Parte seconda L’esercizio della professione sanitaria
2. Trattamenti sanitari volontari (T.S.V.)
I trattamenti sanitari volontari costituiscono tutti quegli interventi pre-ventivi, diagnostici, curativi e riabilitativi attuati in seguito ad un consenso informato dell'assistito, dallo stesso richiesti o comunque accettati, oppure effettuati con l'assenso di chi esercita la patria potestà (minori) o la tutela (soggetti interdetti).
Le leggi14 e le regole dell'etica e della deontologia vietano, infatti, ogni trattamento senza un preliminare consenso dell’avente diritto. Il rispetto della volontà del malato e l'assecondare, nei limiti del possibile e del lecito, le richieste ragionevoli e consapevoli del proprio assistito si ispirano ai
6 Diritti dall’assistito: CdMC artt. 3, 4 e 20 – CdInf artt. 3, 4 e 5 - CdOst art. 3.1 - CdTSRM artt. 2.1, 2.3, 2.6 e 3.1 - CdTSLB art. 10 - CdI.D artt. 1 e 4 - CdE.P Resp. nei con-fronti dell’utente, punto 1 - CdFt art. 3.
7 Scelta di luogo di cura: CdMC art. 27 - CdTSLB art. 33, comma 2.
8 Autonomia del cittadino: CdMC art. 38 - CdInf art. 20 - CdOst art. 3.2 - CdTSRM art. 2.3 - CdI.D artt. 7 e 9 - CdE.P Resp. nei confronti dell’utente, punto 4.
9 Aggiornamento: CdMC art. 19 - CdInf art. 11 - CdOst artt. 2.1 e 2.2 - CdTSRM art. 2.12 - CdTSLB artt. 2 e 20 - CdI.D punti 12 e 44 - CdE.P Resp. nei confronti della profes-sione, punto 1 - CdFt artt.18 e 19.
10 Prescrizioni e trattamenti: CdMC art. 13.
11 Trattamenti incidenti sull’integrità psico-fisica: CdMC art. 18.
12 Tortura e trattamenti disumani: CdMC art. 52 - CdInf art. 38.
13 Rifiuto consapevole di nutrirsi: CdMC art. 53.
14 art. 32 Cost.: "/ …/ Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanita-rio se non per disposizione di legge. / …/”.
principi di correttezza e di bene operare che per l’operatore sanitario devo-no costituire la regola indeflettibile di condotta.
La volontà del malato di fronte ad una proposta trattamentale può mani-festarsi attraverso il consenso, ma anche con il dissenso, da cui la priorita-ria rilevanza della corretta e preliminare informazione dell’assistito circa ogni tipo di intervento, affinché questi possa liberamente scegliere.
2.1. Il consenso informato
Il principio di autodeterminazione del paziente è una regola fondamen-tale del rapporto sanitario-assistito e si fonda sull'inviolabile libertà perso-nale di cui all'articolo 13 della Costituzione che sancisce che "la libertà
personale è inviolabile". Infatti, come anche stabilito dalla Corte
Costitu-zionale (1990), ogni trattamento sanitario, ovvero "ogni attività diagnostica
e terapeutica posta a tutela della salute, e quindi atta a prevenire e curare lo stato di malattia", richiede che "l'individuo metta a disposizione il pro-prio corpo", da cui deriva che tali interventi "incidono nella sfera più inti-ma e privata del soggetto, toccando, fra l'altro, valori che sono oggetto di protezione costituzionale: il diritto alla vita e alla salute, il diritto all'inte-grità personale, così come la libertà personale".
Il riconoscimento giuridico del consenso informato quale legittimazione di ogni trattamento sanitario è stato segnato da varie tappe legislative, tra cui la legge n°833/78, istitutiva il Servizio Sanitario Nazionale (S.S.N.), e in particolare l'articolo 1 che definisce il S.S.N. mezzo per dare attuazione a un "fondamentale diritto dell'individuo" e l’articolo 33 che sancisce che “gli accertamenti e i trattamenti sanitari sono di norma volontari /…/”. Al-tri riferimenti alla necessità del consenso dell’assistito, sono, fra alAl-tri, con-tenuti nell’articolo 5 della legge 5 giugno 1990, n°135, concernente la lotta all'AIDS, che stabilisce come nessuno possa essere sottoposto ad analisi per l'accertamento dell'infezione da HIV senza il suo consenso, se non per motivi di necessità clinica e nel suo interesse, oltre a specificare che i risul-tati di tali esami non possono essere comunicati che alla persona a cui tali esami sono riferiti; nell’articolo 19 del decreto 15 gennaio 1991 del Mini-stero della Sanità in attuazione alla legge del 4 maggio 1990, n°107, che definisce le trasfusioni di sangue pratiche terapeutiche rischiose per le quali è necessario il consenso informato del ricevente; nel Decreto Ministeriale del 27 aprile 1992, riferito alla sperimentazione dei farmaci, che introduce in Italia le norme europee di "good clinical practice" e riconosce essere il consenso informato dei soggetti coinvolti sia una loro tutela sia il
fonda-mento dell'intervento sperimentale stesso, nonché in diversi documenti del comitato nazione di bioetica, nei codici deontologici e in varie sentenze.
