COVID-19 e diseguaglianze di genere: l’impatto della pandemia sulle donne
2. L’impatto differenziato della pandemia da COVID-19 su diverse categorie di donne: il caso delle lavoratrici domestiche
Alcuni profili del policy brief offrono spunti di riflessione critica. Tra gli altri, il policy brief sembra adottare una prospettiva di genere monodimensionale già rilevata nella prassi di altri organi delle Nazioni Unite, tra cui il Consiglio di sicurezza3. L’impatto del COVID-19 sulle donne viene commentato in senso generalizzato, senza prendere in considerazione i diversi effetti che questa pandemia produrrà su diverse categorie di donne. In particolare, fat-tori come il reddito, la nazionalità, lo status di migrante o l’origine etnica sono trascurati nell’analisi. Soltanto in alcuni punti specifici del brief il Se-gretario generale opera rapidi riferimenti a particolari categorie, come nel caso dell’accesso a servizi sanitari da parte di donne in comunità rurali e marginalizzate4 o nel caso dell’accesso a informazioni legate alla prevenzione in materia di COVID-19 da parte di donne in situazioni di conflitto, donne
2 Ivi, p. 2.
3 G. HEATHCOTE, Security Council Resolution 2242 on Women, Peace and Security: Progres-sive Gains or Dangerous Development?, in Global Society, 2018, p. 374 ss.; F. NÍ AOLÁIN, The
‘war on terror’ and extremism: assessing the relevance of the Women, Peace and Security agenda, in International Affairs, 2016, p. 275 ss.
4 Policy brief, cit., p. 10.
in gravidanza e donne disabili5. Un riconoscimento più ampio dell’impatto differenziato che il COVID-19 produrrà su diversi gruppi, tuttavia, sarebbe stato opportuno non soltanto in relazione all’analisi dello stato attuale ma anche e soprattutto in relazione alle soluzioni proposte. Questa limitazione appare con particolare evidenza nelle sezioni dedicate agli effetti del CO-VID-19 dal punto di vista economico e del lavoro di cura. I problemi ana-lizzati e le soluzioni prospettate in queste sezioni, infatti, trascurano del tutto il particolare impatto che il COVID-19 produrrà su alcune categorie di donne. Ad esempio, una pur breve analisi della diseguale distribuzione del lavoro di cura all’interno della famiglia e delle difficoltà di bilanciamento tra lavoro retribuito e carichi familiari – e di come il COVID-19 potrebbe ag-gravare questa disuguaglianza – non può non tenere conto del ruolo cruciale giocato dalle lavoratrici domestiche in questo contesto, nonché della signifi-cativa concentrazione di donne straniere6 in questo settore. Se dunque nel policy brief si osserva che il COVID-19 ha «intensificato in modo esponen-ziale» (intensified exponentially) la domanda di lavoro di cura7, l’analisi che ne consegue sembra riguardare esclusivamente gli effetti di questo feno-meno sul lavoro di cura non retribuito prestato dalle donne per i propri fa-miliari, e non anche sull’attività e la condizione delle lavoratici domestiche.
Per questa categoria, l’emergenza legata alla diffusione del COVID-19 po-trebbe portare a un aggravamento di preesistenti situazioni di isolamento, vulnerabilità o precarietà lavorativa, nonché ad un aumento del rischio di sfruttamento sul lavoro.
L’impatto sullelavoratrici domestiche straniere di misure restrittive della libertà di movimento allo scopo di contrastare la diffusione del COVID-19, con particolare riferimento al Medio Oriente, è stato già oggetto di com-mento nel contesto di notizie riportate da organizzazioni non governative come Human Rights Watch8 e Amnesty International.9 La scarsa considera-zione delle lavoratrici domestiche nel policy brief in esame (al di là di un rapido riferimento alla necessità di includere questa categoria tra i benefi-ciari di misure sostitutive del reddito in caso di lavoro sommerso) appare
5 Ivi, p. 11.
6 Organizzazione internazionale del lavoro, Implementation of international labour standards for domestic workers, Research Brief n. 9, 2017.
7 Policy brief, cit., p. 13.
8R.BEGUM, “Domestic Workers in Middle East Risk Abuse Amid COVID-19 Crisis”, Hu-man Rights Watch, 6 aprile 2020; “Lebanon: Migrant domestic workers must be protected during COVID-19 pandemic”, Amnesty International News, 14 aprile 2020.
9 “Lebanon: Migrant domestic workers must be protected during COVID-19 pandemic”, Amnesty International News, 14 aprile 2020.
poi ancora più sorprendente alla luce delle tre priorità trasversali da esso identificate. Una di queste priorità riguarda infatti la realizzazione di un cambiamento radicale e del raggiungimento della parità nella cosiddetta care economy che includa, come già osservato, sia il lavoro di cura retribuito che quello non retribuito.
