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La necessita’ di una disciplina delle Sharing

Quando parliamo della disciplina delle sharing economy innanzitutto bisogna chiedersi se intervenire e se la risposta è positiva bisogna chiedersi come.

Presupponendo che la risposta sia positiva e che i fautori della teoria della Self-Regulation (che vedremo nei paragrafi successivi), sono convinti nella capacità del mercato di autoregolarsi e di individuare da solo un nuovo equilibrio tra gli operatori, lo sbaglio sta nel ritenere

il legislatore non capace di individuare il quadro normativo necessario per questo fenomeno socio-economico.

Principalmente perché le Sharing Economy intervengono in settori già ampliamente disciplinati ( traporti, lavoro, turismo), dove una tecnica di self-regulation, in assenza completa di un intervento di ridisciplina delle regole, comporterebbe ancora più contrasti tra operatori del mercato storici, che invece sono sempre stati tenuti a seguire quelle regole36.

Un primo rischio che bisogna evitare è sicuramente quello di legiferare su una situazione attuale di un fenomeno in realtà sempre in movimento. La soluzione è un quadro normativo che non sia ne troppo nel dettaglio ne definito , ma proponga piuttosto una serie di principi generali, sottoposti in un determinato periodo di tempo a verifica, con la possibilità di essere modificato a seconda di quanto emergerà dalla sua concreta applicazione. La Commissione Europea recentemente ha emanato delle linee guida, non vincolanti per i paesi per la disciplina delle Sharing Economy37 e in queste esprime la

necessità di un costante monitoraggio delle evoluzioni di questo fenomeno, al fine di poter focalizzare la relativa disciplina.

Si preferisce quindi prospettare una disciplina transitoria, non una legge dai confini segnati, una disciplina che si misuri quindi sulla realtà.

Una seconda problematica tipica della regolazione delle sharing economy è che pur avendo spesso le piattaforme una dimensione nazionale o addirittura sovrannazionale (Uber e AirBnb sono presenti in decide e decine di paesi non sono le uniche) la sharing economy ha comunque una sua applicazione a livello locale dove gli utilizzatori

36 P.BARBERIS e L.CHIRIATTI, “Sharing Economy un’occasione da

condividere”, Volta Paper (2016)

37 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni,

“Un'agenda europea per l'economia collaborativa”, 2 giugno 2016

finali sono i peer che rappresentano gli attori fondamentali dell’economia della condivisione. Questo significa che la sharing economy si trova ad essere oggetto di regolamentazione di competenza del legislatore sovrannazionale, nazionale, regionale e talvolta comunale, con confini fragili tra le diverse norme e competenze in materia.

Una scelta legislativa, che come già detto, opti per la scelta di una serie di principi generali significa che il legislatore italiano non deve emanare un testo unico di nuove norme previste esclusivamente per le sharing economy, ma al contrario deve emanare un quadro di norme nel quale poi i legislatori locali prendano le misure per emanare la legislazione locale. E non meno importante tenere sempre presente la disciplina dell’Unione Europea e gli orientamento che piano piano stanno arrivando da Bruxelles.

Una prima tipologia d’intervento per garantire un inserimento delle sharing economy nell’attuale contesto normativo, largamente condivisa e che ha animato il disegno di legge italiano presentato il 27 Gennaio scorso nonché la comunicazione della Commissione Europea, che ruota attorno al concetto di professionalità e di concreta attività svolta dal prosumer38 all’interno della sharing economy.

Il ragionamento sottostante muove, da un lato, dal riconoscimento da parte dell’ordinamento del valore del fenomeno della sharing economy, proprio per quelle sue caratteristiche di mutualità, di rafforzamento del tessuto relazionale della comunità, di aumento della produttività del sistema-paese e di tutela dell’ambiente già descritte. Dall’altro, dalla necessità di un graduale inserimento dell’economia collaborativa all’interno del tessuto economico

38 Il termine viene utilizzato in riferimento a diversi contesti. Nello specifico rileva il significato attribuitogli prima da McLuhan e più tardi da Toffler (1980) nell’opera The Third Wave, dove viene utilizzato in riferimento appunto a quel consumatore del futuro che assumerà un ruolo rilevante nel processo produttivo

tradizionale e del complessivo sistema di tutela degli interessi pubblici.

