• Non ci sono risultati.

Ragione dell’implementazione 26 Supporters del sistema

La storia dell’evoluzione del VBM è la storia di accademici, consulenti, dirigenti che credono nella creazione di valore come obiettivo primario dell’azienda e che, con i loro contributi, hanno tentato d

III.3.3 I fattori determinanti la sofisticazione

25. Ragione dell’implementazione 26 Supporters del sistema

14.

Sebbene vi siano una molteplicità di variabili citate nei precedenti studi, la maggioranza di questi si limita a menzionare le variabili d’interesse per il VBM senza però verificare attraverso test statistici tali assunzioni determinando l’impossibilità di determinare un set di variabili contestuali rilevanti (Ameels et al., 2010). Ciò significa che, ai fini di questo lavoro, si ricorrerà alle ricche intuizioni fatte negli studi contingenti relativi ai Management Accounting System (Chenhall, 2003), in quanto sono attesi simili risultati.

Dato che questo lavoro di ricerca adotta questa prospettiva, al fine di dare un contributo allo sviluppo di un quadro integrato che possa essere utilizzato per spiegare la sofisticazione dei sistemi di Value Based management, risulta fondamentale andare ad effettuare una revisione dei fattori che in letteratura sono stati studiati al fine di valutare livello di coerenza tra i sistemi di VBM e le variabili di contesto.

107 III.3.3.1 L’ambiente esterno

L’ambiente esterno è una delle variabili di contesto che è stata largamente studiata nell’ambito della teoria delle contingenze (Chenhall, 2003). E’ fin da subito importante distinguere all’interno di questo ambito ciò che definiamo come incertezza e come rischio. Il rischio fa riferimento ad una situazione nella quale è possibile stimare delle probabilità sul verificarsi di un particolare evento, mentre, l’incertezza fa riferimento ad una situazione nella quale le probabilità non possono essere attribuite e gli elementi dell’ambiente sono del tutto imprevedibili (Chenhall, 2003). Le due categorie di incertezza e rischio non forniscono un adeguata descrizione dell’ambiente esterno. A tal proposito, diverse tassonomie sono state sviluppate in letteratura al fine di cogliere i molteplici aspetti dell'ambiente esterno (Chenhall 2003). Khandwalla (1977) fornisce una classificazione che comprende la turbolenza, l'ostilità, la diversità e la complessità dell’ambiente esterno. Altri autori distinguono tra complessità e dinamismo (Duncan 1972), ambiguità (Ouchi 1979), controllabilità e non controllabilità (Ewusi-Mensah, 1981), intensità della concorrenza, dinamismo ed imprevedibilità dell’ ambiente esterno (Gordon e Narayann 1984).

L’incertezza ambientale è stata correlata all’incapacità di predire cambiamenti nell’ambiente esterno, incluso la causalità e l’importanza con la quale gli eventi influenzano le performance aziendali (Duncan, 1972; Hartmann, 2000; Otley, 1980; Pagell e Krause, 1999). Una parte della letteratura sul MCS sottolinea come, in presenza di un’elevata incertezza, i manager considerano più utili informazioni con un ampio spettro, focalizzate all’esterno e non finanziarie in quanto i “leading indicators” permettono di reagire più velocemente ai cambiamenti (Anderson, 1995; Chenhall, 2003; Hoque, 2005). Questo significa che in presenza di elevata incertezza il management considera meno affidabile l’utilizzo di misure che monitorano esclusivamente gli aspetti finanziari (Gordon e Narayanan, 1984; Hoque, 2004). Inoltre, sempre secondo questa parte della dottrina, la maggiore incertezza aziendale dovrebbe portare le aziende ad affidarsi ad una maggiore formalizzazione dei controlli (Chenhall, 2003). Con riferimento al VBM, quanto appena detto induce a pensare che in presenza di alta incertezza i manager siano spinti a sviluppare maggiormente la sfera dei value drivers, specialmente quelli di tipo non finanziario, al fine di monitorare in maniera più ampia la gestione e prevedere i cambiamenti. A questo, sempre secondo tale dottrina, dovrebbe avere seguito un processo di formalizzazione dei KPI, determinando i generale una maggiore sofisticazione del VBM. Chenhall (2003) si presenta però scettico di fronte a questa relazione tra incertezza ambientale e formalizzazione. In particolare, egli sottolinea come un maggior grado di formalizzazione del MCS possa risultare inadeguato in situazioni di elevata incertezza data la necessità di riadattare continuamente l’insieme di informazioni atte a monitorare l’imprevedibilità ambientale (p. 138). Inoltre, da uno studio effettuato da Buckert e Lueg (2013) nell’ambito del VBM è stato rilevato come l’incertezza influenzi in maniera negativa sulla sofisticazione del VBM, data la riluttanza dei manager ad affidarsi a previsioni formali, obsolete in poco tempo, con la conseguente impossibilità di valutare

