Nell'analisi di questo argomento seguiremo in particolare il pensiero esposto da Pierre Lévy7 ne Il virtuale8. Come abbiamo visto oggi l'insieme delle attività dipende a
monte da quei beni economici estremamente particolari che sono le informazioni e le conoscenze, diventati la principale fonte di produzione di ricchezza. Si potrebbe obiettare che da sempre la conoscenza serve all'uomo per produrre ricchezza: il praticare la propria attività e il proprio mestiere richiede infatti una preparazione e una conoscenza che acquisita nel corso di una vita, viene poi trasmessa ai propri successori. Tuttavia, soprattutto a partire dal secondo dopoguerra e in particolare dopo gli anni Settanta, il rapporto con la conoscenza è radicalmente cambiato, così come sono cambiati i mestieri. Da un lato i mestieri artigianali con una formazione tradizionale (apprendistato e pratica) che sono sopravvissuti all'industrializzazione risentono 4 Ibidem, p. 27
5 Cfr. M. Castells, La nascita della società in rete, Università Bocconi Editore, Milano, 2002 6 Ibidem, p. 35
7 Filosofo francese, allievo di Michel Serres, si occupa per lo più dei problemi legati alle nuove tecnologie e Internet, e alle trasformazioni della società attuale. Fra i suoi lavori ricordiamo Il Virtuale, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1997; Le tecnologie dell'intelligenza, Ombre Corte, Verona, 1992; Intelligenza collettiva, Feltrinelli, Milano, 2006
dell'aggiornamento costante delle tecnologie e dei prodotti, dall'altro sono nati nuovi mestieri, direttamente legati alla gestione dell'informazione e alla ricerca costante come ad esempio l'informatico, il lavoratore nel campo dell'informazione e nella gestione del Web; anche per le vecchie professioni però ( quella medica o ingegneristica ad esempio) il sapere necessario per praticare il proprio mestiere si evolve a ritmi molto più rapidi che in precedenza.
È diventato difficile stabilire quali siano le competenze di base in un certo campo. Nuove tecniche e nuove configurazioni socio economiche possono in ogni momento rimettere in discussione la gerarchia e l'importanza delle conoscenze.
Si è quindi passati dalla messa in pratica di saperi stabili, che costituivano lo sfondo dell'attività, alla formazione permanente, continua navigazione in una conoscenza che ha ormai assunto una posizione di primissimo piano. Il sapere, che un tempo si manteneva sullo sfondo, appare oggi come figura mobile. Propendeva al versante della contemplazione, del durevole, oggi si è fatto oggetto flusso, nutrimento di azioni operative, esso stesso operazione9.
Se nella concezione del lavoro emersa nel corso dell'Ottocento il lavoratore tendeva a vendere soprattutto la sua forza ricevendo in cambio un salario, «oggi il lavoratore tende invece a vendere non più la propria forza lavoro ma la propria competenza, o meglio, la capacità continuamente aggiornata perfezionata di apprendere e innovare che può attualizzarsi in modo imprevedibile e in contesti mutevoli. Alla forza lavoro del salariato tradizionale [...] si sostituisce quindi una competenza, un saper essere e saper diventare […]»10.
Anche il mercato viene modificato, la rete ne consente infatti un'espansione, ma ciò che più conta, ci dice Lévy, è la qualità dei nuovi tipi di mercato, non la quantità; il cyberspazio apre infatti un mercato nuovo «imponente non tanto per la futura ondata di consumi quanto per l'emergere di uno spazio di transazione qualitativamente diverso, in cui i ruoli rispettivi di consumatori, produttori e intermediari vanno trasformandosi profondamente»11. Il mercato on line non conosce distanze, consumo e domanda sono
monitorati e analizzati nei minimi particolari rendendolo trasparente, anche se sarebbe 9 Ibidem, p. 47. Occorre notare come al momento la gestione della formazione permanente si attui in
corsi creati per necessità ma spesso ancora privi di reali contenuti formativi. 10 Ibidem, p. 52
più corretto affermare che è l'utente a diventare trasparente visto che restano impressi e registrati i suoi atti e i suoi passaggi. Da questo punto di vista li cyberspazio è l'ambiente in cui l'atto si trasforma in dato che può essere studiato, utilizzato dal mercato.
I prodotti maggiormente utilizzati sono quelli interattivi, quelli che comportano un intervento attivo dell'utente che diventa quindi produttore dei contenuti, in una coproduzione di beni e servizi. «L'utente finale, munito di computer, modem e software di filtraggio e impiego dei dati, collegato ad altri utenti nelle reti cooperative di scambio di servizi e di informazioni semigratuiti, è sempre meglio attrezzato per raffinare l'informazione. Il "produttore" tradizionale (insegnante, editore, giornalista, produttore di programmi televisivi) lotta quindi per non farsi relegare al ruolo di semplice fornitore di materia prima»12. Domanda ed offerta possono venire direttamente in contatto e Lévy richiama così l'attenzione sul pericolo in cui vengono a trovarsi alcune categorie di professionisti che «rischiano ormai di vedere la loro funzione minacciata e il loro ruolo limitato a quello, parassita, dell'elaborazione dell'informazione (giornalisti, editori, insegnati, medici, avvocati, quadri intermedi) o della transazione (commercianti, banchieri, agenti finanziari vari)»13. I n b a l i a d i q u e s t o f e n o m e n o d i
“disintermediazione”, questi mestieri potranno mantenere allora un ruolo solo «trasferendo le loro competenze nell'organizzazione dell'intelligenza collettiva e nell'aiuto nella navigazione»14. Sul fronte dell'offerta, piuttosto che per i classici
fornitori di contenuti, nel nuovo ambiente economico si riscontra un vantaggio per i fornitori di spazi, i costruttori di comunità virtuali e i venditori di strumenti di transazione e di navigazione.
Lo sfruttamento economico di questi nuovi beni, informazione e conoscenza, rende necessario un cambiamento nei criteri di valutazione del loro valore e l'abbandono dei classici concetti di riferimento del diritto territoriale e del valore di scambio. I nuovi beni potrebbero essere pagati all'erogazione, come per l'acqua e l'elettricità, e il loro prezzo potrebbe essere frutto di una valutazione basata sul valore d'uso, da valutare di volta in volta in base al contesto corrente, dall'ambiente circostante e dalla congiuntura spazio-temporale, da parte di comunità di utenti in mercati liberi, o in Borse
12 Ibidem, p. 56 13 Ibidem, p. 55 14 Ibidem
dell'informazione e delle idee15. Considerata quindi la nuova struttura economica del
virtuale sembra lecito abbandonare i concetti di produzione e di consumo.
Imeccanismi dell'economia del virtuale vanno forse considerati allora come «eventi interni a una sorta di megapsichismo sociale, da parte del soggetto di un'intelligenza collettiva allo stato nascente16. La vita del megapsichicmo è animata da ogni evento,
anche da quelli non registrati in alcuna transazione commerciale; ogni evento diviene così virtualmente produttore di ricchezza sociale perché partecipa dell'intelligenza collettiva e «se ogni atto potesse essere captato, trasmesso, integrato a circuiti di regolazione, rinviato al produttore e partecipasse in tal modo a una migliore informazione della società per quanto riguarda se stessa»17 l'intelligenza collettiva
potrebbe vivere una trasformazione maggiore in senso qualitativo. L'intelligenza collettiva si mostra quindi come una grande opportunità, un'utopia tecno-politica, nelle parole di Lévy, di riuscire a rendere non solo i collettivi, ma anche la società intera, più intelligenti e consapevoli dei propri processi, rendendoli più efficienti18.