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Gli incentivi alla solidarietà: il contratto di solidarietà difensivo difensivo

Una delle più significative novità della riforma della CIG è data dall’aver elevato il CdS difensivo a causale autonoma di intervento dell’integrazione salariale straordinaria. Al contempo la riforma ha cercato di rivitalizzare e rilanciare l’esperienza del CdS espansivo, cui è dedicato il Titolo III del d.lgs. n. 148/2015 che si compone, invero, del solo art. 41.

I due istituti sono accomunati nella forma, in quanto si realizzano mediante una riduzione collettiva dell’orario di lavoro definita dalla contrattazione collettiva territoriale, ma si differenziano nettamente per ratio, funzione e collocazione sistematica, giacché il CdS difensivo, ancor di più dopo il d.lgs. n. 148/2015 , rientra tra gli strumenti passivi di sostengo al reddito, mentre il CdS espansivo si colloca a cavallo tra politiche passive e attive del lavoro quale misura di agevolazione del ricambio generazionale e, al contempo, del c.d. invecchiamento attivo.

Rinviando ad altro contesto tematico le riflessioni sul CdS espansivo, la particolare rilevanza attribuita al CdS difensivo nel complesso della disciplina della CIG, ne suggerisce una trattazione a sé rispetto alle altre causali già ricordate.

L’istituto del CdS difensivoa è stato recepito dalla prassi sindacale592 e tipizzato dalla legge (l. n. 863/1984593) con la funzione di “invertire” la

592 Il modello originario di tale istituto importato poi nell’ordinamento italiano, risale all’esperienza francese ove la riduzione temporanea dell’orario di lavoro concordata con i sindacati tendeva ad arginare i licenziamenti collettivi e prevedeva, a seguito del raggiungimento dell’intesa di livello collettivo, l’intervento di organi ministeriali che discrezionalmente potevano concedere un contributo economico semestrale previa verifica degli effetti occupazionali raggiunti; v. P. Ichino, Il contratto di lavoro, in A. Cicu, F. Messineo, L. Mengoni (già diretto da) - P. Shlesinger continuato da), Trattato di diritto civile e commerciale, Milano, III, 2003, 42; ID., Il tempo della prestazione nel rapporto di lavoro, Milano, II, 1985, 427; S. Plini, I contratti di solidarietà francesi, in ASAP- Notizie sindacali, 1983, 86 ss.

593 Invero il CdS ha costituito oggetto del c.d. accordo Scotti del 22 gennaio 1983 ed è stato poi legificato dal d.l. n. 726/1984, conv. in l. n. 863/1984, il cui art. 1 regolava la concessione del trattamento di integrazione salariale, in favore degli operai e degli impiegati delle imprese che avessero stipulato contratti collettivi aziendali volti a stabilire una riduzione dell’orario di lavoro al fine di evitare, in tutto o in parte, la riduzione o la dichiarazione di esuberanza del personale anche attraverso un suo più razionale impiego (CdS difensivo) e il cui art. 2 contemplava la concessione di un particolare contributo connesso alla conclusione di intese aziendali finalizzate a incrementare gli organici mediante una riduzione stabile dell'orario di lavoro, e della retribuzione, e la contestuale assunzione di nuovo personale (CdS espansivo); su cui cfr. M. Magnani, Commento sub artt. 1 e 2 della l. 863/1984, in M. Napoli (a cura di), Misure urgenti a sostegno ed incremento dei livelli occupazionali, in NLCC, 1985, 819 ss.; E. D'Avossa, I contratti di solidarietà, in E. D'Avossa, P. Dui, P.A. Varesi (a cura di), Contratti di solidarietà, formazione e part-time, Milano, 1985; G. Arrigo, I contratti di solidarietà, in M. D’Antona, R. De Luca Tamajo, G. Ferraro, L. Ventura (a cura

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logica della CIG, che opera a posteriori rispetto a forme di disoccupazione dissimulata, mediante la previsione di una misura che ex ante prevenga le crisi future accompagnando i processi di trasformazione dell’organizzazione produttiva per mezzo di un più equilibrato dimensionamento del rapporto tra ore lavorate e costo del lavoro594.