108 il raggiungimento di obiettivi e target. A tal proposito, ciò induce a pensare che, sebbene vi sia una maggiore attenzione su aspetti di tipo non finanziario, questi non siano formalizzati in KPI, determinando una minore sofisticazione del sistema VBM. In particolare, un ‘ipotesi in proposito potrebbe essere quella di un utilizzo da parte dei manager di strumenti specifici atti a monitorare i principali aspetti di incertezza informale che non siano formalizzati a livello di sistema VBM. Nella tabella sottostante si riporta la proposizione effettuata.

Incertezza Ambientale Percepita

In presenza di un elevato grado di incertezza percepita l’azienda presenta un grado di sofisticazione inferiore del sistema di VBM.

III.3.3.2 La Strategia

Dagli anni ottanta, gli studi di tipo contingente hanno acquisito interesse nell’approfondire la relazione che lega la strategia ed i sistemi di controllo direzionale (Management control system). Tale interesse è legato tradizionalemente al ruolo che il sistema di controllo ha come “guida delle operazioni della gestione corrente al fine di conseguire nel modo più efficiente e più efficace gli obiettivi che esprimono le linee strategiche” (Miraglia, 2012: p. 6). In questa ottica, sussiste una relazione unidirezionale tra la strategia (considerata come momento delle decisioni strategiche) ed il sistema di controllo (considerato come strumento della gestione corrente avente l’obiettivo di implementare la strategia), dove la prima influenza la progettazione del secondo. Diversi autori sostengono però che la strategia non possa essere considerata come un elemento statico ma bensì dinamico, in continua evoluzione (Langfield e Smith, 2007), dove la strategia che si intendendono raggiungere (c.d. “intended”) difficilmente si trasformeranno integramente in strategie realizzate (Mintzberg et al., 2005)154. Ne consegue che tra strategia e sistema di controllo direzionale possa sussistere una relazione bidirezionale dove, da un lato, le scelte strategiche influenzano la progettazione del sistema di controllo e, dall’altro, il sistema stesso influenza le decisioni strategiche mettendo in luce emergenti problematiche gestionali (Miraglia, 2012; Coller et al., 2012). Ciò implica che il controllo debba assumere un ruolo strategico, sia verificando il conseguimento degli obiettivi e delle strategie definite, sia monitorando l’andamento di fattori interni ed esterni al fine di individuare minacce ed opportunità che possono richiedere una cambiamento della strategia stessa (Canziani, 1984; Amigoni, 1988; Coda, 1988). Dall’analisi delle ricerche empiriche a carattere contingente, miranti ad approfondire la relazione che lega i sistemi di controllo direzionale e la strategia, è possibile rilevare come, in linea generale, sia possibile individuare quattro classificazioni nell’ambito delle strategie che sono maggiormente utilizzate nelle ricerche empiriche. Miles e Show (1978) distinguono tre tipi di

154

Secondo Mintzberg et al. (2005), le strategie “intended” possono trasformarsi in deliberate se realizzate, o al contrario in “unrealized”. La strategia realizzata nasce invece spesso da una combinazione tra strategie deliberate sia da strategie emergenti (pp. 11-12).

