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L’importanza delle direttive europee, il Libro verde e il diritto comunitario sugli appalti pubblic

Il partenariato pubblico privato

3.3 L’importanza delle direttive europee, il Libro verde e il diritto comunitario sugli appalti pubblic

L’esigenza del settore pubblico di realizzare un’opera pubblica o di pubblica utilità in stretta collaborazione con le organizzazioni, attraverso una partnership, è stata evidenziata per la prima volta nel Libro Verde relativo ai partenariati pubblico-

privati ed al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni, emanato dalla Commissione Europea solo due anni

prima del Codice dei contratti pubblici, nel 2004, con l’obiettivo di suggerire le linee guida del fenomeno del partenariato e le modalità di intervento dei privati nella realizzazione delle opere pubbliche, nel rispetto dei principi comunitari di concorrenza e parità di trattamento108.

La Commissione Europea pose l’accento su due finalità: garantire opere e servizi pubblici, anche in situazioni di restrizione del bilancio statale, e assicurare l’utilizzo di metodologie proprie del settore privato, per poter ottenere un miglior rapporto qualità/prezzo senza pregiudizio per l’interesse pubblico.

Il Libro Verde, infatti, pur non delineando il concetto di partenariato pubblico privato a livello comunitario né come definizione, né come nomenclatura, lo riferiva genericamente a tutte le “forme di cooperazione tra le autorità pubbliche e il mondo

108 Il documento “mira a illustrare la portata delle norme comunitarie applicabili

alla fase di selezione del partner privato ed alla fase successiva, allo scopo di individuare eventuali dubbi interpretativi e di valutare se il quadro comunitario è adeguato alle sfide ed alle caratteristiche specifiche del PPP”. Secondo il Libro Verde, infatti, “qualsiasi atto sia contrattuale sia unilaterale attraverso il quale un’impresa pubblica affida la prestazione di un’attività economica ad un terzo deve essere esaminato alla luce delle norme e dei principi derivanti dal Trattato, in particolare in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi (art. 43 e 49 del Trattato CE). Tali principi comprendono in particolare i principi di trasparenza, di parità di trattamento, di proporzionalità e di mutuo riconoscimento. Inoltre, disposizioni dettagliate si applicano nei casi disciplinati dalle direttive relative al coordinamento delle procedure d’aggiudicazione degli appalti pubblici”.

delle imprese che mirano a garantire il finanziamento, la costruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di un’infrastruttura o la fornitura di un servizio”.

Esso indicava l’elemento discriminante di un contratto di partenariato rispetto ad altri strumenti proprio nella condivisione, fra soggetto pubblico e soggetto privato, del potere decisionale in merito alle scelte progettuali, nel convincimento che coinvolgendo gli attori che sul territorio costituiscono, di volta in volta, degli interlocutori rappresentativi, si possa meglio rispondere alla complessità dei contesti ed alle difficoltà dei processi decisionali, superare il modello incentrato su scelte assunte da pochi e favorire una maggior partecipazione dei destinatari finali degli interventi, organizzati e convogliati al perseguimento del bene comune109.

Il Libro Verde si preoccupava poi di individuare gli elementi essenziali del partenariato, i quali venivano così ricostruiti : a) la durata relativamente lunga della collaborazione, che implica una cooperazione tra il partner pubblico e quello privato in relazione a vari aspetti di un progetto da realizzare; b) la modalità di finanziamento del progetto, garantito da parte del privato, talvolta tramite relazioni complesse tra diversi soggetti; c) il ruolo strategico dell’operatore economico, che partecipa a varie fasi del progetto (progettazione, realizzazione, attuazione, finanziamento), mentre il partner pubblico si concentra principalmente sulla definizione degli obiettivi da raggiungere in termini di interesse pubblico, di qualità dei servizi offerti, di politica dei prezzi, garantendo il controllo del rispetto di questi obiettivi; d) la ripartizione dei rischi tra il partner pubblico ed quello privato, nel

109 Cfr. V. SESSA, Il partenariato pubblico privato, Rivista di diritto amministrativo

n. 7, 2016 in cui si legge: “L’esperienza ha dimostrato che la divulgazione di modus operandi alternativi all’intervento pubblico puro presenta considerevoli profili di efficacia ed efficienza dell’azione e, a sua volta, evidenziando le ricadute positive della collaborazione pubblico-privato, genera fenomeni emulativi e funge da traino per ulteriori esperienze in tal senso”.

quale sono trasferiti rischi di solito a carico del settore pubblico, per quanto non debba necessariamente verificarsi che il partner privato si assuma tutti i rischi, o la parte più rilevante dei rischi legati all’operazione. La ripartizione precisa dei rischi si dovrebbe invece effettuare caso per caso, in funzione della capacità delle parti in questione di valutare, controllare e gestire gli stessi110.