Con il CdS si realizza, per il tramite di un accordo sindacale, una forma di solidarietà tra lavoratori595 che, al fine di consentire di riassorbire le eccedenze di personale, accettano una contrazione dell’orario di lavoro, e quindi della retribuzione. Essi, in cambio, ricevono un trattamento di integrazione salariale commisurato ad una quota del trattamento economico perso, previa specifica autorizzazione emanata con decreto ministeriale596 e, in aggiunta agli ordinari versamenti contributivi, anche la contribuzione figurativa (pari nell’ammontare ai contributi dovuti sull’intera retribuzione)597.

di), Il diritto del lavoro degli anni '80, Napoli, 1988; M. Miscione, I contratti di solidarietà nell'incertezza, in QDLRI, 1995, n. 17, 138 ss.; ID., I contratti di solidarietà, in F. Carinci (a cura di), Il diritto del lavoro, cit., 159 ss.; S. Renga, Mercato del lavoro e diritto, Milano, 1996, 163 ss.; F. Liso, La galassia normativa dopo la l. 223/91, in DLRI, 1997, 28 ss.; P. Lambertucci, Crisi di impresa, cassa integrazione guadagni, contratti di solidarietà, in G. Santoro Passarelli (a cura di), Diritto e processo del lavoro e della previdenza sociale, Milano, 2000, III ed., 767 ss.

594 Così A. Tursi, Contratti di solidarietà e rapporto individuale di lavoro, in DLRI, 1988, 85 ss.; F. Santoni, I contratti di solidarietà difensivi, in E. Balletti, D. Garofalo (a cura di), La riforma della Cassa Integrazione nel Jobs Act, cit., 90; M. Miscione, Gli ammortizzatori sociali per l’occupabilità, cit., emblematicamente ricordava che i contratti di solidarietà erano stati istituiti «per togliere la punizione dell’inattività ed allo stesso tempo per evitare lo sconvolgimento del mercato si penserà di ridurre e ripartire i sacrifici».

595 Una vera e propria forma di solidarietà era rinvenibile solo nell’esperienza antecedente alla l. n. 863/1984 e cioè finché alla riduzione dell’orario di lavoro di tutti per salvare l’occupazione di alcuni non corrispondeva alcun intervento integrativo della retribuzione persa ma la perdita della retribuzione di tutti i partecipanti all’accordo; così cfr. F. Santoni, I contratti di solidarietà difensivi, cit., 89.

596 Sulla definizione del CdS difensivo cfr. L. Del Vecchio, Commento sub art. 1, L. 19 dicembre 1984, n. 863, in M. Grandi, G. Pera (a cura di), Commentario breve alle leggi sul lavoro, Padova, 2008, 990; L. Calafà, Contratti di solidarietà, in Digesto, sez. comm., agg., Torino, 2000, 200 ss.; R. Pessi, Funzione e disciplina dei contratti di solidarietà, in DLRI, 1985, 335 ss.; T. Treu, La disciplina legale dei contratti di solidarietà: riflessioni generali, in DL, I, 1985, 14 ss.; G. Pera, I contratti di solidarietà, in DLRI, 1984, 335 ss.

597 Quale ulteriore vantaggio, l’art. 1, c. 5, l. n. 863/1984, modificato dall’art. 8, c. 2-bis, d.l. n. 86/1988, conv. in l. n. 160/1988, stabiliva che «ai fini della determinazione delle quote di accantonamento relative al trattamento di fine rapporto trovano applicazione le disposizioni di cui al comma terzo dell'art. 1 della legge 29 maggio 1982, n. 297. Le quote di accantonamento relative alla retribuzione persa a seguito della riduzione dell'orario di lavoro sono a carico della cassa integrazione guadagni».

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Tale strumento funzionale alla difesa dell’occupazione in situazioni di crisi o nell’ambito dei processi di ristrutturazione è stato fortemente voluto dalle organizzazioni sindacali, ivi chiamate a svolgervi un ruolo centrale598, e tuttavia non ha goduto di grande fortuna599, in quanto ritenuto dai datori meno appetibile, sia nell’accesso che nei risultati ottenibili,rispetto alla CIGS — con cui in sostanza condivide la finalità ultima — per i più incerti esiti e i problemi connessi alla vincolatività del contratto collettivo aziendale al quale la legge affida la gestione concreta della solidarietà difensiva600.

