• Non ci sono risultati.

CAPITOLO TERZO Le reti sociali dei richiedenti asilo

2. I risultati della ricerca

2.1 Il profilo dei richiedenti asilo intervistat

Il campione è composto da 30 soggetti richiedenti protezione internazionale: 27 uomini e 3 donne. Questa polarizzazione nel gender è facilmente riscontrabile nei dati rilevati dalla media nazionale di presenze maschili e femminili di richiedenti asilo presenti sul territorio nazionale composta da 4.436 uomini e 873 donne (Ministero dell’Interno, 2017).

59

Grafico II – L’età di ego

L’età è suddivisa in tre classi, le più frequentate in maniera pressoché omogenea sono la prima e la seconda (18-22 anni per 13 soggetti; 23-33 anni per 15 soggetti) e poi la terza classe (33-44 anni per 2 soggetti). Questi primi dati ci suggeriscono che la popolazione che richiede asilo politico presente a Livorno fugge dal proprio Paese in giovane età, alcuni di loro ancora minorenni. Questo è dimostrato dalla Tabella 1 (capitolo terzo) che descrive i tempi di partenza dal proprio Paese di origine: se il 30% degli ego è fuggito da 1 a 2 anni fa è possibile che qualcuno appartenente alla prima classe di età (18-22 anni) fosse minorenne alla partenza e in alcuni casi anche nel momento dell’arrivo risalente per il 70% degli ego a 1-2 anni fa. Gli individui intervistati sono 16 di origine anglofona e 15 provenienti da ex-colonie francesi. La parte anglofona del nostro campione proviene dalla Nigeria, dal Gambia e dal Ghana, il resto degli Stati di provenienza rilevati dal questionario sono Mali, Costa d’Avorio, Senegal, Guinea francese, Benin, Burkina Faso, Togo e Camerun. Il campione risulta quindi omogeneo rispetto alla variabile della lingua parlata, mentre in termini di colonizzazione, da cui appunto deriva la lingua ufficiale dei paesi rilevati, è riscontrabile un numero di ex- colonie francesi nettamente superiore a quelle inglesi; queste ultime, seppur meno presenti nel continente africano, rivelano, in questa ricerca, una migrazione numericamente pari alla parte francofona.

60

Grafico III – Il grado di istruzione nei paesi di origine di ego

Il livello di istruzione nel Paese di origine risulta basso per 12 soggetti (terza classe), medio per 16 soggetti (seconda classe) e alto per 2 persone (prima classe). È difficile la comparazione dei gradi di istruzione scolastica tra due continenti così diversi come l’Africa e l’Europa. Non ci sono, inoltre, convenzioni internazionali che regolano questo settore, quindi spesso ci troviamo in presenza di persone con un’istruzione secondaria superiore o laureati a cui non viene riconosciuto nessun titolo di studio, anche una volta raggiunta un’adeguata conoscenza della lingua italiana. Il non riconoscimento della formazione scolastica una volta raggiunta l’Europa si allinea con la scarsa valutazione delle competenze per accedere a eventuali situazioni lavorative. Ad esempio, una delle persone appartenenti alla prima classe – livello alto di istruzione – è in possesso di una laurea e nel proprio Paese era professore di biologia, mentre adesso in Italia è operaio in una catena di montaggio. La terza classe risulta la più frequentata tra i partecipanti a questo studio e rispecchia la condizione scolastica tipica dei Paesi in via di sviluppo, nei quali il divario tra le classi sociali è così evidente da non permettere alle fasce più povere di accedere all’istruzione e a condizioni socio- economiche tali da migliorare il proprio futuro nel continente africano, accrescendo così, dentro questa classe, la volontà di emigrare per raggiungere un benessere migliore in Europa.

61

Grafico IV – Il livello di conoscenza della lingua italiana di ego

Il livello di apprendimento della lingua italiana è diviso in 3 classi: basso per 11 soggetti (classe 3), medio per 15 persone (classe 2) e alto per 4 individui (classe 1). Per quanto riguarda il livello di apprendimento della lingua italiana risulta legato alla frequenza dei corsi di italiano messi a disposizione dal sistema di accoglienza, dal tempo di permanenza nel Paese di arrivo e dal grado di coinvolgimento nei percorsi di inclusione sociale. Tra gli intervistati solo 4 hanno raggiunto un livello di italiano comparabile al livello B1 (alto) che permette allo studente di capire testi scritti di attualità, descrivere avvenimenti ed emozioni, collegare le espressioni e motivare i propri sogni e progetti, nonché narrare trame di film e libri con opinioni proprie; 15 individui hanno raggiunto un livello di italiano A1 (medio) che consente loro di esprimersi in maniera semplice su questioni familiari e conosciute, mentre per i restanti 11 il livello A2 (basso) è costituito da un linguaggio basilare della lingua italiana, poco inferiore al livello A1. La metà degli intervistati, quindi, è stata in grado di rispondere alle domande del questionario in maniera autonoma e in lingua italiana, seppur con qualche difficoltà soprattutto nel momento dell’intervista che ha previsto risposte più articolate.