109 “strategic pattern” in base alla propensione dell’azienda ad innovare la propria offerta produttiva:

defender, prospector e analyzer. I primi operano in ambienti relativamente stabili, offrendo una

gamma ridotta e stabile di prodotti, con scarso orientamento all’innovazione. Al contrario, i

Prospector operano in ambienti più dinamici, fanno leva sulle innovazioni di prodotto cercando

continuamente nuove opportunità di mercato. Gli analyser combinano le caratteristiche dei precedenti. Porter (1980, 1985) pone l’attenzione sul modo di competere dell’azienda sul mercato, distinguendo a questo proposito tre tipi di strategia: differenziazione, leadership di costo e focalizzazione. Ognuna di queste identifica un posizionamento strategico che dovrebbe condurre l’azienda verso l’ottenimento di un vantaggio competitivo. In particolare, la strategia di leadership di costo caratterizza un’azienda che presenta l’obiettivo di produrre in modo più efficiente rispetto ai concorrenti e cioè di raggiungere costi più bassi della concorrenza. La strategia di differenziazione si focalizza sull’offerta dei prodotti ritenuti unici dal cliente e per il quale è disposto a pagare un prezzo maggiorato Infine, la strategia di focalizzazione implica che l’azienda persegua una delle due strategie precedenti in ristretti e specifici segmenti di mercato. Gupta e Govindarajan (1984) individuano quattro tipologie di “strategic Mission” basandosi sulla fase del ciclo di vita nella quale si trovano il prodotto e il mercato di riferimento: build, hold, harvest e divest. La scelta tra una delle quattro strategie è strettamente correlata al trade-off tra crescita delle quote di mercato e massimizzazione dei profitti nel breve termine. In particolare, da un lato, la strategia build predilige l’obiettivo di crescita della quota di mercato e della posizione competitiva a spese dei guadagni nel breve termine, al contrario della strategia harvest. La strategia hold è adottata per proteggere la quota di mercato cercando al contempo di mantenere una buona redditività del capitale, mentre la strategia divest implica la scelta di disinvestire dall’attività.

Le tre classificazioni appena analizzate presentano delle similitudini in termini di incertezza fronteggiata, in quanto al raggruppamento dei Prospector/differenziator/build è in genere associato un maggior grado di incertezza e turbolenza ambientale da affrontare rispetto al secondo, ed, per questo motivo, tale azienda è generalmente orientata all’innovazione di prodotto o di processo (Shank e Govindarajan, 1992a). A questo proposito Langfield-Smith (1997), al fine di eliminare la confusione creata da questa triplice classificazione e facilitare l'integrazione tra ricerche che utilizzavano categorie differenti, propone un quadro di riferimento che descrive la strategia di business integrando le diverse tipologie di strategie in un unico framework.

110

Tabella 18. Relazione tra le dimensioni della "strategic Mission", "Strategic Pattern" e "Strategic Position". Tratto da Langfield-smith (2003).

Gli studi di tipo contingente sulla relazione tra Management Control System e strategia sottolineano come ai Defender/Cost leadership/Harvesters siano associati sistemi di controllo formali e tradizionali, focalizzati sul controllo dei costi e l’informazioni prettamente finanziarie, a differenza dei

Prospector/Differentitor/Build i quali necessitano di informazioni più ampie, orientate all’esterno e di

controlli informali (Chenhall, 2003). In particolare, le aziende che presentano una strategia di tipo

prospector/differentiator/build, che promuovono lo sviluppo continuo di nuovi prodotti e necessitano

di adattarsi ad un ambiente mutevole, considerano le misure finanziarie meno rilevanti di misure non- finanziarie (quantitative e soprattutto qualitative, quali lo sviluppo di nuovi prodotti, il time to market, la soddisfazione del cliente). Dall’altro lato, le aziende che impiegano una strategia defender/Leadership di costo/Hold sono più preoccupate di essere un leader di costo ed aumentare l’efficienza, facendo notevole affidamento su misure di tipo finanziario (Lovata e Costigan, 2002). Questa ipotesi è confermata sia da Ittner et al. (1997), i quale dimostra come le imprese “prospector” pongono meno enfasi sulle misure di tipo finanziario, sia da Govindarajan e Gupta (1985) i quali individuano che nelle Business Unit che hanno definito una strategia prospector si attribuisca maggiore peso alle misure non finanziarie per la determinazione dei bonus. Inoltre Carr et al. (2010) sostengono come aziende Prospector/differenziator/build, nell’ambito della selezione delle strategie, pongano una maggiore attenzione verso considerazioni di tipo strategico anziché di tipo finanziario. Quanto appena analizzato, indurrebbe a pensare che aziende che perseguono una strategia