Il CdS, poi, presentava nella previgente disciplina degli aspetti di maggior rigidità rispetto alla CIG, perché limitava la libertà dell’impresa per tutta la sua vigenza, impedendo al datore di procedere a licenziamenti, di ritornare all’orario pieno, o anche di ridurre ulteriormente l’orario, se non previa stipula di un nuovo accordo601.

Una certa diffidenza è stata riscontrata anche da parte delle stesse oo.ss., che hanno spesso preferito la strada delle CIG, in ragione forse dell’inesistenza (nel passato) di precisi limiti temporali d’utilizzo602, o forse per la difficoltà di raccogliere il consenso dei lavoratori ad una rinunzia generalizzata di parte del proprio reddito, compensata dall’intervento della CIGS ma a percentuale ridotta rispetto all’intervento standard603.

Invero, la misura negoziale preposta all’attuazione della solidarietà ne ha costituito ad un tempo la forza e il limite: per un verso, infatti, il contratto collettivo configurava, in virtù della partecipazione dei sindacati

598 Sul ruolo della contrattazione collettiva v F. Santoni, Crisi d’impresa, eccedenze di personale e misure alternative ai licenziamenti collettivi, in RIDL, 1996, I, 75 ss.

599 V. M. Magnani, Commento sub artt. 1 e 2 della l. 863/1984, cit., 819-820; M. Miscione, I contratti di solidarietà nell'incertezza, cit., 160.

600 Sul tema dei problemi connessi all’efficacia del CdS v. S. Sciarra, Contratto collettivo e contrattazione in azienda, Milano, 1985, 132; in giurisprudenza la questione era stata tuttavia chiarita ritenendo che l’accordo di riduzione dell’orario non vincolasse i lavoratori dissenzienti, a meno che non fosse invocabile il disposto dell’art. 1, l. n. 863/1984, che costituiva un’ipotesi eccezionale di efficacia generale del contratto aziendale, giustificata dai vantaggi occupazionali previsti, assistita da precise cautele e condizioni e non estensibile oltre i limiti della fattispecie considerata; così Cass. 24 febbraio 1990, n. 1403, in RGL, 1991, II, 504.

601 Cfr. E. Massi, Contratti di solidarietà difensivi: problemi e prospettive, in DPL, 2009, 10, 639; in giurisprudenza: Pret. Frosinone, 11 maggio 1987, in OGL, 1988, 224; successivamente il d.m. n. 46448/2009, ha confermato che, quando la deroga comporta una maggiore riduzione di orario, è necessaria la sottoscrizione di un nuovo contratto di solidarietà e la conseguente presentazione di nuova domanda.

602 Così P. Lambertucci, Crisi di impresa, cassa integrazione guadagni, contratti di solidarietà, cit., 767.

603 Così V. Ferrante, Recenti evoluzioni della disciplina degli ammortizzatori sociali fra sostengo alla riduzione dell’orario e generalizzazione delle tutele, in DRI, 2009, 926-927.

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aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative, una causa integrabile ulteriore e autonoma di integrazione salariale rispetto a quelle tipizzate, in quanto sganciata dalla ordinaria valutazione discrezionale degli organi amministrativi e condizionata dalla sola pattuizione preventiva con cui azienda e parti sociali si ripartivano gli oneri necessari all’autorizzazione ministeriale del trattamento integrativo604; per altro verso, però, il CdS, incidendo su diritti individuali, risentiva dei conflitti di rappresentanza legati alle contestazioni di sindacati e lavoratori dissenzienti. Esso, quindi, denotava una insufficienza del rinvio legale a garantire l’effettività dell’azione sindacale605.

Per ovviare a tale criticità, la disciplina dei CdS è stata nel tempo oggetto di una serie di interventi normativi volti ad accentuarne la convenienza al fine di promuoverne l’utilizzo nell’ambito di un maggior numero di programmi di risanamento delle imprese.

L’intento di offrire un regime di prestazioni previdenziali più favorevole rispetto a quello accordato all’intervento CIG è stato perseguito anzitutto dall’art. 13, l. n. 223/1991 che ha previsto: un esonero dal limite sull’importo massimo erogabile e dalla indetraibilità dal suo ammontare di eventuali aumenti retributivi intervenuti nella contrattazione aziendale, la possibilità di cumulare plurimi interventi integrativi salariali, compresi quelli riservati a lavoratori non ricompresi nei CdS, nonché la possibilità di richiedere nuovi trattamenti in caso di esigenze sopravvenute alla conclusione del CdS stesso606.

