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L’incontro con Michele Magone: paradigma di relazione edu- edu-cativa

Nel documento LA RELAZIONE EDUCATIVA NELL’ESPERIENZA (pagine 60-66)

LA RELAZIONE EDUCATIVA NELL’ESPERIENZA E NELLE FONTI SCRITTE

NELL’ESPERIENZA DI GIOVANNI BOSCO

2. L’incontro con Michele Magone: paradigma di relazione edu- edu-cativa

Tra le biografie di adolescenti scritte da don Bosco,35 ciascuna densa di elementi pedagogici degni di nota, ci si sofferma in particolare su quella di Michele Magone.36 Il racconto, infatti, si presenta come un ve-ro e pve-roprio paradigma di relazione educativa perché l’incontve-ro tra don Bosco e Michele, avvenuto a Carmagnola (Torino), luogo di origine del ragazzo, è talmente significativo da conferire una vera e propria svolta alla sua vita. Da un semplice colloquio, nel quale don Bosco si rivela – che polarizza metodologicamente ragione e religione – se non si crea un ambiente sereno ed esemplare, un clima di famiglia, che automaticamente comporta anche nella struttura una qualche somiglianza con essa. Soltanto in una struttura del genere sembra possano fiorire la confidenza tra alunni e “superiori”, non più tali ma “pa-dri” e “fratelli”, l’affettuosa condivisione di vita tra i giovani, fraterni amici, infine la solidarietà tra tutti»(ivi 305-306).

33 Cf CAVIGLIA Alberto, Il “Magone Michele” una classica esperienza educativa, in Salesianum 11 (1949) 3, 175.

34 Cf BRAIDO, Prevenire non reprimere 312-317.

35 Cf BOSCO, Vita del giovanetto Savio Domenico allievo dell’Oratorio di San Francesco di Sales, per cura del Sacerdote Bosco Giovanni, in OE XI 150-292; ID., Il pastorello delle Alpi ovvero vita del giovane Besucco Francesco, in OE XV 242-435.

36 Cf ID., Cenno biografico sul giovanetto Magone Michele allievo dell’Oratorio di S. Francesco di Sales per cura del Sacerdote Bosco Giovanni, in OE XIII 150-250.

educatore attento alla persona del giovane, alla sua storia e ai suoi biso-gni profondi, nasce un rapporto che andrà progressivamente approfon-dendosi ed allargandosi anche agli altri educatori e giovani della comu-nità di Valdocco e porterà Michele ad una maturazione umana e cristia-na non comune per la sua età.

Il Cenno biografico sul giovanetto Magone Michele è scritto da don Bosco poco tempo dopo la morte del ragazzo, avvenuta all’oratorio di Valdocco nel gennaio del 1859. La biografia è una testimonianza singo-lare del metodo educativo allo studio e si collega, sia per le fondamentali ispirazioni formative, sia per i contenuti e la metodologia, ai fatti narrati nelle Memorie dell’Oratorio di S. Francesco di Sales. Lo scritto biografico ha il significato e il valore di un’organica presentazione delle idee e dei contenuti che costituiscono l’essenza della pedagogia di don Bosco:

un’arte educativa finalizzata alla formazione della personalità cristiana del giovane, rispettato nella sua individualità, con il coerente uso dei mezzi della grazia, con l’appello all’impegno umano del dovere, del sa-crificio e nella promozione delle inclinazioni naturali alla gioia, alla bon-tà del cuore, all’amicizia e alla riconoscenza.37

Nell’economia della ricerca ci si limita a far emergere dalla biografia gli aspetti che caratterizzano lo stile relazionale di don Bosco nei con-fronti dei giovani.38 Anzitutto è evidente la profonda fiducia che ha in loro; egli intuisce, come osserva chi ne fu testimone diretto, che «sotto la scorza e le scorie dell’ineducazione e della dissipazione», i giovani hanno il cuore buono e l’anima disponibile «se presi dal verso loro e guidati dal sistema cristiano della bontà».39 Questa convinzione permet-te all’educatore di accostarsi al giovane con familiarità e di metpermet-tersi al suo livello dichiarandosi “suo amico” ottenendo in tal modo di esserne ricambiato. È questo che emerge in particolare dal dialogo iniziale tra don Bosco e Michele Magone che, data la sua rilevanza pedagogica, è opportuno riportare integralmente:

37 Cf BRAIDO, Introduzione al Cenno biografico sul giovanetto Michele Magone, inBOSCO, Scritti sul sistema preventivo nell’educazione della gioventù, Brescia, La Scuola 1965, 175-176.

