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La storia dell’evoluzione del VBM è la storia di accademici, consulenti, dirigenti che credono nella creazione di valore come obiettivo primario dell’azienda e che, con i loro contributi, hanno tentato d

III.3.2 Il Value-Based Management negli studi empiric

Value Based Management: dalla teoria alla pratica

III.3.1 Introduzione

Nel precedente capitolo sono stati esposti gli aspetti teorici relativi al Value Based Management, i quali hanno permesso di individuare i principali concetti e tecniche caratterizzanti un sistema di gestione delle performance basato sul valore. Nel seguente capitolo affronteremo invece il tema delle pratiche di VBM, esponendo i principali studi sull’argomento, il concetto di “sofisticazione” di tali sistemi come strumento atto a descriverne il grado di implementazione ed infine il ruolo delle variabili di contesto che su su di esso agiscono. In tale ambito verranno sviluppate le principali proposizioni che saranno successivamente indagate attraverso l’analisi empirica.

III.3.2 Il Value-Based Management negli studi empirici

La letteratura nell’ambito del VBM assume, nella maggioranza degli studi, un approccio normativo, caratterizzato dal fornire la descrizione dettagliata di “una ricetta del VBM” da adottarsi in determinate condizioni di contesto. Noti a questo proposito sono i fondamentali contributi internazionali (tra gli altri Copeland et al., 2000, Mc Taggart et al., 1994; Rappaport, 1986; Stewart, 1991) e nazionali (ad esempio Donna, 1999; Olivotto, 2000)140, i quali, basandosi spesso su teorie economiche e finanziarie141, consentono di apprezzare i fondamenti logici e le tecniche disponibili, nonché realizzare il VBM nella pratica. Rimangono tuttavia notevoli spazi di approfondimento su come questi modelli teorici e tecniche sono impiegati nella pratica (Arnold e Devies, 2000) ed esistono almeno tre ordini di motivi per farlo. Un primo ordine di ragioni riguarda il vasto numero di “ricette” che la letteratura normativa propone per la sua implementazione. In particolare, dalle sue origini nel 1980, un elevato numero di soluzioni sono state promosse, ciascuna con proprie particolarità e con buone ragioni a sostegno della propria implementazione. Sebbene diversi aspetti qualifichino tali contributi, il cuore del VBM rimane uno solo: gestire esplicitamente la creazione di valore per l’azionista, il quale, in questo apporccio, rappresenta l’unico obiettivo dell’azienda, l’unico criterio a

140 L’accezione di “studio normativo” è riconducibile a tali studi in quanto essi propongono delle relazioni tra i principali elementi costituenti

il VBM (esaminati nei precedenti paragrafi) che fanno riferimento a contesti reali ed all’obiettivo dichiarato di fornire un supporto al miglioramento del governo aziendale nella direzione della creazione di valore economico.Sull’aspetto normativo negli studi economico- aziendali si veda anche Franceschi R.F., Problemi attuali dell’economia aziendale in prospettiva metodologica, Giuffrè, Milano, 1998: p. 296 e segg.; sul carattere normativo della letteratura sul VBM cfr. Teemu Malmi , Seppo Ikäheimo, 2003: p. 236.

141 Ad esempio, su i contributi di Modigliani e Miller del 1958 e del 1961 nel caso di Stewart (1991), oppure i risultati di numerose ricerche

94 supporto del decision making e l’unico parametro di riferimento per valutare le perfomance aziendali; dunque, sembra necessario rilevare come tali sistemi siano effettivamente implementati nella pratica, al di là delle ricette precostituite (Davies, 2000).

Un secondo ordine di motivi è il forte dibattito circa le misure di creazione di valore aziendale. Mc Taggart et al. (1994) e Stewart (1991) prediligono l’applicazione del Economic Profit o dell’EVA®, Rappaport (1986) sostiene l’applicazione dello Shareholder Value Added, mentre Madden (1999) promuove il CFROI. Sussiste un forte dibattito sulla correttezza teorica e i meriti pratici delle diverse misure, particolarmente in termini di accuratezza e complessità (Cornelius e Devies, 1997). In questo contesto, l’esperienza di coloro che ogni giorno utilizzano tecniche e misure per promuovere la creazione di valore può essere un rilevante contributo (Davies, 2000).