Prospector/Differentitor/Build, data la necessità di utilizzare uno spettro di informazioni più ampio,

soprattutto di tipo qualitativo, che mal si prestano ad una formalizzazione e la natura quantitativa del VBM, presentino sistemi di gestione della performance basata sul valore con un grado minore di sofisticazione. Dall’altro lato però, il maggiore fabbisogno informativo dovrebbe spingere ad un’analisi più ampia dei principali value drivers operativi, e dunque ad una più ampia schiera di KPI atti sia a monitorare l’implementazione della strategia che rilevare minacce ed oppurtinà. Anche nella letteratura del VBM, però, tale affermazione non è pacifica. In particolare, la dottrina si occupa principalmente della relazione tra strategia ed adozione (Costigan e Lovata, 2002) e tra strategia ed implementazione (Elgharbawy e Abdelkader, 2013), non concordando sulla relazione positiva o negativa tra le due variabili. A tal proposito, data la mancanza nell’ambito del VBM di letteratura

111 sufficiente sulla relazione tra strategia e sofisticazione, la mancanza di una visione pacifica in proposito, nonché la necessità di considerare una relazione biunivoca tra le due variabili, si è deciso di assumere un atteggiamento tipo esplorativo, senza dunque formulare alcuna proposizione.

III.3.3.3 L’organizzazione

La variabile organizzativa può essere analizzata sotto diversi punti di vista: la struttura organizzativa, la dimensione e la diversificazione.

Per quanto riguarda la struttura organizzativa, essa fa riferimento all’identificazione formale dei diversi ruoli dei membri organizzativi al fine di assicurare il funzionamento dell’organizzazione. Esistono varie definizioni di struttura organizzativa. Lawrence e Lorsch (1967) si riferiscono alla struttura organizzativa come al modo nel quale questa risulta differenziata e integrata. La differenziazione riguarda la situazione nella quale i manager delle unità operano come “imprenditori”, mentre l’integrazione è definita come la misura in cui una sotto-unità agisce in modo tale da essere consistente con gli obiettivi aziendali. I meccanismi per raggiungere la differenziazione sono la decentralizzazione dell’autorità mentre quelli per raggiungere l’integrazione sono rappresentati da regole, procedure, formalizzazione, centralizzazione e standardizzazione. Burns e Stalker (1961) rappresentano l’organizzazione in termini “organici” o “meccanicistici”, mentre Perrow (1970) classifica le strutture in approccio burocratico o non burocratico. In particolare, le organizzazioni che presentano un alto grado di decentralizzazione sono associate con una maggiore enfasi sui controlli formali (Burns & Waterhouse, 1975). Una struttura organizzativa organica è associata a sistemi di controllo basati su informazioni di più ampio spettro, orientate al futuro (Chenhall, 2003). Questo in quanto, negli studi organizzativi sulle contingenze, che prendono come riferimento variabili quali l’incertezza ambientale (Burns e Stalker, 1961; Galbraith, 1973; Lawrence e Lorsch, 1967), la strategia (Chandler, 1962) e la tecnologia (Woodward, 1965) si evidenzia come le strutture organiche siano coerenti con ambienti incerti.

Per quanto riguarda la diversificazione, coerentemente con quanto detto per la decentralizzazione, alcuni autori ipotizzano che aziende maggiormente diversificate, ossia che presentano più business unit, presentano più probabilmente un VBM sofisticato in quanto consente di monitorare in maniera più efficace le performance nelle diverse aree (Hogan and lewis, 2005).

Per quanto riguarda la dimensione, essa rappresenta una delle variabili più importanti per l’introduzione di un sistema di VBM. Gli studi sulle contingenze sul MCS suggeriscono che vi sia una relazione positiva tra la dimensione e la sofisticazione dei sistemi di controllo (Burns e Waterhouse, 1975; Merchant, 1981; Libby e Waterhouse (1996); Abdel-Kader e Luther, 2008). La letteratura sul VBM suggerisce che la misurazione delle performance diventa più complicata, richiedendo un sistema di gestione delle performance più sofisticato al fine di supportare il processo decisionale e creare valore per l’azionista (Cooper e Petry, 1994; Ryan e Trahan, 1999). Inoltre, l’implementazione di un

112 sistema di VBM richiede un enorme dispendio di tempo e costi data la necessità di ingaggiare consulenti ed investire pesantemente in formazione della maggior parte di manager e impiegati (Boulos et al., 2001). Ciò sottolinea che questa disponibilità di risorse possa essere possibile solo per le imprese di dimensione più grande.

