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III. Ideologia e soggetto: tra immaginario e Reale

3.2 L’oggetto feticcio dell’ideologia

Riprendiamo l’esempio già riportato di un oggetto ideologico. Anzi, di uno degli oggetti ideologici per antonomasia dei nostri tempi: lo zingaro. Tentiamo di osservare la logica che struttura la costruzione di tale fantasia. Anzitutto, ed è cosa che a questo punto non ci stupisce più, l’oggetto ideologico è il luogo di una serie di contraddizioni adialettiche, incomunicanti tra loro e non problematizzate: lo zingaro appartiene al livello infimo della scala sociale, è sporco, non segue le elementari regole di igiene, vive tra fango, sporcizia ed escrementi, in catapecchie che non garantiscono lo standard minimo di decenza che qualifica la vita sociale in quanto tale; eppure, allo stesso tempo,

100 S. Žižek, L’oggetto sublime dell’ideologia, cit. p. 25

101 Su questo punto, sul quale non è possibile diffondersi, cfr. J. Dor, «Che vuoi?», esegesi del « grafo

del desiderio» di Lacan, http://www.lacan-con-freud.it/1/upload/joel_dor_grafo_del_desiderio.pdf

(08/12/2016). Il grafo del desiderio è elaborato da Lacan nel corso del seminario quinto ( J. Lacan, Il

seminario, Libro V, Le formazioni dell’inconscio (1957-1958), Einaudi, Torino 2004) e che cerca di

rendere conto graficamente della produzione del soggetto seguendo il suo attraversamento dei tre piani della realtà simbolico, immaginario e reale. Il risultato è sostanzialmente un’idea di soggetto che si pone come tale solo attraverso una serie di mistificazioni, che cioè il risultato, l’effetto piuttosto che la causa di un complesso meccanismo significante.

è ricchissimo, sfoggia macchine di extra lusso, ha tutti i denti d’oro e indossa pesanti anelli incastonati con gemme rare d’inestimabile valore. Lo zingaro è estremamente ignorante, non sa fare di conto né scrivere né leggere, è del tutto restio a mandare i figli a scuola, dove imparerebbero le regole basilari di convivenza sociale; al contempo è furbo come il demonio, compie raggiri e truffe articolate nei confronti dei cittadini onesti, cui spilla denaro e oggetti vari. Lo zingaro è nomade al fine di poter svolgere con minor rischio le varie operazioni delinquenziali che lo definiscono; tuttavia, nel caso volesse diventare stanziale, è bene non concedergli il permesso di insediarsi in un luogo. In ogni caso, non nel mio comune.

La classica critica dell’ideologia prevedrebbe la decostruzione puntuale di ogni contraddizione del discorso ideologico, un atteggiamento “illuministico” che riveli la mistificazione interessata della condizione di zingaro. Egli sarebbe costretto a rubare perché nessuno gli offre la possibilità di lavorare; avrebbe automobili lussuose perché, dal momento che nessuna banca gli aprirebbe un conto, in esse investe tutti i risparmi che ha; sarebbe costretto al nomadismo poiché nessun comune concede allo zingaro i dati di riferimento anagrafici, nonostante sia vietato dalla legge ecc… Si tratta di contro- argomentazioni vere, che tuttavia non colgono la funzione logica che l’oggetto ideologico svolge nella struttura societaria. Come ha auspicato Homi K. Bhabha, in una critica ideologica efficace non è tanto importante la demistificazione dei luoghi comuni, quanto la funzione discorsiva dei costrutti ideologici:

da un pronto riconoscimento di immagini positive o negative si passa ad una comprensione di processi di creazione della soggettività resi possibili (e plausibili) dal discorso degli stereotipi. Giudicare l’immagine stereotipa sulla base di una preesistente normatività politica a priori significa trascurarla, non rimuoverla: riuscire a eliminarla è possibile solo affrontando la sua efficacia.102

Più che una serie di menzogne che offuscano la realtà dei fatti, occorre considerare le contraddizioni argomentative (a tratti ridicole, nella loro patente incompatibilità) che si addensano attorno all’oggetto ideologico come segnali che indicano un diverso statuto dell’oggetto in considerazione. Esso non si pone sul piano della realtà simbolica,