Quindi si dovrebbe evitare di scambiare alla disciplina già in vigore una disciplina nuova dedicata alle sharing economy, si deve quindi piuttosto far riferimento agli istituti giuridici già esistenti casomai alleggeriti al fine di favorirne lo sviluppo.

Possiamo notare poi come la Commissione Europea nella sua già citata comunicazione ha preso su punto una posizione evidente. Nonostante abbia lasciato comunque ai legislatori nazionali il compito di individuare i requisiti che definiscono un operatore professionale ha ricordato che la esistente Direttiva sui Servizi dell’Unione Europea che di verificare con la massima attenzione se vi sia la effettiva necessità e adeguatezza di eventuali vincoli e restrizioni alla fornitura di servizi quali quelli tipici delle Sharing Economy, a maggior ragione se imposti a carico di un soggetto non professionale.

Più in generale la Commissione Europea ha ricordato come le differenti legislazioni europee disciplinino in maniera, in alcuni paesi, più stringente, in altri più aperta gli stessi servizi di trasporto, affitto a breve termine ecc., ma anche che la normativa europea, ed in particolare la Direttiva Servizi, da tempo chiede a tutti gli stati membri di richiedere autorizzazioni e di imporre vincoli alle modalità̀ di svolgimento dei servizi solo laddove effettivamente giustificati dalla tutela di interessi pubblici, e solo limitatamente a quanto è necessario, proprio al fine di non perdere i benefici garantiti all’economia ed ai consumatori europei da un mercato aperto ed effettivamente concorrenziale.

La Commissione Europea ha poi posto l’accento su un tema squisitamente giuridico, ma che potrebbe avere un impatto decisivo sullo sviluppo della sharing economy. Da tempo infatti la Corte di Giustizia della Unione Europea è stata interessata del quesito se le

piattaforme della economia collaborativa, quali UBER ad esempio, debbano essere considerate quali effettivi fornitori del servizio, o semplici intermediari della società̀ dell’informazione. Senza entrare qui nel dettaglio tecnico, la Commissione ha ricordato che laddove si fosse in presenza di meri intermediari della società dell’informazione, i vincoli autorizzativi dovrebbero essere applicati con ancora maggior cautela da parte degli stati membri.

Vediamo infatti che molte regioni italiane hanno già iniziato un processo di disciplina favorevole al fenomeno dell’economia di condivisione svolta da soggetti che non si possono definire professionali nei settori degli affitti a breve termine39.

La proposta di legge in Italia individua proprio il requisito della non professionalità quale elemento fondamentale per l’accesso alla disciplina delle sharing economy.

Con questa proposta di legge si individuano inoltre anche i confini tra la disciplina per la nuova e attuale sharing economy e la disciplina applicabili agli operatori storici.

La paura è che nonostante i buoni propositi dei promotori del disegno di legge, la normativa locale di attuazione che emergerà potrà essere una brutta copia della disciplina ordinaria e quindi finire per essere una “camicia di forza” per l’economia collaborativa. Per questo la speranza è che si tenga sempre conto della più volte citata comunicazione della Commissione Europea.

Tutto questo sistema sarà comunque utile per vedere se l’articolato sistema di regole si qui in vigore a tutela dei consumatori e degli interessi pubblici coinvolti, ad esempio, dal settore dei trasporti, o dagli affitti o dalla ristorazione, sia effettivamente necessario nella sua forma attuale.

39 Secondo questo orientamento è la legge della regione Lombardia che è stata pubblicata il 1 ottobre sul bollettino ufficiale (Burl) che ha steso la nuova legge del Turismo che inquadra anche i fenomeni dell’home sharing. Nel testo si inserisce anche la categoria dell’ospitalità non professionale.

Se questo scenario venisse a verificarsi si arriverebbe non solo a confermare la disciplina, che questo punto non sarebbe più una disciplina eccezionale, destinata alla sharing economy, ma potremo applicare questo risultato positivo anche all’economia tradizionale, con un riduzione del sistema di norme e tutele, e dei costi, previsto anche per essa.