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SECONDO CAPITOLO

4. Lo smartphone tra le mani di un richiedente asilo

Il termine smartphone deriva da smart che significa intelligente e phone che significa telefono. Lo smartphone è nei fatti considerato un telefono intelligente. La storia degli smartphone inizia negli anni Novanta. Nello stesso decennio nasce l’approccio teorico verso i flussi migratori denominato transnazionalismo e la metodologia di ricerca basata sull’analisi delle reti sociali che prende il nome di Social Network Analysis. Tre percorsi che si intrecciano, nati e cresciuti nella modernità dell’informazionalismo dove le popolazioni si spostano al ritmo della tecnologia e producono il capitale sociale alla base dell’analisi delle reti. L’integrazione di testi, immagini e suoni inseriti nel dispositivo digitale mobile e in una rete globale di informazioni e comunicazione libera e versatile produce e plasma la cultura. Una cultura mediata e mediatizzata capace di innescare un comportamento sociale di massa. Secondo il rapporto dell’agenzia creativa internazionale We are

Social metà della popolazione mondiale usa Internet attraverso lo smartphone. Quasi due abitanti su

tre possiedono un telefono cellulare e d’altronde più della metà del traffico web è generato proprio dai dispositivi mobili. Più che mobile first, ormai il mondo connesso sembra mobile standard. Su 7,4 miliardi di esseri umani 3,7 hanno accesso alla rete – nonostante i rapporti sul digital divide segnalino ancora tante difficoltà – e, dato eclatante, 2,7 miliardi di questi sono utenti attivi di una qualche piattaforma social. Quasi tutti, 2,5 miliardi, chattano e postano da telefono. Se l’Africa è la macroregione con la minor penetrazione di Internet (29%), in Italia, su quasi 60 milioni di abitanti, oltre 39 usano Internet. Il 51% usa le chat, il 61% guarda video, il 36% gioca con i virtual games a disposizione sugli app store, il 25% consulta il conto in banca e il 41% utilizza le mappe per muoversi e guidare (Cosimi, 2017). La proliferazione di telefonate internazionali a basso costo e la possibilità per milioni di telefoni di connettersi simultaneamente facilita i processi di globalizzazione. In questo gli anni Novanta sono stati il trampolino di lancio di una vera e propria rivoluzione tecnologica a prezzi “stracciati” che ha consentito alle non-élite di trarne dei vantaggi. Non è un caso che la diaspora dei richiedenti asilo trae vantaggio proprio dall’utilizzo delle piattaforme digitali in quanto strumento di comunicazione accessibile economicamente e di immediata fruibilità. La diaspora digitale consente a intere comunità di persone provenienti dallo stesso Paese di condividere attraverso il web un background culturale comune, una serie di simboli e la stessa storia. Tra il 1985 e il 1995 il mondo ha raddoppiato il numero di chiamate internazionali (Guillén, 2001: 235-260). L’impatto delle nuove tecnologie, e in special modo delle chiamate low- cost, ha un forte riverbero sulle comunità transnazionali e un’influenza notevole sui rapporti affettivi con le famiglie d’origine. Cambiare in maniera così virtuosa i rapporti familiari comporta