Il medesimo Libro Verde aveva individuato due tipi di partenariato pubblico-privato.

Il primo, quello “puramente contrattuale”, “basato

esclusivamente su legami contrattuali tra i vari soggetti. Esso definisce vari tipi di operazioni, nei quali uno o più compiti più o meno ampi – tra cui la progettazione, il finanziamento, la realizzazione, il rinnovamento o lo sfruttamento di un lavoro o di un servizio - vengono affidati al partner privato”111.

Parte della dottrina fa rientrare in questa categoria anche la concessione, considerandolo l’archetipo di ogni forma di partenariato112.

Il secondo, quello “di tipo istituzionalizzato”, fondato invece sulla cooperazione tra il settore pubblico e il settore privato attraverso la creazione di un’entità distinta ad hoc, detenuta congiuntamente tra il settore pubblico e quello privato (in genere

110 Tale approccio peraltro nel nostro ordinamento non è sempre applicabile,

basti pensare alla presenza di taluni istituti con esso incompatibili (risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta e per inadempimento, etero-integrazione e potere del giudice di ricondurre ad equità la clausola penale).

111 G. SANTI, Il Partenariato contrattuale. Assetto e dinamiche evolutive alla luce

delle direttive europee e del d.l. 90 del 2014, in Diritto dei contratti pubblici, a cura di F. MASTRAGOSTINO, Torino, 2014, 236 ss..

112 Secondo R. DIPACE, Partenariato pubblico privato e contratti atipici, cit., “Al

privato concessionario quindi, si iniziavano ad attribuire poteri consistenti nel reperimento dei fondi, nella progettazione, nella attivazione delle procedure necessarie per la realizzazione dell’opera e nella gestione della stessa. Tale istituto si rivelava vantaggioso sia per il privato che per la pubblica amministrazione. Il privato, infatti, conseguiva una remunerazione ulteriore rispetto a quella percepita per la semplice realizzazione dell’opera, consistente nei frutti della gestione. Per il partner pubblico si trattava di sopperire alle carenze di fondi ed alla assenza di personale tecnico particolarmente qualificato per fornire il servizio collegato all’opera che si intendeva realizzare.”

una società di capitali a partecipazione mista113 ), oppure attraverso il passaggio a controllo privato di un’impresa pubblica preesistente, la quale ha la “missione” di assicurare la fornitura di un’opera o di un servizio a favore del pubblico114; il modello di partenariato di tipo istituzionalizzato più diffuso è quello della società mista115.

113 È stato sottolineato da M. P. CHITI, Il Partenariato Pubblico Privato e la nuova

direttiva concessioni, cit., che «per le società miste va osservato che indubbiamente la parte pubblica e quella privata decidono di istituire un nuovo soggetto giuridico con l’intento di collaborare insieme per il raggiungimento di scopi comuni. In tale prospettiva, nulla è più vicino all’idea generica di Partenariato di un soggetto “comune” alle due parti che lo istituiscono e vi partecipano; inoltre, il privato contribuisce con il proprio apporto finanziario, il lavoro e le prestazioni necessarie. Tuttavia, in questo modulo di PPP a carattere organizzativo manca un elemento essenziale del Partenariato, quale il rischio diretto per la parte privata; non perché la partecipazione societaria sia priva di rischi, ovviamente, ma in quanto il rischio di impresa è propriamente della società e ripartito tra i soci in proporzione al peso delle relative partecipazioni. In ogni caso è del tutto diverso in queste situazioni dal rischio operativo e di disponibilità, come definito dalla giurisprudenza della Corte di giustizia e dai giudici nazionali, e come adesso disciplinato dalla direttiva concessioni. Si consideri inoltre che le società miste hanno un regime giuridico con caratteri non necessariamente identici a quelli delle società di diritto comune (talora con rilevanti discrepanze, anzi); ciò che determina una posizione dei privati differenziata rispetto al criterio generale del rischio di impresa. La circostanza che il privato sia stato scelto all’esito di una procedura ad evidenza pubblica (oggi rimangono solo limitate eccezioni a questa regola) non riequilibra la situazione ora esposta; e comunque è inconferente con l’idea di Partenariato», inoltre, «il “PPP istituzionalizzato” non pare rappresentare una categoria omogenea per la diversità delle figure soggettive che possono considerarsene parte, ed anche per il regime giuridico altrettanto differenziato di tali figure. Ma soprattutto non vi si rinvengono elementi essenziali della nozione generale di Partenariato, come definiti dallo stesso Libro Verde, ad iniziare, come detto, dalla “traslazione del rischio”».

