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Self-regulation e Sharing Economy

In generale per regolamentazione ci si riferisce all’uso di strumenti giuridici per realizzare obiettivi di politica sociale ed economica40.

Come già detto in precedenza quando la prassi di mercato porta a risultati inefficienti o iniqui siamo difronte ad una situazione spesso definita come un “fallimento del mercato” che può essere dovuta ad esempio ad asimmetrie informative oppure ancora a minacce di monopolio, ecco in questi casi una disciplina normativa può servire da correttivo. In assenza di un auto-regolamentazione o di un intervento del governo le piattaforme peer-to-peer sono suscettibili di una varietà di forme di fallimento del mercato. Vedremo in particolare tre di queste:

A. Asimmetria Informativa

La maggior parte di forme di scambio peer-to-peer sono caratterizzate da asimmetria informativa. Ad esempio un passeggero che entra in un taxi non può conoscere le qualifiche ( o intenzioni) del suo autista. Questa e altre forme di asimmetria informativa possono portare ad un

40 M.COHEN, A. SUNDARARAJEN, “Self-Regulation and Innovation in

the Peer-to-Peer Sharing Economy”, The University of Chicago Law

minor numero di transazioni rispetto al livello socialmente ottimo, a causa dell’incertezza sulla qualità, oltre a una situazione definita “selezione avversa”, che si verifica quando l’asimmetria informativa rende i commercianti di qualità superiore meno propensi a partecipare. Questa asimmetria può portare ad un azzardo morale , essa infatti limita le loro capacità a contrarre, una parte potrebbe infatti mostrare un atteggiamento meno attento ( come ad esempio una guida imprudente) o in generale più rischioso per il quale altrimenti sarebbe stato scelto.

Prima della nascita di piattaforme di sharing economy, l’intervento governativo era una soluzione naturale al fallimento del mercato nelle imprese peer-to-peer tradizionali. Ritornando all’esempio del taxi le asimmetrie informative circa gli autisti o ancora al costo di una corsa sono stati alleviati in parte attraverso la selezione dei conducenti e in parte attraverso tariffe controllate da agenzie apposite.

Come notavamo prima l’eventuale successo commerciale delle piattaforme è influenzato dalla capacità dei partecipanti di impegnarsi nello scambio. Così, le piattaforme hanno un incentivo naturale per alleviare gli eventuali fallimenti del mercato dovuti allo scambio di informazioni. Ad esempio la piattaforma Lyft, indipendentemente da qualsiasi obbligo normativo, conduce delle indagini sui propri autisti che includono anche un controllo dei precedenti penali e una valutazione della guida.

B. Esternalità

Le scelte di un acquirente o fornitore in una transazione peer-to-peer, possono imporre ( o provocare benefici) ad altri, e queste esternalità spesso non possono essere prese in considerazione quando gli operatori fanno delle scelte. A volte queste esternalità sono negative.

Ad esempio, un ospite rumoroso di Airbnb in un condominio potrebbe imporre un costo sugli altri condomini con il suo comportamento fastidioso. In altre situazioni le esternalità potrebbero essere invece positive , come un aumento dei visitatori in una citta con un alto tasso di host di Airbnb che potrebbe portare quindi benefici ai ristoranti e locali.

Le esternalità negative portano ad un eccesso di offerta di alcuni servizi cosi come la mancata internalizzazione delle esternalità positive potrebbe portare come conseguenza bassi livelli di scambio nel mercato. Quindi in questi casi una qualche forma di intervento normativo sembra legittima e necessaria.

C. Distinzione tra non professionale e professionale

Una caratteristica distintiva dell’attività commerciale delle sharing economy è il modo in cui le forniture di servizi spesso possano offuscare quelle che sono le linee di distinzione tra il personale e il professionale. Per esempio, la maggior parte dei padroni di casa di AirBnb non sono albergatori professionisti o ancora un gran numero di autisti di Lyft e Uber sono collegati alle piattaforme solo 15 ore a settimana e infine ad esempio solo uno su cinque dei venditori di Etsy considera la propria attività un lavoro a tempo pieno. Questo vuol dire che la creazione di un regime normativo pensato per fornitori professionali potrebbe creare delle barriere all’ingresso , soffocando lo scambio.