Nella tabella si riassume le proposizioni.

Aspetti organizzativi

Proposizioni

Struttura Organizzativa

La decentralizzazione e l’organizzazione di tipo meccanicistico/burocratica influenza positivamente la sofisticazione del VBM.

Diversificazione La sofisticazione dei sistemi di VBM è influenzata positivamente dalla diversificazione. Dimensione La sofisticazione dei sistemi di VBM è influenzata positivamente dalla dimensione.

III.3.3.4 Il settore

Ogni settore è caratterizzato dall’impiego di una particolare tecnologia, ossia di un diverso modo di trasformare gli input in output e questo include hardware (esempio, macchine e strumenti), materiali, persone, software e conoscenza (Chenhall, 2003). Gli elementi che caratterizzano la tecnologia sono: (1) la complessità, derivante dal grado di standardizzazione del processo produttivo; a tal proposito è possibile distinguere una produzione standardizzata, caratterizzata da grandi lotti e produzione di massa, da una produzione complessa, caratterizzata da piccoli lotti (Woodward, 1965). (2) incertezza delle attività che fa riferimento alla variabilità e all’analizzabilità delle attività (Perrow, 1970); (3) interdipendenza, che riguarda il tipo di coordinazione tra le attività la quale può essere: non presente, sequenziale o reciproca. In base al tipo di tecnologia è quindi possibile distinguere due tipi di aziende: un’azienda che produce prodotti standard, con processi automatizzati ed alta intensità di capitale; ciò comporta un’elevata analizzabilità delle attività e dei processi e delle interdipendenze tradizionalmente sequenziali; all’altro estremo troviamo un’azienda che produce prodotti altamente specializzati, non standardizzati e differenziati, implementando un processo produttivo basato su piccoli lotti; ciò determina un ridotto livello di analizzabilità delle attività e, data la necessità di rispondere in maniera flessibile alle richieste dei clienti, un elevato livello di interdipendenza tra le diverse parti della catena del valore (Chenhall, 2003). Nella letteratura sul MCS, è affermato che per aziende del primo tipo siano impiegati sistemi MCS formali di tipo finanziario, mentre nel secondo caso contrario tali sistemi non sembrano appropriati (tra gli altri Chenhall, 2003; Khandwalla, 1977; Merchant, 1984; Hirst, 1983). Ciò implica che in situazioni caratterizzate da tecnologie del primo tipo, le aziende i manager dovrebbero essere più propensi ad implementare sistemi di VBM rispetto a situazioni opposte (Buckert e Lueg, 2013).

113 Tecnologia Aziende che presentano tecnologie meno complesse presentano sistemi di VBM più

sofisticati.

Ulteriori variabili che possono influenzare la sofisticazione dei sistemi VBM sono (Bucker and Lueg, 2013; Lueg and Schaffer, 2010): le relazioni tra proprietà e management che possono dare origine a problemi di agenzia; le caratteristiche (formazione ed esperieza) del management; il processo di implementazione del VBM. Per quanto riguarda le evidenze empiriche, si rileva (Costigan and Lovata, 2002) una maggiore adozione di sistemi VBM nel caso di problemi di agenzia, mentre per quanto riguarda la sofisticazione le ricerche empiriche (Bucker and Lueg 2013) non hanno rilevato significative associazioni con il problema dell’agenzia. In merito alle caratteristiche del management è stata evidenziata una relazione positiva tra sofisticazione dei sistemi di VBM e formazione (elevate competenze in materie finanziare e di contabili) del CFO (Bucker and Lueg, 2013). Infine, per quanto riguarda il processo d’implementazione del VBM la letteratura (Bucker and Lueg, 2013) riconosce la sua potenziale influenza sul VBM in generale, tuttavia non vi sono studi, a conoscenza di chi scrive, riguardanti l’effetto di tale processo sulla sofisticazione del VBM.

Come sarà illustrato più in dettaglio nel prossimo capitolo, queste ultime tre variabili non saranno considerate nelal ricerca empirica svolta nell’ambito di questo lavoro.

114

IV