114 C. MARCOLUNGO, Il partenariato pubblico-privato istituzionalizzato, in M. P.

CHITI (a cura di), Il partenariato pubblico-privato, Napoli, 2009.

115 Tra le principali criticità del fenomeno si evidenziano: la selezione del

partner privato, che deve avvenire nel rispetto dei principi concorrenziali della trasparenza e della parità di trattamento; la presenza di asimmetrie informative nel rapporto tra partner pubblico e privato, che determina difficoltà nell’allocazione ottimale del rischio; le c.d. contingent liabilities, legate al fatto che spesso il privato chiede garanzie ulteriori al settore pubblico con l’effetto di un impatto negativo sulla spesa pubblica; le frequenti rinegoziazioni dei contratti che comportano alti costi di transazione a carico delle pubbliche amministrazioni; infine, il c.d. rischio istituzionale o regolatorio, che contribuisce a tenere lontano i capitali stranieri. Sul tema si veda E. SCOTTI, Organizzazione pubblica e mercato: società miste, in house providing e partenariato pubblico-privato, in Dir. amm., 2005, 4, 915 ss..

Tali strumenti di partenariato hanno ricevuto l’avallo sia della Commissione sia del Parlamento Europeo, entrambi hanno escluso che le forme di partenariato non rappresentino i prodromi di un processo di privatizzazione delle funzioni pubbliche, dal momento che le sinergie tra pubblica amministrazione e soggetti privati possono generare effetti positivi per la collettività, atteggiandosi a strumento alternativo alla stessa privatizzazione116.

La Commissione ha poi riconosciuto l’utilità di tale figura117, sottolineando però, in primo luogo, che la scelta di tali forme di collaborazione con i privati deve essere effettuata perché valutata essere, nel caso concreto, la più vantaggiosa; in secondo luogo, che quando un’autorità pubblica decide di assegnare la gestione di un servizio a un terzo è obbligata a rispettare il diritto degli appalti pubblici e delle concessioni, essendo il rispetto di queste norme uno “strumento efficace per prevenire inopportuni ostacoli alla

concorrenza”118.

Come osserva lo stesso Libro Verde, il fenomeno dei PPP si è sviluppato in molti settori all’interno della sfera pubblica.

La ragione è riconducibile a vari fattori, tra cui le restrizioni di bilancio cui gli Stati membri devono fare fronte e la conseguente necessità di assicurare il contributo di finanziamenti privati al settore pubblico; contribuisce senza dubbio anche la possibilità di beneficiare dei metodi di funzionamento del settore privato nel

116 C. VOLPE, In house providing, Corte di Giustizia, Consiglio di Stato e Legislatore

nazionale. Un caso di convergenze parallele, Giustiziaamministrativa.it, 2008, “Per questo motivo l’assemblea di Strasburgo ha qualificato, senza mezzi termini, il PPP, in tutte le sue manifestazioni, come un possibile strumento di organizzazione e gestione delle funzioni pubbliche, riconoscendo alle amministrazioni la più ampia facoltà di stabilire se avvalersi o meno di soggetti privati terzi, oppure di imprese interamente controllate oppure, in ultimo, di esercitare direttamente i propri compiti istituzionali”.

117“la cooperazione tra pubblico e privato può offrire vantaggi microeconomici,

consentendo di realizzare un progetto con il miglior rapporto qualità/prezzo, mantenendo al contempo gli obiettivi di pubblico interesse”

quadro della vita pubblica e, più in generale, nell’evoluzione del ruolo dello Stato nella sfera economica, che passa da operatore diretto a organizzatore, regolatore e controllore.

In seguito al Libro verde del 2004, l’Unione Europea è tornata più volte sul tema del partenariato, senza tuttavia fornire indicazioni particolarmente vincolanti agli Stati membri.

Ad oggi pertanto non sussiste una completa disciplina comunitaria sul tema, analoga a quella degli appalti pubblici, presumibilmente per la diversità delle discipline nazionali e per la perdurante volontà degli Stati di mantenere un ruolo rilevante in materia.