Un terzo ordine di motivi, riguarda l’approccio normativo utilizzato spesso nel promuovere il VBM come un pacchetto di strumenti predefinito da applicare in qualsiasi azienda. A tal proposito, come un generico sistema di gestione delle performance142, il compito del VBM è quello di supportare il processo strategico e la gestione operativa, fornendo informazioni necessarie a supportare il decision making ed il controllo. Ciò significa che una ricetta predefinita non può adattarsi in maniera efficiente ed efficace in tutte le realtà, bensì essa dovrà adattarsi al fine di massimizzare la propria funzionalità. Sebbene la letteratura sul VBM sia stata per molto tempo dominata da studi prescrittivi, nell’ultimo ventennio un crescente numero di scritti, che in questo lavoro classificheremo come studi empirici, si è interessato allo studio delle pratiche manageriali basate sul valore143. In particolare, la letteratura sulle pratiche del VBM può essere organizzata in due principali filoni: il primo riguarda le ricerche che hanno assunto un approccio “descrittivo” allo studio del fenomeno, mentre il secondo riguarda gli studi con un obiettivo “esplicativo”.

Gli studi cosiddetti “descrittivi” fanno riferimento a quei contributi che tentano di fornire una rappresentazione dello stato delle pratiche manageriali basate sul valore, rispondendo a domande di ricerca attinenti al grado di diffusione, alle modalità di implementazione e configurazione nonché agli effetti della sua applicazione sulle aziende adottanti (in termini di performance).

Con riferimento agli studi relativi al grado di diffusione e alle modalità di implementazione, uno dei contributi più importanti di questo filone di ricerca è quello di rilevare la presenza di differenze tra i modelli teorizzati dalla dottrina normativa e l’effettiva applicazione pratica. PA Consulting (1997) in un campione di aziende inglesi ed irlandesi rileva come, sebbene il 95% di rispondenti ammette di utilizzare i concetti del VBM in differenti forme, solo il 5% lo applica in maniera completa. Coopers e Lybrand (1997) nello svolgere un’indagine mediante questionario sulle modalità di gestione del valore in 13 differenti paesi, sottolineano come, sebbene i sistemi VBM siano ampiamente applicati nella

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Il sistema di gestione delle performance può essere considerato come “the evolving formal and informal mechanisms, processes, systems, and networks used by organizations for conveying the key objectives and goals elicited by management, for assisting the strategic process and ongoing management through analysis, planning, measurement, control, rewarding, and broadly managing performance, and for supporting and facilitating organizational learning and change. Hence we use the term performance management system to encapsulate these more general processes, and our working definition of a PMS includes both the formal mechanisms, processes, systems, and networks used by organizations, and also the more subtle, yet important, informal controls that are used” (Otley e Ferreira, 2009).

