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PERICOLO → ESPOSIZIONE → DANNO

3. che il danno avvenga a brevissima distanza di tempo dall’energia fisica erogata durante l’incidente.

3.5 INCHIESTA DI MALATTIA PROFESSIONALE

Come per l'infortunio con il termine inchiesta di malattia professionale si tende ad indicare comunemente quell’insieme di azioni che - attraverso la raccolta e l’esame di rilievi obiettivi e di informazioni testimoniali e fondamenti scientifici - mirano a ricostruire le circostanze in cui si è determinata la malattia, individuando le cause ed i fattori che l'hanno provocata o che hanno contribuito ad aumentarne la probabilità di contrarla

Come si è già detto la malattia professionale come l’infortunio è un evento di tipo lesivo la cui causa però deve ricollegarsi ad un’esposizione ripetuta nel tempo, anche non necessariamente giornaliera, ad ambienti ove vi sia la presenza di agenti: chimici, fisici, biologici, tecnici organizzativi e comportamentali connessi direttamente all’attività lavorativa svolta dal soggetto. Quest'ultimo presupposto in sede penale pone dei problemi soprattutto nella dimostrazione del rapporto di causalità tra malattia e attività lavorativa. Le ragioni di fondo di questa particolare difficoltà probatoria risiedono nel fatto che la malattia, in quanto tale, costituisce un accadimento naturale e che l'azione lesiva o i sintomi possono manifestarsi anche a distanza di anni dall’avvenuta esposizione. (Le persone si ammalano e muoiono anche a

prescindere dal fatto di lavorare o di essere esposte a fattori di rischio).

Si può affermare che l’esposizione al fattore di rischio, nel corso dell’attività lavorativa, ha determinato nella maggior parte dei casi, un aumento del rischio di contrarre la malattia e in linea di principio non c’è alcuna possibilità di distinguere tra chi, senza l’esposizione, non si sarebbe ammalato, e chi, invece, si sarebbe ammalato egualmente. Quindi riconoscere una malattia professionale, è sempre molto difficile, anche nell’ambito di un procedimento penale.

In occasione degli accertamenti penali è necessario accertare il rapporto di causalità tra la malattia e la prestazione di lavoro e quindi se la malattia contratta dal lavoratore è stata effettivamente causata dall’esposizione a un determinato rischio non controllato in modo corretto dal datore di lavoro. Quindi alla base di un giudizio di condanna deve esserci l'assoluta “certezza” che la malattia,

contratta da un lavoratore, sia stata causata proprio

dall’esposizione a un determinato fattore di rischio non adeguatamente controllato dal datore di lavoro. Un esempio classico è quello dell'infortunio del carpentiere edile che cade dall'alto da un'opera provvisionale. In questo caso si può affermare che si tratta di un infortunio “sul lavoro”. Tale evento può essere distinto facilmente dalla caduta avvenuta al di fuori di un contesto lavorativo. Se lo stesso carpentiere edile manifesta sintomi di ipoacusia, non si può affermare con altrettanta certezza che quella malattia è il frutto dell’esposizione alle fonti di rumore presenti nei

cantieri in cui lavora, o ha lavorato. Tale malattia potrebbe derivare, in realtà, da una predisposizione naturale, da un’esposizione extralavorativa, assunzioni di farmaci ototossici; fattori tali che l’ipoacusia era destinata a manifestarsi anche se egli avesse lavorato in un ambiente silenzioso.

La pluricausalità e soprattutto la diluizione nel tempo del processo morbigeno introduce fattori non controllabili o addirittura non noti. Basta pensare alla rilevanza della predisposizione personale, allo stile di vita, ai fattori di rischio presenti nell’ambiente di vita extralavorativa che determinano per sua natura una incertezza ricostruttiva

Nell'indagine per malattia professionale sarà necessario accertare:

• come e quando la malattia è insorta e come si è sviluppata;

• verificare se, nell’arco di tempo della vita

lavorativa, il soggetto è stato esposto a fonti di rischio in violazione di regole cautelari (scritte o non scritte), regole da valutare in retrospettiva;