La Comunicazione sui PPP e sul diritto comunitario in materia

di appalti pubblici e concessioni pubblicata il 15 novembre 2005, di

carattere esclusivamente programmatico, non ha infatti fornito concrete indicazioni normative, limitandosi a dichiarare di voler “illustrare le opzioni politiche che si presentano a seguito della

consultazione, al fine di assicurare una effettiva concorrenza nel settore dei PPP senza limitare indebitamente la flessibilità necessaria per realizzare progetti innovativi e spesso complessi”.

Nel merito, al punto 2.3.1, ha affermato che “In quanto

rientrano nell’ambito di applicazione del trattato CE, tutte le forme di PPP sono qualificabili come appalti pubblici o concessioni. Tuttavia, poiché all’aggiudicazione degli appalti pubblici e delle concessioni si applicano regole diverse, nel diritto comunitario non esiste una procedura di aggiudicazione uniforme specificamente pensata per i PPP”.

È stato così concluso, conformemente al Libro Verde, che “la

consultazione ha rivelato che i soggetti interessati sono sostanzialmente contrari ad un nuovo regime riguardante tutti i PPP contrattuali, siano essi qualificati come appalti pubblici o come

concessioni. Di conseguenza, la Commissione non intende sottoporli a procedure di aggiudicazione identiche”119.

A livello comunitario, dunque, non trovando una propria base normativa, il partenariato pubblico privato viene più che altro individuato in negativo: non costituisce un istituto giuridico distinto dall’appalto e dalla concessione, esso non è autonomamente disciplinato a livello normativo, mentre i contenuti del partenariato (appalto e concessione) trovano indicazione nelle Comunicazioni interpretative della Commissione europea essenzialmente basate sugli indirizzi giurisprudenziali della Corte di giustizia120.

Neppure il Parlamento europeo, con la Risoluzione del 26 ottobre 2006 si è spinto oltre, limitandosi a ritenere “prematura

una valutazione degli effetti delle direttive sugli appalti pubblici” e

pertanto dichiarandosi “contrario alla creazione di un regime

giuridico specifico per i PPP”, ma favorevole a “un’iniziativa legislativa nel settore delle concessioni che rispetti i principi del mercato interno e i valori soglia e preveda regole semplici per le procedure di appalto nonché un chiarimento nell’ambito dei partenariati pubblico-privati istituzionalizzati (PPPI)”.

Facendo seguito a tali affermazioni, è stata successivamente emanata la Comunicazione interpretativa sull’applicazione del

diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni ai PPP

119 Al punto 2.3.2 si afferma inoltre che non vi sarà nessuna iniziativa

comunitaria su altri aspetti specifici dei PPP “Per quanto riguarda i PPP costituiti su iniziativa del settore privato (domanda 9 del Libro verde), dalle risposte non risulta che attualmente ci sia alcuna esigenza di adottare provvedimenti a livello CE per stimolare tali forme di associazione. Si è parimenti rilevata la mancanza di interesse per iniziative comunitarie che chiariscano il quadro contrattuale dei PPP a livello comunitario (domanda 14 del Libro verde) o che chiariscano o adattino le norme sui subappalti (domanda 17 del Libro verde)”.

120 Tale atteggiamento della Commissione sarebbe motivato, secondo alcuni,

dalla pervasività delle prescrizioni che la Corte di giustizia ha posto per l’affidamento delle concessioni, cfr. M. P. CHITI, Introduzione. Luci, ombre e vaghezze, nella disciplina del Partenariato Pubblico-Privato, in Atti Convegno SPISA, 29 luglio 2005

istituzionalizzati (PPPI) del 12 aprile 2008, che rispetto a quella sul

PPP, pur riconfermando di non voler “introdurre alcuna nuova

normativa”; bensì solo criteri interpretativi dei Trattati, delle

direttive e della giurisprudenza della Corte in applicazione dei principi del Trattato (artt. 43 e 49)121 contiene indicazioni procedurali e di merito più corpose e precise.

Quanto all’oggetto della Comunicazione, la Commissione europea ha chiarito la differenza tra partenariato istituzionalizzato e il semplice conferimento di fondi122.

Per quanto attiene al processo di costituzione dei partenariati pubblico-privati istituzionalizzati, la Comunicazione tratta il tema delle modalità di costituzione e della contestuale attribuzione al partner privato dei compiti di esecuzione di lavori e/o servizi, sostenendo il principio della gara unica123.