95 pratica, misure di tipo tradizionale (esempio, Accounting Rate of return, Payback Period, ecc.) siano utilizzate a fianco delle misure del valore, senza una chiara preferenza nell’uso durante il processo decisionale. Hennell e Warner (1998), descrivendo l’esperienza di alcune grandi aziende nell’implementazione di sistemi basati sul valore (tra le altre Unilever e Boots) sottolineano come vi fosse una diversa modalità di applicazione al loro interno. KPMG (1999) nello svolgimento di un’indagine a livello europeo, rileva come, sebbene il 64% delle imprese ammettano di utilizzare il VBM, le misure tradizionali continuano ad essere considerate fondamentali, riscontrando un utilizzo per circa il 90% dei rispondenti. Ryan e Trahan (1999) nel loro studio sottolineano come, sebbene i soggetti intervistati siano familiari con i concetti e le tecniche del VBM, l’applicazione è molto variegata in quanto spesso sviluppata internamente e a diversi livelli aziendali (principalmente a livello di decisioni di investimento, pianificazione strategica e misurazione delle performance). Gates (2000) da una survey condotta su 113 aziende europee e nord-americane rileva come l’uso del VBM per la valutazione delle strategie vari sostanzialmente da azienda ad azienda. Malmi e Ikaeimo (2003), attraverso un’analisi dell’applicazione del VBM ai diversi livelli aziendali (Obiettivi, Strategie, Misure di performance, sistema premiante, ecc.), sottolineano come il VBM, oltre ad essere applicato in maniera eterogenea, risulti applicato nella totalità dei casi in maniera incompleta e non olistica. Goutas and Lane (2009) attraverso l’analisi di due aziende tedesche (DaimlerChrysler e Volkswagen AG), evidenziano come la gestione del valore sia stata introdotta e adottata in modo diverso.

L’analisi appena effettuata permette di rilevare come, contrariamente da quanto prescritto dagli studi teorici, nella realtà i sistemi VBM sono applicati in maniera eterogenea e spesso incompleta.

Con riferimento agli studi relativi agli effetti generati dai sistemi VBM, sono molteplici gli scritti che hanno tentato di rilevare il contributo che tali sistemi siano in grado di dare in un’ottica di miglioramento delle performance aziendali. Uno dei contributi più importanti in questo filone di ricerca è sicuramente rappresentato da lavoro di Lueg e Shaffer (2010) i quali forniscono un’analisi estensiva di 120 studi che hanno considerato la presente relazione. In particolare, essi dividono il panel di contributi in quattro cluster, secondo due dimensioni: “VBM-orientation of performance variable” e “analytic breasth of implementation level”144

. La prima variabile fa riferimento al grado di oggettività della misura impiegata per valutare le performance aziendali, mentre la seconda si riferisce all’ampiezza con la quale lo studio ha analizzato le differenti variabili di un sistema di VBM. Sulla base di questa analisi, i due studiosi ritengono che solo quattro dei 120 studi prodotti possono essere considerati realmente affidabili per la valutazione della suddetta relazione:

144 Lueg e Shaffer (2010) identificano quattro gruppi di studi:

(1) Classificatori pragmatici (o pragmatic classifiers) rappresentati da quegli studi che, analizzando la relazione VBM-performance, non impiegano ne performance aziendali oggettive né una completa considerazione degli elementi del VBM.

(2) Tester di correlazione (o correlation tester), ossia coloro che sebbene impiegano misure oggettive per valutare la performance, considerano esclusivamente i “key financial ratio” impiegati all’interno dell’organizzazione, trascurando completamente le altre componenti del sistema VBM.

(3) Gli analisti del sistema VBM (o VBM-System Analyst) i quali, seppur considerando un ampio spettro di componenti dei sistei VBM, non impiegano misure oggettive di performance dell’azienda.

(4) I misuratori di performance (o performance measurers), infine, che mettono in relazione misure oggettive della performance con una completa implementazione del sistema VBM.

96 - Haspelagh et al. (2001), i quali, conducendo una survey su 117 grandi aziende che avevano dichiarato di implementare sistemi formali di VBM, analizzano la relazione che intercorre tra tre livelli di sofisticazione del VBM e le performance aziendali, individuando una relazione positiva145.

- Lingle e Schiemann (1996) evidenziano come le aziende che misurano la creazione di valore ottengono performance migliori rispetto a quelle che non lo fanno.

- Ittner et al. (2003), utilizzando i dati provenienti da società statunitensi operanti nel settore dei servizi finanziari, tentano di misurare la capacità di differenti approcci ai sistemi di misurazione delle performance di spiegare le prestazioni aziendali146. In questo caso però i risultati della relazione sono soltanto parziali, non potendo confermare la relazione positiva tra VBM e performance147, ed inoltre che il cambiamento rappresenti una variabile di rilievo rispetto allineamento.

