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Implicazioni per la normativa antitrust e la tutela

4. La posizione dominante delle piattaforme d

4.3. Implicazioni per la normativa antitrust e la tutela

Attraverso gli strumenti di applicazione della normativa antitrust, le autorità garanti della concorrenza possono riuscire a prevenire il rischio di preclusione e discriminazione. Sono situazioni che possono verificarsi nei casi in cui una piattaforma è o potrebbe diventare attraverso una fusione orizzontatale, cosi significativa nel mercato di approvvigionamento di fondo che l’accesso ad essa diventa indispensabile per poter competere nel mercato della fornitura di determinati beni e servizi. La possibilità per una piattaforma di diventare cosi importante ovviamente è solo un ipotesi estrema che non sembra verificabile nella maggior parte dei mercati di approvvigionamento sottostanti, in particolar se rimangono possibili le vendite dirette tramite i fornitori tradizionali.120 Comunque non è

al controllo delle concentrazioni tra imprese” in Gazzetta ufficiale n. C 031

del 05/02/2004

119 M.IVALDI, B.JULLIEN, P.REY, P.SEABRIGHT,J.TIROLE “ The

Economics of Tacit Collusion” in IDEI Working Papers from Institut

d’Economie Industrielle (IDEI) Toulouse (2003)

<http://ec.europa.eu/competition/mergers/studies_reports/the_economics_of _tacit_collusion_en.pdf>

120 A.CHISOLM discorso sulla disciplina delle piattaforme online

“Platform regulation - antitrust law versus sector-specific legislation: evolving our tools and practices to meet the challenges of the digital

da escludersi soprattutto nei casi in cui i costi di transazione per trovare le forniture sono elevati. Se nella remota ipotesi in cui una piattaforma divenga una condizione essenziale o un partener commerciale obbligatorio, le potrebbe essere richiesti di concedere l’accesso ai propri servizi di intermediazione a tutti i fornitori. Tale accesso dovrebbe quindi essere concesso a condizioni oggettivamente ragionevoli e non dovrà in alcun modo essere eccessivamente svantaggioso per i fornitori indipendenti. 121

In un tale scenario le autorità garanti della concorrenza potrebbero imporre ulteriori condizioni alle piattaforme come ad esempio garantire la portabilità dei dati dei consumatori ( come la questione della proprietà dei dati descritta nel paragrafo precedente) includendo i feedback e le recensioni che sono importanti nell’e-commerce e in particolar modo per le Sharing Economy. Si potrebbe anche decidere di costringere la piattaforma “essenziale” a rendere pubblico il suo codice di programmazione e far si che i suoi servizi siano tecnicamente interoperabili122 con quelli di terzi.

Le norme sulla concorrenza possono inoltre prevenire che una piattaforma di Sharing Economy divenuta dominante, trasporti il suo potere di mercato in altri mercati, sfruttando il vantaggio competitivo derivante dal possesso di dati. Ad esempio una piattaforma di ride- sharing conosce intrinsecamente i luoghi e i modelli di spesa dei consumatori. Di conseguenza ha la possibilità di utilizzare queste economy”(2015) <https://www.gov.uk/government/speeches/alex- chisholm-speaks-about-online-platform-regulation>

121 Comunicazione della Commissione “Orientamenti sulle priorità della

Commissione nell'applica- zione dell'articolo 82 del trattato CE al comportamento abusivo delle imprese dominanti volto all'esclusione dei concorrenti” (Testo rilevante ai fini del SEE) in Gazzetta Ufficiale C45/7

(2009)

122 Il termine interoperabilità esprime il concetto moderno, oggi sempre più applicato a molteplici settori, di permettere, mediante procedure unificanti, l'interscambio e l'interazione nei campi dell'informatica, delle telecomunicazioni, dei trasporti ferroviari ed aerei e dei sistemi di sicurezza della viabilità.

informazioni per offrire servizi P2P complementari, come ad esempio servizi a domicilio di lavanderia. In questi casi le piattaforme concorrenti in questi mercati non beneficiano di tali conoscenze, l’asimmetria informativa li pone in una posizione di oggettivo svantaggio.