42 due tipi di conseguenze che riguardano la vita domestica e sociale della comunità migrante, una che abbraccia il contesto di partenza e l’altra rivolta verso il contesto di arrivo. Nei riguardi del contesto iniziale, la possibilità del migrante di mantenere i propri rapporti affettivi attraverso il contatto telefonico riesce, in parte, a sopperire al senso di smarrimento e a colmare la distanza. Nel contesto di arrivo, invece, la creazione di nuove socialità accresce l’autostima e il senso di appartenenza alla nuova comunità. Sentirsi nuovamente parte di qualcosa, dopo aver subito uno sradicamento dalla propria terra, è una sorta di rinascita identitaria che caratterizza la doppia vita del migrante che acquisisce la capacità di agire in situazioni multilivello come un vero e proprio cittadino globale. Le comunicazioni realizzate con le chiamate telefoniche a basso costo sono una sorta di collante sociale che connette piccole formazioni della scala sociale intorno al globo (Vertovec, 2004: 220). La maggior parte delle chiamate low-cost sono effettuate con carte prepagate, ciascuna con un proprio mercato a seconda del gruppo etnico a cui sono rivolte. Oggi, ad esempio, la compagnia telefonica LycaMobile è la più utilizzata dai richiedenti asilo una volta approdati in Italia perché consente di realizzare collegamenti internazionali, praticamente in maniera gratuita, a patto di chiamare i numeri della stessa compagnia. Questo tipo di vantaggio, tutto a favore degli interessi della compagnia telefonica, crea un mondo di individui che comunica tramite LycaMobile. Da questo studio emerge che dopo qualche mese dall’ingresso in Italia i migranti cambiano operatore telefonico, perché cambiano gli interlocutori e le esigenze di comunicazione. Questo significa che i destinatari delle chiamate non sono più solo richiedenti asilo salutati a Lampedusa e sparsi sul territorio nazionale, ma anche persone locali che utilizzano altre compagnia telefoniche. Intanto, i gestori della telefonia mobile hanno calibrato le loro offerte sulle necessità dei nuovi flussi migratori e delle loro nazionalità. Un indotto economico importante influenzato e favorito dalle reti migratorie. La comunicazione on line favorita dall’uso delle applicazioni digitali per le sue caratteristiche di economicità, semplicità e velocità è in grado di soddisfare quel senso di collettività a cui le migrazioni pre-globalizzazione avevano dovuto rinunciare. Le infrastrutture della comunicazione tecnologica non sono più patrimonio delle nazioni più ricche, ma di miliardi di persone. Lo smartphone nelle mani di un richiedente asilo è una forma di connessione transnazionale virale e suggestiva. Lo smartphone è tra i primi oggetti acquistati con i soldi del

pocket money, cifra elargita dal sistema di accoglienza nazionale a ciascun richiedente protezione

internazionale e pari a 2,50 euro al giorno (Grafico VI, capitolo terzo). Questa cifra accumulata di settimana in settimana consente l’acquisizione del telefono dopo qualche mese dall’arrivo in Italia, ossia appena si è raggiunta la cifra necessaria all’acquisto. Dal momento che si possiede un telefono proprio iniziano relazioni individuali, chat di gruppo, invio di messaggi vocali, video chiamate e condivisione di foto. Questa dinamica sociale e digitalizzata raggiunge il Terzo Mondo, ogni giorno

43 migliaia di persone in Europa e in Africa approfittano delle nuove tecnologie per comunicare tra loro e i villaggi africani diventano luoghi di trasformazione tecnologica volti alla sopravvivenza e al mantenimento dei rapporti a distanza. Si creano famiglie virtuali. La rete migratoria si muove verso Occidente attraverso la creazione di un itinerario digitale. I media rappresentano il tessuto simbolico delle nostre vite e tendono a influire sulla coscienza e sul comportamento umano alla stregua di quanto l’esperienza reale interviene sui sogni. I media sono espressione della nostra cultura e la nostra cultura funziona principalmente attraverso i materiali forniti dai media (Castells, 2014: 390). L’essere umano ha creato ciò che gli serve, che è utile ed efficace alla sua rappresentazione. Dalla comunicazione di massa siamo passati alla frammentazione e individualizzazione dei media, tipici del capitalismo tecnologico, della società dell’informazione e della CDC, la comunicazione mediata dal computer. Gli studi sulla CDC individuano nel rapporto individuo-computer una relazione creativa agevolata dal computer, così, per mezzo della Rete lo strumento tecnologico si trasforma in uno spazio di comunicazione. La comunicazione mediata dal computer appare più disinibita perché la relazione è maggiormente influenzata dall’elemento meccanico che dal contesto sociale circostante formato da persone in carne e ossa e da ostacoli di tipo socio-economico, politico, demografico. La relazione mediata dal computer può decontestualizzare il rapporto, perché lo spazio di comunicazione che si crea è nuovo ed è forgiato più sulla relazione tra gli individui che dal contesto sociale a cui appartengono. Questa intermediazione senza freni inibitori creata dal contesto tecnologico non ha un effetto di pura veridicità delle relazioni, anzi, spesso, perdendosi il contatto umano, le relazioni sono falsate dal mezzo che viene utilizzato. Gli effetti della mediazione tecnologica sulle relazioni resta, comunque, la cronaca quotidiana del III millennio, per la capacità tecnica dello strumento digitale di raggiungerci in ogni luogo della terra. Il flusso della comunicazione non è più a senso unico, oggi a essere visualizzate sullo schermo sono le nostre vite. Gli utenti non sono più consumatori passivi, ma essi stessi produttori, creano cultura e socialità dando forma e contenuto alla Rete. Nascono comunità virtuali intorno a valori e interessi condivisi. La condivisione in Rete raggiunge un alto grado di socialità. Si creano numerosi gruppi on line per soddisfare bisogni affettivi, sociali, economici, politici e religiosi. Lo smartphone diventa oggetto transazionale, in quanto elemento attivo dell’interazione sociale e mezzo di produzione di attività transnazionali. “Trans” è un prefisso che indica attraversamento, passaggio da un luogo all’altro per sottolineare il legame che unisce le vite mobili delle tecnologie e dei richiedenti asilo. Gli smartphone sono uno strumento fondamentale all’interno della diaspora dei richiedenti asilo.