• individuare chi erano i soggetti che, nel corso degli

anni, rivestivano una posizione di garanzia per i lavoratori in ordine all’osservanza delle norme di sicurezza e di salute risultate violate;

• verificare, per ciascuno dei soggetti così

periodo di tempo nel quale ha assunto quel determinato ruolo, è stata sufficiente a determinare la malattia o a farla progredire più di quanto avrebbe fatto normalmente;

• Il nesso di causalità tra lavoro e malattia

Quest'ultimo punto, che per gli infortuni è sufficientemente intuitivo è più celato per le malattie professionali. Infatti durante l’indagine si deve accertare se la condotta umana, attiva o omissiva - penalmente rilevante - ha determinato il legame di causalità tra la malattia e la prestazione di lavoro. Questo come negli infortuni si pone come condizione necessaria nella catena degli eventi che hanno determinato la malattia. Da tale condotta omissiva dipende l’esistenza del reato: senza tale condotta non si sarebbe verificato l'evento da cui successivamente è insorta la malattia (cosiddetta teoria condizionalistica).

Per l’ordinamento italiano, è condizione necessaria che il comportamento di un soggetto sia la causa indispensabile per la realizzazione dell’evento in termini di responsabilità. Quindi questo comportamento antecedente deve essere la condizione senza la quale l’evento non sarebbe successo e comunque o non avrebbe aumentato il rischio del suo realizzarsi. Partendo da questo concetto per verificare se esiste il rapporto, si ricorre al doppio giudizio ipotetico così suddiviso:

• la condotta umana è condizione necessaria alla

realizzazione dell’evento e se, eliminata, l’evento non si sarebbe verificato;

• la condotta umana non è condizione necessaria per la realizzazione dell’evento e se, eliminata l’evento si sarebbe egualmente verificato.

In tema di malattie è importante richiamare alcuni concetti base che fissano degli steps nell’evoluzione della malattia e la base per l’eventuale relazione con il nesso causale:

Inizio dell’esposizione: momento storico in cui il

soggetto è stato esposto al fattore di rischio che coinciderà con la data in cui è stato assunto o comunque ha iniziato quelle determinate attività lavorative nel corso delle quali era esposto al fattore di rischio stesso.

Tempo di induzione: il periodo trascorso tra

l’inizio dell’esposizione all’agente pericoloso e l’inizio della malattia. E’ questa la fase con maggiore criticità. La scienza medica di norma non è in grado di affermare con certezza quale è il tempo minimo di esposizione ad una determinata dose di fattore di rischio tale da indurre, nel soggetto, la malattia ; di conseguenza non è in grado di stabilire in quale momento la malattia ha avuto inizio ;

latenza tempo intercorso tra l’inizio dello sviluppo

della malattia (la malattie è stata indotta dall’organismo) e la manifestazione della patologia

evidenza della malattia è il momento della prima

Premesso quanto sopra spesso per determinare se esiste una stretta correlazione tra esposizione ad un agente e l’aumento della probabilità nell’insorgenza della malattia, nell’esame dei casi pratici si fa riferimento ad indagini epidemiologiche di varia natura.

Gli studi condotti finora su tumori a eziologia multipla, non consentono di dimostrare quella che è stata la genesi a livello dei singoli individui. Se è possibile affermare che un gruppo di persone, sottoposto a un determinato fattore di rischio, sviluppa tumori con una frequenza maggiore dei non esposti, non si può, con altrettanta certezza, affermare che in quella singola persona, in quell’individuo facente parte del gruppo di soggetti esposti, il tumore è una conseguenza sicura dell’esposizione. Quindi al fine di comprovare e quantificare il fenomeno (nesso tra esposizione e malattia), cioè la presenza di una quantità di tumori più alto di quello che si sarebbe manifestato in assenza di esposizione, vengono eseguite delle indagini epidemiologiche specifiche. Di conseguenza si può giungere alla conclusione che l’esposizione al cancerogeno determina una maggiore incidenza dei casi di tumore, ad esempio del 30%. Ciò significherebbe che ogni esposto ha un 30% di possibilità di ammalarsi di tumore, maggiore di quanto ne avrebbe avuta in assenza di esposizione.