Di fondamentale importanza è inoltre l’articolo 50 c.p.15 che stabilisce la non punibilità dell’intervento sanitario, inteso come agire sul paziente, in seguito al consenso dell’avente diritto (ciò non significa che non vi possa-no essere forme di responsabilità professionali in caso di trattamento mal eseguito, vedi capitolo riguardo la responsabilità professionale).
La richiesta e il consenso del paziente a trattamenti sanitari trovano pe-raltro una limitazione nell'articolo 5 c.c.16, che vieta di attuare interventi, seppur richiesti e autorizzati, che procurino una diminuzione permanente dell'integrità fisica, contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon co-stume. Travalicano comunque il divieto di cui al suddetto articolo alcuni trattamenti particolari e specifici, disciplinati da apposite norme di legge speciali (trapianto di rene o parte di fegato tra viventi, la donazione di san-gue e di midollo osseo, e il transessualismo - vedi oltre).
2.1.1. L’informazione
Preliminare a qualsiasi trattamento sanitario è un dialogo informativo at-to a stabilire una relazione interpersonale finalizzata a rendere l’assistiat-to libero, in base alle informazioni ricevute, di acconsentire, o meno, alla pro-posta trattamentale. Infatti, per la validità del consenso al trattamento è as-solutamente indispensabile la preliminare adeguata e completa informazio-ne del paziente.
L'informazione circa il trattamento prospettato costituisce un preciso dovere dell'operatore sanitario, tenuto a fornire notizie, indicazioni e delu-cidazioni, a seconda delle circostanze concrete, al malato, ai suoi familiari, ai colleghi, alle pubbliche amministrazioni, agli enti previdenziali ed assi-stenziali.
L'informazione al paziente, in particolare, rientra nella cosiddetta
infor-mativa di natura privata che trova una precisa indicazione sia deontologica
sia giuridica, e riguarda il rapporto dell'operatore sanitario con il suo assi-stito e/o con i di lui familiari.
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15 art. 50 c.p. (Consenso dell’avente diritto): "Non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della persona che può validamente disporne".
16 art. 5 c.c. (Atti di disposizione del proprio corpo): "Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente dell'integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume."
Secondo quanto previsto nei codici deontologici, l’informazione su dia-gnosi, prognosi17, prospettive ed eventuali alternative terapeutiche, preve-dibili conseguenze ed eventuali rischi delle scelte operate18, deve tenere conto delle capacità di comprensione del paziente, ragion per cui l’operatore sanitario deve adeguare il proprio linguaggio e le notizie fornite alla levatura culturale, alla emotività, alla capacità di discernimento e alla maturità del proprio assistito19.
L’informazione chiara, comprensibile, completa, ma ben ponderata20, e la successiva raccolta dell’eventuale consenso devono costituire un mo-mento ben preciso nella relazione con il paziente, messo nelle migliori condizioni per potere chiedere ed ottenere tutte i chiarimenti che ritiene uti-li e necessari. Tutti i membri dell’équipe operante ad esempio in un repar-to, evitando dannose invasioni di competenze, devono cooperare affinché la procedura informativa raggiunga lo scopo che gli è propria, quella, cioè, di mettere il paziente nella condizione di poter decidere con consapevolez-za e libertà su ciò che ritiene utile e vantaggioso per la tutela della propria salute21, attraverso sia un consenso sia un diniego.
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17 N.B. A volte l’informazione richiede una certa prudenza, ad esempio quando va co-municata una prognosi infausta o grave, notizia che va fornita usando terminologie non traumatizzanti e che lascino comunque spazio alla speranza.
18 N.B. Qualora riguardasse particolari rischi di cura, l'informazione dovrà essere certa-mente chiara e completa, come si conviene, interessando specialcerta-mente quelli effettivacerta-mente prevedibili, mentre quelli eccezionali o atipici potranno essere presentati nella loro scarsa probabilità di avverarsi.