- PA consulting (2003), investigando gli effetti sulla performance di quattro differenti tipologie di sofisticazione del VBM, rilevano come un incremento di quest’ultima possa portare un sostanziale miglioramento delle performancel’azienda, sottolineano così come la performance dipenda dalla sofisticazione del VBM (sul ocncetto di sofisticazione rinvia al paragrafo successuvo se non ne hai trattato prima), con l’allineamento strategico quale driver piu’ importante .

Nel resto degli studi analizzati da Lueg e Shaffer (2010) solo il 63% è concorde nell’esistenza di una relazione positiva tra sofisticazione e performance.

Dall’analisi effettuata si riscontra, dunque, come non vi siano chiare evidenze sulla capacità delle imprese che impiegano una gestione basata sul valore di sovraperfomare rispetto ad imprese che impiegano PMS non basati su misure di valore economico sebbene parte di questi risultati eterogenei siano parzialmente spiegati dall’incompletezza nell’implementazione di tali sistemi.

Gli studi esplicativi, dall’altro lato, tentano di spiegare perche si osservano determinate pratiche (Sekaran, 1992). Come detto in precedenza, la letteratura normativa sembra suggerire che una ricetta

145 Haspeslagh et al. (2001), nel condurre lo studio sulle 117 grandi aziende, hanno diviso gli utenti VBM della loro indagine in tre gruppi più

o meno uguali in base alle loro risposte alla domanda: "Quanto di successo è stata l'attuazione nella vostra azienda del VBM?", etichettando i gruppi come "alto", "medio" e "basso". In particolare, la sofisticazione del VBM è stata misurata in base a 5 sottodimensioni di quest’ultimo: (1) “explicit committment nei confronti della creazione del valore per gli azionisti; (2) “intensive training”, ossia la formazione come strumento volto a creare un ambiente ricettivo ai cambiamenti che il programma può comportare; (3) “building ownership”, ossia attribuire un senso di appartenenza sia nei confronti dell’azienda che del programma attraverso lo sviluppo di sistemi di incentivazione su larga base strettamente legati alle misure di performance del VBM; (4) “Empowering Business Units”, ossia attuare cambimaneti organizzativi che consentano tutti i lavoratori di prendere decisioni che creano valore. (5) “Broad Process Reforms”, ossia introdurre modifiche sui sistemi e processi aziendali ampie ed inclusive, piuttosto che concentrate sui report di tipo finanziario e sui sistemi di remunerazione. Successivamente è stato chiesto a ciascuna società quale grande vantaggi aveva portato il sistema VBM nel risolvere 22 problemi specifici. E’ così che è stato riscontrato che, società facenti parte del gruppo “alto successo” avevano conseguito maggiori benefici dal VBM rispetto a quelli nel gruppo “basso successo”, nonché un significativo miglioramento delle loro prestazioni. Quest’ultimo aspetto è stato misurato sul rendimento medio totale annuo della società (TSR) per il triennio immediatamente prima e nel triennio immediatamente dopo l’implementazione VBM cominciato.

146 Gli approcci esaminati nello studio includono il maggiore grado di diversità nelle misure, il migliore allineamento con la strategia

dell’impresa ed i drivers di valore e l’impiego di tecniche di allineamento delle misure quali il balanced scorecard, le misure del valore e l’impiego del business modeling.

147 Gli autori evidenziano come la variazione della diversità delle misure di perfomance presenti una forte associazione con le prestazioni di

mercato della stessa. In particolare, imprese che fanno un uso più ampio di misure finanziarie e (in particolare) di misure non finanziarie rispetto ad aziende con strategie simili,,ottengono migliori rendimenti azionari.