38 Un’acuta e interessante lettura pedagogica del Cenno biografico è realizzata da Alberto Caviglia: Il “Magone Michele” una classica esperienza educativa, in Salesia-num 11 (1949) 3, 451-481; 4, 588-614. Il tema è ripreso in uno studio di GIANOLA, Intuizioni di metodo pedagogico nella prassi educativa di Don Bosco. Il “Magone Mi-chele” di don Bosco» in GIANNATELLI (a cura di), Pensiero e prassi di don Bosco. Nel 1° centenario della morte (31 gennaio 1888-1988), Roma, LAS 1988, 135-150.

39 CAVIGLIA,Il “Magone Michele” 453.

Cap. I: La relazione educativa nell’esperienza di G. Bosco 61

« – Chi siete voi, che qui venite tra i nostri giuochi?

– Io sono un tuo amico.

– Che cosa volete da noi?

– Voglio, se ne siete contenti, divertirmi e trastullarmi con te e coi tuoi compagni.

– Ma chi siete voi? Io non vi conosco.

– Te lo ripeto, io sono un tuo amico: desidero di fare un po’ di ricreazione con te e coi tuoi compagni. Ma tu chi sei?

– Io? Chi sono? Io sono, soggiunse con grave e sonora voce, Magone Mi-chele, generale della ricreazione.

Mentre facevansi questi discorsi, gli altri ragazzi, che un panico timore aveva dispersi, uno dopo l’altro ci si avvicinarono e si raccolsero intorno a noi. Dopo aver vagamente indirizzato il discorso ora agli uni, ora agli altri, volsi di nuovo la parola a Magone e continuai così:

– Mio caro Magone, quanti anni hai?

– Ho tredici anni.

– Vai già a confessarti?

– Oh sì, rispose ridendo.

– Sei già promosso alla s. Comunione?

– Sì che sono già promosso, e ci sono già andato.

– Hai tu imparata qualche professione?

– Ho imparato la professione del far niente.

– Finora che cosa hai fatto?

– Sono andato a scuola.

– Che scuola hai fatto?

– Ho fatto la terza elementare.

– Hai ancora tuo padre?

– No, mio padre è già morto.

– Hai ancora la madre?

– Sì, mia madre è ancora viva e lavora a servizio altrui, e fa quanto può per dare del pane a me e ai miei fratelli che la facciamo continuamente disperare.

– Che cosa vuoi fare per l’avvenire?

Bisogna che io faccia qualche cosa, ma non so quale».40

Il periodare incalzante del dialogo dipinge con immediatezza la di-namica dell’approccio. Le risposte di Michele, inizialmente provocatorie e cariche di aggressività, s’incontrano con le domande di don Bosco pie-ne di comprensiopie-ne e di rispetto. L’educatore frantuma il muro della diffidenza avvicinandosi a lui senza pregiudizi, parlando un linguaggio che egli può intendere perché esprime fiducia e quindi tocca il cuore. La fiducia provoca spontaneamente la confidenza e l’intimità. In tal modo Michele non teme di manifestare all’interlocutore il suo mondo

interio-40 BOSCO, Cenno biografico, in OE XIII 162-164.

re, le sue difficoltà familiari, la sua pena per il fatto di deludere le attese della madre. Il dialogo si conclude con l’invito rivolto a Michele di rag-giungere don Bosco a Valdocco, luogo dove il giovane avrà la possibilità di studiare.

