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Il segreto professionale ex articolo 622 c.p

Parte seconda L’esercizio della professione sanitaria

2. Il segreto professionale ex articolo 622 c.p

Da un punto di vista strettamente giuridico può essere definito come “segreto” ogni fatto che per disposizione di legge o per determinazione di una volontà giuridicamente autorizzata, è destinato a rimanere patrimonio esclusivo del legittimo depositario.

Come già accennato il segreto professionale costituisce in primis un precetto penale, disciplinato dall’articolo 622 c.p.8.

Analizzando detto articolo, si evince come si tratti di un delitto

procedi-bile a querela della parte offesa (il paziente), querela inoltraprocedi-bile nel caso in

cui dalla rivelazione del segreto "può derivare un nocumento", essendo suf-ficiente anche la sola possibilità di un nocumento in seguito alla rivelazio-ne senza "giusta causa", oppure in seguito all’impiego "a proprio o altrui

profitto"9. Si tratta quindi di un cosiddetto reato di pericolo (il legislatore

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8 art. 622 c.p. (Rivelazione di segreto professionale): "Chiunque, avendo notizia, per ra-gioni del proprio stato o ufficio, o della propria professione o arte, di un segreto, lo rivela, senza giusta causa ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, è punito, se dal fatto può derivare nocumento, con la reclusione fino a un anno e con la multa da ! 30,99 a ! 516,46. Il delitto è punibile D querela della persona offesa."

9 Es. L’impiego a proprio profitto si può, ad es., concretizzare qualora il sanitario, senza rivelare ad alcuno la notizia riservata appresa nell’esercizio professionale, cerca di trarre un utile personale da una speculazione finanziaria a proprio vantaggio e a danno dall’assistito da cui ha avuto notizia al riguardo. L’impiego a profitto altrui può invece aversi, qualora, ad es., il sanitario, senza trarne vantaggi personali, ma per pura compiacenza o scarsa avve-dutezza, risponda a sollecitazioni di terzi, interessati a conoscere le condizioni di salute di un paziente in vista, ad es., di fidanzamenti, matrimoni, prognosi infauste o imminente mor-te, arrecando così al paziente un possibile danno.

usa la parola “può”). L'elemento psicologico di questa fattispecie di reato è il dolo, ossia la volontà di svelare un segreto con la consapevolezza di agire senza giusta causa, o rivelandolo a proprio o altrui profitto, a prescindere dalla intenzione di recare nocumento.

L'"assenza di giusta causa", sussiste quando il segreto viene comunicato a persona estranea al rapporto confidenziale e professionale, senza che vi sia alcuna giustificazione in una norma di diritto o in una ragione plausibi-le.

La rivelazione di un segreto non costituisce quindi reato qualora esista-no “giuste cause”, rappresentate da tutte quelle circostanze in cui la diffu-sione stessa trova una giustificazione legale, deontologica o morale.

Le giuste cause legali provengono dal diritto positivo e possono suddi-vidersi in imperative, quando impongono al sanitario un obbligo inderoga-bile, scriminative, qualora facciano venire meno l'antigiuridicità del fatto, o

scusanti, se escludano la colpevolezza dell'autore della rivelazione. a. Le norme imperative provengono dalle disposizioni di legge e

obbli-gano il sanitario fornire notizie che altrimenti sarebbero coperte dal segreto più rigoroso. Tali evenienze riguardano le denunce sanitarie obbligatorie (vedi capitolo a riguardo), referti o denunce di reato (vedi capitolo a ri-guardo), certificazioni obbligatorie, dichiarazioni o relazioni concernenti fatti di natura professionale, le perizie e le consulenze tecniche, le notizie ottenute da ispezioni corporali ordinate dal giudice, i risultati delle visite medico legali di controllo. In queste circostanze l’operatore sanitario deve però limitarsi a riferire unicamente ciò che viene espressamente richiesto dall’autorità competente, rimanendo vincolato dal segreto per tutte le altre notizie riguardanti il rapporto professionale.

b. Come per ogni altro tipo di reato, anche per la rivelazione del segreto

professionale sono previste norme scriminanti. Così, non è punibile il sani-tario che abbia violato il segreto avendone ricevuto il consenso dal paziente o di chi ne abbia la legale rappresentanza (art. 50 c.p.10); in ogni caso egli

può essere autorizzato, ma non obbligato, alla rivelazione.

