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Le proposte di riforma del sistema degli ammortizzatori sociali

A seguito dell’adozione dei suddetti interventi normativi che hanno inciso, e finanche snaturato l’originario impianto della l. n. 223/1991234, furono avanzate numerose proposte di riforma235, formulate con l’intento di promuovere il riordino e la razionalizzare del sistema degli ammortizzatori sociali. La necessità di una tale riforma complessiva fu condivisa dai Governi e dagli interpreti che ne auspicarono l’attuazione sin dalla seconda metà degli anni ’90236 sul presupposto che l’impianto regolativo allora vigente fosse irrazionale e squilibrato, e quindi iniquo,

233 Evidenzia tale criticità F. Liso, L’unitas multiplex delle regole del mercato del lavoro, in LD, 1992, 495 ss.; ID., I trattamenti di disoccupazione. Riflessioni critiche, cit., 339 ss.

234 Così F. Liso, Brevi appunti sugli ammortizzatori sociali, in Aa. Vv., Studi in Onore di Edoardo Ghera, Bari, 2008, 597 ss.; ID., Gli ammortizzatori sociali, Percorsi evolutivi e incerte prospettive di riforma, in P. Curzio (a cura di), Ammortizzatori sociali. Regole, deroghe, prospettive, cit., 23-24 secondo cui, in particolare gli anni ’90, «vanno ricordati come gli anni della disattivazione della riforma e della ricerca affannosa di nuove strade».

235 Per una panoramica sui progetti di riforma che si sono susseguiti dal 1997 al 2003 cfr. U. Carabelli, Organizzazione del lavoro e professionalità: una riflessione su contratto di lavoro e post-taylorismo, in DLRI, 2004, 1 ss.; R. Garofalo, Ammortizzatori sociali e occupabilità, in DRI, 2006, 3, 671 ss.; C. De Marco, Gli ammortizzatori sociali tra vecchie e nuove proposte, in RIDL, 2009, 4, 555 ss.; S. Giubboni, Struttura ed evoluzione del sistema previdenziale italiano: note di ricerca, cit.

236 Per una ricostruzione delle proposte di riforma cfr. oltre a F. Liso, Brevi appunti sugli ammortizzatori sociali, cit.; M. Tiraboschi, Il quadro degli ammortizzatori sociali: spunti per un progetto di riforma, in ID, La riforma Biagi del mercato del lavoro, Milano, 2004, 1105 ss.; D. Garofalo, La riforma degli ammortizzatori sociali tra continuità e discontinuità, in PAPP, 2005, I, 35 ss.; ID., L’iniziativa legislativa in tema di mercato del lavoro nel decennio 1991-2001, in DRI, 2006, 1087 ss.; ID., La riforma degli ammortizzatori sociali: l’ipotesi “neocostituzionalista”, in DRI, 2008, 957 ss.; L. Guerzoni (a cura di), La riforma del welfare – Dieci anni dopo la «Commissione Onofri», Bologna, 2008; C. De Marco, Gli ammortizzatori sociali tra vecchie e nuove proposte, in RIDL, 2009, I, 555 ss.; A. Di Stasi, Gli ammortizzatori sociali tra “il cielo delle idee” e le più recenti novità legislative. Una introduzione, in RGL, 2011, I, 339 ss.

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sotto i plurimi profili dei requisiti di eleggibilità, della durata e dell’ammontare dei benefici237.

L’esigenza di una riforma fu formalizzata, in primis, nell’ambito della relazione della Commissione Onofri del 28 febbraio 1997, in senso alla quale fu ideato un impianto normativo improntato ad un razionale ed equo sistema universalistico di protezione dei lavoratori sia in caso di sospensione temporanea che di cessazione del rapporto di lavoro, fondato su tre livelli di intervento238.

Sul primo livello avrebbe dovuto attestarsi la tutela per i casi di sospensione temporanea del lavoro, mediante la previsione di un meccanismo analogo a quello della CIG, con tasso di copertura del 70% e connotato da una logica assicurativa, cioè con allocazione dei costi in capo alle categorie beneficiarie (datori di lavoro e lavoratori, con percentuali differenziate da ripartire sulla base di accordi) e con prestazione di durata limitata in un determinato arco di tempo (12-18 mesi nell’arco di 5 anni), correlata (entro certi limiti) alla contribuzione versata.

