Parte seconda L’esercizio della professione sanitaria
3. Problematiche nel rapporto medico-paziente immigrato
Ogni soggetto extracomunitario che raggiunge il nostro paese, porta con sé un bagaglio culturale peculiare in relazione all’area di provenienza. Quindi, tenendo conto di tutti gli aspetti socio-culturali e religiosi, quando un immigrato deve usufruire di strutture sanitarie estranee al suo contesto, non trova riferimenti perché gli viene a mancare quel substrato che mette ordine nelle sue scelte e la solidarietà in primo luogo familiare ma anche comunitaria. Per gli individui extracomunitari emigrare rappresenta molto spesso una lacerazione, un grande passo, uno shock emotivo. Infatti, soli-tamente emigrano le persone più forti, più attrezzate psicologicamente agli ostacoli ed imprevisti che si possono presentare durante l’immigrazione. Spesso si tratta di soggetti giovani, di frequente laureati o diplomati, per di più caricati della responsabilità per i congiunti rimasti nel paese di origine. L’immigrato porta con sé una duplice problematica: da un lato la diversità verso la propria gente che reputa l’emigrazione una forma di tradimento; dall’altro la diversità nei riguardi della nuova gente che lo ospita e che lo considera straniero.
Un incombente rischio è senza dubbio la cosiddetta anomia, fenomeno caratterizzato dalla perdita della propria cultura originaria e non ancora so-stituita da un’altra e che fa sentire la persona come in un limbo, senza sicu-rezze e punti di riferimento che la possono rassicurare. L’emigrato, quindi, scontrandosi con la nostra cultura appare insicuro, dipendente e predisposto ad accettare qualsiasi terapia che gli venga offerta. Nessuno lo aiuta nell’elaborazione delle nuove esperienze ed il suo Io culturale lo porterà a valorizzare i nuovi artefatti considerati potenti come pillole, sciroppi, inie-zioni ecc.
In condizioni di sradicamento culturale ha un ruolo importante la dime-stichezza con il proprio corpo ed essendo quest’ultimo simile a quello degli uomini delle culture tecnologiche, l’immigrato spera di essere capito. Pur-troppo il linguaggio del corpo risulterà spesso incomprensibile all’operatore sanitario del Paese ospitante ed il malato immigrato di fre-quente non viene guarito dai suoi mali. Spesso si accentua l’incompatibilità tra esperienze culturali differenti, a cui si somma il senso di sconfitta del desiderio di sopravvivenza e solidarietà.
Accanto alle suddette problematiche dell’immigrato, vi sono i problemi relazionali in cui si viene a trovare il professionista sanitario occidentale nell’approccio con un paziente di diversa cultura. La complessità del fe-nomeno immigratorio unito alla varietà dei protagonisti (per culture, estra-zione socio-economica nel paese di origine, modelli sociali e valori di rife-rimento, ecc.), mette in luce come possa essere riduttivo far riferimento ad una presunta categoria concettuale racchiusa nel termine “immigrato”.
Molte delle informazioni disponibili sulle patologie più frequentemente riscontrate in migranti, provengono da ambulatori gestiti dal volontariato sociale e non possono essere correttamente confrontate tra loro e con i dati delle strutture pubbliche, nel caso che adottino sistemi di classificazione diversi. Ciò malgrado, si è osservata in questi ultimi anni tra i vari centri una sostanziale sovrapponibilità dei dati clinici raccolti.
Nel rapporto medico paziente-straniero si possono individuare diversi momenti. Così nella prima fase, quella che possiamo definire dell’esotismo, il professionista si aspetta di trovare nell’assistito, ad esem-pio, africano, un portatore di agenti esotici, ragioni per cui, in seguito ad una accurata anamnesi, richiede specifiche indagini alla ricerca di una sicu-ra malattia tropicale che viene ritenuta ben nascosta.
Quando gli esami risultano negativi si passa alla seconda fase riguar-dante lo scetticismo sanitario. Il medico crede che il suo paziente sia un malato immaginario oppure un lavativo. Si assiste così allo scoraggiamento del medico, per non riuscire a fare una precisa diagnosi e non scoprire al-cuna malattia esotica. Risulta evidente l’enorme divario culturale e molto spesso la delusione del paziente immigrato. Quest’ultimo, infatti, spesso affascinato dalla medicina occidentale, a suoi occhi, potentissima e fondata su un uso estremo della tecnologica, deve fronteggiare lunghe code negli ambulatori, affrontare problemi burocratici sanitari e, a volte, nelle peggio-ri delle ipotesi, vedersi negata l’assistenza dalle strutture pubbliche.
