• Non ci sono risultati.

PERICOLO → ESPOSIZIONE → DANNO

3. che il danno avvenga a brevissima distanza di tempo dall’energia fisica erogata durante l’incidente.

3.3 MALATTIA PROFESSIONALE

La definizione di malattia professionale presenta diversi livelli di specificità a seconda dei contesti: preventivo, assicurativo, epidemiologico. Il D.P.R. 1124/1956 la definisce come la malattia contratta nell’esercizio ed a causa della lavorazione alla quale è adibito il lavoratore. I vari testi che hanno affrontato tale tema danno una definizione generale che può essere riassunta in qualsiasi

lo svolgimento di una qualsiasi attività lavorativa. Con il termine

"malattia professionale" si prende in considerazione la malattia contratta nell'esercizio e a causa della lavorazione alla quale è adibito il lavoratore.

Pertanto risulta fondamentale definire il concetto di malattia che può avere vari aspetti a seconda che si tratti all’interno del:

- profilo biologico: la malattia è l’insieme delle alterazioni (modificazioni) morfo-funzionali od anche solo funzionali, indotte in un organismo da una causa morbigena esterna o interna contro la quale l’organismo offeso sia in grado di opporre almeno un minimo di difesa o di reazione;

- profilo clinico: la malattia è una deviazione degli equilibri normali, morfologici e funzionale, localizzata o generalizzata, acuta o cronica, di grado tale da determinare una limitazioni di funzioni organiche e metaboliche nell’organismo considerato come unità individuale

- profilo medico-legale: la malattia è un processo anormale dell’organismo, attivo e reattivo;

- profilo mutualistico-assicurativo: la malattia è qualunque stato o condizione che richieda assistenza sanitaria o terapeutica, ivi inclusi gli stati di morbosità soggettivi;

- profilo giuridico: la malattia è un processo patologico, acuto o cronico, localizzato o diffuso, che determina un’apprezzabile menomazione funzionale dell’organismo;

- profilo medico-sociale: le malattie sociali sono quelle forme morbose, qualunque ne sia la natura, le quali

rappresentano un pericolo od un danno rilevante per l’economia collettiva, per la sanità psichica e somatica della popolazione, per l’integrità della prole futura. Più in generale le malattie alla cui assistenza provvedono enti pubblici di estensione nazionale.

Per tornare all’aspetto professionale la giurisprudenza riconosce, in particolar modo, quello stato di aggressione dell'organismo del lavoratore e deve essere eziologicamente connessa all'attività lavorativa, a seguito e ad esito del quale residua una definitiva alterazione dell'organismo stesso comportante, a sua volta, una riduzione della capacità lavorativa. Particolare rilevante, inerente al termine di "malattia professionale", risulta essere la prova del nesso causale, del quale costituiscono una valida fonte gli elenchi delle malattie professionali contenute nelle tabelle allegate al D.P.R. n. 1124/1965. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato il principio secondo cui per le malattie comprese in dette tabelle e manifestatesi entro i termini ivi previsti, opera in favore del lavoratore una presunzione legale dell'esistenza di un rapporto di causalità tra lavoro e malattia. Peraltro, sempre secondo la Corte di Cassazione, tale presunzione, potrebbe essere invocata anche per le lavorazioni non espressamente previste nelle tabelle purché queste presentino una identità dei requisiti essenziali, con le fattispecie incluse nella lista. Per le malattie invece diverse da quelle tabellate ovvero riconducibili a lavorazioni diverse da quelle descritte in tabella (o manifestatesi oltre i termini ivi indicati), spetta al

La malattia professionale può essere scaturita, quindi, sia da proprietà nocive delle sostanze utilizzate sia da movimenti e ripetuti, non naturali, ai quali la struttura corporea risulta adattarsi e sia da agenti fisici dannosi. In conclusione essa è l'effetto nocivo di materiale o lavoro, protratto nel tempo.

La malattia professionale si distingue dall'infortunio, in quanto, a differenza di quest'ultimo, non avviene per causa violenta ma secondo un'azione graduale nel tempo.

Oggi è più opportuno parlare di “malattia correlata al lavoro” e non di “malattia da lavoro” per indicare la multifattorialità delle malattie contratte nel luogo di lavoro influenzate da attività o comportamenti di stili di vita.

Una caratteristica essenziale delle malattie professionale è la latenza temporale che intercorre tra la prima esposizione e la manifestazione della malattia, compromettendo talvolta la facile attribuzione del contesto lavorativo e del periodo di tempo dell'esposizione determinante.

In base alla latenza è possibile suddividere le malattie professionali distinguendo:

latenza breve o brevissima: la manifestazione della

malattia è dell'ordine di giorni o mesi;

latenza media: la manifestazione della malattia è

latenza lunga: la manifestazione della malattia è dell'ordine di molti anni o addirittura decenni.

Quindi, come è evidente, il rapporto di causa-effetto è diluito nel tempo e l'evento patologico può manifestarsi anche dopo vari anni di esposizione. Inoltre può accadere che l'insorgenza della malattia avvenga quando l'attività che l'ha causata è stata già lasciata (per un'altra attività o per fine della vita lavorativa).

Questa caratteristica di graduale progressiva azione di fattori presenti nell’ambiente di lavoro, che possono compromettere la salute dei lavoratori, da un lato diversifica le malattie professionali dagli infortuni - che hanno caratteristiche opposte di traumaticità immediata - dall’altra è alla radice di una storica sottovalutazione dovuta anche alle difficoltà di individuazione e accertamento del nesso causale e ad un significativo fenomeno di sottodenuncia da parte dei lavoratori.

Da quanto sopra, senza dimenticarci del concetto di salute dell’OMS come “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplice assenza di malattia o difetti”; possiamo definire la malattia professionale come un evento morboso

caratterizzato da un progressivo deterioramento della salute del lavoratore causato da agenti patogeni che si producono nel corso della lavorazione o che derivano dall’organizzazione del lavoro o che dipendono dalle condizioni degli ambienti e/o dell’ambiente in cui si svolge l’attività lavorativa.

Quindi a differenza dell’infortunio la causa lesiva che non agisce in un breve periodo di tempo, ma in maniera più diluita nel tempo necessita di un nesso causale diretto e determinante: non basta l’occasione di lavoro ma occorre definire con precisione il rischio. Cioè la causa deve essere diretta ed efficiente, in grado di produrre l’infermità in modo esclusivo o prevalente; il T.U. sulle assicurazioni del lavoro, infatti, parla di malattie contratte nell’esercizio e a causa delle lavorazioni rischiose (è ammesso, tuttavia, il concorso di cause extraprofessionali, purché queste non interrompano il nesso causale in quanto capaci di produrre da sole l’infermità). Il rischio può essere provocato dalla lavorazione che il lavoratore svolge, oppure dall’ambiente in cui la svolge (cosiddetto "rischio ambientale").