8. MEMORIA E SAPERE
8.8 Il problema dell'immediatezza
Solo un uomo che non ha alcuna continuità interiore, che senza nesso [Zusammenhang] vive di istante in istante, deve sempre urlare la sua esistenza, per attestare di esserci38.
Abbiamo già accennato al problema dell'immediatezza in quanto messaggio del medium, proseguiremo qui l'esplorazione del problema della conoscenza concentrandoci sul bisogno di tempo della persona: tempo interiore, tempo di scoperta, riflessione e maturazione. Roberta de Monticelli39, nel suo libro Per un'idea di
rinnovamento40 ci offre una riflessione sul problema del ‘farsi interiore’ dell'esperienza,
legata alla crescita di consapevolezza, e sul problema costituito dal ‘macchinario dell'istantaneo’. Argomento centrale del testo è come ci dice il titolo, la possibilità di un rinnovamento politico, ma prima di tutto civile, che sembra essere necessario alla nostra politica e che è sembrato emergere negli ultimi anni, in particolare connessione con la nascita del movimento di Beppe Grillo. Essendo un fenomeno che vuole fondarsi sulle possibilità democratiche di Internet, il filosofo tratta anche del problema dell'attività in rete e delle possibilità dell'intelligenza collettiva. Il punto però più importante secondo De Monticelli non risiede nelle potenzialità dei nuovi mezzi, ma nella specifica attività della sensibilità che deve essere presente e viva in ognuno di noi, affinché un vero rinnovamento sia possibile. È in questo contesto che affronta il problema del tempo
38 R. De Monticelli, Per un'idea di rinnovamento, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2013, pp. 17; 34 39 Roberta De Monticelli insegna filosofia della persona all'Università Vita-Salute San Raffaele di
Milano. Fra i suoi libri ricordiamo anche La questione morale, Raffaello Cortina editore, Milano, 2010; La questione civile, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2011
connesso strettamente ai problemi della sensibilità e della crescita di consapevolezza della persona, le uniche in grado di far crescere l'individuo e dar vita ad un vero impegno.
La sensibilità è definita da De Monticelli come la disposizione con cui cogliamo i fatti di valore. Vi sono infinite verità nel mondo dei fatti di valore che richiedono di essere scoperte, dando vita a una ricerca che che deve rinnovarsi ogni giorno per non cadere nel fanatismo valoriale e nel dogmatismo, o nell'ignoranza dei valori portando all'indifferenza. Un vero impegno comporta questo genere di ricerca, che sia un impegno civile ma anche pratico in ogni campo dell'attività umana. È un impegno che richiede la ricerca incessante, l'attività della sensibilità nella scoperta dei fatti di valore e nasce quindi dalla sofferenza, dalla gioia dal dubbio, ma soprattutto dal rinnovamento della mente che la scoperta porta con sé. È necessario che la sensibilità risponda a questa domanda di verità, se non vuole correre il rischio di atrofizzarsi, un rischio tutt'altro che vago nella nostra epoca, fatta di banalità, ossia di indifferenza e di assenza di una coscienza assiologicamente strutturata41.
De Monticelli rivendica con forza la dignità e l'importanza dei giudizi di valore, rimasti prigionieri nell'opposizione con i giudizi di fatto e abbandonati alle principali agenzie creatrici di significati: convenzioni sociali, Chiese, partiti, comizi, quotidiani, personaggi televisivi. Essi continuano però ad essere presenti nelle nostre vite poiché «attraverso le nostre soggettività i giudizi di valore, finiti in tutte queste mani, vengono riassorbiti e ci orientano»42. Lungi dall'essere una questione arbitraria perché legata alla
soggettività, il sentire è invece una delicata questione di valore e il fraintendimento a cui andiamo incontro nel concepire il sentimento che genera è legato al confondere immediatezza con istantaneità, concetto che siamo abituati a pensare come velocità nella registrazione del dato. Invece il sentire è immediato nel senso che è esperienza in prima persona, ed è esperienza che richiede tempo, nel senso che ha uno sviluppo nel tempo e non si esaurisce nel momento. Ciò che lo caratterizza è come lentamente ci si accorga di ciò che in una cosa “chiama”. Il sentire riempie il tempo, non solo nel senso che lo occupa ma nel senso che lo rende pieno e fecondo: è tempo di lenta crescita di consapevolezza. L'esperienza descritta dal filosofo appare come un incontro, in cui ha
41 Viene da collegare la richiesta di verità dei fatti di valore alla riflessione sul soggetto di Mariniello: che cosa ci chiedeva allora l'evento dell'11 settembre da questo punto di vista?