Un’altra questione da tener presente in relazione alle piattaforme di Sharing Economy riguarda il modo in cui condividono o rendono pubbliche le informazioni. Come abbiamo già detto il loro obbiettivo è di far incontrare la domanda con l’offerta devono quindi rendere facilmente e velocemente ricercabili tuti i dati riguardanti i fornitori come i prezzi e dati commerciali sensibili compresi i dettagli riguardanti la disponibilità e la produzione. Questa maggiore trasparenza nei confronti dei fornitori di base che coinvolge tutti i dati attuali, futuri e specifici, comporta il rischio ti facilitare uno scambio anticoncorrenziale di informazioni sensibili tra i fornitori. 123

Tuttavia, la semplice visualizzazione di questi dati sulla o tramite la piattaforma, al fine di competere per la domanda dei consumatori non solleva preoccupazioni in riguardo alla tecnica di segnalazione dei prezzi124 e coordinamento di questi.

Anche se la trasparenza sulle piattaforme di questi dati rimuove l’incertezza sui mercati di fornitura di base vediamo però che l’informazione è su prodotti specifici (spesso eterogenei) e quindi non considerata dalle autorità garanti della concorrenza come in grado di facilitare il coordinamento nei mercati di fornitura. In più i motivi per tali divulgazioni di informazioni può essere ritrovato nel fatto che esso comporta vantaggi per i clienti e migliora l’efficienza nella produzione e distribuzione.

Le piattaforme di Sharing Economy dovrebbero fare attenzione comunque al recente interesse mostrato dalle autorità garanti della

123 Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 22 ottobre 2015

concorrenza relativamente alle pratiche di segnalazione dei prezzi125 e

dovrebbero assicurarsi di essere conformi agli orientamenti in materia.

E’ molto probabile che le autorità garanti della concorrenza insieme alle agenzie di tutela dei consumatori interverranno nella materia delle Sharing Economy dato che la materia ad oggi non è assolutamente disciplinata in Europa.126

Allo stato attuali le forniture che provengono da individui che offrono i loro prodotti e servizi attraverso le piattaforme dell’economia della condivisone sono spesso tenuti a rispettare molte leggi che però regolano i fornitori del mercato tradizionali. Non c’è quindi parità nel trattamento ne nelle condizioni. Ad esempio, gli individui che affittano una stanza libera nel loro appartamento privato, a differenza degli alberghi o dei bed and breakfast, non sono soggetti a nessuna norma sulla sicurezza. Vediamo quindi che questa situazione favorisce l’emergere di piattaforme di Sharing Economy che vanno a perturbare i mercati di fornitura tradizionali. I fornitori individuali infatti non devono sostenere costi significativi per adeguarsi alla normativa potendo quindi offrire i loro prodotti e servizi a prezzi molto più bassi.

125 Decisione della Commissione Caso AT.39850 Container Shipping del 7 Luglio 2016. Nel caso concreto Le parti hanno annunciato regolarmente i loro previsti aumenti (futuri) dei prezzi per i servizi di trasporto marittimo in container di lungo percorso, almeno sulle rotte provenienti dall’Estremo Oriente verso l’Europa settentrionale e il Mediterraneo (in direzione ovest), sui loro siti Internet, sulla stampa o in altri modi. La Commissione aveva espresso il timore che questa prassi consenta alle parti di esaminare le reciproche intenzioni di prezzo e di coordinare il loro comportamento. Tale pratica può aver consentito alle parti di «testare» se era ragionevole applicare aumenti di prezzo senza correre il rischio di perdere clienti, il che potrebbe aver ridotto la loro incertezza strategica e il loro incentivo a esporsi alla concorrenza. La Commissione temeva che tale comportamento potesse costituire una pratica concordata in violazione dell’articolo 101 del TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE.

126 D.ROBINSON “Boost for Uber as Brussels considers regulation of ride

sharing” FINACIAL TIMES (2015)

La normativa vigente a protezione dei consumatori è quindi negativamente influenzata. L’assenza completa di indicazioni chiare e di una giurisprudenza ina materia da parte delle autorità della concorrenza e dei consumatori fa si che le piattaforme si autoregolino in un contesto giuridico però incerto. E’ la stessa piattaforma che impone le condizioni per gli scambi che spesso vuol dire includere la pubblicazioni dei prezzi per la transazione. Tale autoregolamentazione (self-regulation) comporta intrinsecamente il rischio di essere sottoposti ad accuse di discriminazione e preclusione. Le piattaforme di Sharing Economy che potenzialmente potrebbero essere dominanti in un determinato mercato devono fare quindi molta attenzione e regolare il traffico sui loro siti web e applicazioni. In concreto le piattaforme dovrebbero evitare l’impiego di misure che aumenti irragionevolmente cambiamenti di prezzi sia per i clienti che per i fornitori, i termini e le condizioni di accesso alla piattaforma non devono essere inutilmente restrittive.

