• Non ci sono risultati.

La storia dell'innovazione

Può essere interessante a questo punto descrivere una breve traiettoria storica che ha portato al benessere che l'Occidente ha raggiunto negli ultimi secoli e che ancora oggi continua ad andare avanti.

In questa traiettoria, è possibile rintracciare una ricchezza di ingegno e creatività che possono dare indicazioni utili a chi oggi si cimenta con l'innovazione e, soprattutto, ai piccoli imprenditori che ne affrontano i processi.

L'uomo di tutte le epoche, fin dalle origini, è spinto a trovare soluzioni ai problemi della vita quotidiana.

L'uomo preistorico scopre il fuoco che gli permette di cucinare i cibi da cui deriva il suo sviluppo biologico, costruisce le punte di freccia per la caccia, inventa la ruota per rendere il trasporto meno faticoso e che, in natura, scopre dei materiali che gli sono utili per costruire armi e utensili che derivano dalla sussistenza.

Ma, da un punto di vista storico, lo sviluppo europeo e occidentale in campo economico, ha le sue origini nel medioevo.

Nell'opera di Weber pubblicata nel 1920, “Sociologia delle religioni” vengono analizzate le religioni orientali e al termine di questo percorso, il pensatore tedesco individua l'inizio del processo di razionalizzazione tipico dell'Occidente nel momento in cui nel Giudaismo antico si afferma il fenomeno dei profeti, in cui il Dio unico e personale si afferma sugli

idoli.

Per la prima volta nella storia, il cristianesimo e l'ebraismo introducono una fondamentale innovazione nella cultura dell'uomo, ovvero il passaggio dalla concezione circolare del tempo che era propria dell'antichità classica, ad una nuova concezione.

Pochi anni dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente (476 d.c), Benedetto da Norcia diede origine ad una nuova forma di vita che potesse reggere alla barbarie dominante. A costruire l'origine dello sviluppo economico europeo e di quei continenti che sono nati dalla cultura europea, fu il monachesimo occidentale.

Nei monasteri, l'innovazione nasce da una necessità pratica, ovvero quella che il lavoro manuale, che era necessario, non togliesse spazio alla preghiera. Quindi, partendo dall'esigenza che una delle due dimensioni fondamentali non togliesse spazio all'altra, i monaci innovarono con un'eccezionale creatività gli strumenti e i metodi di produzione agricola e dei manufatti e, secondo l'espressione di Henri Pirenne, furono gli “educatori economici” dei contadini, dei mercanti e degli artigiani (Pirenne, 1963, citato da Vignali, 2006).

Il cristianesimo, sulla scia del giudaismo, aveva superato il panteismo pagano e la natura non veniva più sacralizzata, non esistevano più gli spiriti della natura potenzialmente ostili all'uomo e le sue forze adesso potevano essere chiamate a collaborare con l'uomo nel lavoro. Secondo questa concezione il mondo creato veniva distinto da Dio e questo era il motivo per cui poteva essere accessibile all'uomo. Da qui deriva una totale fiducia nei poteri della ragione umana, che porterà l'Occidente allo sviluppo del pensiero scientifico e lo condurrà fino all'Illuminismo.

Léo Moulin descrive l'influenza della civiltà monastica sulla tecnologia e sull'economia e afferma che nel campo delle invenzioni e delle scoperte il Medio Evo occupa un posto importantissimo e ignoto. Si è assistito ad una continua corrente di innovazioni tecnologiche che non si possono paragonare con ciò che è successo in altre civiltà. Sono tutte scoperte e invenzioni importanti per il destino dell'Europa, senza le quali non è possibile spiegare la Rivoluzione Industriale del Settecento.

Alla fine del Quattrocento, l'Occidente prevale sulle altre civiltà del mondo nei capi della siderurgia, dell'armamento e della navigazione.

Nella cultura occidentale, San Benedetto introduce sia lo “spirito dell'innovazione tecnologica” (Zerubavel, 1985, citato da Vignali, 2006), sia una fondamentale innovazione

organizzativa: l'orario.

Dividendo la giornata in ore, in cui si alternano il servizio di Dio e il lavoro, si scandiscono quei ritmi che sono fondamentali nella vita economica e sociale.