Da un punto di vista più strettamente giuridico, gli obblighi internazio-nali assunti dagli Stati in relazione alla tutela dei diritti fondamentali delle lavoratrici domestiche migranti continuano a vincolarli anche nel corso della pandemia da COVID-19. In materia, l’unico strumento di tutela specifica-mente dedicato alle lavoratrici domestiche migranti e a carattere vincolante è la Convenzione sul lavoro domestico adottata dall’Organizzazione inter-nazionale del lavoro nel 201110. Tuttavia, la Convenzione in parola ha rice-vuto un numero molto limitato di ratifiche, per lo più da parte di Stati di emigrazione (tra gli Stati di immigrazione che ne hanno effettuato la ratifica è possibile annoverare l’Italia). Per gli Stati Parte, la Convenzione sul lavoro domestico sancisce obblighi positivi in relazione non solo al riconoscimento di una serie di diritti socio-economici (come il diritto alla parità di tratta-mento con gli altri lavoratori in materia di orario di lavoro, riposo giornaliero e ferie ex art. 10) ma anche alla garanzia di un’effettiva protezione di tali diritti nei rapporti tra lavoratori domestici e datori di lavoro (come nel caso dell’art. 9, il quale prevede un obbligo per gli Stati parte di adottare misure volte ad assicurare che i lavoratori e le lavoratrici domestiche siano liberi di concordare con il proprio datore di lavoro l’eventuale permanenza nell’abi-tazione dove svolgono la loro attività e che siano liberi e libere di lasciare tale abitazione durante il riposo giornaliero, settimanale e annuale). Ai fini di questo breve commento, e dunque con specifico riferimento alla tutela delle lavoratrici domestiche in generale e di quelle straniere in particolare, è utile segnalare l’obbligo per gli Stati parte di adottare misure per garantire la sicurezza sul lavoro e la salute dei lavoratori domestici e delle lavoratrici domestiche ex art. 13, di garantire l’accesso a misure di sicurezza sociale – anche in materia di tutela della maternità – in condizioni di parità di tratta-mento con gli altri lavoratori ex art. 14, nonché l’obbligo di assicurare una effettiva protezione contro ogni forma di abuso e violenza ex art. 5. Inoltre, l’art. 8, par. 3, prevede un obbligo di cooperazione per gli Stati parte al fine di assicurare l’effettiva applicazione delle previsioni della Convenzione in esame ai lavoratori e alle lavoratrici migranti. Gli obblighi gravanti sugli Stati parte della Convenzione sembrano preservare la loro piena applicabilità
10 Organizzazione internazionale del lavoro, Convenzione sulle lavoratrici e i lavoratori do-mestici C-189 del 2011.
anche durante l’attuale emergenza legata alla diffusione del COVID-19. Se da un lato alcune delle norme richiamate (in particolare gli art. 13 e 14) pre-vedono che le misure richieste potranno essere applicate progressivamente e in ogni caso che tali misure debbano essere adottate in conformità con le leggi e le prassi nazionali, dall’altro la Convenzione tace sulla facoltà per gli Stati parte di derogare a queste disposizioni o di sospendere temporanea-mente la Convenzione stessa in caso di emergenza. In assenza di specifiche clausole sul punto nella Convenzione, il diritto consuetudinario come codi-ficato negli art. 57 e 58 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati11 ammetterebbe una sospensione degli obblighi gravanti sugli Stati parte solo in presenza del consenso di tutte le parti o (a determinate condizioni) solo nei rapporti tra alcune delle parti12.
Su un piano più generale, i principali sistemi universali e regionali di tutela dei diritti economici e socialiammettono limitazioni a tali diritti (si veda ad esempio l’art. 4 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali13) ma non deroghe o sospensioni da parte degli Stati in situazioni di emergenza14. Se dunque il problema di garantire la tutela dei diritti civili e politici durante la pandemia da COVID-19 si sta imponendo all’attenzione della dottrina15 alla luce di deroghe unilaterali da parte di alcuni Stati ad obblighi sanciti da convenzioni internazionali come il Patto internazionale sui diritti civili e politici16, la CEDU17 o la Convenzione americana sui diritti umani18, è utile sottolineare che gli obblighi precedentemente assunti dagli Stati in materia di tutela dei diritti economici e sociali continuano a vincolarli anche durante la pandemia in corso. Come è ovvio, ciò riguarda anche tutte
11 Convenzionne di Vienna sul Diritto dei Trattati del 1969.
12 T. GIEGERICH, Article 57. Suspension of the Operation of a Treaty Under its Provisions or by Consent of the Parties, in O. DÖRR, K. SCHMALENBACH (eds), Vienna Convention on the Law of Treaties: A Commentary, Berlin, 2018, p. 1061 ss.
13 Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali del 1966.