62

Grafico V – La condizione lavorativa di ego

Rispetto alla condizione lavorativa, tra i partecipanti della ricerca è predominante la mancanza di un’occupazione. Le ragioni sono da imputare a condizioni di vita precarie che non permettono l’accesso al mondo del lavoro, tra questela più eclatante è l’incertezza sul proprio status giuridico, per cui un datore di lavoro non si prende l’impegno di assumere personale senza la sicurezza che questo possa rimanere in Italia. Inoltre, il gap della lingua spesso non facilita i colloqui di lavoro, limitando le opportunità per i richiedenti asilo a lavori poco retribuiti e modesti. Indicativa è la condizione lavorativa dei 5 soggetti occupati, i quali svolgono mansioni a tempo determinato che offrono piccoli spazi di autonomia economica all’interno dei sistemi di accoglienza: un aiuto cuoco nella mensa del centro, un addetto alle pulizie, un tutor dei corsi di alfabetizzazione e un sarto. Singolare è il caso dell’operaio la cui mansione si inserisce in un contesto lavorativo esterno al sistema di accoglienza e remunerato quanto basta a garantire al soggetto una vita autonoma fuori dai centri. Di fatto, quando la retribuzione supera il limite di corresponsione economica consentito dalla normativa in materia di accoglienza, che equivale a 5.000,00euro lordi annuali, il richiedente asilo è tenuto a uscire dal programma pur mantenendo il proprio status giuridico e le tutele a esso legate. Anche le reti sociali di ego sono un ottimo spunto di riflessione rispetto alla correlazione tra la variabile del lavoro e la grandezza della propria rete sociale di cui parleremo in seguito. La maggioranza degli intervistati, ossia 28 soggetti, sono giunti in Italia da soli, senza familiari, mentre

63 solo 2 hanno trovato in Italia alcuni parenti, è il caso di un ragazzo con un cugino a Livorno e un altro con zii e cugini ad Ancona. Proprio il ragazzo con il cugino residente nella stessa città di arrivo è riuscito a trovare un buon lavoro che gli permette una vita autonoma. Questo dimostra quanto la rete familiare sia da considerarsi capitale sociale fondamentale per l’accesso a risorse, altrimenti irraggiungibili.

Tabella 1 – La tempistica relativa alla partenza e all’arrivo di ego

Da 1 a 6 mesi Da 6 mesi a 12 mesi Da 1 sino a 2 anni Oltre 2 anni

Partenza da casa 0% 7% 30% 63%

Arrivo in Italia 10% 20% 70% -

Secondo lo schema della Tabella 1, la comparazione delle due percentuali, ciascuna per ogni classe di tempo, intende dimostrare la durata eccessiva di questo tipo di migrazione dovuta alle precarie condizioni di viaggio che gli ego sono costretti a sopportare per raggiungere le coste italiane. Un viaggio che comprende il tragitto nel deserto, il soggiorno in Libia per accumulare il denaro necessario alla traversata e il viaggio sul barcone. Se il 10% degli intervistati è arrivato in Italia nel primo lasso di tempo considerato (1-6 mesi) e nessuno è partito nel solito periodo ciò dimostra che almeno il 7% degli intervistati è partito almeno da 6 mesi (fino a 1 anno prima) e l’altro 3% nei lassi di tempo antecedenti. Lo stesso vale per il range successivo (6-12 mesi), entro il quale è partito il 7% degli intervistati ed è arrivato il 20%. Ciò significa che il 13% è arrivato nel range antecedente e così via. Si ipotizza che la durata del viaggio stia dentro la classe (6-12 mesi) quando basterebbero canali umanitari e qualche ora di aeroplano per giungere in Italia in tutta sicurezza, senza soffrire e rischiare di morire. Un altro dato significativo è la traversata nel Mediterraneo senza l’ausilio di dispositivi digitali e quindi in assenza di strumenti per richieste di salvataggio in mare aperto che spesso risultano essere una vera e propria fonte di salvezza di vite umane. Sistemi di allerta e localizzazione tramite GPS aiutano e facilitano il lavoro della Guardia Costiera e delle ONG. Coloro che riescono a raggiungere le nostre coste, dopo una prima identificazione e medicalizzazione, vengono trasferiti nei comuni italiani che aderiscono ai programmi di accoglienza in accordo con le prefetture locali che a loro volta ne affidano la gestione ad associazioni e cooperative. Le “realtà territoriali” che si aggiudicano il bando di gara per la gestione dei migranti prevedono attività di inclusione sociale e culturale per una migliore integrazione dei richiedenti asilo nel contesto locale; a Livorno 28 intervistati partecipano ad attività di inclusione sociale.

