finanche l’OMC. A partire dalla seconda metà del mese di marzo 2020 quest’attività di collaborazione si è intensificata con l’adozione di numerosi Joint Statements, piani di azione e linee guida comuni (tutti consultabili nei siti web ufficiali degli organismi internazionali menzionati). Attraverso il proprio sito web l’OMS ha creato il COVID-19 Solidarity Response Fund e l’Access to COVID-19 Tools (ACT) Accelerator.

Questo è un partenariato tra governi, società civile e industria istituito il 24 aprile 2020 per il coordinamento di attività di raccolta e investimento di ri-sorse umane, finanziarie e tecniche. L’ACT-Accelerator presuppone la colla-borazione tra imprese farmaceutiche e centri di ricerca scientifica, pubblici e/o privati, per la scoperta, sperimentazione e produzione di rimedi terapeu-tici, test e vaccini contro il COVID-19. L’ACT Accelerator include il

17 Comunicazione della Commissione a Parlamento europeo, Consiglio europeo e Consiglio, COVID-19: Temporary Restriction on Non-Essential Travel to the EU, COM(2020) 115 final del 16 marzo 2020.

18Si rinvia a www.who.int.

19 Si veda www.euro.who.int.

COVAX. Si tratta di una piattaforma per favorire la distribuzione secondo equità dei vaccini anti COVID-19 autorizzati per la commercializzazione.

Queste attività contemplano il coinvolgimento di attori privati, quali orga-nizzazioni non governative, fondazioni, come la Bill and Melinda Gates Foundation, e imprese multinazionali.

Tali attività, per lo più operative, richiamano il modello della costitu-zione di partnerships tra attori pubblici – rappresentanti di Stati beneficiari, organizzazioni internazionali e Stati terzi – e attori privati, quali rappresen-tanti di imprese multinazionali e organizzazioni non governative, per la rea-lizzazione di attività di assistenza tecnica. Si tratta di un modello utilizzato anche dall’OMS a favore dell’assistenza a Stati membri economicamente meno avanzati tanto per il potenziamento dei sistemi sanitari nazionali di tali Stati quanto, negli anni più recenti, per la lotta alla povertà nella logica prima dei Millennium Development Goals del 2000 e oggi dei Sustainable Deve-lopment Goals approvati nel quadro dell’Agenda delle Nazioni Unite per lo sviluppo post-201520.

Nel documento Volume 7 • 2020 SIDIBlog (pagine 134-138)

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