14 M. SCHEININ, “COVID-19 Symposium: To Derogate or Not to Derogate?”, Opinio Juris, 6 aprile 2020.
15 Sul punto, si veda S. BENVENUTI, “Sulla legge organica ungherese n. 12 del 30 marzo 2020
«Sulla protezione contro il coronavirus»”, SIDIBlog, 7 aprile 2020; P. DE SENA, “Contrasto al COVID-19 e/o demolizione dello Stato di diritto? Le misure ungheresi e la Convezione europea”, SIDIBlog, 7 aprile 2020; E. SOMMARIO, “Misure di contrasto all’epidemia e diritti umani, fra limitazioni ordinarie e deroghe”, SIDIBlog, 27 marzo 2020; A. SACCUCCI, “La so-spensione dei termini processuali da parte della Corte europea per l’emergenza COVID-19”, SIDIBlog, 27 marzo 2020; F. TAMMONE, “«Nous Sommes en Guerre»: La lotta globale alla pandemia alla prova del Patto internazionale sui diritti civili e politici”, SIDIBlog, 27 marzo 2020.
16 Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966.
17 Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950.
18 Convenzione americana dei diritti umani del 1969.
le previsioni di diritto internazionale pattizio applicabili alle lavoratrici do-mestiche straniere, incluse le disposizioni del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali e il divieto di discriminazioni nel riconosci-mento di tali diritti in ragione del genere o dell’origine etnica sancito dalla Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione con-tro le donne (CEDAW)19 e dalla Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale20. Numerosi human rights treaty bodies delle Nazioni Unite hanno offerto importanti chiarimenti circa l’applicabi-lità di queste norme anche alle lavoratrici domestiche migranti21, adottando l’approccio multidimensionale e intersezionale alla questione delle disugua-glianze di genere22 che è invece mancato nel policy brief. Il Comitato sui di-ritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie ha dedicato il suo primo General Comment proprio al lavoro domestico23, identificando le lavoratrici domestiche migranti come particolarmente a rischio di subire forme di sfruttamento e abuso nonché violenza di genere. Nel suo General Comment n. 26 sulle lavoratrici migranti il Comitato per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne24 ha esortato gli Stati Parte della CEDAW ad adottare specifiche misure anche a tutela delle lavoratrici domestiche migranti contro ogni forma di discriminazione (ad esempio in materia di orario di lavoro, salario, sicurezza sul lavoro e ferie). Più
19 Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne del 1979.
20 Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale del 1965.
21 S. MULLALLY, Migrant Domestic Workers and Continuums of Exploitation: Beyond the Lim-its of Antitrafficking Laws, in AJIL Unbound, 2017, p. 498 ss.
22 Il concetto di intersezionalità nasce e si sviluppa nel contesto della dottrina statunitense in materia di discriminazioni di genere a danno di donne afroamericane. Il termine “discrimi-nazione intersezionale” viene oggi utilizzato per indicare tutte le forme di discrimi“discrimi-nazione scaturenti dall’interazione e dalla combinazione inestricabile di più motivi. Sul punto, si ve-dano ad esempio K.CRENSHAW, “Demarginalizing the Intersection of Race and Sex: A Black Feminist Critique of Antidiscrimination Doctrine, Feminist Theory and Antiracist Politics”, University of Chicago Legal Forum, 1989, p. 139 ss.; K.CRENSHAW, Mapping the Margins:
Intersectionality, Identity Politics, and Violence Against Women of Color, in Stanford Law Re-view, 1991, p 1241 ss.; J.BULLOCK,A.MASSELOT, Multiple Discrimination and Intersectional Disadvantage: Challenges and Opportunities in the European Union Legal Framework, in Co-lumbia Journal of European Law, 2012, p. 57 ss.; B.G.BELLO, Diritto e genere visti dal mar-gine: spunti per un dibattito sull’approccio intersezionale al diritto antidiscriminatorio in Italia, in Diritto e Questioni pubbliche, 2015, p. 141 ss.; A.DI STEFANO, Prospettive di genere e diritti umani: il contributo delle teorie femministe sul diritto internazionale, Firenze, 2012.
23 Comitato sui diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, General Com-ment No. 1 on Migrant Domestic Workers, UN Doc. CMW/C/GC/1 del 23 febbraio 2011.
24 Comitato per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne, General Recommendation No. 26 on Women Migrant Workers, UN Doc. CEDAW/C/2009/WP.1/R del 5 dicembre 2008.
recentemente, il Comitato sui diritti economici, sociali e culturali25 ha rico-nosciuto la prevalenza di donne e di minoranze etniche o di migranti nel settore del lavoro domestico e ha sottolineato l’importanza del riconosci-mento del diritto a condizioni di lavoro eque per questa categoria.
3. Gli effetti della pandemia sulla prevenzione e la lotta alla violenza