Anche tale tentativo non ha dato i risultati attesi, sicché la legge ha previsto ulteriori vantaggi diretti a premiare i datori e a dare nuovo slancio al CdS. In particolare l’art. 5, d.l. n. 148/1993, conv. in l. n. 236/1993, ha

604 Così F. Santoni, I contratti di solidarietà difensivi, cit., 90; ID., Crisi d’impresa, eccedenze di personale e misure alternative ai licenziamenti collettivi, cit., 76; G. Arrigo, I contratti di solidarietà, in Aa.Vv., Occupazione flessibile e nuove tipologie del rapporto di lavoro, Napoli, 1988, 150.

605 Così P. Lambertucci, La disciplina delle eccedenze di personale tra legge e contrattazione collettiva: prime riflessioni sull’art. 2, ventottesimo comma, l. 23 dicembre 1996, n. 662, in ADL, 1990, 296 ss.; L. Venditti, Autotutela sindacale e dissenso, Napoli, 1999, 200 ss.; V. Ferrante, Recenti evoluzioni della disciplina degli ammortizzatori sociali fra sostengo alla riduzione dell’orario e generalizzazione delle tutele, cit., 926; A. Allamprese, Sindacato e potere dispositivo, Bari, 2015, 111 ss.

606 V. sul punto F. Santoni, Misure alternative di reimpiego: contratti di solidarietà, part-time e anticipazione del pensionamento, contratti di reinserimento, in G. Ferraro, F. Mazziotti, F. Santoni, (a cura di), Integrazioni salariali, eccedenze di personale e mercato del lavoro, Napoli, 1992, 251 ss.; ID., I contratti di solidarietà difensivi, cit., 90 secondo cui «oggetto dell’accordo, infatti, non era da ritenersi il ricorso alla CIG ma la riduzione dell’orario di lavoro funzionale ad una più razionale distribuzione degli organici all’interno dell’azienda: con la conseguenza che l’integrazione salariale era uno strumento rivolto sia ad alleviare il sacrificio retributivo dei lavoratori sia a consentire all’impresa di superare la crisi produttiva».

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stabilito un ampliamento delle categorie di impresa beneficiarie, estendendo il campo di applicazione dell’istituto anche alle imprese non comprese nella disciplina della CIGS, ma in quella più ampia dell’art. 24, l. n. 223/1991607.

Altresì, sono state create due ipotesi aggiuntive di CdS con disciplina in parte diversa (c.d. CdS di tipo «B» e «C»), riconoscendo in questi casi al datore un contributo pari ad un quarto del monte retributivo che sarebbe stato altrimenti dovuto in assenza della riduzione dell’orario (ed un eguale contributo venne parimenti previsto per i lavoratori).

In particolare il CdS, c.d. di tipo B, era rivolto ad ambiti produttivi diversi da quelli di cui al tipo A che presentavano gravi crisi occupazionali, ad imprese artigiane con meno di 15 dipendenti (a condizione della garanzia aggiuntiva di interventi da parte di fondi o enti bilaterali istituti da contratti collettivi stipulati dai sindacati maggiormente rappresentativi), nonché in ipotesi di licenziamenti individuali plurimi nelle imprese con meno di 15 dipendenti608.

La stessa diposizione, inoltre, per il CdS di tipo A (quello originario), ha determinato un aumento della misura del trattamento di integrazione concesso ai lavoratori (elevato al 75%); la possibilità di prevedere riduzioni annuali dell’orario e di incrementare l’orario inizialmente fissato; una riduzione della contribuzione previdenziale ed assistenziale dovuta dal datore.

Altre misure incentivanti sono state poi disposte dalla l. n. 2/2009609

in materia di ammortizzatori sociali in deroga, che ha introdotto una maggiore flessibilità nella modulazione dell’orario dei lavoratori in CdS e nei parametri di congruità della percentuale di riduzione d’orario su base settimanale, nonché la possibilità di svolgere lavoro straordinario anche per i lavoratori in solidarietà in caso di comprovate sopravvenute esigenze dell’attività produttiva610.

607 V. sul punto M. Miscione, I contratti di solidarietà nell’incertezza, in QDLRI, 1995, 17, 133 ss.; F. Liso, La galassia normativa dopo la l. 223/91, cit. 28 ss.