Non sussiste inoltre violazione di segreto quando ricorre il “caso fortui-to o la forza maggiore” (art. 45 c.p.11); quando il sanitario sia stato costretto alla rivelazione mediante “violenza fisica” (art. 46 c.p.12) cui non poteva

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10 art. 50 c.p. (Consenso dell’avente diritto): “Non è punibile che lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della persona che può validamente disporne”.

11 art. 45 c.p. (Caso fortuito o forza maggiore): “Non è punibile che ha commesso il fat-to per caso fortuifat-to o per forza maggiore”. - Es. caso in cui si verifichi lo smarrimenfat-to di agende professionali o di documenti clinici.

12 art. 46 c.p. (Costringimento fisico): “Non è punibile chi ha commesso il fatto per es-servi stato da altri costretto, mediante violenza fisica, alla quale non poteva resistere o

co-resistere o comunque sottrarsi; quando egli sia caduto in buona fede nell'“errore di fatto” (art. 47 c.p.13), oppure sia stato tratto in “errore dall'al-trui inganno” (art. 48 c.p.14) riferendo notizie a persone credute o fattesi credere prossimi congiunti del malato. Neppure ricorre la violazione del segreto per il sanitario che abbia agito esercitando un proprio diritto o adempiuto a un dovere impostogli dalla legge o da un ordine legittimo del-la pubblica autorità (art. 51 c.p.15), oppure quando sia stato costretto alla rivelazione da uno “stato di necessità” (art. 54 c.p.16), o quando abbia agito per “legittima difesa” (art. 52 c.p.17).

c. Esistono infine le cosiddette giustificazioni sociali, situazioni che

possono verificarsi allorquando entra in conflitto l'interesse privato del pa-ziente con l'interesse pubblico della collettività. Il codice deontologico tace la circostanza e non prende posizione sui casi in cui il dovere professionale all'informativa e il diritto del paziente alla segretezza si pongono in contra-sto col diritto della società alla sicurezza individuale e collettiva. Così men-tre la società è difesa contro il pericolo di epidemie essendo obbligatoria la denuncia delle malattie infettive e diffusive, non altrettanta protezione è, ad esempio, prevista nel caso in cui l'addetto a un pubblico servizio sia affetto da una malattia (difetti sensoriali, epilessia, turbe psichiche ecc.) che po-trebbe compromettere la sicurezza del servizio stesso e porre in pericolo l'incolumità di altre persone. In queste circostanze il sanitario, dopo avere esperito ogni tentativo di persuadere il proprio paziente di curarsi o

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munque sottrarsi. In tal caso del fatto commesso dalla persona costretta risponde l’autore della violenza”.

13 art. 47 c.p. (Errore di fatto): “L’errore sul fatto che costituisce il reato esclude la pu-nibilità dell’agente. /…/”.

14 art. 48 c.p. (Errore determinato dall’altrui inganno): “Le disposizioni dell’articolo precedente si applicano anche se l’errore sul fatto che costituisce il reato è determinato dall’altrui inganno; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona ingannata risponde chi l’ha determinata a commetterlo”.

15 art. 51 c.p. (Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere): “L’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legit-timo della Pubblica Autorità, esclude la punibilità. /…/”.

16 art. 54 c.p. (Stato di necessità): “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo. /…/”. - Es. ricorrere all'aiuto di persone estranee per por-tare il soccorso urgente ad un infermo.

17 art. 52 c.p. (Difesa legittima): “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo at-tuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa. /…/”. - Es. quando con la rivelazione l’operatore abbia dovuto difendere la propria reputazione profes-sionale in seguito a false accuse, quali, ad es. avere compiuto atti disdicevoli nei confronti di una paziente.

biare mestiere, può essere colto dal dubbio se sia suo dovere rivelare la no-tizia oppure restare fedele al vincolo del segreto a rischio di rendersi parte-cipe, col suo silenzio, di possibili nocumenti a terzi. Se decide di parlare, egli potrebbe giustificare la rivelazione invocando la causa socialmente ri-levante, cioè il giusto fine, il bilanciamento degli interessi e altri fonda-menti scriminanti, non contrari ai principi generali dell'ordinamento giuri-dico. In ogni caso è necessario procedere con equilibrio, cautela e buon senso.