44 Confronted with war, persecution and poverty, the migrants are well aware the people are living far better in a not too distant place, and that their smartphones and social networks can help guide them there (Bennhold, 2015: 1).

La mobilità e la portabilità dello smartphone creano un senso di perenne comunicazione e connessione multi sensoriale e multi funzionale in grado di appagare bisogni e guarire malesseri causati dalla distanza geografica, affettiva e dallo spaesamento della migrazione. Lo smartphone è comunicativo, multimediale, portatile, narrativo. I social network, le applicazioni, le mappe on line, la messaggistica istantanea, i siti per le traduzioni, i money transfer via cavo, le postazioni per caricare i telefoni e i punti wi-fi hanno dato vita a nuove infrastrutture per gli spostamenti, fondamentali quanto le vie di comunicazione stradali e ferroviarie. In un reportage francese, un giovane siriano che si trova sull’isola greca di Kos dichiara alla stampa:

Our phones and power banks are more important for our journey than anything, even more important than food. “Clothes and food can be purchased relatively cheaply, and even cash can be electronically transferred, but a smartphone is crucial (Gillespie, Ampofo, Cheesman, Faith, Iliadou, Issa, Osserain, Skleparis, 2016).

Per il migrante comunicare con i nuovi media significa colmare l’assenza, la distanza dalla propria casa e dai propri affetti e abbattere i confini attraversati per giungere fino a destinazione. Lo smartphone, nella sua funzione di oggetto transazionale, diventa il contenitore della casa lasciata a migliaia di chilometri di distanza, una sorta di “scenografia portatile” da tirare fuori nei momenti di sconforto, disperazione e spaesamento, come descrive Tiziano Bonini (intervista “Melting Pot”, 2008), ricercatore alla IULM di Milano. Il telefono portatile crea uno spazio di aggiustamento

tecnologico capace di stabilire un network di comunicazione per la salvaguardia della propria esistenza e per affrontare la propria insicurezza politica e giuridica (Harney, 2013). Nella sua ricerca, Harney esamina l’uso dei telefoni cellulari tra migranti nella città di Napoli per comprendere in che modo i meccanismi della mediazione tecnologica possano mitigare o risolvere le incertezze della giornata lavorativa attraversata dalla precarietà, da contratti di lavoro flessibili e temporanei e circondata da una parte dalle politiche restrittive di sorveglianza e controllo e dall’altra dalla tecnologia dell’informazione (ICT), a favore dello scambio della conoscenza. Da questa ricerca emerge la contraddizione dell’era tecnologica che aiuta, sorveglia, risolve e controlla.

45 Niente in Italia è facile, eccetto ricaricare il tuo telefono con carta prepagata in ogni negozio di tabacchi. Tutti noi abbiamo bisogno di un telefono per sopravvivere. Avere una linea fissa è un problema perché siamo sempre fuori a lavorare e l’Ufficio immigrazione è ancora disorganizzato. Almeno questa volta le mie mani non sono coperte da inchiostro blu! (Harney, 2013: 546).