608 V. Ferrante, Recenti evoluzioni della disciplina degli ammortizzatori sociali fra sostengo alla riduzione dell’orario e generalizzazione delle tutele, cit., 935 ss. secondo cui tale ipotesi non deve considerarsi tanto come una modifica del campo di applicazione della disciplina dei licenziamenti collettivi, in ragione della presenza di insormontabili vincoli comunitari, quanto piuttosto una prima forma di ammortizzatore sociale ad estensione generalizzata, seppur cofinanziato.

609 Come integrato dal d.m. n. 46448 del 10 luglio 2009.

610 Su cui v. F. Liso, Gli ammortizzatori sociali. Percorsi evolutivi e incerte prospettive di riforma, cit., 13 ss.; D. Garofalo, Strumenti di flessibilità alternativi alle riduzioni del personale (il contratto di solidarietà difensivo), in ADL, 2010, 353 ss.; V. Ferrante, Recenti evoluzioni della disciplina degli ammortizzatori sociali fra sostengo alla riduzione dell’orario e generalizzazione delle tutele, cit., 927 ss.; E. Massi, Contratti di solidarietà difensivi: problemi e prospettive, cit., 635 ss.; M. Marrucci, Contratti di solidarietà: così le istruzioni del Ministero, in GL, 2009, n. 26; M. Lai, I contratti di solidarietà, in DPL, 2009, 759 ss.

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Successivamente il d.l. n. 34/2014611, intervenuto essenzialmente sul tema della ripartizione delle risorse, ha puntato ad una razionalizzazione dei criteri di legittimazione e di commisurazione dell’agevolazione contributiva in favore dei datori di lavoro beneficiari612.

È, però con l’attuale disciplina che il CdS difensivo subisce una vera e propria trasformazione, perché cessa di essere uno strumento di gestione della crisi613 ed assurge nel d.lgs. n. 148/2015 (come anticipato) a causale dell’intervento CIGS, al pari della riorganizzazione e della crisi aziendale, rispetto alle quali, tuttavia, assume una posizione privilegiata614.

In proposito è stato opportunamente osservato come, nella disciplina riformata, l’intervento della CIGS si giustifica in extremis, sulla falsariga del criterio della legge delega615 che ne chiede l’attivazione solo a seguito di esaurimento delle possibilità contrattuali di riduzione dell’orario di lavoro, innestandosi entro un percorso agevolato di riduzione del tempo di lavoro, concordate a livello individuale e talvolta prima ancora collettivo616.

Indicative della rilevanza del CdS rispetto alle altre causali sono le previsioni che espressamente ne differenziano la disciplina in tema di computo della durata massima degli interventi, di accollo del TFR in capo all’Inps, di accesso agli sgravi contributivi e di oneri procedurali nei confronti dei sindacati.

611 V. art. 5, d.l. n. 34/2014 conv. in l. n. 78/2014 (c.d. Jobs Act I), che ha modificato le disposizioni di cui alla la l. n. 608/1996 in tema di CdS di tipo A.

612 V. Maio, Le modifiche ai contratti di solidarietà apportate dal d.l. n. 34 del 2014 (cd. Decreto Poletti) e dalla legge di conversione n. 78 del 2014, in ADL, 2014, 4-5, 956 ss.

613 Così D. Garofalo, La nuova disciplina della cassa integrazione guadagni, cit., 122, in merito alle agevolazioni contributive accordate ai datori di lavoro che abbiano stipulato o abbiano in corso alla data del 15 settembre 2015 CdS ex art. 1, l. n. 863/1984, v. d.i. n. 17981 del 14 settembre 2015, e circ. Min. lav. n. 25 del 12 ottobre 201; per tali contratti inoltre l’art. 2-quater, d.l. n. 210/2015, conv. in l. n. 21/2016, ha previsto la reiterazione per tutto il 2016 dell’elevazione della misura della integrazione salariale al 70% della retribuzione in luogo di quella standard al 60%.

614 S. Spattini, Contratti di solidarietà, al via massimale e contributo addizionale, in ID., (a cura di), Cassa integrazione, la nuova disciplina dopo il decreto di riordino degli ammortizzatori sociali, Milano, 2015, 56, parla a tal proposito di «opzione principale di accesso all’intervento straordinario»; F. Santoni, I contratti di solidarietà difensivi, cit., 92, la ritiene invece «quanto meno l’ipotesi privilegiata fra le misure alternative alla riduzione di personale propedeutica alla percorribilità delle restanti causali».

