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Imprenditorialità e innovazione

L'imprenditorialità e l'innovazione sono tra loro così legate che tendono addirittura ad essere viste come due facce della stessa medaglia.

Schumpeter (1934) vede l'imprenditore come il mediatore dello sviluppo economico grazie allo sviluppo che egli sollecita attraverso l'introduzione di innovazioni che rompono gli equilibri competitivi pre-esistenti. L'evoluzione del pensiero paleo-schumpteriano si ha quando si supera la sovrapposizione tra il concetto di imprenditorialità (intesa come capacità di innovazione) e quello di imprenditore (inteso come soggetto a cui fa capo una determinata organizzazione).

La teoria evoluzionista dello sviluppo economico (Parente, 2008) considera l'innovazione come frutto di una strategia che nasce in un ambiente caratterizzato dall'incertezza.

Quale possa essere il reale potenziale di una nuova tecnologia e quale la strategia migliore per portarla sul mercato è una questione che è soggetta ad opinioni diverse e questa diversità spiega le varie scelte effettuate dalle imprese che operano all'interno di uno stesso settore.

Audrtesch e Acs (2005) dicono che l'imprenditorialità innovativa si manifesti come un fenomeno che nasce dall'intersezione tra un passato, considerato come stock di conoscenze accumulate nel tempo, e un futuro in cui saranno possibili sviluppi e applicazioni di questa conoscenza. Nell'intersezione tra passato e futuro, l'imprenditore innovativo intravede delle opportunità da cogliere attraverso l'introduzione di nuovi processi e/o prodotti. Secondo questa logica l'imprenditore innovativo, ovvero colui che è alla ricerca di opportunità partendo da nuove tecnologie, assume un atteggiamento del tutto simile a quello dello scommettitore. Inizialmente suddivide i suoi sforzi per una molteplicità di modalità alternative di strategie di valorizzazione, per poi scegliere quella che a suo giudizio appare essere la più promettente.

Se si guarda all'innovazione in termini di un processo che si sviluppa nel tempo e si vanno a vedere le fasi iniziali in cui viene intravista un'opportunità, ci si potrebbe trovare di fronte a condizioni molto diverse tra di loro e questa differenza intrinseca è in grado di influire in maniera determinante sulla forma assunta dal processo di innovazione.

Opportunità diverse tra loro chiamano in causa criteri di analisi, metodologie di valutazione e modalità di gestione tra loro diverse (Parente, 2008).

Uno dei punti ancora oggi molto controverso fa riferimento al modo in cui si manifestano le opportunità imprenditoriali legate all'innovazione, ovvero se queste siano scoperte piuttosto che create dall'azione imprenditoriale.

Alvarez e Barney (2007) sottolineano che le due diverse prospettive sull'opportunità imprenditoriale sono alla base di due teorie sul processo imprenditoriale. Diverse sarebbero più che altro le condizioni di rischio/incertezza che sia hanno in un caso piuttosto che in un altro.

Se si assume che le opportunità imprenditoriale esistono già, il ruolo dell'imprenditore è quello di scoprire una opportunità imprenditoriale e in maniera altrettanto rapida costruire un'idea di business che sia in grado di sfruttare al meglio tale opportunità.

Comunque il concetto di un'opportunità imprenditoriale che già esiste è relativo, dal momento che non è detto che una certa opportunità sia sempre esistita, invisibile fino al momento in cui non c'è stato qualcuno in grado di individuarla: questo genere di opportunità rappresenterebbe un caso piuttosto raro.

Di solito l'opportunità imprenditoriale nasce da cambiamenti esogeni dei mercati, della tecnologia, della composizione demografica delle popolazioni e così via (Parente, 2008). È in conseguenza di questi fattori esterni che si materializzano delle opportunità imprenditoriali che qualcuno più abile di altri riesce ad individuare e a sfruttare in maniera efficace. In questa visione dell'origine dell'opportunità imprenditoriale, il punto focale risiede nel fatto che una volta che l'opportunità è emersa questa ha già una sua oggettività che la rende misurabile con il metro dell'analisi strategica e dei criteri di valutazione economico-finanziaria.