19 Informazione: CdMC art. 33 - CdInf artt. 19, 20, 23, 24 e 25 - CdOst art. 3.2 – CdTSRM artt. 3.4 e 3.5 - CdTSLB art. 24 - CdI.D art. 8 - CdFt artt.11, 17 e 23.
20 N.B. L’informazione non deve, infatti, intimorire il paziente al punto di portarlo a ri-fiutare le indagini diagnostiche e le cure necessarie, solo per avere sopravvalutato rischi ec-cezionali e terapeuticamente controllabili; anche un siffatto atteggiamento, eccessivamente allarmistico, potrebbe configurare una forma di responsabilità professionale.
21 N.B. In questo senso svolge di certo un ruolo importante il personale infermieristico, che si deve, infatti, misurare con il principio del consenso informato in una duplice veste: - da professionista che agisce autonomamente, in uno spazio di competenze e di attribuzioni a lui riconosciute, con le stesse forme e modalità valevoli per il consenso all’atto medico; - da professionista che agisce in modo indiretto in veste collaborante e di esecuzione delle pre-scrizioni diagnostico-terapeutiche di carattere medico, verificando, laddove le circostanze lo rendano opportuno, l’effettiva prestazione del consenso da parte del paziente. È possibile che l’infermiere, anche per la sua specifica funzione, si accorga di eventuali carenze infor-mative ovvero venga richiesto dal paziente di fornire delucidazioni su qualche aspetto della sua situazione sanitaria di competenza del medico. In questi casi è opportuno che, prima di sopperire alle lacune informative o di rispondere alle richieste del paziente, si coordini col medico onde evitare di disorientare il paziente con informazioni contraddittorie ovvero non appropriate alla situazione in cui versa il malato. - L’infermiere può essere anche chiamato a presenziare, quale testimone, alla procedura informativa ed alla raccolta da parte del medico del consenso informato al trattamento esclusivamente medico, situazione in cui la
responsa-Una corretta informazione ha inoltre rilevanza giuridica notevole, poi-ché se insufficiente, superficiale o comunque poco chiara, può rendere un consenso al trattamento non valido, perché fornito per atti eventualmente mal interpretati dall’utente, da cui possibili conseguenze giudiziarie nei confronti del singolo operatore o di una intera équipe sanitaria22.
L’assistito ha peraltro il diritto di richiedere di non essere informato, scelta che va comunque adeguatamente documentata, oppure di delegare, attraverso apposito consenso, altri soggetti ad ottenere in sua vece l’informazione23, soggetti terzi che possono inoltre essere informati quando vi sia grave pericolo per la vita o la salute di altre persone.
In base a precise disposizioni di legge, alcune informazioni sono co-munque sempre obbligatorie e vanno quindi sempre fornite al paziente. Così questo deve essere informato sul fatto di essere affetto da patologia venerea o malattia infettiva e diffusiva in fase contagiosa, presentandogli inoltre le opportune notizie circa il contenimento del contagio, la donna deve venire edotta circa quanto prevede la legge disciplinante interruzione volontaria di gravidanza (vedi capitolo riguardo legge 194/78 IVG), l'esito dei risultati degli accertamenti diagnostici in caso di AIDS, ecc.
2.1.2. Il consenso
Conclusa la fase informativa, va acquisito il consenso al trattamento prospettato, come previsto anche dai diversi codici deontologici24, e senza il quale ogni intervento è vietato e, quindi, illecito. Inoltre attraverso il ri-spetto della volontà liberamente espressa dal paziente vengono tutelate e promosse la sua dignità, libertà e autonomia.
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bilità della procedura rimane in capo al medico che quindi risponderà di eventuali omissioni al riguardo.
22 N.B. Per assicurare la corretta informazione dei pazienti i responsabili delle diverse strutture assistenziali di ricovero o ambulatoriali, in accordo e collaborazione con gli opera-tori e la direzione sanitaria, dovrebbero stabilire le modalità organizzative del consenso in-formato. È quindi opportuno che i responsabili dei diversi reparti predispongano un proto-collo, ovvero una procedura che contenga quantomeno le direttive generali in merito al con-senso informato, omogenee per tutto il personale dell’équipe operante all’interno della strut-tura. Infatti, ognuno, nell’ambito delle proprie specifiche competenze tecniche, fissate dalla normativa vigente al riguardo, deve essere messo nella condizione di poter rispondere cor-rettamente ad eventuali domande ed incertezze dei pazienti, evitando inutili dubbi e perico-lose interferenze nella misura in cui rischiano di mettere in crisi la relazione eventualmente già instaurata con l’assistito.