A questo punto la maggior parte degli studiosi ritiene che le questioni normative che abbiamo discusso fino adesso possano essere meglio risolte con un approccio autoregolamentativo che coinvolge attivamente sia le piattaforme di sharing economy cosi come tutte le parti interessate in tutte le fasi del processo. Questo non sorprende affatto che l’autoregolamentazione sfidi la semplice definizione o

catgorizzazione. I sistemi di autoregolamentazione variano notevolmente in base ai livelli di volontà, responsabilità, applicazione e intervento governativo. La professoressa Julia Blac nel suo libro: “Decentering Regulation: Understanding the Role of Regulation and Self-Regulation in a ‘Post-Regulatory’ World” distingue 4 sottotipi di autoregolamentazione : “voluntary self-regulation” che non comporta alcun coinvolgimento governativo, “ coerced self-regulation” si verifica quando un settore formula e impone regole a causa della minaccia di un intervento da parte del governo, un regime di “sanctioned self-regulation” dove il sistema elabora delle norme che saranno poi sottoposte ad approvazione governativa, ed infine “mandated self-regulation” quando il governo richiede al sistema di stabilire una cornice normativa.

In Italia e nel mondo in generale spesso quando si parla di autoregolamentazione ci si affida ad Organismi di Autodisciplina (OAD). In generale gli OAD sono organizzazioni gestiti da privati che hanno un limitato coinvolgimento del governo. Al contrario ad esempio delle organizzazioni di settore che promuovono appunto il benessere di un settore le OAD hanno lo scopo di sorvegliare un determinato settore formulando dei regimi regolamentativi collettivi in cui le entità si uniscono per sviluppare, monitorare e governare il comportamento dei membri. L’autoregolamentazione è un fenomeno naturale che è emerso piu volte nel corso della storia delle attività economiche e continuano ad essere ampiamente diffuse. Il professore Sundararajan Cohen esperto di sharing-economy ,usa tre esempi di OAD contemporanei per sottolineare tre fattori che potrebbero portare ad un autoregolamentazione di successo per le economia di condivisione: meccanismi di applicazione credibili, percezione di legittimità e porre l’accento sulla reputazione.

Partendo dalla questione dei meccanismi di applicazione credibili, si vuole intendere che il primo fattore che porta ad un apparato di

autoregolamentazione di successo è la capacita di un OAD di far rispettare le sue regole e regolamenti.

In secondo, se un OAD appare inaffidabile o inefficace, vedremo che il governo, i cittadini e le altre parti interessate potrebbero decidere di porre in essere delle misure che riducono la loro rilvanza. Una lezione chiave per l'economia della condivisione è che, con l'autoregolamentazione, la percezione e la legittimità vanno mano nella mano, ed è quindi essenziale che ci sia una chiara immagine di esecuzione che deve essere creata in anticipo, magari attraverso alcuni esempi visibili di applicazione e attraverso una partnership governativa.

Infine riprendiamo la questione della reputazione già affrontata nel capitolo precedente notando che se anche i sistemi di monitoraggio della reputazione facilitano l’autodisciplina41, è anche diventato

comune per gli osservatori chiedersi se questi sistemi basati sulla reputazione hanno effettivamente un potere regolamentazione42.

Il business peer-to-peer facilitato dalle piattaforme di sharing economy potrebbe potenzialmente espandere enormemente l'imprenditorialità e l'innovazione, consentendo alla società di attingere a capacità individuali che altrimenti non si sarebbero potute realizzare. Recenti risultati della ricerca suggeriscono che l'attività economica su queste piattaforme possono favorire i consumatori di medio-basso reddito piuttosto che i consumatori di medio-alto reddito.