64

Tabella 2 – Le attività di inclusione sociale svolte da ego

TIPO DI ATTIVITÀ Numero adesioni

Teatro e danza – Arci/Atelier delle arti 10

Volontariato – SVS ambulanze 5

Volontariato – Caritas 5

Volontariato – Arci 4

Volontariato – Croce Azzurra 3

Volontariato – Centro mondialità 2 Volontariato – Comunità di S. Egidio 2

Ciclofficina – Arci 3

Attaccabottone – Opera Trinitaria 2

Servizio Civile 4

I soggetti che svolgono le attività elencate in Tabella 2 sono 28 per un totale di 10 attività messe in campo dal sistema di accoglienza. Ciascuno dei 28 soggetti svolge più di un’attività tra quelle presenti e proposte dal territorio, ciò è indicatore di buone prassi e ottimi risultati conseguiti dalle realtà sociali nell’ambito dell’inclusione e dei percorsi di integrazione tra la comunità migrante e la comunità locale. La partecipazione del richiedente asilo a questo tipo di progettualità sociale è non soltanto un modello di integrazione, ma uno strumento utile per il conseguimento dello status di rifugiato in sede di valutazione delle richieste di asilo da parte delle commissioni territoriali. Lo svolgimento di attività condivise con la popolazione locale permette la conoscenza reciproca, la nascita di nuove relazioni e la possibilità di acquisizione di mezzi e competenze per migliorare la propria vita. Uscire fuori dal proprio contesto, che sia il centro di accoglienza o la propria comunità etnica, accresce l’ammontare del capitale sociale da cui attingere per migliorare la propria vita. Il gruppo in esame, seppur ristretto, è attivo socialmente e questo lo rende meno isolato dal contesto cittadino. Rendersi utile con le azioni di volontariato, partecipare ad attività ricreative e mettere a disposizione della comunità il proprio tempo e le proprie abilità riesce a promuovere forme di benessere personale e sociale pur nella difficoltà di una vita in salita. La costruzione di reti sociali non avviene solamente con la partecipazione a percorsi e progetti di integrazione. Ciò che viene preso in esame da questa tesi è la capacità delle nuove tecnologie di fornire ai richiedenti asilo strumenti di socializzazione volti al miglioramento del proprio benessere. Tutti gli intervistati possiedono uno smartphone e quindi sono potenzialmente in grado di costruire reti attraverso questo

65 dispositivo. L’acquisto del telefono portatile avviene con l’accumulo di quote di pocket money pari a 2,50 euro al giorno per ogni soggetto richiedente asilo. Solitamente, questa cifra viene somministrata a cadenza settimanale dall’ente gestore, così che il ricevente ha la possibilità di risparmiare il denaro necessario all’acquisto del telefono nel giro di pochi mesi. Come evidenziato in precedenza, nessuno tra gli ego è arrivato in Italia con il telefono; il grafico seguente è utile per mostrare i mesi dell’anno nei quali è stato acquistato lo smartphone.