Il dispositivo digitale è un mezzo fisico, ma anche un oggetto simbolico e culturale (Thompson, 2009: 359-380) che serve a mediare le incertezze della vita del migrante. Tecnologia e società si costituiscono reciprocamente (Latour, 2004: 205-229). La conoscenza e l’utilizzo delle nuove tecnologie consente ai richiedenti asilo, solitamente relegati ai margini della vita sociale,

un’esistenza di vita più sicura sotto molti punti di vista, materiali e non, permettendo loro di creare spazi di individualità cruciali per il mantenimento delle relazioni affettive e sociali. Il telefono portatile rappresenta la forma di comunicazione più importante nella vita dei soggetti svantaggiati da un punto di vista sociale ed economico perché ha la capacità di entrare nelle pratiche di vita e nelle identità culturali dei migranti. Le opportunità a disposizione dei richiedenti asilo sono così limitate che avere tra le mani uno strumento capace di costruire relazioni e mantenere il senso di comunità con gli altri gioca un ruolo determinante. Lo smartphone diventa simbolo sociale di interazione e rappresentanza. Un oggetto materiale dall’alto valore culturale per le funzioni che riesce a svolgere all’interno della comunità e delle reti migratorie. Le nuove tecnologie riescono a sostenere sia processi culturali in cui si generano significati sia processi sociali che creano relazioni e scambi. Prima le comunità si definivano per la vicinanza materiale, oggi la collocazione spaziale ha perso la priorità e la comunità è il frutto della comunicazione. Si entra a far parte di una comunità anche solo immaginando di farne parte. La costruzione della comunità attraverso simboli, codici, opinioni e credenze genera un’idea di nazione in quanto prodotto di processi culturali e processi di creazione di un immaginario comune e di memorie condivise che si avvalgono della tecnologia per la diffusione delle loro prerogative (Anderson, 2006). Le comunità dell’era tecnologica vanno oltre i confini, le appartenenze e le categorie. Il senso di comunità regola le reti sociali, si decide di interagire perché si condivide un’idea, un principio, un valore. Le conversazioni in chat dei richiedenti asilo sono di vario genere: da banali conversazioni della vita quotidiana alla ricerca del lavoro o di consigli e informazioni per ottenere, più velocemente, lo status di rifugiato sino al compimento delle pratiche religiose. I messaggi vocali aiutano i migranti analfabeti a sviluppare competenze linguistiche.

Con Facebook sono riusciti a mantenere connessioni familiari transnazionali e con i messaggi di testo stabilire reti di sopravvivenza in Italia (Harney, 2013: 547).

46 Il focus sui gruppi WhatsApp realizzato a Livorno nel 2017 attraverso questo studio rivela l’importanza delle chat per l’apprendimento della lingua italiana.

Mi piace chiacchierare nel gruppo. I messaggi che voi mandate mi servono per imparare a leggere e scrivere bene in italiano (intervista n. 6, 2017).

I learn to SMS last few months, and I’m enjoying doing that. It’s good for my English, to write and see whichword is right and which is not right. I’m getting proficient (Leung, Finney Lamb, Emrys, 2009: 27).

Nella ricerca napoletana del 2013 le testimonianze sull’uso delle nuove tecnologie da parte dei richiedenti asilo esprimono il bisogno di socialità e di connessione con i propri affetti, esattamente come emerge dalla ricerca livornese, a distanza di soli 4 anni. La testimonianza di un richiedente asilo napoletano riflette a pieno i benefici ottenuti dall’utilizzo delle nuove tecnologie.

Today a lot has changed, for the new generation of migrants. Thanks to technology, connecting to distant family is so much easier. As for me, I arrived from Mali in Italy by airplane in 2006. When I was in my country, I was a head teacher. I lived in villages where connection to the internet was not possible. The only technology I used to communicate with was a mobile phone, even though coverage in the zones where I taught was meagre and the line interrupted frequently. To use new technologies like the internet, it was necessary to go to a large town. So access to these tools required a lot of movement. To get a basic education in new technologies, I was compelled to use my vacation time. I remember the first time that I needed to scan images to load them on the internet, in 1999, I had to go outside my district because we had no cyber cafe. When I arrived in Europe, I had no mobile and I used a telephone booth to call a compatriot of mine on his mobile to track him down. I bought a mobile when I could and with this, today, I communicate with family and friends in Mali without needing to write letters. I now use the internet daily for work, since I work in an office as a social broker to help new migrants and we use the internet to communicate between us for research information. Thanks to the web I follow all the news, the politics of my country, soccer, and cinema from my Mali. I contact friends that I knew in Italy thanks to the social network, like Facebook. I am registered to search engines for work opportunities. Thanks to Western Union or similar systems it is possible to send off in a few minutes money to resolve any economic problem at home in real time. For example, the other day I went on YouTube and I listened to some music from my Mali. I felt like I was at home, with my sounds, with my rhythms. It made me happy. When the older migrants left they were really isolated. Today, I can hear my father’s voice on the telephone, see children through on-line video, and chat with a distant friend. It shortens the distances and makes me feel less lonely (Harney, 2013: 552).