Il secondo livello, chiamato ad intervenire nelle ipotesi di perdita del posto di lavoro, avrebbe dovuto sostituire i trattamenti di disoccupazione sia ordinari che speciali, le integrazioni salariali straordinarie e l’indennità di mobilità, fondandosi anch’esso su una base assicurativa, eventualmente integrata dalla fiscalità generale. La prestazione, di ammontare decrescente (salvo i temperamenti derivanti da situazioni particolari quali i carichi familiari e l’età), avrebbe dovuto presentare un collegamento con l’ammontare dei contributi versati ed essere subordinata ad un forte nesso con le politiche attive offerte dagli uffici per l’impiego e con la disponibilità del lavoratore ad accettare congrue offerte di lavoro.

In terza ed ultima istanza, avrebbe dovuto collocarsi un intervento di carattere assistenziale, accessibile solo a seguito dell’esaurirsi delle precedenti prestazioni.

Da ultimo, la Commissione auspicava un trattamento puramente assistenziale quale il reddito minimo vitale da erogare in favore dei

237 In tal senso v. M. Novella, Art. 46, 1° co., lett. a). Differimento di termini per l’esercizio di deleghe in materia di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, incentivi all’occupazione e apprendistato e di occupazione femminile, in L. Nogler, M. Marinelli (a cura di), La riforma del mercato del lavoro. Commento alla legge 4 novembre 2010, n. 183, Milano, 2012, 440 ss.; G. Gentile, La riforma degli ammortizzatori sociali, in M. Cinelli, G. Ferraro (a cura di), Lavoro, competitività, welfare. Commentario alla legge 24 dicembre 2007, n. 247, Torino, 2008, 512 ss.; F. Liso, Gli ammortizzatori sociali. Percorsi evolutivi e incerte prospettive di riforma, in P. Curzio (a cura di), Ammortizzatori sociali. Regole, deroghe, prospettive, cit., 15; S. Spattini, M. Tiraboschi, Ammortizzatori sociali: istruzioni per l’uso dopo le misure anticrisi, in GL, 2009, 18, 12; G. G. Balandi, La tutela sociale nel mercato, in LD, 2007, 612 ss.; R. Pessi, Gli ammortizzatori in deroga: persistenza o fine del modello assicurativo?, in RDSS, 2010, 325 ss.

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soggetti in condizioni di particolare bisogno, legato alle più generali politiche assistenziali e mirato al reinserimento lavorativo239.

Stante l’inattuazione di tale schema riformatore sono state successivamente avanzate altre proposte, parimenti non portate a compiuta realizzazione, quali quella del 1999 contenuta in un’apposita delega al Governo (I delega)240 e quelle contenute nel Libro Bianco sul mercato del lavoro del 2001241, nel Patto per l’Italia del 2002, nel d.d.l. AS n. 1674/2002242 e nel d.d.l. AS 848-bis/2003 (II delega)243, mai approvati in Parlamento.

In luogo di una sistematica e completa riorganizzazione della materia si è, piuttosto, assistito ad una successione di provvedimenti che, sempre “in attesa della riforma organica”244, hanno sì consentito alcuni

239 Non può mancare di notarsi, seppur incidentalmente, come i contenuti della Riforma Onofri siano stati ripresi e rivitalizzati dai d.lgs. nn. 22 e 148 del 2015, su cui v. infra.

240 V. art. 45, c. 1, l. n. 144/1999, su cui v. F. Liso, Brevi appunti sugli ammortizzatori sociali, cit., che ne diede un giudizio di eccessiva genericità; M. Miscione, La revisione degli incentivi all’occupazione e degli ammortizzatori sociali, in DPL, 1999, 41, 2867 ss.; nello specifico, per la disoccupazione cfr. N. Paci, L’indennità di disoccupazione: il punto della situazione, in LG, 2001, 4, 326 ss.

241 Ministero del Lavoro, Libro Bianco sul mercato del lavoro in Italia (Proposte per una società attiva e per un lavoro di qualità), Roma, ottobre 2001; su cui v. M. Miscione, La delega in materia di ammortizzatori sociali, in F. Carnici, M. Miscione (a cura di), Il diritto del lavoro dal “Libro Bianco” al Disegno di legge delega 2002, Milano, 2002, 49 ss.