102 H. K. Bhabha, La questione dell’altro. Stereotipo, discriminazione e discorso del colonialismo, in Id.,

seppur, come ogni fantasia, ne influenzi la strutturazione: prova ne sia che non si sente quasi mai ragionare sugli interventi sociali, assistenziali, culturali approntabili per risolvere il problema di una convivenza difficile. Il terreno sul quale si ragiona dello zingaro non è mai strettamente politico. Esso è sempre chiamato in causa come oggetto immaginario, che magneticamente attira le fantasie di sterminio della destra o gli aprioristici buonismi della sinistra liberale. Insomma, come hanno teorizzato Slavoj Žižek e Homi K. Bhabha103, l’oggetto dell’ideologia è, in senso propriamente psicoanalitico, un oggetto feticistico a tutti gli effetti. Quest’ultimo è un elemento che si carica di caratteristiche che rimandano ad un’unità immaginaria ideale precedente la castrazione e l’affermazione simbolica della differenza: per questo le contraddizioni logiche non costituiscono un problema e anzi rafforzano il suo carattere di “amuleto magico”, di momento fantasmatico che risolve la problematicità e la complessità del mondo. L’oggetto feticistico può definirsi come un contenitore metonimico del mondo, una specie di buco nero dell’intelligenza, che permette di ridurre la molteplicità (e spesso l’indeterminatezza, la difficoltà) dei problemi che un individuo affronta a pochi elementi chiari e riconoscibili, marcati e additabili, che riassorbono le differenze. In termini freudiani, si tratta di riconoscere il luogo vuoto di una possibile angoscia e di negarlo colmandolo con un elemento immaginario. Declinato socialmente, esso nega l’intrinseca conflittualità costitutiva di ogni società condensandola in una causa unica: lo zingaro, nel caso preso in esame, è causa del potenziale disgregativo della società. Žižek ha descritto con chiarezza la differenza tra l’analisi ideologica di un sintomo e quella di un feticcio:

opposto alla sua tradizionale modalità sintomale, nella quale la menzogna ideologica che struttura la nostra percezione della realtà è minacciata da sintomi che sono il “ritorno del rimosso”, […] il feticcio è in effetti una sorta di inverso del sintomo. In altri termini, un sintomo è l’eccezione che turba la superficie della falsa apparenza, il punto in cui irrompe l’altra scena repressa, mentre il feticcio è l’incarnazione della menzogna che ci permette di sopportare l’intollerabile verità.104

Come il risveglio per il padre che si sente responsabile della morte del giovane

103 Cfr. ivi, pp. 108-21 e S. Žižek, L’oggetto sublime dell’ideologia, cit. 104 S. Žižek, Credere, Roma, Meltemi, 2005, pp. 72-3

figlio, l’oggetto ideologico consente di non confrontarsi con l’elemento scottante del vivere sociale, il capro espiatorio cui affidare tutte le responsabilità. Per questo è auspicabile una critica feticistica all’ideologia,

[che] miri a estrarre il nucleo di godimento, ad articolare il modo in cui – al di là e all’interno del campo di senso – un’ideologia implica, manipola, produce un godimento pre-ideologico strutturato nella fantasia.105

Nelle narrazioni ideologiche razziste occorre dunque concepire lo zingaro (o l’ebreo, o l’immigrato) come soggetto supposto godere106: l’accusa ossessiva di delinquenza e di ruberie indica chiaramente che egli è non solo immaginato ma esperito come un soggetto che vive il godimento a noi precluso dai doveri della vita collettiva (lavoro, incombenze burocratiche, ruoli sociali ecc.…) e anzi, in fondo, il responsabile di tali vincoli che impediscono di godere appieno della vita. Nonostante possa sembrare un oggetto di fobia, spesso si tratta di un oggetto di identificazione: egli attrae l’invidia impercepita (e rimossa) di ogni buon cittadino che sente la limitazione del proprio godimento nella legge, quella legge che lo zingaro non riconosce. Non nasconde la realtà, ma devia e concentra su di sé, attraverso la fantasia, gli affetti rabbiosi scatenati dall’impossibilità di raggiungere il godimento “pur essendo un buon cittadino”, dal puntuale riaffermarsi di complessi problemi sociali, economici ecc… Si vede bene come l’ideologia permette di cogliere a contrario il desiderio inconfessabile di un godimento pieno, senza alcuna perdita (cioè senza lo sforzo simbolico che evoca la spesa di denaro), che il consumismo offre: all’oggetto ideologico si rivolge proprio l’accusa di avere tutto senza pagare nulla. In questa accusa si percepisce chiaramente il parallelo, istituito da Jacques Lacan, tra il concetto marxista di plusvalore e quello psicoanalitico di plusgodere107. L’estrazione del plusvalore dal lavoro salariato è leggibile come un furto di plusgodere, cioè della jouissance impossibile di cui si suppone che goda qualcun altro: appunto, il soggetto supposto godere, cui si intima di lavorare e di sacrificare il proprio godimento. Allo zingaro, percepito come soggetto anarchico e minacciosamente pieno di godimento, si ingiunge di sottomettersi al discorso del

105 Id., L’oggetto sublime dell’ideologia, cit., p. 160 106 Cfr. ivi, pp. 224-6

padrone, ossia quel discorso che, in nome di una riconoscibilità simbolica (la vita

tranquilla della piccola borghesia, ad esempio), impone l’immolazione del proprio

plusgodere. Tutto ciò perché in esso si postula una supposta libertà totale, che

minaccerebbe il quieto vivere civile.