II. Collusione e ideologia
2.2 L'ideologia
2.2.3 Il ruolo dell'ideologico
Facciamo un passo ulteriore e tentiamo di capire come l'ideologia funziona nei meccanismi che determinano i soggetti, nella convinzione che il potere non sia più solo una questione di repressione della soggettività, quanto piuttosto di una sua produzione. Del resto anche per Althusser il problema è non tanto in che maniera l’ideologia assoggetti gli individui, quanto il perché gli individui si assoggettino liberamente, cioè, nelle sue parole, perché «i soggetti funzionino da soli»58.
Leggendo l'opera di Althusser incontriamo in alcune pagine una metafora che può aiutarci a procedere in questo senso: egli paragona l'ideologico al carburante di funzionamento dell'inconscio e indica alcune modalità di assunzione dell'ideologia nella struttura inconscia dei soggetti. Un soggetto sarebbe dunque prodotto nelle sue determinazioni della vita concreta a seconda di quale benzina ideologica è all'opera. Citiamo il passo più interessante:
mi chiedo se non si possa dire che anche l'inconscio ha bisogno di qualcosa” per funzionare: e mi sembra che questo “qualcosa” sia in ultima analisi l'ideologico. […] L'ideologico non si riduce ai sistemi concettuali dell'ideologia, ma è una struttura immaginaria che esiste non solo sotto forma di concetti, ma anche sotto forma di atteggiamenti, gesti, comportamenti, intenzioni, aspirazioni, rifiuti, permessi, divieti, ecc. […]
poco oltre, egli pone le basi per un'analisi delle modalità di funzionamento dell'ideologia:
Ho l'impressione che non sia un caso se certe “situazioni” ideologiche alimentano a meraviglia determinate situazioni inconsce […].
Contrariamente all'interpretazione troppo spesso proposta, bisognerebbe
quindi “leggere” lo “scatenamento” degli “istinti” sotto l'ideologia nazista, razzista ecc., come una distribuzione […] del carburante ideologico di cui alcune perversioni hanno bisogno per funzionare liberamente.59
Notiamo in queste due osservazioni alcuni elementi di sicuro interesse, per quanto ci riguarda. Anzitutto, ed è l'elemento che connota con maggiore originalità la teoria
58 Ibidem, p. 82
59 Id., Sulla psicoanalisi, a c. di O. Corpet e F. Matheron, Raffaello Cortina editore, Milano, 1994, pp.
ideologica althusseriana, osserviamo la forte impronta materialista: ancora una volta l'ideologia non è soltanto falsa coscienza, ma è anzitutto sostanziata, oltre che da concetti, soprattutto da azioni concrete (“atteggiamenti, gesti, comportamenti, intenzioni, aspirazioni, rifiuti, permessi, divieti, ecc.”). In questo senso si può affermare che Althusser pone le basi per una critica all'ideologia più materialista di quanto non faccia lo stesso Marx60: i concetti e gli atti materiali (e le loro connessioni con l'ambito economico e culturale) che sostanziano l’ideologia hanno tra loro una relazione tale per cui andrà messo l'accento sugli esiti materialistici ovvero sulla riproduzione delle condizioni di produzione e del mantenimento dei rapporti sociali. L’ideologia è più
routine della quotidianità piuttosto che mistificazione immaginaria dei rapporti sociali.
Sarebbe interessante proseguire su questa strada e indagare le determinazioni materialistiche di ciò che stiamo interrogando. La questione, però, è di tale portata che richiederebbe sforzi non affrontabili in questa sede. Tuttavia, è noto che anche leggere un libro, e più in generale fruire di un'opera virtuale, è un atto materialistico e ha simili implicazioni. Per esempio: tutta la retorica del rassicurante dei programmi televisivi, che Pasolini ha per primo messo in rilievo e che hanno ripreso Walter Siti e Giuseppe Genna61, ha l'effetto ideologico di persuadere alla tranquillità e al modello morale della piccola borghesia, di perpetuare cioè le abitudini materialistiche che si ispirano a tale modello.
