8. MEMORIA E SAPERE
8.4 Nicla Vassallo: Per sentito dire
Viviamo nella società dell'informazione e della conoscenza. Questa società si erge su una specifica fonte conoscitiva, chiamata testimonianza20.
Vorremmo seguire le riflessioni di Nicla Vassallo21 in Per sentito dire. Conoscenza
e testimonianza, per acquisire concetti utili ad approfondire il problema della
conoscenza e quindi analizzare il tipo di contenuti che troviamo in rete.
Ciascuno di noi paga un debito conoscitivo nei confronti dei propri simili, per non partire epistemicamente da zero, ritrovandoci nella condizione degli esseri umani preistorici. Siamo giunti nel XX secolo con una massiccia presenza della testimonianza nelle nostre esistenze, grazie ai molteplici scambi quotidiani e diretti – che rispetto a un tempo hanno subìto una consistente accelerazione con telefoni, cellulari, sms, e-mail, blog, social network, piattaforme varie così via -, grazie a diversi strumenti conoscitivi e/o organi d'informazione su cui possiamo e dobbiamo contare: libri, enciclopedie, giornali, riviste, radio, televisione, internet. Che altro? Sarebbe problematico escludere la cartellonistica, i documentari, le foto, la mimica, le mappe, la segnaletica (aeree, terrestre, nautiche) dalle modalità che impieghiamo per riferire e acquisire notizie e indicazioni sul mondo. A volte, pure un semplice gesto di un passante si attesta prezioso nel mostrarci (quindi testimoniarci) la strada 20 N. Vassallo, Per sentito dire. Conoscenza e testimonianza, Feltrinelli, Milano, 2011, p. 9
21 Nicla Vassallo, professore ordinario di Filosofia Teoretica all'Università di Genova, si occupa di epistemologia, filosofia della scienza, gender studies. Fra il suoi libri ricordiamo anche Teoria della conoscenza, Editori Laterza, Roma-Bari, 2003; Conversazioni, Mimesis, Milano, 2012
che stiamo cercando in una città sconosciuta22.
Ognuno di noi possiede tre diversi tipi di conoscenza: diretta (il conoscere qualcosa), competenziale (il saper fare qualcosa), proposizionale (il sapere che una proposizione è vera). Fra queste forme di sapere intercorrono certe relazioni e notiamo quindi che: quando sappiamo fare qualcosa, abbiamo probabilmente delle conoscenze proposizionali a riguardo, ma ciò non comporta la possibilità di tradurre tutta la conoscenza competenziale in proposizionale, il saper fare non coincide con il conoscere le proposizioni sul fare, la conoscenza diretta implica spesso conoscenza proposizionale, tuttavia, questa non si basa necessariamente sulla conoscenza diretta. Di fronte alla valorizzazione dell'esperienza diretta rispetto ad altre forme di conoscenza occorre inoltre ricordare che ogni osservazione è Theory-laden, ossia guidata dalla teoria: «è la teoria, o se si preferisce, le nostre credenze a determinare il contenuto dell'osservazione»23,l'osservazione è guidata da una conoscenza di background. Se da un
lato si cerca di rivalutare l'importanza della conoscenza diretta, tuttavia è necessario ricordare il nostro interesse e l'importanza che attribuiamo alla conoscenza proposizionale, a partire dal nostro interesse per la verità.
Facilmente accessibile attraverso il linguaggio, la conoscenza proposizionale permea gli esseri riflessivi e meditativi, cioè noi animali umani, insieme forse a qualche altro mammifero: mentre gli animali non umani dispongono di conoscenza diretta e conoscenza competenziale, noi brilliamo per conoscenza proposizionale, in una misura che nessun animale non umano ha finora eguagliato. Dalle sue istanze semplici e quotidiane a quelle complesse e sorprendenti, la nostra conoscenza proposizionale risulta più evoluta, ricca, sviluppata [...]. Noi, invece, perseveriamo costanti all'arricchire di nuove conoscenze proposizionali questi strumenti [sistemi scolastici, libri, enciclopedie, giornali, riviste, radio, televisione, internet], mentre grazie a essi, trasferiamo conoscenza attraverso la testimonianza24.
Dopo aver trattato del problema e del valore epistemico della testimonianza, nell'ultimo capitolo del libro, la filosofa affronta il problema della conoscenza in rete e 22 Ibidem p. 20
23 Ibidem, p. 28 24 Ibidem, p. 29
di ciò che circola su Internet. Comunichiamo sempre e comunque. Che genere di contenuti vengono condivisi? In generale vorremmo distinguere fra informazioni e conoscenze da una parte e condivisione di stati d'animo, sfoghi, espressioni personali, dall'altro. In rete troviamo fondamentalmente la condivisione di ciò che ‘si sa’, e di ciò che si sente. Si confonde spesso però la libertà di espressione con il diritto a dire sempre e comunque, quando la libertà di espressione, come ci ricorda Nicla Vassallo richiama prima di tutto la responsabilità epistemica di ciò che viene detto25:
Pretendendo, sempre e in ogni caso, di dire la nostra, pure quando l'ignoranza favorirebbe un cauto silenzio, abbiamo reso la mediocrità una qualità di cui vantarci. Ci siamo trasformati negli editori e promotori di noi stessi, nella convinzione che i confini fra privato e pubblico vadano abbattuti, che ogni dilettante possa tutto, al pari di un esperto, che la libertà di espressione coincida con l'anarchia nel riportare ciò che ci pare e piace, che così si riesca a controllare il cosiddetto potere. [...]
Risulta difficile comprendere quando ci si trovi di fronte a vere e proprie testimonianze, quando invece a tracce dimenticate lì per caso, noia, narcisismo, senza intenzione di riferire alcunché, bensì per catturare all'amo un altro narcisista con cui imbastire l'ennesima fatua relazione. A contare sono i racconti di una qualche propria individualità, effettiva e fittizia, spesso eterea e instabile, la cui conoscenza diretta e proposizionale diviene vieppiù questionabile26.
La libertà di espressione si confonde con la necessità di essere presenti, partecipare. Z. Bauman sottolinea come in alcuni Paesi (in particolare quelli Orientali) la comunicazione via Web non sia più opzionale ma necessaria, l'unico modo di essere visibili socialmente27. Anche da noi è un modo di essere presenti nella comunità e nella
cerchia di conoscenti molto importante e chi rifiuta di esserci si taglia deliberatamente fuori dal gioco. Che cosa ci spinge a scrivere e condividere? E che cosa e cercare 25 «Non si tratta solo di evitare apologie di reato, istigazioni a delinquere, ingiurie minacce diffamazioni, ma anche di sapere cosa significa fare affermazioni senza ledere l'altrui dignità. Quando tale, la libertà di espressione procede di pari passo con la responsabilità epistemica, il che comporta la capacità di giustificare le proprie affermazioni di fronte ad un interlocutore che domanda “Come fai a saperlo?” o più umilmente “Perché lo credi vero?”. In assenza di questa capacità non si sa fare affermazioni e non si dovrebbe farle», ibidem, p. 114
26 Ibidem, pp. 109-111
risposte in rete o più semplicemente a curiosare? Quando si parla di conoscenza, ha senso ed è possibile parlarne senza che ci sia alcun interesse o attenzione per la verità?