I nuovi media rispondono a dei bisogni specifici in un momento della vita in cui la sofferenza e le difficoltà sono così dirompenti da imporsi sul resto e uno dei pochi mezzi capaci di lenire questo dolore e questa attesa è ciò che lo smartphone riesce a veicolare: una voce lontana, una foto, un ricordo, una notizia. Nella storia di due donne afghane scappate in Australia l’uso del mezzo

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tecnologico rappresenta un traguardo di libertà. In Afghanistan non avevano la possibilità di accedere a nessun tipo di comunicazione, se non mediata dalla famiglia, mentre gli uomini potevano camminare per la città con un telefono satellitare. Arrivate in Australia il libero accesso alle nuove tecnologie ha favorito un’uguaglianza delle opportunità, così hanno imparato a guidare la macchina, a scrivere una lettera e a cercare informazioni (Leung, Finney Lamb, Emrys, 2009: 28).

L’apprendimento dei nuovi sistemi tecnologici, dal telefono al computer al download delle applicazioni, avviene, solitamente, una volta raggiunta l’Europa, soprattutto per le popolazioni provenienti dall’Africa Subsahariana, dove il divario digitale con il resto del mondo è ancora importante. Nel continente africano sono molteplici i fattori che rendono difficile l’accesso alla telefonia mobile. Si accavallano motivazioni economiche, carenze infrastrutturali e il senso di prossimità, tipico della cultura del villaggio-famiglia, per cui le relazioni mediate dai new medianon sono così centrali nella vita degli abitanti come succede in Europa anche tra coloro che vivono nella stessa abitazione. Il bisogno dei migranti nasce, cresce e si alimenta in Europa per mantenere i contatti con le proprie famiglie, ma non solo. La vita in Occidente è diversa, le nuove tecnologie entrano nella vita quotidiana di tutti, ricchi e poveri, bambini, giovani e anziani, i rapporti on line sono all’ordine del giorno e molto numerosi, anche tra comunità che vivono a stretto contatto. Nei Paesi ricchi non serve la distanza per restare incollati al telefono, la supremazia della comunicazione mediante smartphone è diventata uno stile di vita consolidato che i richiedenti asilo apprendono in maniera veloce, sfruttandone le capacità di relazione sino a trasmettere questa attitudine e le competenze acquisite a parenti e amici rimasti in Africa. Si tratta, forse, per i Paesi in via di sviluppo, di una sorta di rivoluzione tecnologica e sociale generata e voluta dai familiari dei migrantie dettata, prima di tutto, da motivi affettivi. Le famiglie rimaste nei villaggi africani dopo la migrazione dei propri cari, cercano di entrare in possesso di uno smartphone, utilizzano le chat, scattano foto ed effettuano video-chiamate. L’incontro con la tecnologia è subito utile e necessario e non tocca la futilità dello strumento. Si crea un legame talmente forte tra la persona e il mezzo,

Che l’altro un po’ per volta scompare dietro un monitor (…) lo schermo provoca l’illusoria scomparsa della mancanza. La percezione del presente sta proprio nella sostituzione del pellegrinaggio con la staticità del non luogo del web: si va ovunque stando nella propria stanza. (…). Tutto quello che nella vita è ostacolo, nel cyberspazio diventa spinta (…); la simulazione è incessante e dentro gli algoritmi si smarrisce l’opacità, quindi, il mistero dell’umano. La scomparsa del tempo determina l’illusione dell’immortalità: al pellegrino non necessita più il cammino per trovare la salvezza, ma è sufficiente connettersi (Curti, 2016: 90).