97 di VBM possa essere implementata in tutte le aziende con modeste variazioni. La ricerca esplicativa cerca di verificare questa assunzione rispondendo a domande quali: perché il VBM è applicato in un particolare modo? Differenti applicazioni hanno effetti differenti? Il VBM ha diversi effetti in diverse circostanze? Differenti approcci d’implementazione possono avere diversi effetti? In particolare, uno dei potenziali obiettivi di questo filone di ricerca è lo studio delle relazioni tra le variabili rilevanti di un particolare fenomeno e le caratteristiche delle pratiche del VBM osservate, ossia lo studio dell’applicazione della teoria delle contingenze nel VBM. Cooper e Petry (1994) sottolineano come la differente applicazione del VBM tra le diverse aziende sia dovuta alla dimensione e alle possibilità crescita delle aziende. Carr e Tomkins (1996) evidenziano invece come tali differenze siano riconducibili alla cultura nazionale. Ancora, Buckert e Lueg (2013), basandosi su un campione di 52 aziende, evidenziano come la sofisticazione del VBM risulti influenzata in maniera determinante dalle caratteristiche del management (Istruzione, periodo di tempo che essi ricoprono la posizione) e dall’incertezza ambientale percepita. Infine, Elgrhabawy e Abdel-Kader (2013) evidenzia come l’attuazione del VBM sia positivamente associata con il livello dei conflitti di agenzia, le strategie di leadership di costo e la decentralizzazione. Emerge dunque che, come del resto rilevato per i Management Control System, il grado di implementazione del VBM è strettamente correlato alle caratteristiche più generali delle organizzazioni e del loro ambiente.

In conclusione, il presente studio parte dal presupposto che, sebbene la completezza nell’implementazione dei sistemi VBM possa spiegare, in specifiche circostanze, i differenti risultati perseguiti da aziende implementatrici, i fattori contingenti della sofisticazione possono giocare un ruolo importante nello spiegare i risultati contrastanti rilevabili in letteratura. In particolare, come suggerito da differenti autori nell’ambito degli studi di Management Accounting, il perseguimento di performance migliori dipende da come i differenti tipi di Performance Management System si addicono (in inglese “fit”) al contesto specifico di riferimento di un’azienda (Tillema, 2005; Chenhall, 2006). Detto ciò, come sostenuto in generale dalla letteratura contingente per i sistemi di Management Control in generale, anche per i sistemi di VBM è possibile ipotizzare che differenti configurazioni, possano dimostrarsi funzionali in differenti contesti di applicazione, rigettando di fatto l’ipotesi di una relazione diretta tra completezza della configurazione e miglioramento delle performance.

Procediamo adesso con l’analisi del concetto della “sofisticazione” funzionale nel descrivere il grado di completezza dell’implementazione di un sistema di VBM.

98 III.3.2 Il concetto di sofisticazione nel Value-Based Management

Nell’ambito dello studio delle pratiche manageriali, ed in particolare di quelli esplicativi, il termine “sofisticazione”, inteso in questo ambito come sinonimo di raffinatezza o complessità di applicazione di una determinata pratica all’interno dell’azienda, sta riscontrando un crescente interesse. Tale concetto affonda le sue radici negli studi della “Teoria della diffusione”, ossia quella teoria che tenta spiegare il modello in base al quale una determinata innovazione si diffonde nella realtà (Abrahamson 1991; Rogers 2003)148. Tradizionalmente, questi studi rappresentano l’adozione delle pratiche come un “concetto fisso”, distinguendo tra “adopters” e “non-adopters” (tra gli altri Fiss e Zajac, 2004) e riconducendo tale adozione a due principali categorie di ragioni: quelle cosiddette “razionali” riconducibili a quel filone di studi che, impiegando un approccio funzionalistico e seguendo i principi della teoria economica, considera l’implementazione delle pratiche aziendali una conseguenza dei benefici attesi futuri; quelle cosiddette “sociali” riconducibili a quel filone di studi che, impiegando l’approccio soggettivista e seguendo i principi delle teorie sociali, considera l’applicazione delle pratiche come conseguenza dei concetti di isomorfismo e/o legittimazione (Fiss and Zajac 2006). Sul concetto di adozione si sono concentrati molti autori (tra gli altri (Garvey and Milbourn 2000; Lovata and Costigan 2002; Fiss and Zajac 2004; Sanders and Tushke 2007) nell’intento di determinare quali fattori che promuovessero l’iniziale adozione del VBM. Lueg and Shaffer (2010) sottolineano come le aziende siano classificate in maniera dicotomica tra gli adottanti e non adottanti.