Grafico VI – Tempistica dell’acquisto degli smartphone con i pocket money

I mesi di settembre e ottobre risultano i momenti di maggior acquisto. Questo dato è rilevante perché, se il periodo estivo è il momento più intenso per gli sbarchi, il tempo che intercorre tra l’arrivo e l’acquisto ha permesso ai richiedenti asilo di accumulare la cifra necessaria per l’acquisto del telefono. Solitamente, durante i primi mesi non è facile comunicare via telefono perché non si hanno le risorse per comprarlo e quindi si cerca aiuto da chi lo ha già acquistato perché si trova in Italia da più tempo. L’intervento dei pocket money sull’acquisto della telefonia mobile è assolutamente fondamentale e risolutivo per l’avvio della relazione on line con i propri cari. La maggioranza degli intervistati (26 soggetti) dice di aver acquistato il telefono con questo metodo, gli altri (4) di averlo ricevuto in regalo. Il telefono portatile risulta uno tra i primi oggetti di consumo acquistati in Italia ed è percepito come un bene di prima necessità che consente di contattare le famiglie, anche dopo mesi di silenzio, e di cominciare la costruzione di una rete di contatti utili alla propria vita affettiva e materiale. Lo smartphone è un oggetto multifunzionale che

66 permette l’installazione di applicazioni per una comunicazione immediata e semplice. Il tipo di relazione che si instaura con questi mezzi digitali può essere individuale e collettivo. L’applicazione più usata è il sistema di messaggistica istantanea denominato WhatsApp ed è utilizzata dalla totalità degli intervistati. La sua specificità è quella di poter creare chat di gruppo tematiche dove ha luogo lo scambio di messaggi, foto e video.

Grafico VII - Quantità dei gruppi WhatsApp distribuiti in % tra gli ego

I gruppi WhatsApp emersi da questa indagine sono 28. Il Grafico VII dimostra che la maggior parte degli intervistati partecipa almeno a un gruppo sino a un massimo di sette. La relazione che nasce e cresce all’interno dei gruppi virtuali presuppone una volontà di costruzione di reti sociali che il sistema di messaggistica è in grado di fornire in maniera automatica e che, con il tempo, si rivela uno strumento valido per la costruzione di reti sociali sia virtuali che reali. Se nella distanza geografica il social group resta virtuale, sui territori questo tipo di gruppi rafforza le relazioni e l’integrazione sociale.

67

Grafico VIII – Sei tu l’amministratore del gruppo WhatsApp?

Nel 91% dei casi l’amministratore del gruppo WhatsApp, ovvero colui lo crea e ha l’opportunità di inserire nuovi contatti, non risulta essere il soggetto intervistato. Questo dimostra la capacità della rete di intessere relazioni in maniera diffusa e capillare, solo attraverso un contatto telefonico che a volte può rilevarsi generatore di reti ben più estese e utili alla vita di ciascuno dei partecipanti.

68

Grafico IX – Chi amministra i gruppi WhatsApp?

L’amministratore del gruppo è un amico nel 56% dei casi, un conoscente per il 30% dei gruppi, un familiare per il 9% e uno sconosciuto per il restante 5%. Questo genere di distribuzione dimostra l’importanza primaria della rete amicale, seguita da una rete sociale di conoscenze che consente agli intervistati attraverso il passaparola di partecipare a gruppi all’interno dei quali il legame originario non è l’amicizia, ma la necessità di conoscere la propria condizione di vita attraverso gli altri, valorizzando così il cluster di appartenenza. Le reti create e amministrate da familiari sono pari al 9%, a mostrare la presenza del divario digitale tra coloro che, arrivati in Europa, hanno un effettivo accesso alle tecnologie dell’informazione e coloro che ne sono esclusi, come i familiari dei richiedenti asilo rimasti in Africa. L’arrivo nel continente europeo da parte delle nuove generazioni comporta un trasferimento delle abilità e delle competenze apprese in Europa verso le regioni africane e la realtà dei villaggi che, nonostante la carenza di infrastrutture, si avvicinano alla tecnologia, spinti, prima di tutto, da bisogni affettivi.

69

Grafico X - Il tempo trascorso su WhatsApp da ego

Il tempo trascorso su WhatsApp riguarda sia chat di tipo individuale sia chat di gruppo e in linea generale indica il tempo della condivisione, dello scambio affettivo, del bisogno materiale e della ricerca di sostegno, ossia tutto ciò che attiene a forme di capitale sociale utili al miglioramento delle condizioni di ego. Il 70% degli intervistati trascorre sui gruppi WhatsApp un tempo che varia da 5 a 30 minuti al giorno, il 18% da 30 minuti a un’ora e il restante 12% oltre un’ora al giorno. Il tempo trascorso all’interno dei gruppi è direttamente proporzionale al numero dei gruppi. Coloro che partecipano a più gruppi contemporaneamente impiegano sulle chat un tempo maggiore necessario alla tenuta della relazione in più direzioni.