242 Sulle proposte avanzate nei primi anni del nuovo millennio cfr. i contributi contenuti in G. Alleva, E. Balletti, U. Carabelli, A. Di Stasi, N. Forlani, F. Liso, M. Paci (a cura di), Tutela del lavoro e riforma degli ammortizzatori sociali, cit.,; in particolare P. G. Alleva, Il tema della tutela del lavoro e la riforma degli ammortizzatori sociali, 3 ss.; E. Balletti, La tutela del lavoro e degli ammortizzatori sociali nel disegno di riforma del secondo Governo Berlusconi, 11 ss.; U. Carabelli, Dagli ammortizzatori sociali alla rete integrata di tutele sociali: alcuni spunti per una riforma del welfare, 39 ss.; A. Di Stasi, Questione metodologica e principio di solidarietà negli ammortizzatori sociali, 57 ss.; N. Forlani, Ammortizzatori sociali e flessibilità del lavoro: un equilibrio necessario, 99 ss.; F. Liso, Il problema della riforma degli ammortizzatori sociali nell’iniziativa del Governo, in 115 ss.

243 Su cui cfr. F. Liso, C. Lagala, La riforma degli ammortizzatori sociali nel disegno di legge del Governo (A.S. 848-bis), in RDSS, 2003, 675 ss.

244 Tale formula è stata ritualmente inserita in ogni previsione normativa di natura derogatoria all’impianto originario della l. n. 223/1991 a partire dall’art. 2, c. 28, l. n. 662/1996, tanto che E. Gragnoli, Gli strumenti di tutela del reddito di fronte alla crisi finanziaria, Relazione al XVII Congresso nazionale Aidlass, Il diritto del lavoro al tempo della crisi, Pisa, 7-9 giugno 2012, dattiloscritto, 15, rievocava al proposito le grida di manzoniana memoria.

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aggiustamenti del sistema, ma hanno anche alimentato quello, parallelo e non minore per ampiezza e rilevanza, dei c.d. ammortizzatori in deroga245.

Sul versante dei trattamenti di disoccupazione, si è assistito ad un’evoluzione lenta e graduale246, a tratti caotica in quanto adottata per lo più per far fronte ad emergenze contingenti e incapace di rispondere ad una logica di sistema247.

Così, accanto alle previsioni che nel corso degli anni ’90 elevarono la misura dell’indennità ordinaria248, altre, successive, hanno inciso sull’ambito soggettivo di applicazione dei trattamenti sia ordinario che a requisiti ridotti. In tale ultimo senso si orientò la disposizione che escluse il diritto al trattamento di disoccupazione in caso di dimissioni249 in tal modo dilatando il requisito della involontarietà della disoccupazione sino a includervi, oltre alla disponibilità del lavoratore ad offrire la propria prestazione sul mercato del lavoro250, anche le ragioni che ne avevano determinato lo stato di disoccupazione251.

All’opposto, un altro intervento attribuì il diritto al trattamento di disoccupazione anche nel caso di sospensione dell’attività lavorativa «in conseguenza di situazioni aziendali dovute ad eventi transitori, ovvero determinate da situazioni temporanee di mercato» nei settori non

245 Tale espressione fu utilizzata per la prima volta da F. Liso, La gestione del mercato del lavoro: un primo commento alla l. n. 223 del 1991, in LI, 1992, suppl. n. 12, 10, con riferimento al superamento del c.d. tetto cumulativo previsto dall’art. 1, c. 9, l. n. 223/1991; con questa espressione per D. Garofalo, Gli ammortizzatori sociali in deroga, Milano, 2010, 3, si intende un «apparato strumentale di tutele, non solo passive, che si differenzia dal sistema ordinario qualitativamente e quantitativamente».

246 Così F. Liso, Il “nuovo” trattamento di disoccupazione, in RDSS, 2013, 1, 1 ss., che ne riconduce il motivo principalmente a ragioni di sostenibilità finanziaria.

247 Così F. Liso, Brevi appunti sugli ammortizzatori sociali, cit.; v. anche P. Bozzao, La tutela previdenziale del lavoro discontinuo. Problemi e prospettive del sistema di protezione sociale, Torino, 2005, 99, che parla di «misure ancora sporadiche ed incerte, non riconducibili ad un complessivo disegno riformatore di tutela della discontinuità lavorativa».

248 La percentuale di commisurazione dell’importo del trattamento alla retribuzione è stata dapprima portata al 15% (art. 1 d.l. n. 188/1991, conv. in l. n. 169/1991), poi al 25% (art. 6, c. 17-ter, l. n. 236/1993) al 27% e al 30% (art. 3, c. 1, d.l. n. 299/1994, conv. in l. n. 451/1994) e al 40% (art. 78, l. n. 388/2000).