Nella Regola i richiami al tempo e alle sue declinazioni sono numerosi e tra queste le più importanti per lo sviluppo dell'Occidente sono la totale attenzione a tutto e la puntualità. Una tradizione attribuisce l'invenzione dell'orologio meccanico ad un monaco, Gerberto d'Aurillac (Mumford, 1961, citato da Vignali, 2006), descritto dalle cronache del tempo come una mente molto brillante ed esperto sia nelle materie letterarie che scientifiche. Quindi, l'applicazione di metodi di pensiero quantitativi allo studio della natura ebbe la prima manifestazione nella misurazione regolare del tempo, e il concetto meccanico di questo ebbe in parte origine nelle regole di vita del monastero. Fu nei monasteri dell'Occidente che, per la prima volta, emerse il desiderio di un ordine e di un potere che non fosse quello espresso nella dominazione militare su uomini più deboli. Il monastero era la sede della vita regolare, e uno strumento che scandisse le ore era uno strumento quasi fondamentale. Ecco che l'orologio diventa lo strumento basilare della moderna era industriale. Si è così arrivati a ritenere che nella Regola di San Benedetto sia possibile scorgere tutti i valori per il buon andamento dell'impresa.

Lo studioso Moulin (Vignali, 2006) afferma che i monaci diventano gli imprenditori migliori del Medio Evo perché sono generalmente più istruiti rispetto ai contadini e ai loro signori.

I monaci sono dei buoni osservatori e, durante i loro lunghi viaggi, hanno l'occasione di conoscere e scambiare nuovi prodotti, i nuovi metodi di coltivazione e di produzione del vino, della birra e dell'olio, per poi riportare a casa le novità. I monaci sono inoltre sensibili alla varietà delle cose e molto spesso, soprattutto durante i primi secoli, vivono lontano dai centri urbani e sono quindi votati all'autarchia.

Non sempre la terra dell'abbazia è adatta alla coltivazione della vite e il clima non è necessariamente favorevole. I monaci hanno dovuto fare fronte a tutte queste difficoltà e, spinti dalla necessità, sono arrivati ad essere i migliori vignaioli d'Europa.

La stessa cosa vale per l'apicoltura, la silvicoltura, la piscicoltura, la frutticoltura e l'agricoltura.

Le attività che impegnano i monaci non sono soltanto quelle agroindustriali e culturali ma anche attività industriali come l'estrazione e il trasporto del carbone.

I monaci introducono anche delle innovazioni di processo, come ad esempio il torrente d'acqua a Clairvaux che nel XIII secolo fa girare i mulini per separare la farina dalla crusca, fornisce d'acqua gli orti, i vivai, i bagni e la cucina.

Nella maturità dell'esperienza monastica medievale la rete transazionale delle abbazie possedeva quegli elementi che la teoria economica classica riconosce propri dell'impresa (il capitale, il terreno e la forza lavoro), ma la sua forza reale era di un altro tipo e con questo si fa riferimento al capitale umano, in grado anche di inventarsi il capitale tecnologico.

Questo, ancora una volta, è affermato efficacemente dallo studioso Moulin nelle seguenti parole: “Da parte di specialisti della storia e della tecnologia, viene riconosciuto che l'invenzione tecnologica è sempre il frutto di un gruppo, della sua percezione del reale, della sua visione dell'uomo e del mondo, della sua percezione dello spazio, del suo inconscio collettivo. In altri termini: l'invenzione tecnica, l'artefatto, è una concrezione di valori socio- culturali che si affermano e si sviluppano in una data società e in una certa epoca, e non è mai un accidente fortunato […]. L'invenzione tecnologica è dunque il prodotto dell'humus di una civiltà data” (Moulin, 1991, p. 114, citato Vignali, 2006).

Questa epopea benedettina, origine dello sviluppo europeo, da un lato mette in evidenza da quale tensione umana nasca l'innovazione, e dall'altro, indica un giusto atteggiamento nei confronti della ricerca e della tecnologia. Quest'ultima è per l'uomo, ma egli non si può considerare padrone della realtà e della natura, può mettere le sue energie a disposizione del lavoro umano per renderlo più intelligente e più degno, ma non può considerare la natura, la realtà e l'altro uomo come suo possesso.

Quindi vi è un fondamento antropologico dell'innovazione e l'educazione è l'attività umana che come fine ha quello di coltivare l'uomo in ogni sua dimensione, in modo da renderlo adeguato nel rapporto con la realtà, cercandone il positivo. Senza educazione non si può avere innovazione ed essa non si spiega soltanto con la tecnologia ma risiede anche nel fatto che essa stessa è un prodotto di quella tensione dinamica che spinge incessantemente l'uomo verso un oltre.

La vera innovazione ha origine nel profondo rispetto verso se stessi, verso l'altro e verso la realtà, nella curiosità di conoscere come stanno realmente le cose e, come metodo, ha l'appassionata osservazione della realtà e l'attento ascolto verso l'altro uomo.