Questo gap di ricerca ha spinto molti autori a sottolineare la necessità di ricerche sul VBM più sofisticate (non dicotomiche), al fine di evidenziare quale fattori ne determinano la sofisticazione (Bromwich e Walker, 1998; Ittner e Larcker, 2001; Fiss e Zajac, 2004). Solo recentemente, Ansari et al (2010) hanno proposto un’estensione della classica teoria di diffusione delle pratiche, superando la distinzione tra “adopters” e “non-adopters” ed introducendo un framework volto a valutare come la sofisticazione delle pratiche vari dopo un’iniziale adozione149

. In particolare, Ansari et al. (2010)150 hanno teorizzato che la personalizzazione di qualsiasi pratica possa essere osservata lungo le dimensioni della sofisticazione che descrivono come “l’estensione con la quale la pratica è implementata all’interno di un’azienda”.

148 Secondo la teoria della diffusione, ci sono cinque fasi del processo di adozione di una innovazione. La prima fase è la conoscenza, in cui

un individuo diventa consapevole di una novità , ma non ha informazioni su di esso. La seconda è la persuasione, in cui l'individuo diventa interessato attivamente nella ricerca di conoscenza circa l' innovazione. Nella fase terza, quella della decisione, l'individuo pesa i vantaggi e gli svantaggi della innovazione e decide se adottarla o meno. (Strang, D. and M. W. Macy (2001): pp.147-182.; Fiss, P. C. and E. J. Zajac (2004): pp. 501-534.

Dopo la decisione arriva l’attuazione, ossia fase in cui l’individuo non adottante comincia ad usare la tecnica innovativa. Dopo aver adottando l’innovazione, l'individuo prende una decisione definitiva sull'opportunità o meno di continuare ad usarlo in base alla sua esperienza personale.

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Già nel 1980, Nadler e Tushman sottolinearono come, per comprendere il motivo di una particolare personalizzazione di una certa pratica manageriale, sia necessario analizzare la relazione tra le caratteristiche della pratica (c.d. “supply side”) e i bisogni, gli obiettivi e la struttura dell’azienda (c.d. “demand side”). Nadler, D. and M. Tuushman (1980): pp. 35-51.

150 Ansari et al. (2010) hanno sviluppato un framework teorico finalizzato ad analizzare come le pratiche variano durante la loro diffusione ed

implementazione. In particolare, Egli, basandosi su due dimensioni per descrivere questo “adattamento” (“fidelity” ed “extensiveness”), sottolinea come il processo di adattamento delle pratiche dipenda dal “fit” tra la pratica diffusa e l’organizzazione che adotta la stessa.

99 Il concetto di sofisticazione è importante nell’ambito degli studi sul VBM in quanto Ansari et al. (2010) sostengono che la complessità, la divisibilità e l’“interpretative viability” siano tre caratteristiche fondamentali che influenzano la possibilità che una pratica presenti gradi di sofisticazione differenti. In particolare, la nozione di “vitalità interpretativa” (o interpretative viability) fa riferimento al fenomeno secondo cui certe pratiche hanno una maggiore probabilità di adattamento perché si prestano a molteplici interpretazioni (Benders & van Veen, 2001), e ciò determina il grado di fedeltà con il quale questa viene implementata (Ansari et al., 2010). La nozione di divisibilità fa riferimento al grado in cui una pratica può essere implementata indipendentemente dalla scala (possibilità di applicazione in scala ridotta) (Fliegel et al., 1968). Le pratiche che presentano un alto grado di divisibilità possono presentare diversi gradi di estensione di applicazione (Ansari et al.,