luogo una sorta di reazione a ciò con cui entriamo in relazione; questo sentire, questo rapportarsi e reagire rende possibile conoscere anche sé stessi, diventare più consapevoli di sé.
[...] Il sentire non è legato né all'azione né allo scopo, ma per questo chiede sosta, riempie il tempo vissuto e tipicamente acquieta – ci fa silenti. In questo sostare, in questa quiete senza che ci sia volontaria introspezione, cresce anche il senso di sé, di ciò che più conta, di ciò che ci definisce – cresce, o entra in crisi, che è un altro modo in cui si matura. Non c'è vero sentire, lento rendersi conto del valore che inerisce a un fatto, senza un simultaneo ‘rendersi conto’ di sé. Per questo Agostino scrisse in quella frase tanto nota e tanto fraintesa: In te ipsum rede – in
interiore homine habitat veritas.
Ma niente è più comune, oggi, di una coscienza senza consapevolezza, di un'esperienza senza profondità, di un vivere senza senza crescere nella propria identità di persone. Ed è qui che si annida il pericolo più grande43.
L'esperienza recettiva del sentire, è uno dei modi con cui facciamo esperienza diretta, intuitiva della realtà. Ogni percezione può essere assimilata ad una esplorazione, che sia di un ambiente o di un evento: ciò che percepiamo infatti non è dato una volta per tutte, è solo un aspetto parziale e nel tempo è possibile approfondirne la conoscenza, o scoprirne aspetti nuovi che prima erano rimasti in ombra, questo vale appunto sia per l'esplorazione di un ambiente ma anche per la scoperta del valore. In tedesco troviamo il termine innewerden, che letteralmente significa il farsi interiore, il farsi proprio di una scoperta assiologica che, attraverso una caratteristica risposta di consenso o di rigetto, diventa un modo di sentire abituale. De Monticelli cita un passo di Montale per renderci chiara questa esperienza del sentire e della scoperta del valore insieme alla scoperta di ciò in cui si crede: «Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo ciò che non vogliamo»44. Il sentire in queste parole mostra tutta il suo potere nel determinare il
nostro volere e ciò che siamo e diventiamo. Quando il tempo è occupato da questo farsi interiore diventa un tempo pieno, un tempo che è sereno anche quando il sentire è doloroso, restando comunque un tempo “felice”.