Come già evidenziato in precedenza l’economia collaborativa secondo la definizione fornita dalla stessa Commissione confonde la linea di distinzione tra consumatori e imprese sulla quale si fonda tradizionalmente la normativa europea in ambito consumeristico. Il modello della condivisione, può̀ infatti comprendere non solo transazioni tra imprese e consumatori ma anche tra consumatori (pari).

Mentre nel primo caso, le imprese utilizzano le piattaforme quali canali di vendita di un servizio che rimane di natura strettamente commerciale con conseguente ricaduta del rapporto nell’ambito di applicazione della normativa in materia di protezione dei consumatori, nel secondo, l’utilizzo delle piattaforme è meramente strumentale a mettere in contatto privati cittadini, i quali poi regolano il rapporto in forza della loro autonomia privata.

Nelle realtà̀, tuttavia, la distinzione tra prestatore di servizi a titolo professionale e non professionale non è così netta. Sempre più̀ spesso, infatti, i privati utilizzano il modello della condivisione con una aspettativa di profitto.

Ciò̀ solleva una delle questioni maggiormente problematiche poste dall’economia collaborativa relativa alle condizioni necessarie per qualificare il prestatore del servizio che si presenta sulla piattaforma in qualità di privato cittadino, come professionista.

Si tratta di una questione che, come evidenziato dalla Commissione anche nella versione riveduta degli orientamenti relativi alla Direttiva sulle pratiche commerciali scorrette, deve essere risolta caso per caso. Sulla base di tale premessa, l’Esecutivo Europeo individua tre fattori che combinati tra loro potrebbero consentire all’interprete di qualificare un prestatore di servizi come professionista: la frequenza dei servizi, la finalità̀ di lucro e il fatturato.

Anzitutto, la prestazione del servizio a titolo occasionale ossia “in maniera marginale e accessoria anziché́ regolare” potrebbe escludere la qualificazione del prestatore come professionista mentre, al contrario, una sua maggiore frequenza potrebbe indicare che il prestatore agisce nel quadro della propria attività̀ commerciale, industriale, artigianale o professionale.

La natura professionale del prestatore nell’ambito di una data transazione potrebbe altresì̀ desumersi dalla sussistenza una finalità di lucro che dovrebbe considerarsi perseguita nel caso in cui venga prevista una retribuzione e non anche il semplice rimborso dei costi. Un ulteriore indizio da considerare è rappresentato dal fatturato generato dal prestatore di servizi mediante la stessa tipologia di attività̀ che provenga da una o più̀ piattaforme di collaborazione. Maggiore è il fatturato generato dal prestatore di servizi maggiore è la probabilità che il prestatore si qualifichi come professionista.

Si tratta di preziose indicazioni che, in ambito nazionale, nell’esercizio delle competenze che le sono attribuite in materia di tutela del consumatore l’AGCM dovrà̀ tenere in considerazione al fine di comprendere se la fattispecie concreta rientri o meno nell’ambito di applicazione del codice del consumo, potendo dunque accertare, anche nell’ambito della realtà̀ economica in esame, la sussistenza di eventuali pratiche commerciali scorrette, di violazioni consumer rights ovvero di clausole vessatorie.

Al di fuori di tali ipotesi, la carenza del requisito soggettivo di professionista, preclude un possibile intervento alla luce del codice del consumo sul rapporto tra privati che, in assenza di una specifica disciplina, rimane regolato dall’autonomia privata. In tale contesto, la tutela dell’utente-fruitore è rimessa ai meccanismi di autoregolamentazione ideati dalle stesse piattaforme di collaborazione quali le recensioni, valutazioni online e i marchi di qualità̀.

Si tratta di strumenti che, secondo la Commissione, possono rilevarsi essenziali per migliorare la credibilità̀ di servizi tra pari e per supplire alla carenza di informazioni circa singoli prestatori di servizi, nei casi in cui la vigente legislazione in materia di consumatori non trova applicazione.

5. I rapporti tra l’attuale legislazione nazionale e le nuove