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Le linee guida sulle Sharing Economy della

Le tematiche poste dalla sharing economy sono al centro di un dibattito che coinvolge istituzioni nazionali e internazionali, operatori e opinione pubblica, stanno finalmente ricevendo la necessaria attenzione anche da parte dell’analisi giuridica.130

130 In Belgio è in vigore dal 1 luglio 2016 un trattamento fiscale di vantaggio per i redditi marginali dell’economia collaborativa (approvato

con la Loi programme du 1 juillet 2016

<http://www.lachambre.be/FLWB/PDF/54/1875/54K1875001.pdf>).In Francia, la legge sull’economia digitale in votazione il 27 settembre 2016 al Senato<https://www.senat.fr/espace_presse/actualites/201603/projet_de_loi _pour_une_republique_numerique.html> comprende disposizioni sulla fiscalità degli individui che utilizzano le piattaforme collaborative oltre i 5000 euro (a riguardo, si veda il Rapporto della Commissione Parlamentare sull’Economia collaborativa <https://www.senat.fr/rap/r14-690/r14- 690.html >. Nel Regno Unito, il governo già a marzo 2015 ha formulato delle raccomandazioni basate su un’analisi indipendente con implicazioni

anche per la produzione di statistica ufficiale

<https://www.gov.uk/government/publications/sharing-economy-

government- response-to-the-independent-review>e favorito la condivisione

degli immobili a Londra attraverso il Deregulation Act

<http://www.legislation.gov.uk/ukpga/2015/20/contents/enacted/data.htm>, mentre nella primavera 2016 ha incluso nella legge di bilancio uno “sconto”

Nell’ultimo biennio, l’Unione europea ha adottato diverse iniziative in materia di sharing economy, da un lato, nella consapevolezza che lo sfruttamento di Internet e dell’innovazione tecnologica possono stimolare la ripresa economica ed occupazionale nell’Eurozona, dall’altro, nella convinzione che l’incertezza normativa per coloro che operano all’interno di questo modello rappresenti uno dei principali ostacoli al suo sviluppo.

Innanzitutto, con la Strategia per il Mercato Unico Digitale c.d. Digital Single Market Strategy for Europe citata nei paragrafi precedenti , la Commissione ha dato il via ai lavori per analizzare il ruolo delle piattaforme informatiche anche nell’ambito dell’economia collaborativa, rilevando la necessità di valutare l’efficienza del quadro normativo esistente rispetto al ruolo che tali soggetti stanno assumendo nei mercati digitali.

In quella occasione, l’Esecutivo Europeo ha annunciato tra le azioni da intraprendere a tale scopo, l’adozione di una agenda europea e di orientamenti sulle modalità̀ di applicazione del diritto UE vigente ai nuovi modelli di business, evidenziando come sia da ritenersi “indispensabile un contesto normativo chiaro ed equilibrato che consenta lo sviluppo di un’imprenditoria dell’economia collaborativa, che tuteli i lavoratori, i consumatori e gli altri interessi generali e che assicuri che non vengano frapposti inutili ostacoli normativi agli operatori del mercato, né nuovi né esistenti, a prescindere dal modello di business da essi utilizzato” e proponendo, altresì̀ , di valutare se e in che modo dovranno essere trattate eventuali lacune normative e di sviluppare un quadro di monitoraggio dello sviluppo dell’economia collaborativa a livello locale, nazionale, aziendale e settoriale.

Le iniziative sono state recentemente portate a termine con l’adozione della comunicazione denominata Un’agenda europea per l’economia collaborativa del 2 giugno 2016.

fiscale aggiuntivo per le attività marginali basate sulle piattaforme digitali <https://www.gov.uk/government/topical-events/budget-2016>.

La Comunicazione fornisce “orientamenti giuridici e strategici per le autorità pubbliche, gli operatori di mercato e i cittadini interessati ai fini di uno sviluppo equilibrato e sostenibile dell’economia collaborativa”.131

Si tratta di orientamenti non vincolanti che hanno lo scopo di agevolare la piena fruizione dei vantaggi creati dalla economia collaborativa per i consumatori (l’accesso a nuovi servizi a un’offerta più̀ ampia e a prezzi più bassi) e per gli imprenditori (competitività̀, crescita, occupazione), rimuovendo l’incertezza sui diritti e sugli obblighi di coloro che partecipano alla economia collaborativa.