La discussione precedente evidenzia una serie di caratteristiche chiave che potrebbero portare a successo dell’autoregolamentazione per l'economia di condivisione. Una caratteristica di successo che emerge con chiarezza è l'importanza di essere in grado di esercitare

41 A. SUNDARARAJAN, “Why the Govoernement Doesn’t Need to

Regulate the Sharing Economy”, Wired, (2012)

42 T. SLEE, “What’s yours is Mine. Against the Sharing Economy”, OR Books, (2016)

un controllo sufficiente a garantire il rispetto delle regole indipendentemente da dove siano state sviluppate . Questo sottolinea l’importanza di includere le piattaforme stesse nel procedimento di autoregolamentazione. Ad esempio, Uber e Lyft hanno un enorme potenziale nell’esercitare funzioni di regolatorie : controllano i canali per la domanda dei loro piloti, e come piattaforme digitali, i costi per l’espulsione di uno dei loro piloti sono bassissimi

Il caso degli alloggi a breve termine è più complesso invece. Assumendo che le piattaforme digitali come Airbnb sono un canale primario per la domanda e, quindi, sono in grado di far rispettare i limiti contrattuali e anche per loro l’espulsione dalla piattaforma ha costi bassissimi, dall’altro lato vediamo che una maggioranza di host su Airbnb affitta la propria casa solo occasionalmente, quindi per questi soggetti la minaccia di espulsione potrebbe non essere cosi significativa. Una soluzione potrebbe essere quella di coinvolgere nel processo di autoregolamentazione tutta un’altra serie di entità come ad esempio le sempre più onnipresenti associazioni dei condomini o dei proprietari.

L'economia della condivisione promette un enorme innovazione ma ha bisogno di un nuovo quadro normativo, al fine di realizzare il suo potenziale. L'approccio che parte della dottrina propone è quello di utilizzare le piattaforme digitali come partner nella regolazione invece di essere considerati come avversari. Questo offre un'alternativa interessante alla semplice estensione della disciplina esistente alle piattaforme peer-to-peer.

In conclusione è indubbio che favorire l’innovazione sia un obbiettivo più che condiviso dall’Unione Europea, ed è importante che le regole giuridiche non siano di ostacolo. Un atteggiamento troppo rigido non sarebbe giusto e probabilmente inutile. Oltretutto, come abbiamo più volte ripetuto un atteggiamento i mercati non sono statici ma sono in continua evoluzione in un processo continuo di prove ed errori nel

quale gli attori economici individuano strumenti sempre nuovi per rendere efficienti le proprie scelte. Al contrario, le leggi regolano e attività umane preventivamente, in modo «generale e astratto», irreggimentando così un futuro per definizione imprevedibile entro rigidi schemi precostituiti destinati fatalmente ad una rapida obsolescenza.

A questo va aggiunto il rischio di «cattura del regolatore» da parte dei soggetti che operano sul mercato al fine di ottenere regole a sé favorevoli attraverso l’introduzione di barriere all’ingresso a danno dei potenziali en- tranti e di altre misure protezionistiche, con interventi privi di giustificazione sotto il profilo dell’interesse pubblico. Molte norme avrebbero finito così per incoraggiare dinamiche anti-competitive a danno dei consumatori, dissipando ricchezza nella ricerca di una posizione di privilegio anziché́ nella produzione di valore (c.d. rent-seeking).

Se la piattaforma che facilita il contatto e lo scambio tra pari può̀ sicura- mente contribuire a mitigare, almeno in parte, alcuni dei problemi di asimmetrie informative, favorendo la capacità di auto- regolazione di questi mercati, tali forme di autogoverno non possono da sole bastare a correggere tutti i fallimenti del mercato.

In sintesi, se per un verso i nuovi mercati presentano una notevole capacità di governarsi autonomamente, è verosimile che regole esterne siano comunque necessarie per disciplinarne gli aspetti che le piattaforme non sono in grado o non hanno interesse ad affrontare. In quest’ottica è utile iniziare a distinguere tra asimmetrie informative (e tra diversi tipi di informazioni), esternalità̀ e concorrenza, riconoscendo una maggiore autonomia alle piattaforme sul primo fronte ed estendendo invece il controllo esterno per le altre.