Sinteticamente le principali tipologie di studi sono gli studi osservazionali :

Studi di coorte: selezione di soggetti sani esposti

valutare l’incidenza o la mortalità di una o più malattie. Possono essere prospettivi o retrospettivi (coorti storiche) Ciò permette di: calcolare i tassi di incidenza e di mortalità delle malattie, calcolare il rischio relativo e attribuibile attraverso l’analisi delle esposizioni ed infine analizzare differenziandone i livelli la durata delle esposizioni

Studi caso controllo Selezione di soggetti malati

(casi) e non malati (controlli) nei quali viene valutata l’esposizione a uno o più fattori di rischio. Questo permette di stimare il rischio relativo attraverso odds ratio e valutare il ruolo dei singoli fattori di rischio e della loro eventuale interazione

Nello studio e nel monitoraggio delle malattie da lavoro non possiamo tenere conto di quegli eventi che possono fare da “spia” a situazioni di rischio. In epidemiologia normalmente si fa riferimento agli eventi sentinella.

Per evento sentinella, dalla definizione del glossario del ministero della salute del 2006, si considera: “un evento avverso di particolare gravità, potenzialmente evitabile, che può comportare morte o grave danno al paziente e che determina una perdita di fiducia dei cittadini nei confronti del servizio sanitario. Il verificarsi di un solo caso è sufficiente per dare luogo ad un’indagine conoscitiva diretta ad accertare se vi abbiano contribuito fattori eliminabili o riducibili e per attuare le adeguate misure correttive da parte dell’organizzazione”.

Quindi è importante che nel monitoraggio di tale fenomeno sia fatta attenzione a quei casi “unici” che potrebbero segnalare una condizione di lavoro a rischio non ancora individuata o sottostimata. Comunque non si deve dimenticare che ogni malattia ha la sua storia, come del resto l’infortunio, e non si deve dimenticare che la condanna penale deve essere inflitta solo a un soggetto colpevole, in quanto non è accettabile il rischio di condannare un innocente. Come già esplicitato più volte è importante che vi sia certezza di responsabilità. Ciò deve riguardare tutto il quadro probatorio, a iniziare dalla verifica del rapporto di causalità. Inoltre si deve essere certi che la condotta dell’imputato abbia causato l’evento oggetto di contestazione. Infatti è dal 2000 che la corte di cassazione ha sancito che: occorre la prova che il comportamento alternativo di colui che avrebbe impedito l’evento lesivo con un elevato grado di probabilità “prossimo alla certezza” e, cioè, in una percentuale di casi “quasi prossima a cento”.

La Corte di cassazione ha ribadito che è causa penalmente rilevante la condotta umana, attiva o omissiva, che si pone come condizione necessaria nella catena degli antecedenti che hanno concorso a produrre il risultato; condotta senza la quale l’evento (l’evento e non l’aumento del rischio), da cui dipende l’esistenza del reato, non si sarebbe verificato. In realtà, se è assolutamente condivisibile sostenere il principio che costituisce diritto/dovere del giudice integrare sempre e comunque i dati emergenti dal giudizio scientifico, di fatto, però, nei processi riguardanti le malattie professionali sono i dati scientifici gli unici oggettivamente

applicabili. Se in una determinata vicenda processuale il perito dovesse affermare in modo categorico che non è possibile affermare, in termini di certezza o di probabilità confinante con la certezza, che il lavoratore, ove non fosse stato esposto a quelle fonti di rischio, non si sarebbe ammalato o che, comunque, avrebbe manifestato la malattia in tempi apprezzabilmente diversi, il giudice avrà ben pochi strumenti per integrare quel divario che separa la probabilità dalla certezza. Nella maggioranza dei casi, il giudice avrà a disposizione solo e soltanto quegli elementi fattuali che già sono stati esaminati dal perito.

4. DESCRIZIONI DEI MODELLI RIPORTATI IN