Nell’ultima fase, quella riguardante la fase del criticismo, il medico si accorge di non aver capito nulla inerente ai problemi dell’immigrato: l’attenzione, non si deve però incentrare unicamente su eventuali parassiti o virus, ma, nei limiti del possibile, sulla dimensione culturale del paziente immigrato.
In una medicina che vuole dirsi transculturale, è necessario tenere pre-sente gli aspetti caratterizzanti le singole culture. Ad esempio, nella cultura orientale è forte il senso di appartenenza alla famiglia intesa come gruppo, oppure è fondamentale obbedire alle leggi religiose e alle tradizioni dei pa-dri, senza poi dimenticare l’importanza della dimensione spirituale e la già citata unione tra corpo e spirito nella concezione della malattia.
Solitamente il paziente immigrato si rivolge ai servizi sanitari in caso di urgenza o di malattia conclamata, ma negli ultimi tempi, specie nel nord Italia, alcune USL hanno iniziato ad occuparsi anche di prevenzione, pro-muovendo, in particolare, forme di interrelazione atte a favorire un approc-cio migliore tra il medico, la struttura sanitaria ed il paziente immigrato.
4. La tutela sanitaria dell’immigrato
Dopo la legge 28 febbraio 1990, n°397, conosciuta anche come legge Martelli, tutte le problematiche e le questioni relative alla salute degli im-migrati sono state delegate dal legislatore al Servizio Sanitario Nazionale.
Ancora oggi non è però possibile disporre di dati nazionali relativi alla reale fruizione delle prestazioni del S.S.N. da parte degli immigrati, né si è in grado di valutare quanti di essi, pur avendone il diritto, abbiano scelto il proprio medico di Medicina Generale. L’attivazione delle strutture sanita-rie pubbliche rispetto all’emergenza imposta dalle immigrazioni nel nostro paese è in ritardo rispetto a quanto viene svolto dai centri del volontariato, a dispetto di quanto previsto nelle disposizioni del D.L. 18 novembre 1995, n°4898, e nelle circolari esplicative emanate dal Ministero della Sanità sulla possibilità di assistenza sanitaria agli stranieri (quindi anche agli immigrati extracomunitari non regolari) temporaneamente presenti sul territorio na-zionale.
L’articolo 13 di questo decreto consente di tutelare sotto il profilo sani-tario le donne gravide, le mamme e i bambini, di estendere la prevenzione e la cura delle malattie e degli infortuni sul lavoro.
La scelta del medico di medicina generale e la possibilità di usufruire di tutti i servizi sanitari di cui alla legge 833/78, istitutiva il S.S.N., sono con-sentiti al cittadino extracomunitario regolarizzato ai sensi degli articolo 6 e 9 della legge 28 febbraio 1990, n°39. L’articolo 6, comma 1, prevede che “gli stranieri in possesso di permesso di soggiorno hanno diritto
all’iscrizione anagrafica presso il comune di residenza secondo le norme in vigore per i cittadini italiani”.
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7 Legge 28 febbraio 1990, n°39, “Conversione in legge con modificazioni, del
decreto-legge 30 dicembre 1989, n°416, recante norme urgenti in materia di asilo politico, di in-gresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extra-comunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello stato. Disposizioni in materia di asi-lo.”
8 D.L. 18 novembre 1995, n°489, recante “Disposizioni urgenti in materia di politica
dell’immigrazione e per la regolamentazione dell’ingresso e soggiorno nel territorio nazio-nale dei cittadini dei Paesi non appartenenti all’Unione europea” (Decreto “Dini”).
L’articolo 9 indica le disposizioni riguardanti le assicurazioni, compresa quella di malattia, per i lavoratori extracomunitari, siano essi lavoratori au-tonomi (commercianti, coltivatori diretti, artigiani e liberi professionisti ecc.) o lavoratori subordinati, iscrizione che si estende ai familiari a carico. Per il cittadino extracomunitario sono previsti gli stessi oneri di partecipa-zione alla spesa sanitaria del cittadino di nazionalità italiana.
All’articolo 139, il D.L. 18 novembre 1995, n°489, introduce innovativi elementi per l’assistenza sanitaria dei cittadini stranieri, tra i quali anche immigrati non regolari, presenti temporaneamente sul territorio dello Stato italiano. Salvo i casi previsti dalla legge italiana, il decreto legge consente ai servizi sanitari pubblici ed accreditati di assicurare le cure occasionali e continuative senza l’obbligo di alcuna segnalazione. Sotto il profilo sanita-rio vengono ad essere tutelate le donne gravide, le mamme ed i bambini e vengono estese le possibilità di prevenzione e cura degli infortuni sul lavo-ro. Con questo decreto legge, i soggetti extracomunitari non regolari do-vrebbero poter essere assistiti senza incorrere in sanzioni anche dai servizi sanitari pubblici ed accreditati.