Torniamo al testo di Althusser. Per descrivere le scelte del soggetto ideologico durante il nazismo, viene utilizzato un avverbio che stona alle nostre orecchie di contemporanei: “liberamente”. È ben strano parlare di libertà a proposito del regime nazista, soprattutto se teniamo a mente le migliaia di ore di documentari televisivi o di pagine di bestseller in cui una narrazione apocalittica, mitizzante e vagamente pornografica (la Germania degli anni '30 ossessivamente rappresentata – e tenuta a distanza – come fucina di una società incredibilmente malvagia, Hitler come il diavolo
60 È questo il senso della seguente espressione: «Tutto sembrava condurre Marx a formulare una teoria
dell'ideologia. Di fatti l'Ideologia tedesca ci offre proprio, dopo i Manoscritti del '44, una teoria esplicita dell'ideologia ma... non è marxista», in Id., Sull'ideologia, cit., p. 49
61 Mi riferisco ovviamente ai molti articoli comparsi come editoriale su vari quotidiani o riviste tra la
fine degli anni ‘60 e metà degli anni ‘70, ora raccolti nei Meridiani Mondadori sotto il nome di Scritti
Corsari e Lettere Luterane, in P. P. P., Saggi sulla politica e sulla società, (a c. di) W. Siti e S. De
Laude, Mondadori, Milano 1999, pp 265-721; Cfr. anche W. Siti, Tp, pp. 692-7 e G. Genna, Assalto
a un tempo devastato e vile, cit., pp. 134-9 e Id., Italia de profundis, Minimum fax, Roma 2008., pp.
fatto a persona, come il male assoluto) rende letteralmente impensabile la vita nella quotidianità che, con le sue consuetudini e i suoi placidi automatismi, rappresenta il luogo in cui più a fondo si incarna l'ideologia. La normalità, dunque, sia essa declinata nelle società liberali delle democrazie postindustriali o nelle feroci dittature novecentesche, prevede che si creino degli effetti di libertà, ossia che l'individuo sia
interpellato come soggetto (libero) perché si sottometta liberamente agli ordini del Soggetto, dunque perché accetti (liberamente) il suo assoggettamento, dunque perché “compia da solo” i gesti e le azioni del suo
assoggettamento.62
L'ideologia mistifica anzitutto le posizioni del soggetto rispetto alla realtà, crea le condizioni per cui, conformemente all'illusione postideologica diffusa nel mondo contemporaneo, ogni soggetto crede di agire in ragione “della propria testa” e sulla base del proprio vissuto63. Ma si nota probabilmente proprio in questa postura la cifra più significativa della forma ideologica del presente, che, una volta di più, sembra avvicinare la particolare forma storica che oggi ha assunto l'ideologia al discorso ideologico astorico. Quella di oggi sembra cioè una metaideologia, ed è perciò che si cela fino a scomparire tra le pieghe del senso comune e dell'umorismo della distanza creando “effetti di lontananza” (ciò a cui credo o a cui fingo di credere in verità non mi riguarda). Se una delle definizioni della realtà ideologica può essere una realtà la cui
consistenza ontologica comporta un certo grado di ignoranza da parte di chi vi partecipa […]. Una realtà sociale che esiste a condizione che la sua esistenza non sia nota a coloro che vi prendono parte64,
allora tutto il sistema dell'ironia e della “legittimazione per paralogia e per giochi linguistici”, individuato come il paradigma dell'epoca postmoderna da parte di Lyotard65, rivela il suo carattere eminentemente ideologico. Del resto Peter Sloterdijk ha
62 L. Althusser, Sull'ideologia, cit., p. 83
63 «Ciò che sembra accadere fuori dell'ideologia (più precisamente per strada) avviene in realtà
nell'ideologia. Ciò che avviene in realtà nell'ideologia sembra dunque accadere fuori di essa. […]
Coloro che sono dentro l'ideologia si credono per definizione fuori di essa: uno degli effetti
dell'ideologia è proprio la denegazione pratica del carattere ideologico dell'ideologia», in ivi, p. 73