Tuttavia che genere di esperienza e di sentire è quella che troviamo in rete? Che 43 Ibidem, p. 24
genere di incontro e relazione è possibile creare, e quante possibilità di crescita ci offre? Certo, veniamo in contatto con molte persone e molte informazioni, ma a quante è concesso di entrare dentro di noi in questo lento farsi interiore? De Monticelli individua due aspetti problematici, che vede strettamente connessi: la qualità dei discorsi che circolano in rete, e l'istantaneità, il configurarsi dell'esperienza come assemblaggio di brevi momenti che si susseguono senza che nessuno comporti o richieda un approfondimento. Nella varietà degli atteggiamenti e dei diversi contenuti, in generale per cosa è fatto ad esempio uno strumento come facebook? Che genere di condivisione e di esperienza permette? De monticelli osserva che il ‘mi piace’, formula tipica di consenso del social network in questione può senza dubbio essere espressione di un'esperienza di crescita e aumento di consapevolezza nei termini descritti, ma può anche essere:
Uno degli innumerevoli clic di cui è fatta una giornata banale. Può essere un istante nel flusso degli stati mentali, in questa successione priva di concatenazione e di senso che molta filosofia contemporanea della mente ci presenta come la vita mentale tout court, e che a noi sembra invece la sua patologia. La sua
Zusammenhanglosigkeit – dispersione, incoerenza, discontinuità di percezioni e di
emozioni. Un punto nella successione illimitata dei sì e dei no automatici che gli slogan tendono a riprodurre, un punto in più in una massa aggregata di consensi istantanei. Un altro istante di una vita che non cresce in consapevolezza, che non fa propria alcuna convinzione, che non si individua - che non trova la via e la legge della propria libertà45.
Intelligenza è non solo capacità cognitiva più o meno concettualmente e culturalmente nutrita. È anche sensibilità e capacità di fare esperienza. Ma per il tipo di esperienza descritto da De Monticelli, per il lento rendersi conto di cui parla quanto spazio c'è in rete? Quanto tempo abbiamo per questo tipo di esperienza? Quanto la rete nasce ed è strutturata per permetterci questa lenta crescita di consapevolezza? All'esperienza vissuta come assemblaggio di istantanee, piani senza profondità assiologica, ossia profondità generata dalla scoperta del valore, corrisponde un soggetto privo di ordine interiore, disperso, sconnesso, insieme discontinuo di percezioni ed
emozioni.
Dove non c'è pienezza di sentire che accresca la consapevolezza e dia vere ragioni al fare – là non c'è nesso di motivazioni, concatenazione di sentire e volere, di volere e agire. Non c'è crescita del pensiero, non c'è uso strutturato del linguaggio. La non c'è crescita della persona che esperisce. Là tutto si scarica rapidamente in quattro stereotipi o due chat46.
8.9 Riflessioni
Abbiamo preso in considerazione alcuni aspetti della nostra esperienza in rete come nuova fonte di conoscenza e di relazioni. Rispetto alle tesi di Serres e Lévy che affermano la nascita di una nuova enciclopedia del sapere e di una nuova forma di collaborazione che rende i collettivi più intelligenti, ci siamo domandati fondamentalmente di che genere di esperienza stiamo realisticamente parlando. Qual è l'esperienza della rete che le persone comuni fanno maggiormente? Quale l'attività conoscitiva e di creazione di contenuti?
La possibilità di partecipazione e la libertà di espressione concessa a tutti coloro che intervengono (nei limiti della legalità e del rispetto47) sembrano fare di Internet un reale
potenziamento delle possibilità delle persone. Riprendendo il concetto di rimediazione dei vecchi media, la rete si presenta come forma di rimediazione dei mezzi di comunicazione come il telegrafo e il telefono, e di media di percezione come la radio, la tv e il cinema. Sembra rimediare anche quei luoghi di aggregazione in cui ci si ritrova per chiaccherare del più e del meno, per raccontare le proprie giornate, non solo con parole ma con racconti fotografici, disegni, video. Il punto forte e su cui Internet sembra offrire innovazione è l'istantaneità, l'interattività, lo scambio, la possibilità di dialogo in tempo reale. Rispetto ad esempio ai luoghi di aggregazione, siamo sempre connessi, sempre in contatto, e il racconto della propria giornata diventa racconto e commento in tempo reale. L'essere sempre connessi e raggiungibili cambia da un lato il nostro modo di raccontarci48, e dall'altro cambia la nostra capacità di concentrarci49, ma sembra anche
46 Ibidem, p. 31
47 Cfr. per i problemi di etica nei rapporti in rete A. Fabris, Per un'etica del virtuale, in A. Fabris (a cura di), Etica del virtuale... cit., pp. 3-19
48 Cfr. infra, capitolo 9.3
renderci sempre vigili, in attesa di notizie, aggiornamenti e novità50.