Il cortile dell’Oratorio è lo scenario all’interno del quale avviene la progressiva maturazione di questo ragazzo, cammino che egli compie anche e soprattutto grazie alla presenza e alla guida di don Bosco, dei suoi compagni e degli altri educatori, i quali, senza forzare i tempi, inco-raggiano e favoriscono le sue decisioni semplicemente offrendogli la possibilità di vivere in un ambiente di per sé propositivo perché ricco di valori. La vita del cortile si configura quindi come trama di relazioni fra-terne e familiari che permettono all’educatore di meglio conoscere ed educare il carattere dell’allievo.41

Le novità dell’oratorio risultano inizialmente per Michele un’allet-tante possibilità di dare sfogo alla sua esuberanza: egli non prova gusto quasi «in nessuna cosa dalla ricreazione in fuori. Cantare, gridare, corre-re, saltacorre-re, schiamazzare erano gli oggetti che appagavano l’indole sua focosa e vivace. Quando però il compagno gli diceva: “Magone, il cam-panello ci invita allo studio, alla scuola, alla preghiera” o simili, dava an-cora un compassionevole sguardo ai trastulli, di poi, senza opporre dif-ficoltà, andavasene ove il dovere lo chiamava».42

Col passare del tempo però egli si fa pensieroso e malinconico. Un secondo dialogo ci rivela il tormento interiore che prelude la decisione di Michele di cambiare vita. Questa volta l’interlocutore non è don Bo-sco ma il compagno incaricato di stare vicino al nuovo arrivato e di aiu-tarlo a inserirsi nell’ambiente:

« – Mio caro Magone, da qualche giorno io non ravviso più nel tuo volto la solita giovialità; sei forse male in salute?

– Ohibò, di salute sto benissimo.

– Da che adunque deriva questa malinconia?

41 Al luogo “simbolo” del cortile, afferma il Caviglia, possiamo associare tutto quanto risulta fuori dall’educazione più formale o religiosa che avviene nella scuola o nella chiesa, dunque le passeggiate, gli incontri per la casa, le riunioni dei giovani attorno alla tavola di don Bosco dopo la cena. L’immagine che rimane è quella di don Bosco tra e in mezzo ai suoi giovani, come di colui che ritiene suo primo dovere quello di “scendere familiarmente tra i fanciulli”: «A don Bosco nulla sfugge, ed egli è presente dappertutto, anche se non lo si vede. Ma è cosa d’ogni giorno e per tutti.

Il giovanetto, lasciato in libertà, si rivela, ed è prezioso conoscerlo così!» (CAVIGLIA, Il “Magone Michele” 592).

42 BOSCO, Cenno biografico, in OE XIII 165-166.

Cap. I: La relazione educativa nell’esperienza di G. Bosco 63 – Questa malinconia deriva dal vedere i miei compagni a prendere parte alle pratiche di pietà. Quel vederli allegri, pregare, accostarsi alla Confessione, alla Comunione mi cagiona continua tristezza.

– Non capisco come la devozione degli altri possa esserti oggetto di malin-conia.

– La ragione è facile a capirsi: i miei compagni, che sono già buoni, pratica-no la religione e si fanpratica-no ancora più buoni; ed io che sopratica-no un birbante pratica-non pos-so prendervi parte, e questo mi cagiona grave rimorpos-so e grande inquietudine.

– Oh ragazzo che sei! Se ti cagiona invidia la felicità dei compagni, chi ti impedisce di seguirne l’esempio? Se hai rimorsi sulla coscienza non puoi forse levarteli?

– Levarteli … levarteli … presto detto! Ma se tu fossi ne’ miei panni, diresti eziandio che … ciò detto, crollando il capo in segno di rabbia e di commozione, fuggì nella sacrestia».43

Don Bosco che osserva attentamente ogni gesto, al di là delle parole, a questo punto interviene in modo sicuro e familiare aiutando Michele a fare l’ultimo passo e cioè ad aprire l’animo al confessore e “amico”:

« – Caro Magone, io avrei bisogno che mi facessi un piacere; ma non vorrei un rifiuto.

– Dite pure, rispose arditamente, dite pure, sono disposto a fare qualunque cosa mi comandiate.