La complessità di questo decreto comporta una differenziazione di in-terpretazioni sul territorio nazionale. Nonostante le prime cure, per esem-pio, siano garantite dai medici di medicina generale convenzionati con il S.S.N., il citato decreto non fa riferimento alcuno a questa figura profes-sionale. Per ciò che concerne il decreto legge, resta in vigore la norma che consente l’accesso alle strutture sanitarie pubbliche (fatta eccezione per le urgenze e per le specialità di odontoiatria, psichiatria, ginecologia, pedia-tria, oculistica limitatamente alle prestazioni optometriche) soltanto a se-guito di esibizione di una richiesta.
Il cittadino extracomunitario che non sia iscritto al S.S.N., o che non può iscriversi, ha comunque diritto ad accedere alle strutture sanitarie qua-lora necessiti cure ambulatoriali e deve far fronte successivamente alle
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9 D.L. 489/95, art. 13 (Assistenza sanitaria): “Agli stranieri temporaneamente presenti nel territorio dello Stato sono assicurate, nei presidi pubblici ed accreditate, le cure ambula-toriali ed ospedaliere assistenziali, ancorché continuative, per malattia ed infortunio, e sono estesi i programmi di medicina preventiva. È altresì garantita la tutela sociale della materni-tà responsabile e della gravidanza, come previsto dalle indigenti norme applicabili alle cit-tadine italiane. L’accesso dello straniero alle strutture sanitarie non può comportare alcun tipo di segnalazione, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano. Salve le quote di partecipazione alla spesa, ove previste, sono erogate senza oneri a carico dei richiedenti le prestazioni preventive, quelle per la tutela della ma-ternità e della gravidanza, nonché le altre prestazioni individuate con decreto del Ministro della Sanità, adottato di concerto con il Ministro del Tesoro, nell’ambito del fondo sanitario nazionale, utilizzando ove necessario quota parte delle risorse destinate all’emergenza sani-taria e nei limiti dei livelli assistenziali”.
se. In caso di indigenza, il Ministero degli Interni deve essere informato dall’ospedale in seguito all’identificazione al fine di ottenere il rimborso delle prestazioni.
Per ciò che concerne i rifugiati, nel periodo compreso tra l’arrivo in Italia ed il riconoscimento dello status di rifugiato, i cittadini extracomunitari possie-dono un permesso di soggiorno temporaneo che tuttavia non gli consente l’iscrizione al S.S.N.; comunque il profugo usufruisce dell’assistenza sanitaria in attesa di riconoscimento nel periodo in cui si trova nel centro di raccolta.
Si ricorda infine che il diritto alla salute è un diritto inviolabile ricono-sciuto dall'articolo 32 della Costituzione, in quanto al contempo diritto fon-damentale dell'individuo ma anche un interesse della collettività. La Corte Costituzionale, anche prima che venisse istituito il Servizio Sanitario Nazio-nale, aveva affermato che il diritto alla salute e alle cure ospedaliere era attri-buito in ogni caso allo straniero, poiché si tratta di un diritto inalienabile.
L’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non deve comportare alcun tipo di segnalazione alle autorità di pubblica sicurezza, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto a parità di condizioni con il cittadino italiano. La struttura sanitaria o il medico di medicina generale, deve in ogni caso provvedere, anche in assenza di do-cumenti d'identità, alla registrazione delle generalità fornite dall'assistito.
Il beneficiario delle prestazioni non può rimanere sconosciuto, per varie ragioni tra cui l’accertamento di eventuali responsabilità degli operatori sani-tari e gli adempimenti previsti dall'articolo 4 del “Regolamento di Attuazione, in ordine alle Comunicazioni all'Autorità Consolare” del suo Stato di apparte-nenza, oltre alla rilevazione dei casi di malattie infettive e diffusive soggette a notifica obbligatoria (vedi capitolo riguardo “denunce obbligatorie”).
Quindi l'accesso a tutte le strutture sanitarie e l'assistenza sanitaria degli stranieri non in regola non comporta alcun tipo di segnalazione alle autorità di pubblica sicurezza, da parte delle autorità sanitarie, tranne che l'esigenza di accesso nasca da fatti criminosi procedibili d’ufficio, casi in cui corre l’obbligo del referto o della denuncia di reato10 (vedi capitolo riguardante “il referto”).!
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10 N.B. Si ricorda a tal proposito che chiunque, nell'esercizio della professione sanitaria, presti la propria assistenza o opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto per cui si deve procedere d'ufficio ed omette di riferirne alla polizia giudiziaria o alla magistra-tura, commette reato come previsto dagli artt. 365 e 384 c.p. e 334 c.p.p.