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Il “sogno” di un uomo colpevole (Il sogno di Asril di Julian Stryjkowski)

Asril, un ricco quarantenne divenuto bigotto, che dialoga e riflette quasi esclusivamente servendosi di citazioni delle Scritture, ha sognato il padre, il pio reb Pinchas soyfer, reb Pinchas lo scrivano, morto di-

versi anni prima, ingiungergli: “Va!”, consegnandogli allo stesso tempo una lettera, simile alla piccola pergamena contenuta nelle mezuzoth. Ma quando il figlio ha tentato di decifrarne la scrittura si è accorto che il foglio era vuoto. Questo sogno, “un incubo”, un sogno che “non dà pace”428, ha spinto il protagonista a tornare alla cittadina natale in cerca

di segnali per decifrarlo. È stato assente più di vent’anni, e intuisce che qui “la sorte lo attendeva” (p. 44). Ma questo è solo uno dei moltepli- ci livelli dell’autocoscienza del protagonista. Allo stesso tempo Asril è tornato nel suo shtetl per adempiere alla mizvah, al precetto di recarsi

na keyver oves, sulle Tombe dei Padri: si avvicinano i Giorni Terribili,

i dieci giorni fra Rosh ha-shanah, Capodanno, e Yom Kippur, il Giorno del Giudizio, periodo dedicato all’esame di coscienza e al pentimento; i genitori morti vengono chiamati a intercedere presso Dio nel momento in cui Egli iscrive le sorti dell’uomo nel libro della vita, che, aperto a Rosh ha-shanah, verrà richiuso e sigillato per tutto l’anno nel giorno di Kippur. La terza motivazione che ha spinto Asril nella cittadina natale è il desiderio erotico: vedovo da cinque mesi, brama una moglie giovane, e “la roba di casa è sempre la migliore” (p. 17). È evidente che l’indica- zione data dal padre in sogno può riguardare sia la visita alle tombe sia la ricerca di una moglie che possa dare al protagonista una discendenza (maschile: Asril lamenta di avere solo due figlie femmine); in una delle interpretazioni date da Asril, il faticoso pellegrinaggio cimiteriale do- vrebbe scagionarlo dalla colpa di concupiscenza.

Sono qui dunque riassunti allo stesso tempo i tre temi del romanzo e quelle che credo essere le questioni fondamentali della scrittura di Stryj- kowski: il desiderio sessuale; il senso di colpa; l’(incomprensibile) tradi- zione, qui rappresentata plasticamente dalla missiva vuota che il padre – uno scriba! – consegna al figlio.

Leggero come un giovanotto, Asril balzò giù del predellino del va- gone vuoto […]. L’inverno era ormai prossimo, benché l’autunno si mantenesse caldo, anzi, di giorno addirittura afoso, fatto inconsue- to, questo, per il mese ebraico di Elul, sempre immerso nelle caligini dei Giorni del Timore, greve di cure e di preliminari, di preghiere, di veglie e levate nel cuore della notte, di notturne Selichot recitate in gelide sinagoghe (p. 11).

L’incipit del romanzo conduce il lettore in un clima sospeso di verità e apparenza, di contrizione e di nebbie, che nascondono le cose lontane e quelle vicine. Asril arriva in tarda sera alla stazione della cittadina natale e balza giù dal predellino del treno “leggero come un giovanotto”: non un giovanotto dunque, ma forse un uomo che agognerebbe esserlo. Inoltre il mese di Elul, forse una sciarada per il lettore, è qui stranamente prossimo all’inverno, benché esso inizi generalmente fra la fine di agosto e i primi di settembre; ma il clima caldo e luminoso del “dorato autunno polacco” forse si adattava male all’atmosfera psicologica del racconto: nella cittadi- na fa realmente caldo, ma è una contingenza viziosa e innaturale.

Alla stazione Asril è fermato da un vetturale che si offre di portarlo in città. È il suo vecchio compagno di scuola Luzer che, affatto stupito di vederlo, saluta l’amico di un tempo con un sogno: “Ho pensato che potessi essere tu perché oggi ti ho sognato” (p. 14). E immediatamente dopo si corregge: “In realtà non ho sognato te ma tuo padre” (Ibidem). È il primo dei numerosi cambiamenti di prospettiva del romanzo. Al sogno di Luzer Asril ribatte narrando del proprio, un sogno che Asril “non si è scelto” (Ibidem). La strada – un breve quarto di miglio – si dilata in un lungo viaggio; sul carro di Luzer i due ex amici hanno il tempo di scambiarsi preziose e ambigue informazioni. È ancora vivo, forse più che centenario, il padre di Luzer, il pio reb Mendel l’oliaio: un uomo generoso e osservan- te, che Asril ricorda con venerazione. Forse nella sua saggezza l’oliaio, il più intimo amico del padre di Asril, lo aiuterà a decifrare il sogno.

Così come lo aveva riconosciuto subito nonostante l’assenza di vent’an- ni e la lunga barba osservante che Asril si è lasciato crescere, Luzer im- mediatamente sa il motivo celato dell’arrivo di Asril: la ricerca di una moglie.

– E come sapevi che sono vedovo? La pelliccia è abbottonata. Non si vede [ovvero non si vede il bavero della giacca strappato, come nell’usanza ebraica di lutto, n.d.a.]

– L’ho capito. Anzi, l’ho sentito dire. È passato da noi il vecchio Ojve- die, il sensale di matrimoni.

– È ancora vivo?

– Gli hai scritto, no? Sai bene che è vivo. – Gli ho scritto così, senza sapere (p. 18).

Ma cosa è che questi personaggi “sanno” o “non sanno”? Nel corso del lungo tragitto sul carro il sogno di Luzer cambia ancora una volta: il per- sonaggio del sogno non è più il padre di Asril ma nuovamente Asril stes- so: “sei entrato volando dalla finestra. Non da solo, ma col vecchio sensale Ojvedie. Voleva stendere le condizioni per il fidanzamento con mia figlia Lybe. E io non volevo” (p. 20). Allo stesso tempo Asril rivela che, venuto a visitare le Tombe dei padri, si fermerà un solo giorno; per tutto bagaglio non ha altro che talled e tefillin429. La strada verso la cittadina passa ac-

canto al cimitero, divenuto tanto più grande durante l’assenza di Asril, che questi non lo riconosce. Al cimitero si daranno appuntamento il giorno seguente i chassidim seguaci dello zaddik di Rajsza (ovvero Rzeszów in yiddish) giunti in massa insieme al loro leader per una commemorazione sulla tomba del Martire del Signore. Nell’albergo dove Asril, nonostante l’invito di Luzer, decide di trascorrere la notte, avviene il suo secondo incontro: dopo il carrettiere, l’altro personaggio tipico della letteratura yiddish che incontriamo nello shtetl onirico-letterario di Asril è il libraio-

luftmensh, l’uomo d’aria, il venditore d’aria.