Come osservato nelle premesse del provvedimento, infatti, l’incertezza sulle norme applicabili che discende da distinzioni meno nette tra “consumatore e prestatore di servizi”, ” lavoratore subordinato e autonomo” e “prestazione di servizi a titolo professionale e non professionale” unita alla frammentazione normativa derivante da approcci divergenti a livello nazionale o locale ostacolano lo sviluppo dell’economia collaborativa in Europa e impediscono la piena realizzazione dei benefici che essa comporta.132

Sul piano sostanziale, il testo contiene, innanzitutto, una definizione di economia collaborativa. Da un punto di vista oggettivo, l’espressione si riferisce: “ai modelli imprenditoriali in cui le attività̀ sono facilitate da piattaforme di collaborazione che creano un mercato aperto per l’uso temporaneo di beni o servizi spesso forniti da privati” caratterizzati da transazioni che “generalmente non comportano un trasferimento di proprietà e possono essere effettuate

131 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, “Un'agenda europea per l'economia collaborativa”, 2 giugno 2016 [COM(2016)356]

132 S. PERUGINI “I mercati della “condivisione sociale” in Europa e in

Italia. Il ruolo cruciale dell’Autorità Ga- rante della Concorrenza e del Mercato.” in Consumerism 2016 nono rapporto annuale “Dalla Sharing Economy alla Social Economy” di Consumer Forum in collaborazione con

a scopo di lucro o senza scopo di lucro”. Sotto il profilo soggettivo, vengono individuate tre categorie di soggetti coinvolti: “i) i prestatori di servizi che condividono beni, risorse, tempo e/o competenze e possono essere sia privati che offrono servizi su base occasionale (pari) sia prestatori di servizi nell’ambito della loro capacità professionale (“prestatori di servizi professionali); ii) gli utenti di tali servizi; e iii) gli intermediari che mettono in comunicazione attraverso una piattaforma on line i prestatori e gli utenti e che agevolano le transazioni tra di essi (piattaforme di collaborazione)”. Le linee guida, dunque, ricomprendono nella definizione di economia collaborativa non solo i servizi peer to peer offerti da privati su base occasionale e, dunque, i soli servizi che a rigore dovrebbero rientrare nella nozione di sharing economy, ma anche i servizi b2c, ossia i servizi offerti da prestatori di servizi professionali nella consapevolezza che “sempre più̀ spesso micro imprenditori e piccole imprese usano piattaforme di collaborazione”.

Nel merito, le linee guida che come annunciato nella Strategia per il mercato Unico si fondano essenzialmente sulla Direttiva sui servizi, sulla Direttiva e-commerce, sulla legislazione europea dei consumatorie sulle pertinenti disposizioni del Trattato, si occupano, per quanto di interesse in questa sede, di tre questioni fondamentali: i requisiti di accesso al mercato dei prestatori di servizi e delle piattaforme di collaborazione; i regimi di responsabilità delle piattaforme di collaborazione e la tutela degli utenti. Le ultime due sezioni sono dedicate al il diritto dei lavoratori autonomi e subordinati ed alla fiscalità.

Le soluzioni prospettate dall’Unione Europea, almeno rispetto a siffatte problematiche si fondano essenzialmente sui seguenti principi: la necessità di una regolazione dei mercati dei servizi, sia con riferimento al modello collaborativo che ai modelli tradizionali, più flessibile introducendo e/o mantenendo requisiti di accesso solo

laddove effettivamente necessario (c.d. soft regulation); l’individuazione di specifiche responsabilità in capo alle piattaforme di collaborazione e ai prestatori di servizi, nel rispetto della normativa vigente e a condizione che agiscano in qualità̀ di professionisti; la valorizzazione di strumenti di auto-controllo che sopperiscano eventuali vuoti di tutela dell’utente fruitore come nel caso dei servizi peer to peer; l’individuazione di elementi indiziari che consentano all’interprete di comprendere se e in che misura le zone grigie possano essere ricondotte nell’ambito di applicazione del diritto vigente.

Per il Commissario Katainen, l’Europa deve saper attrarre aziende e start up e non farle fuggire. “Ci saranno sempre nuove forme di economia collaborativa. La domanda ora è se l’Europa sia aperta alle innovazioni e agli innovatori. Oppure se al contrario vogliamo mandare via le persone e le aziende dal nostro continente, soltanto perché́ vogliamo essere restrittivi e protettivi dei sistemi esistenti” , ha dichiarato Katainen, presentando le Linee guida sulla sharing economy lo scorso 2 giugno. Per Bruxelles è tempo di aprire ai regolamenti, senza però sanzionare.

Gli operatori (piattaforme online), devono essere obbligati a ottenere autorizzazioni o licenze per l’esercizio di impresa solo se strettamente necessario a soddisfare pertinenti obiettivi di interesse generale. Occorre ricorrere ai divieti assoluti di un’attività solo in ultima istanza.133

La Commissione invita gli Stati membri a uniformare le normative a questo orientamenti, si impegna a monitorare contesto normativo e sviluppi economici, seguire l’andamento dei prezzi e della qualità dei servizi, individuare ostacoli e problemi da contraddizioni e vuoti

133 Consumers Forum “Focus Europa:inserto della newsletter dialogo

aperto” Focus No.10 <http://www.consumersforum.it/europa/focus- europa/n-10/3650-la-commissione-ue-difende-uber-linee-guida-sulla- sharing-economy.html>

normativi. Katainen sottolinea che il ruolo della Commissione è di “incoraggiare un contesto normativo che permetta ai nuovi modelli imprenditoriali di svilupparsi proteggendo i consumatori e garantendo condizioni eque sia in materia fiscale che di occupazione”.

7. In ambito nazionale: la proposta di legge italiana legge