70

Grafico XI – Gli argomenti delle chat all’interno dei gruppi WhatsApp di ego

Il Grafico XI mostra le quattro macro aree tematiche nelle quali sono stati racchiusi i gruppi WhatsApp emersi dalla ricerca. Per l’analisi dei dati ho raggruppato gli argomenti in aree di interesse. I gruppi WhatsApp con maggiore partecipazione risultano quelli dedicati a progetti di inclusione sociale, allo sport e al tempo libero; questa tipologia di gruppi si distingue dagli altri per la composizione dei suoi partecipanti frutto dell’interazione, soprattutto, con la popolazione locale. I cluster di richiedenti asilo che parlano tra loro per trovare soluzioni comuni lasciano spazio alla relazione con l’esterno composto da amici e operatori sociali incontrati sul territorio italiano; una piccola dimostrazione della volontà di conoscenza e capacità di integrazione da entrambe le parti, sostenuta e favorita da percorsi di inclusione reali. La condivisione dello spazio e del tempo sui territori, attraverso attività di volontariato, sport e attività ricreative, include la nascita di rapporti di amicizia e relazioni innovative che oltrepassano l’ambito specifico per cui sono state create, generando un esempio virtuoso di realtà sociali multiculturali effettive e virtuali in grado di sfruttare le potenzialità del progresso tecnologico per migliorare il sistema dell’accoglienza. Al secondo posto troviamo i gruppi familiari, religiosi e concernenti l’attività politica. Un’area di interesse variegata che ha come caratteristica comune quella di essere composta esclusivamente da persone provenienti dalle aree geografiche di provenienza dei partecipanti mettendo in comunicazione i villaggi con i migranti disseminati in Europa e nel resto del mondo. Pur con le legittime differenze,

71 i tre argomenti trattati in questo genere di gruppi sono legati tra loro da una radice comune, l’appartenenza affettiva e culturale a usanze, riti, costumi, fede politica e religiosa delle proprie terre d’origine e dalla ferrea volontà di mantenere vivi i rapporti e attiva la partecipazione alle attività intercontinentali. Le nuove tecnologie, in questo caso, dimostrano la crucialità della loro funzione di strumento ponte nel quale si riversano le necessità primarie della famiglia e del villaggio d’origine legate al tema delle rimesse indispensabili alla vita nei Paesi di provenienza e ai bisogni affettivi necessari all’equilibrio psicologico minato dal distacco e dalla lontananza. Il legame con la religione, ad esempio, non emerge solo nei gruppi riservati alla fede, ma è trasversale a molte tipologie di gruppi, soprattutto a quelle che racchiudono cluster omogenei in tal senso e dove la fede è portavoce della speranza di una vita migliore. Nei gruppi si trasmettono modelli di comportamento utili alla vita in Italia e vengono ricordate le pratiche obbligatorie per essere buoni musulmani. I gruppi religiosi servono per praticare in maniera condivisa la preghiera e cercare conforto. L’abbandono, in molti casi, della scuola coranica nel Paese di origine trasforma questi gruppi in vere e proprie scuole on line che trasmettono gli strumenti di conoscenza per continuare ad apprendere ciò che si è interrotto e per non disperdere le proprie abitudini religiose. La partecipazione ai gruppi religiosi è scandita dal tempo della preghiera, almeno cinque volte al giorno. WhatsApp, nuovamente, mescola la tradizione del messaggio con la contemporaneità del mezzo, rendendosi strumento necessario e indispensabile per la vita interiore dei richiedenti asilo. Al terzo posto della nostra classifica, i gruppi che dedicati alla vita del richiedente asilo in Europa dove si affrontano le problematiche strettamente legate alla condizione giuridica dei richiedenti asilo: i permessi di soggiorno, le commissioni territoriali, la vita all’interno delle strutture di accoglienza. Le chat diventano uno strumento di comunicazione privilegiato e informale dove raccogliere e trasmettere informazioni pratiche. I partecipanti a questi gruppi sono fortemente motivati a conoscere il sistema giuridico e burocratico del Paese ospitante per l’ottenimento del permesso di soggiorno e dello status di rifugiato e poter così uscire da una condizione di vita di costante attesa. Le chat sono, inoltre, orientate al passaggio di informazioni sulla vita nei centri di accoglienza disseminati in tutto il Paese, le discussioni sono incentrate sulla comparazione tra le proprie condizioni di vita e ciò che avviene in altre città o addirittura tra le strutture dello stesso territorio in una sorta di slalom tra notizie, comunicazioni, regolamenti ed esperienze personali. In