– Io avrei bisogno che tu mi lasciassi un momento padrone del tuo cuore, e mi manifestassi la cagione di quella malinconia che da alcuni giorni ti va trava-gliando.

– Sì, è vero, quanto mi dite, ma … ma io sono disperato e non so come fare.

Proferite queste parole diede in un dirotto pianto. Lo lasciai disfogare al-quanto; quindi, a modo di scherzo gli dissi: Come! Tu sei quel generale Michele Magone capo di tutta la banda di Carmagnola? Che generale tu sei! Non sei più in grado di esprimere colle parole quanto ti duole nell’animo.

– Vorrei farlo, ma non so come cominciare; non so esprimermi.

– Dimmi una sola parola, il rimanente lo dirò io.

– Ho la coscienza imbrogliata.

– Questo mi basta; ho capito tutto. Aveva bisogno che tu dicessi questa pa-rola, affinché io potessi dirti il resto».44

L’epilogo esprime la forza di liberazione e l’impegno verso il miglio-ramento che emanano dall’incontro con l’educatore. I fatti confermano che da qui in poi l’itinerario di Michele è un progressivo avanzare senza arresti per raggiungere importanti traguardi in ordine alla sua matura-zione umana e cristiana.

43 Ivi 170-171.

44 Ivi 172-173.

A ragione si può dire che il Cenno biografico di Michele Magone deli-nea un’esperienza educativa paradigmatica. Tale vicenda umana e spiri-tuale è, infatti, fondata sul principio che «per educare bisogna scendere col proprio cuore nel cuore dei giovani, e che, quando questo risponde, tutta l’educazione è assicurata. La Vita di Magone è un classico esempla-re dell’educazione per le vie del cuoesempla-re»,45 e un documento che ci con-ferma come tutta la pedagogia di don Bosco si identifica in gran parte

«colla presenza della sua bontà e santità».46

Un approfondimento esauriente della tematica della relazione educa-tiva in Giovanni Bosco esula dalla presente ricerca. In questo capitolo tuttavia si è voluto proporre ed evidenziare l’importanza di tale elemen-to pedagogico facendo una scelta tra le fonti e presentando quelle più si-gnificative in ordine all’argomento. Il “sistema preventivo” di don Bo-sco, inteso come l’intero metodo educativo del santo, può a ragione es-sere descritto come realtà “relazionale” perché deriva la sua vitalità dalla rete di rapporti che educatori e giovani instaurano tra loro e con l’am-biente. Ispirandosi alle coordinate dell’umanesimo pedagogico cristiano, le relazioni educative sono orientate da una parte dal rispetto e dall’at-tenzione per la persona quale immagine di Dio, ricca di dignità e di po-tenzialità da sviluppare, dall’altra parte dai valori del bene, del vero e del bello che costituiscono anche le mete ultime del processo educativo.

I rapporti, cordiali e familiari, tra educatori e giovani sono pedagogica-mente motivati dalla fiducia nelle risorse personali di ciascun giovane, anche in quelli nei quali, per precedenti esperienze, come è emerso in Michele Magone, il processo educativo sembrerebbe irrimediabilmente compromesso. Le relazioni nella comunità educativa diventano, infine, elemento metodologico privilegiato per il raggiungimento del fine ultimo dell’educazione che è la maturazione integrale dei giovani, favorendo la crescita di tutti i protagonisti del processo educativo, ciascuno al suo li-vello, perché nella relazione orientata dai valori ciascuno cresce e ma-tura.

Nel prossimo capitolo, accostando la prassi educativa della Confon-datrice dell’Istituto, suor Maria Domenica Mazzarello, e le prime co-munità di Mornese e di Nizza Monferrato, si cerca di individuare lo stile di relazioni educative che caratterizza il loro impegno di traduzione al femminile del “sistema preventivo” di don Bosco.

45 CAVIGLIA, Il “Magone Michele” 613.

46 Ivi 451-481.

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Capitolo II

LA RELAZIONE EDUCATIVA NELL’ESPERIENZA

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