249 V. art. 34, c. 5, l. n. 448/1998.

250 Comprovata dall’iscrizione nella prima lista del collocamento e, dopo la soppressione delle liste, dalla dichiarazione di immediata disponibilità ai sensi del d.lgs. n. 181/2000.

251Sul punto v. F. Liso, op. ult. cit. secondo cui la disposizione, che pur poteva apparire coerente con la matrice assicurativa dell’istituto, ha finito per incidere sugli spazi di libertà del lavoratore, penalizzandolo ove avesse voluto sciogliere il vincolo contrattuale per cercare un’altra occupazione più confacente alle proprie aspirazioni.

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rientranti nel campo di applicazione della CIG252. Un’analoga disciplina fu istituita per il settore artigiano, ove fu prevista la corresponsione del trattamento con requisiti ridotti «subordinatamente ad un intervento integrativo pari almeno alla misura del venti per cento a carico degli enti bilaterali previsti dalla contrattazione collettiva o alla somministrazione da parte degli stessi enti di attività di formazione e qualificazione professionale, di durata non inferiore a centoventi ore»253.

Sempre nell’ottica di una maggiore inclusività del sistema, i trattamenti furono estesi a favore di alcune categorie di soggetti che ne erano esclusi quali i lavoratori soci delle cooperative di lavoro254 e i lavoratori dipendenti da aziende che garantivano la stabilità dell’impiego255.

Quanto alla disciplina della CIG, tra gli interventi più significativi, deve essere ricordata la nascita degli ammortizzatori «in deroga alle leggi»256 e cioè la possibilità mediante semplice decreto ministeriale (del Ministro del Lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica) di disporre proroghe in deroga di trattamenti di «sussidiazione salariale» già previsti da disposizioni di legge, sussidiazioni del reddito in deroga alle disposizioni vigenti in materia di ammortizzatori sociali per la gestione di crisi occupazionali ovvero del reimpiego dei lavoratori in esse coinvolti, sussidiazioni del reddito con particolare riferimento ai settori non rientranti nel campo di applicazione degli interventi CIGO, in relazione a riduzioni, sospensioni e cessazioni di attività lavorativa connesse alla crisi derivante dalla c.d. “mucca pazza”, con riconoscimento dei periodi di contribuzione figurativa257.

252 V. art. 13, c. 7, d.l. n. 35/2005, conv. in l. n. 80/2005, non applicabile ex c. 9 «ai lavoratori dipendenti da aziende destinatarie di trattamenti di integrazione salariale, nonché nei casi di contratti di lavoro a tempo indeterminato con previsione di sospensioni lavorative programmate e di contratti di lavoro a tempo parziale verticale».

253 V. art. 13, c. 8, d.l. n. 35/2005, conv. in l. n. 80/2005, che ha attribuito una misura aggiuntiva rispetto a quella già disposta dalla contrattazione collettiva del settore artigiano sul finire degli anni ’80, allorquando non godendo quel settore della cassa integrazione, era stato costruito un equivalente funzionale della stessa, fondato sulla combinazione del trattamento di disoccupazione con una somma erogata dall’ente bilaterale, su cui v. amplius D. Garofalo, La riforma degli ammortizzatori sociali tra continuità e discontinuità, cit. e ID., La riforma degli ammortizzatori sociali: l’ipotesi “neocostituzionalista”, cit.

254 V. art. 24, c. 2, l. n. 196/1997.

255 V. art. 20, c. 4, d.l. n. 112/2008, conv. in l. n. 133/2008.

256 Così M. Miscione, Gli ammortizzatori sociali per l’occupabilità, in Atti delle giornate di studio di diritto del lavoro sul tema “Disciplina dei licenziamenti e mercato del lavoro”, Venezia, 25-26 maggio 2007, Milano, 2008 135 ss.; ma in proposito cfr. D. Garofalo, La cassa integrazione guadagni, cit., 2049-2050 e 2228 ss.; F. Liso, Gli ammortizzatori sociali. Percorsi evolutivi e incerte prospettive di riforma, cit., 11 ss.

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Tali ammortizzatori in deroga furono confermati ed ampliati con la legge finanziaria per il 2002258 e da allora sono stati sempre riproposti da ogni legge finanziaria (almeno sino al 2007, per il periodo successivo v. infra)259.