64 S. Žižek, L'oggetto sublime dell'ideologia, cit., p. 44 65 Cfr. J. F. Lyotard, La condizione postmoderna, cit.
individuato chiaramente nell’ondata contemporanea di cinismo di massa la forma di questa ironia leggera e disimpegnata, che fa emergere la preminenza paradossale di una «falsa coscienza illuminata», di fronte alla quale l’appello alla ragione che ha sempre sostanziato il procedere illuministico della critica ideologica cade nel vuoto. Si nota una generale «ironizzazione radicale dell’etica e delle convenzioni sociali: è come se queste leggi generali in certo modo valessero solo per gli sciocchi»66. La radice ideologica del presente risiede cioè nella non-partecipazione a ciò che enuncia, cioè proprio nell'elemento su cui s'impernia l'argomentazione degli apologeti a favore del nostro mondo post-ideologico: l’ideologia liberale individua il dubbio, la disillusione, l’ironia verso le proprie posizioni politiche e morali come elementi anti-ideologici e anti- totalitari. Ma Žižek, commentando il romanzo di Eco Il nome della rosa, afferma lucidamente:
ciò che disturba maggiormente [in questo romanzo] è la fede implicita nella
forza liberatrice e antitotalitaria del riso, della distanza ironica. […] Nelle società contemporanee, sia democratiche, sia totalitarie, questa distanza cinica, il riso, l'ironia, fanno per così dire parte del gioco. Non è previsto che l'ideologia dominante sia presa sul serio o in modo letterale.67
Se si pensa fino in fondo alle conseguenze di questa posizione, si può capire la ragione per cui è da rigettare la visione secondo la quale l'ideologia si annidi nel sapere delle persone, che sia cioè semplicemente falsa coscienza. L'ideologia cinica sa perfettamente che vi è un distacco tra ciò a cui si crede e ciò che si fa e tuttavia continua a farlo: proprio questa distanza agevola la rappresentazione di sé come nucleo originario inattingibile, come essenza autentica che non ha nulla a che vedere con le azioni che si compiono per alibi sociale. “È vero, compio azioni indegne di un essere umano, ma in realtà sono un essere sensibile e sofferente, con le mie preoccupazioni e le mie angosce”: ecco la frase ideologica per antonomasia, che pone l'accento sul sapere piuttosto che sull'agire e che anzi giustifica l'agire attraverso il sapere. Il soggetto ideologico per antonomasia si pensa al di fuori dell'ideologia proprio allorché vi è immerso fino al collo.
66 P. Sloterdijk, Critica della ragion cinica, Raffaello Cortina editore, Milano 2013, p. 12 67 S. Žižek, L'oggetto sublime dell'ideologia, cit., P. 51
2.2.4 “Più materialista di Marx”. Ancora sull’immaginario.
A questo punto, tenendo presente la concezione materialistica dell'ideologia, facciamo un passo contrario a questa strada, che servirà ad un tempo come verifica e come affinamento di ciò che abbiamo detto finora. Poniamoci la seguente domanda: cosa ha a che fare tutto ciò con l'autofiction, cioè con una modalità di scrittura e una postura della rappresentazione del sé che è un prodotto eminentemente virtuale, che poco ha a che vedere con le strategie materiali di riproduzione delle condizioni di produzione? I libri e le rappresentazioni autofittive che prendiamo in considerazione non sono forse prodotti immaginari, lontani dalla concezione dell'ideologia come atto materialistico?
In prima battuta, possiamo rispondere a queste ultime domande rincarando la dose: proprio perché si tratta di rappresentazioni virtuali occorre porre attenzione alle modalità di fruizione e di innesco dei processi identificativi che un lettore (o uno spettatore) mette in atto. Nessun atto di fruizione può essere dunque concepito sulla base del modello strutturalista emittente-ricevente, unidirezionale e riduttivo68 Piuttosto, e tanto più nel caso delle opere letterarie, il testo rappresenta una virtualità che si attualizza (diventa, per così dire, “viva”) attraverso le possibili interpretazioni o identificazioni o rispecchiamenti attivati dal fruitore. L'atto interpretativo o anche solo il processo di identificazione (quando una storia o uno spettacolo “prende”, come si dice nel gergo comune) è un'azione che può essere concepita materialisticamente, in primo luogo ponendosi le seguenti domande: quale tipo di lavoro richiede l'identificazione che sollecita il testo? Prevale una identificazione che conferma l'io e lo status quo oppure che li scompagina? Tratteremo più in dettaglio la questione dell'Io, dell'identificazione e del lavoro psichico nei confronti del testo, per ora basti rilevare che leggere, guardare uno spettacolo, assistere a una mostra, implicano sempre una dose variabile di partecipazione, e che questa è sempre un atto a suo modo performativo.
Secondariamente, e con un atteggiamento più speculativo, noteremo che tra le affermazioni althusseriane vi è una distinzione essenziale rispetto alla sostanziazione del discorso ideologico. Riprendiamo la frase:
L'ideologico non si riduce ai sistemi concettuali dell'ideologia, ma è una struttura
immaginaria che esiste non solo sotto forma di concetti, ma anche sotto forma di
atteggiamenti, gesti, comportamenti, intenzioni, aspirazioni, rifiuti, permessi, divieti, ecc.69
Salta all’occhio l’aggettivo “immaginario”, che abbiamo già incontrato nel considerare il mutamento sociale e politico legato al capitalismo dei consumi.70 Esso serve a qualificare la struttura dell’ideologia ed è utilizzato in un senso insolitamente materialistico, in opposizione all’astrazione dei «sistemi concettuali dell’ideologia». Com'è possibile che l'immaginario, questo contenitore di immagini, topoi, mitologie, abbia tale stretta relazione con il dato materialistico dello stato di cose?