L'imprenditore razionale è teso ad una misurazione iniziale della consistenza delle opportunità imprenditoriali e una volta superata questa fase istruttoria di raccolta delle informazioni, formula una sua strategia imprenditoriale che sia in grado di sfruttare tale opportunità nel modo migliore.

Alvarez e Barney (Parente, 2008), alla teoria della scoperta contrappongono quella della creazione dell'opportunità imprenditoriale. In questo caso l'opportunità non è vista come già esistente e nemmeno indipendente dal soggetto che la persegue. Nel processo di creazione dell'opportunità, vista come endogena all'azione imprenditoriale, c'è una parte consistente di causalità e di non pianificato nei risultati a cui si giunge. Nella teoria della creazione, più che di condizione di rischio si dovrebbe parlare di incertezza fondamentale nel senso che

non si può determinare a priori la gamma di risultati a cui si potrebbe giungere. È raro che l'imprenditore riesca a vedere con chiarezza fin dall'inizio il punto di arrivo del suo percorso. Prima che il processo di creazione sia stato portato a termine, non esiste un unico punto di arrivo possibile.

Sarasvathy e altri (2005) individuano tre tipi di processi imprenditoriali che chiamano in causa diverse tipologie di processi di manifestazione dell'opportunità imprenditoriale:

1) scoperta di opportunità solo parzialmente pre-esistenti;

2) scoperta di opportunità che sono solo parzialmente pre-esistenti; 3) creazione di opportunità ex-novo.

Le opportunità facili da riconoscere sono quelle che risultano da cambiamenti oggettivi nell'ambiente economico e/o tecnologico: questa conoscibilità non fa riferimento alla certezza dei risultati che si possono avere dal perseguimento di tale opportunità imprenditoriale, ma alla possibilità di riuscire ad individuare un insieme finito di risultati possibili con le relative probabilità di accadimento. Le opportunità sono riconoscibili facilmente quando la struttura della domanda e dell'offerta è sufficientemente nota.

Le scelte strategiche dell'impresa maturano alla luce di una valutazione delle condizioni ambientali in cui queste scelte andranno a dispiegare i loro effetti. Il rischio e l'incertezza sono quindi dimensioni inevitabili nel processo decisionale. La natura di questi rischi chiama in causa diverse metodologie di valutazione e, al limite, tipologie di processi decisionali e gestionali diversi tra loro.

Bisogna fare una distinzione tra condizioni di rischio e condizioni di incertezza vera e propria.

La suddetta distinzione viene fatta in base alla possibilità o meno di disporre di informazioni circa la distribuzione delle probabilità di accadimento dei risultati che si potrebbero avere in seguito ad una scelta determinata.

Una prima situazione si ha quando le probabilità di un certo esito si possono calcolare a priori: questo accade quando è possibile una rilevazione statistica del numero di volte con si è prodotto un evento che ha un numero finito di possibili esiti.

Un'altra tipologia di situazione si ha quando una certa azione ha un numero finito di esiti possibili e si dispone di serie storiche che indicano la frequenza con cui tali esiti si sono manifestati. Più ampie sono queste serie storiche e più accurate sono le stime di probabilità statistiche che un certo evento accada.

L'ultima e terza tipologia di situazione sussiste quando non si ha a disposizione nemmeno una base per classificare gli esiti che si potrebbero originare da una certa decisione e quindi non si può effettuare nessun calcolo di probabilità, ma è necessario procedere per stime basate su valutazioni e giudizi qualitativi che trovano un fondamento prevalente nelle capacità e nell'esperienza del soggetto che è chiamato ad effettuare questo tipo di decisioni. L'imprenditore si trova a doversi confrontare con le tipologie del secondo e terzo tipo e quasi mai del primo.

Knight definisce la seconda forma come condizione di rischio, la terza come condizione di incertezza vera e propria (Parente, 2008).