Il sistema delle deroghe, rimasto sostanzialmente invariato dal 2001 in poi, consentiva al potere amministrativo di erogare, attingendo alle risorse della fiscalità generale trattamenti di sostegno al reddito nelle situazioni da esso ritenute meritevoli di protezione. L’esercizio di tale potere era affidato al Ministro del Lavoro che, di concerto con il Ministro dell’economia, poteva concedere «in deroga alla vigente normativa» - e quindi con facoltà di discostarsi da qualunque disposizione di legge relativa sia all’ambito di applicazione che alla durata - i trattamenti di CIGS, di mobilità e di disoccupazione speciale per l’edilizia, anche senza soluzione di continuità, sulla base di meri accordi, da assumere in sede governativa, ma con la necessaria partecipazione sindacale, che predisponessero programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali ovvero al reimpiego di lavoratori interessati260.

In attuazione di questo generale potere di deroga alla legge, i decreti interministeriali hanno così, ad esempio, riportato in vita la norma, abrogata261, che consentiva l’utilizzo degli ammortizzatori per interi settori o località, estendendoli ad imprese che ex lege ne erano escluse, selezionate, appunto, in ragione del settore o della località di appartenenza262. Sempre in deroga, è stata “riattivata” la c.d. mobilità lunga263.

258 V. Art. 52, c. 46, l. n. 448/2001.

259 V. art. 41, c. 11, l. n. 289/2002 (legge finanziaria per il 2003); art. 3, c. 137, l. n. 350/2003 (legge finanziaria per il 2004); art. 1, c. 155, l. n. 311/2004 (legge finanziaria per il 2005); art. 1, c. 410, l. n. 266/2005 (legge finanziaria per il 2006); art. 1, c. 1190, l. n. 296/2006 (legge finanziaria per il 2007).

260 Sul punto si veda la dettagliata ricostruzione operata da M. Miscione, op. ult. cit., che ricorda anche come i suddetti accordi prevedessero un esame da parte del sindacato in caso di concessione delle mobilità “lunghe”, ovvero un vero e proprio accordo per la CIG, i CdS e la mobilità ordinaria, che imponeva una gestione comune, con diritto di veto dei sindacati; l’A. ricorda inoltre come i trattamenti in deroga fossero ammessi solo per le necessità verificatesi nei primi mesi dell’anno e ciò al fine di poter effettuare una selezione delle domande e rispettare così i limiti programmati di finanziamento e cioè i limiti di bilancio previsti dalle leggi che autorizzavano le deroghe, che generalmente erano non solo capienti, ma, in caso d’insufficienza, erano anche soggetti a rifinanziamento nell’anno successivo, così evitando ogni censura di illegittimità che sarebbe potuta derivare dall’esclusione dalle prestazioni di soggetti nelle medesime condizioni.

261 V. art. 1, n. 2, lett. b), l. n. 164/1975, abrogato dall’art. 8, d.l. n. 86/1988, conv. in l. n. 160/1988.

262 V. ad es. nel settore tessile-abbigliamento: D.I. 1° luglio 2006, n. 36449 per i dipendenti di artigiani e di imprese fino a 15 dipendenti; D.I. 10 agosto 2005 n. 36889 per il settore abbigliamento, tessile e calzature nella provincia di Pisa per gli anni 2005 e 2006; D.I. 1° luglio 2005 n. 36450 per il settore abbigliamento,

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Accanto a tali deroghe da concedersi con decreto interministeriale, vi furono poi numerose deroghe disposte dalla legge, tra cui ad esempio quella che ha disposto l’estensione degli interventi CIGO in favore delle imprese industriali che svolgevano attività produttiva di fornitura o subfornitura di componenti, di supporto o di servizio, a favore di imprese operanti nel settore automobilistico (si trattava di un provvedimento pensato in occasione di una crisi della Fiat affinché potesse beneficare dell’integrazione salariale anche il relativo indotto)264; quella che, nell’ambito della legge finanziaria per il 2007, confermò le concessioni in deroga effettuate con decreti interministeriali nei settori del commercio con più di 50 dipendenti, turismo, vigilanti e portuali.