615 V. art. 1, c. 2, lett. a), n. 3, l. n. 183/2014 che stabiliva la «necessità di regolare l’accesso alla cassa integrazione guadagni solo a seguito di esaurimento delle possibilità contrattuali di riduzione dell’orario di lavoro, eventualmente destinando una parte delle risorse attribuite alla cassa integrazione a favore dei contratti di solidarietà».

616 V. A. Occhino, Il sostegno al reddito dei lavoratori in costanza di rapporto tra intervento pubblico e bilateralità, cit., 509.

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Su tale ultimo aspetto si rendono necessarie alcune osservazioni. Nell’ambito dell’art. 24, d.lgs. n. 148, che disciplina gli oneri di informazione e consultazione sindacale per le imprese che intendano richiedere la CIGS, emerge la peculiarità del CdS, in relazione al quale il legislatore, come in passato, continua a non istituzionalizzare alcun procedimento. La ragione di tale diversità risiede nel fatto che l’accordo sindacale costituisce già per la mera esistenza del CdS un passaggio obbligato, e non anche, come per le altre casuali, una mera condizione d’accesso al trattamento di integrazione salariale, con l’effetto di rendere superflua una procedimentalizzazione del confronto con le parti collettive. In altri termini, se nel caso di CIGS per riorganizzazione e crisi aziendale la consultazione con i soggetti collettivi è obbligatoria, ma la conclusione di un accordo resta eventuale617, nel caso del CdS l’effettiva stipulazione dell’intesa costituisce presupposto costituivo e indefettibile della sua stessa esistenza.

Ciò, chiaramente, non incide sulla possibilità di addivenire all’accordo sindacale di solidarietà difensiva anche nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo, di cui anzi il CdS costituisce un’alternativa tipica.

Tra le questioni che devono essere oggetto di esame congiunto con le parti sociali, l’art. 24, c. 3, pone anche «le ragioni che rendono non praticabili forme alternative di riduzioni di orario». Tale riferimento è stato interpretato dalla dottrina618 come comprensivo non solo del CdS, ma più in generale di tutte le modalità di riduzione temporanea dei tempi di lavoro comunque realizzabili per il tramite della contrattazione619. Detto adempimento, inoltre, viene qualificato non come condicio iuris per l’accesso alla CIGS, bensì come mero passaggio procedurale oggetto di un dovere delle parti di dar corso ad una preventiva ed effettiva ricerca delle possibili riduzioni d’orario, senza che la loro praticabilità in senso tecnico/giuridico sia però d’ostacolo all’accesso al trattamento di CIGS; in tal modo si esclude che il sindacato sia investito di un potere d’interdizione rispetto al riconoscimento della CIGS620.

Allo stesso modo deve essere intesa anche la previsione di cui al successivo c. 4 dell’art. 24, secondo cui le imprese intenzionate a richiedere la CIGS per la causale di riorganizzazione o crisi aziendale devono espressamente dichiarare, nel corso dell’esame congiunto con le parti collettive, la non percorribilità della causale di CdS (eccezion fatta per le richieste di trattamento presentate da imprese edili e affini). In tal modo,

617 In giurisprudenza v. T.A.R. Brescia, Lombardia, sez. I, 1° agosto 2016, n. 1080; Cass., 21 luglio 2014, n. 16517.

618 Cfr. E. Balletti, La riforma degli ammortizzatori sociali alla luce del disegno di legge delega 3 aprile 2014, n. 1428 Senato, cit., 17; C. A. Nicolini, Il riassetto delle discipline della cassa integrazione, cit., 60 ss.

619 Così C. A. Nicolini, La nuova disciplina della cassa integrazione guadagni, cit., 19, porta ad esempio la fruizione collettiva di parte di permessi annui retribuiti, ex art. 5, Sez. IV, Tit. III, CCNL metalmeccanici.

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la dichiarazione funge quasi da condizione ostativa del ricorso alle altre due causali621, nel senso che essa deve giungere all’esito di una seria discussione sulla opportunità di concludere un CdS, ma non anche che ove