Come strumento di conoscenza la rete è rimediazione di biblioteche, cataloghi, consulenti bibliografici. Riguardo i contenuti che vengono prodotti dagli utenti, novità e pregio di Internet, che permette la partecipazione di tutti, abbiamo però avanzato dei dubbi. L'idea che l'intelligenza collettiva debba approfittare del contributo di tutti in tutti gli ambiti di esperienza ha portato a chiederci: come non rimanere ingolfati e sommersi da contenuti inutili, irrilevanti e scorretti? Come garantire che partecipi solo chi ha le credenziali necessarie? E rispetto a tutto il materiale abbandonato per caso, come ci dice Vassallo, o nato da sfoghi momentanei, come comportarci? Perché essere obbligati a navigare in mezzo a contenuti di questo genere nella speranza di imbattersi in un contenuto degno di attenzione?
E perché abituarsi non solo a questo inquinamento, ma anche a quello pubblicitario? Chi naviga è costretto a schivare in continuazione immagini, video pubblicitari. Ci stiamo abituando a muoverci in pagine non più bianche e silenziose, in cui solo il contenuto che ci interessa è presente, ma in pagine colme di messaggi. Il problema non consiste nel leggerle o meno. Il problema è perché dovremmo accettare tutto il rumore inutile e fastidioso, che con ciò che cerchiamo non ha niente a che fare, perché dovremmo cercare di impegnarci ad ignorare il caos, il rumore incessante, visivo, sonoro e di contenuto. Perché il sapere dovrebbe rimanere associato a questo? Accettiamo di dialogare di vivere in uno spazio saturo di contenuti che ci cercano e ci assalgono. Tutto questo è considerato normale, ma non lo è. Come ricorda Levy è necessario una forma di ecologia nei contenuti: ma è realistico, considerata la struttura della rete, che questo genere di contenuti possano sparire?
Come accennavamo la rete è creata per essere piena: informazioni che circolano incessantemente. Anche la partecipazione e l'espressione di sé diventa un obbligo. Occorre partecipare, dire, narrare: anche se non c'è niente da dire, anche se potremmo stare ugualmente zitti e niente, tranne il traffico in rete, ne risentirebbe. L'idea di conoscenza sembra allora, da questo punto di vista, funzionale alla struttura della società e a ciò di cui essa ha bisogno: comunicazione.
Contemporaneamente però questo modello di sapere prende spazio. Così anche 50 Secondo la descrizione di un ragazzo che ha partecipato a dei laboratori sulle nuove tecnologie (tenuti per eseguire ricerche per questo lavoro) uno dei pregi della connessione è stato il poter essere subito informati dei disastri meteorologici che avvenivano negli Stati Uniti: avevano potuto sapere tutto immediatamente
l'esperienza del sentire, di cui ci parla De Monticelli, come relazione fra le cose e crescita di consapevolezza, sembra essere un fenomeno poco presente, o forse non è ciò che ci si aspetta dalla rete. Tuttavia è questo genere di esperienza a pervadere la vita di gran parte delle persone, un'abitudine che riempie e scandisce il tempo di tanti.
La velocità nella trasmissione e la quantità di contenuti che è possibile creare e recuperare in rete sembra essere ostacolo a vecchie forme di conoscenza, incentrate sul tempo lento dell'apprendimento, dell'elaborazione e della riflessione, tempo per mettere in discussione e aspettare che ciò che si è appreso maturi. Anche nella condivisione di contenuti scientifici o accademici il materiale rischia di accumularsi senza che possa essere sottoposto ad una effettiva riflessione e allo studio. La quantità di materiale non favorisce l'apprendimento individuale, arricchisce la conoscenza della società ma non quella personale, destinata irrimediabilmente a rimanere indietro.