In questo “labirinto”265 di regole e deroghe, la necessità di una riforma diventò sempre più indilazionabile, tanto da essere riproposta nel Protocollo tra Governo e parti sociali del 23 luglio 2007 e poi formalmente recepita nella l. n. 247/2007266 (III delega), il cui articolo unico ai commi 28 e 29 attribuì delega al Governo - da attuare entro i 12 mesi successivi - tessile-maglieria, pelli-calzature e oreficeria della provincia di Arezzo; v. per gli ammortizzatori in deroga rivolti ad interi settori e/o località ad esempio: D.I. 34088 del 25 maggio 2004 per gli spedizionieri doganali del Friuli – Venezia Giulia e pelli, cuoio e calzature del distretto produttivo Fermano-Maceratese delle Marche; D.I. 23 maggio 2005 n. 36189 per i settori moda, oreficeria, occhialeria e della ceramica delle aziende ubicate nella regione Veneto; D.I. 24 novembre 2005 n. 37402 per il settore lapideo della provincia di Massa-Carrara e Lucca; D.I. 23 novembre 2005, n. 37401 per il settore autotrasporto, legno e meccanica operanti nel Friuli-Venezia Giulia; D.I. n. 38659 del 16 maggio 2006 per il settore della componentistica metalmeccanica per auto e cartario della regione Sardegna e crisi occupazionale della provincia di Nuoro.

263 V. in merito art. 1, c. 1189, l. n. 296/2007 che ha riaperto nel 2007 le c.d. mobilità lunghe ex art. 7, cc. 6 e 7, l. n. 223/1991, art. 1-bis, d.l. n. 23/2003, conv. in l. n. 81/2003.

264 V. art. 41, cc. 9-11, l. n. 289/2002.

265 Rievocando l’espressione di M. Miscione, Gli ammortizzatori sociali per l’occupabilità, cit.

266 Per un commento sistematico della l. n. 247/2007 cfr. M. Miscione, La riforma degli ammortizzatori sociali iniziata e delegata, in F. Carinci, M. Miscione (a cura di), Il Collegato Lavoro 2008, l 24 dicembre 2007, n 247, Milano, 2008, 19 ss.; ma v. anche M. La Terza, Indennità di disoccupazione, ammortizzatori sociali e mercato del lavoro fino alle leggi del dicembre 2007, in MGL, 2008, 192 ss.; M. Cinelli, G. Ferraro (a cura di), Lavoro, competitività, welfare. Commentario alla legge 24 dicembre 2007, n. 247 e riforme correlate, Torino, 2008; T. Treu, Il Protocollo del 2007 e le riforme del welfare, in Aa.Vv., Scritti in onore di Edoardo Ghera, cit., II, 1235 ss. ID., Il contributo del Protocollo 23 luglio 2007 al welfare italiano, in M. Magnani, A. Pandolfo, P.A. Varesi (a cura di), Previdenza, mercato del lavoro, competitività. Commentario alla legge 24 dicembre 2007, n. 247 e al decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito nella legge 6 agosto 2008, n. 133, cit., 15 ss.; critico sul punto v. M. Roccella, L’autunno del mercato del lavoro, in Eguaglianza e Libertà, 2007, in

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per «riformare la materia degli ammortizzatori sociali per il riordino degli istituti a sostegno del reddito», ma «senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica»267.

Tra i principi e criteri direttivi di cui alla suddetta legge delega, quelli riferiti ai trattamenti di disoccupazione propugnavano in primo luogo una loro graduale armonizzazione da realizzare mediante la creazione di uno strumento unico indirizzato al sostegno del reddito e al reinserimento lavorativo dei soggetti disoccupati senza distinzione di qualifica, appartenenza settoriale, dimensione di impresa e tipologia di contratto di lavoro, con il fine di eliminare, in buona sostanza, il meccanismo delle proroghe che caratterizzava l’indennità di mobilità, fissando una durata massima analoga a quella già stabilita per il trattamento ordinario. In secondo luogo, prevedeva una modulazione di tutti i trattamenti – e quindi anche di quello ordinario - in ragione dell’età anagrafica dei lavoratori e delle condizioni occupazionali più difficili nelle regioni del Mezzogiorno, ma anche della condizione femminile. Infine, auspicava un miglioramento della disciplina relativa alla copertura figurativa connessa al trattamento di disoccupazione, sia nella sua estensione temporale, comprensiva di tutti i periodi indennizzati, che nella misura, da ragguagliare espressamente alla retribuzione percepita.

Oltre a dettare i criteri direttivi per la riforma degli ammortizzatori sociali, la stessa l. n. 247/2007 aveva adottato delle disposizioni immediatamente applicabili che, per il solo trattamento ordinario di disoccupazione, ne avevano ampliato la durata268 e l’ammontare269.

Quanto, invece, agli strumenti di integrazione al reddito (cioè la CIG), il progetto di riforma riproponeva la realizzazione di un sistema di tutela

267 V. art. 1, c. 93, l. n. 247/2007.

268 Rispetto all’art.13, c. 2, d.l. n. 35/2005, conv. in l. 80/2005 che aveva già