23 Informazione a terzi: CdMC art. 34.
24 Consenso: CdMC artt. 35 e 38 - CdInf artt. 25 e 37 - CdOst artt. 3.2 e 3.3 - CdTSRM art. 3.10 - CdI.D art. 8.
Requisito per poter dare il proprio consenso al trattamento sanitario è il possesso sia della capacità giuridica (attitudine ad essere titolare di diritti e doveri ed acquisita al momento della nascita), sia della capacità di agire (attitudine a compiere manifestazioni di volontà e acquisita dal soggetto capace di intendere e volere al compimento dei diciotto anni) (vedi capitolo riguardante il codice civile). Età e condizioni psichiche del paziente sono infatti due parametri, la cui valutazione è indispensabile prima di procedere ad un atto sanitario.
In sostanza il consenso deve essere espresso da una persona capace, cioè maggiorenne e non interdetta25, pienamente informata e libera nella deter-minazione della propria volontà. Nonostante questa regola, viene comun-que raccomandato di informare e prendere in considerazione anche l’opinione riguardante i trattamenti proposti espressa dal minore, ovvia-mente in seguito ad una valutazione della raggiunta maturità psichica. In generale però, il consenso per un trattamento sanitario rivolto al minore e all'interdetto deve essere espresso rispettivamente dall'esercente la patria potestà e dal tutore26.
Il consenso per essere considerato valido deve essere esplicito, cioè chiaro, manifesto, preciso ed evidente, personale, essere cioè dato dall’interessato stesso (salvo i casi di minori o interdetti, o al momento in-capaci di acconsentire), specifico, riguardare cioè quel preciso trattamento prospettato, consapevole, cioè libero e autonomo in quanto basato su ade-guata informazione e libero da pressioni o influenzamenti da parte di terzi,
attuale e contestuale, emesso quindi al momento in cui viene richiesto,
ri-ferito allo specifico tipo di intervento e per il quale esso è unicamente vali-do, e sempre revocabile.
In sintesi, l'atto sanitario è lecito unicamente in presenza di un consenso informato dell'avente diritto e cioè fornito da un paziente maggiorenne, non interdetto, capace di intendere e di volere.
Non necessariamente il consenso deve essere prestato in forma scritta, essendo possibile fornire un valido consenso verbale27, in quanto nel nostro
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25 N.B. Costituisce invece una eccezione a questa regola generale, la richiesta e il con-senso all’interruzione volontaria di gravidanza (vedi capitolo riguardante la legge 194/78).
26 Consenso del legale rappresentante: CdMC art. 37 - N.B. Se il consenso per il minore viene espresso da chi esercita la patria potestà e per l’interdetto dal tutore; l’inabilitato o l’emancipato (vedi capitolo riguardante la capacità di agire) possono acconsentire autono-mamente ad un trattamento sanitario, sebbene si possano fare assistere dal rispettivo curato-re.
27 N.B. Vi è chi suole parlare di consenso generico e di consenso tacito. Un consenso
generico sarebbe implicito nella richiesta di visita o di prestazione sanitaria in genere,
non-ché di ricovero ospedaliero e si riferirebbe a pratiche diagnostiche e terapeutiche normali e, in senso lato, senza particolari rischi per il paziente. Sarebbe tacito quel consenso che si
de-ordinamento giuridico vige il principio della libertà della forma di manife-stazione della volontà28.
Vi sono tuttavia casi (es. donazioni e trasfusioni di sangue) in cui il legi-slatore ha stabilito che il consenso debba essere dato per iscritto, da cui la predisposizione di apposita modulistica a riguardo, atta comunque unica-mente a documentare una procedura informativa e relazionale effettiva-mente realizzatasi prima della sottoscrizione. Occorre, infatti, precisare che, in ogni caso, il consenso informato del paziente ha la sola funzione di rendere lecito l'atto sanitario, non sollevando in alcun modo il sanitario da una eventuale responsabilità penale o civile derivante da comportamento doloso o colposo.
Provvedimenti diagnostici e/o terapeutici effettuati in assenza di un con-senso potrebbero configurare diversi tipi di reato, dal sequestro di persona (ex art. 605 c.p.) alla violenza privata (ex art. 610 c.p.) (vedi capitolo ri-guardante reati contro la libertà individuale), al reato di lesioni personali, eventualmente aggravate (ex artt. 582 e 583 c.p., vedi capitolo riguardante le lesioni personali).