Altro aspetto rilevante è quello della selezione dei partner privati, che può avvenire anche mediante la procedura del dialogo

121 più precisamente “non soltanto la non discriminazione e la parità di

trattamento ma anche la trasparenza, il mutuo riconoscimento e la proporzionalità”

122 “Per partenariato pubblico-privato istituzionalizzato la Commissione intende

la cooperazione tra partner pubblici e privati che costituiscono un’entità a capitale misto per l’esecuzione di appalti pubblici o di concessioni. L’apporto privato alle attività PPPI consiste, a parte il conferimento di capitali o altri beni, nella partecipazione attiva all’esecuzione dei compiti assegnati all’entità a capitale misto e/o nella gestione di tale entità. Al contrario, il semplice conferimento di fondi da parte di un investitore privato ad un’impresa pubblica non costituisce un PPPI. Di conseguenza, la presente comunicazione non contempla quest’ultima situazione”

123 “Al riguardo, la Commissione ritiene che una doppia procedura (la prima per la

selezione del partner privato del PPPI e la seconda per l’aggiudicazione dell’appalto pubblico o della concessione all’entità a capitale misto) sia difficilmente praticabile. Per costituire un PPPI in modo conforme ai principi del diritto comunitario evitando nel contempo i problemi connessi ad una duplice procedura si può procedere nel modo seguente: il partner privato è selezionato nell’ambito di una procedura trasparente e concorrenziale, che ha per oggetto sia l’appalto pubblico o la concessione da aggiudicare all’entità a capitale misto, sia il contributo operativo del partner privato all’esecuzione di tali prestazioni e/o il suo contributo amministrativo alla gestione dell’entità a capitale misto. La selezione del partner privato è accompagnata dalla costituzione del PPPI e dall’aggiudicazione dell’appalto pubblico o della concessione all’entità a capitale misto”.

competitivo, nonché della possibile variazione dei contenuti della prestazione124.

Per quanto riguarda la fase posteriore alla costituzione di un PPPI, oltre alle note indicazioni desunte dalla giurisprudenza della Corte, la Commissione si dilunga sulle possibili variazioni nel tempo delle prestazioni, affermando che i PPPI non possono, tendenzialmente, ottenere nuove concessioni o appalti pubblici senza una nuova procedura di gara.

“Tuttavia,” continua la normativa, “essendo in genere costituito per la prestazione di un servizio nell’arco di un periodo di tempo abbastanza lungo, il PPPI deve essere in grado di adattarsi ad alcune variazioni intervenute nel contesto economico, giuridico o tecnico. Le disposizioni comunitarie in materia di appalti pubblici e concessioni non impediscono di tener conto di queste variazioni, purché siano rispettati il principio di parità di trattamento e il principio di trasparenza.”

Di conseguenza, se dovesse subentrare l’esigenza di modificare determinate condizioni, in un momento successivo alla scelta dell’aggiudicatario, sarà necessario prevedere espressamente sia la possibilità di questo tipo di adeguamento che le sue modalità di applicazione nel bando di gara o nel capitolato d’oneri. Com’è facile intuire, la preoccupazione principale è quella di porre le imprese in una posizione di parità e operare in regime di trasparenza.

Da ultimo, la Comunicazione del 19 novembre 2009, intitolata “Mobilitare gli investimenti pubblici e privati per la

124 “A parere della Commissione, il principio di trasparenza impone di indicare

chiaramente nella documentazione di gara le possibilità di rinnovo o di modifica dell’appalto pubblico o della concessione aggiudicati all’entità a capitale misto e di specificare le possibilità di assegnazione di nuovi compiti. La documentazione di gara dovrebbe precisare quantomeno il numero di opzioni e le loro condizioni di applicazione. Le informazioni così fornite devono essere sufficientemente dettagliate da garantire una procedura di gara equa ed efficace”.

ripresa e cambiamenti strutturali a lungo termine: sviluppare i PPP”,

si è mossa nella stessa direzione affermando che grazie al suo quadro normativo l’Unione Europea riesce ad influenzare l’ambiente in cui operano i PPP; molte, infatti, sono le norme comunitarie che hanno ripercussioni – dirette o indirette – su questo istituto125.

La Comunicazione si conclude ribadendo l’importanza che il partenariato ha, dal momento che la crisi economica e finanziaria ostacola la disponibilità di erogazione di fondi pubblici idonei a perseguire progetti specifici o a politiche importanti.

La scelta europea di non intervenire dettando una disciplina omogenea per il partenariato pubblico privato, prevalsa in passato, si ritrova anche nelle Direttive europee in via di recepimento.

Nonostante la crescente consapevolezza della necessità di incrementare le forme di collaborazione pubblico-privato, le Direttive in oggetto si sono limitate a introdurre un blando riferimento al partenariato, più debole di quello che poteva essere auspicato.