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Orientamenti per una migliore convergenza educativa

Nel documento LA RELAZIONE EDUCATIVA NELL’ESPERIENZA (pagine 192-200)

LA RELAZIONE EDUCATIVA TRA NORMATIVA UFFICIALE

TRA SFIDE E PROSPETTIVE EMERGENTI

2. Orientamenti per una migliore convergenza educativa

In occasione del 50° della fondazione dell’Istituto delle FMA, cele-bratosi nel 1922, si moltiplicano da parte delle superiore le esortazioni a conoscere meglio, approfondire e attuare il metodo di don Bosco non solo in ordine all’educazione della gioventù, ma anche per la stessa fe-deltà alla propria vocazione religiosa. Madre Caterina Daghero, in parti-colare, propone alle FMA l’impegno di “migliorare se stesse in relazione alla santa carità”. Tale impegno è volto a far tornare i “cari tempi di Mornese”, cercando di stabilire nelle relazioni fra sorelle quella sempli-cità, cordialità, generosità e larghezza di cuore che formavano “l’incan-to” della vita di allora, nonostante la “ricca povertà” che regnava nella Casa-madre. La superiora continua:

«Che bella cosa sarebbe se ogni Figlia di Maria Ausiliatrice lavorasse intor-no a sé per addivenire un angelo di carità, specialmente nella propria Casa; sa-pesse evitare ogni sorta di critiche; stesse attenta alle sue parole, per non semi-nare mai la minima discordia; si mostrasse affabile e piena di riguardi verso di tutte, comprese, e, quasi si vorrebbe dire, massime verso le sorelle di passaggio;

sapesse riconoscere il merito delle altre, specie delle anziane, e godesse nel darlo a conoscere; si mantenesse sempre uguale a se stessa, buona e gioviale così da contribuire a fare della casa ove ella si trova un vero paradiso in terra!».24

24 DAGHERO, LC del 24 settembre 1921 n° 72.

Il 1922 è anche l’anno nel quale si svolge il Capitolo generale VIII,25 con lo scopo di rivedere le Costituzioni per adeguarle al nuovo Codice di Diritto Canonico.26 Si procede in questa revisione alla luce degli ele-menti contenuti nei testi del 1878 e del 1885, elaborati e corretti dallo stesso Fondatore, e che erano scomparsi dalle Costituzioni del 1906.

Nel Capitolo si affrontano anche problemi relativi alle persone, alla formazione e all’impegno educativo da rafforzare nelle diverse tipologie di opere.27 Le FMA ritornano ancora sulla necessità della formazione delle educatrici, fattore indispensabile per riuscire a coniugare la fedeltà al carisma con l’apertura alla nuova situazione socio-politica. Si pro-muove dovunque l’istituzione di scuole di ogni ordine e grado e si av-viano alcune FMA a frequentare corsi universitari per poter insegnare e dirigere le prime scuole normali in Italia e che il Ministero riconoscerà concedendo il pareggiamento alle scuole statali.28 Le esortazioni del

Ret-25 Il Capitolo doveva svolgersi nel 1919, ma era stato differito a tale data sia a causa della prima guerra mondiale appena terminata, sia per il desiderio di far coin-cidere tale assemblea con la data del cinquantesimo.

26 Il 26 giugno 1918 la S. Congregazione dei Religiosi, in seguito alla promulga-zione del Codice di Diritto Canonico (cf Codex Iuris Canonici Pii X Pontifici Maximi iussu digestus Benedicti Papae XV auctoritate promulgatus. Prefatione, Fontium anno-tatione et indicis analytico-alphabetico ab e.mo P. card. Gasparri Auctus, Romae, Ty-pis Polyglottis Vaticanis 1917) richiese a tutti gli Istituti religiosi la revisione delle Costituzioni sulla base delle nuove disposizioni giuridiche. Per favorire tale proces-so, la Santa Sede emanò, nel 1921, delle Norme-guida che, se da una parte non si di-scostavano molto da quelle del 1901, dall’altra però permettevano che all’interno del testo vi fossero brevi riferimenti a carattere ascetico e spirituale (cf Normae secun-dum quas Sacra Congregatio de Religiosis in novis religiosis Congregationibus appro-bandis procedere solet, in Acta Apostolicae Sedis [1921] 13, 312-319).

27 Nei temi da trattare nel Capitolo generale si pone allo studio la questione di come ottenere “unità di vedute secondo lo spirito del Fondatore” sia nel governo delle ispettorie, dei noviziati e delle case, sia nelle diverse opere dell’Istituto come le scuole popolari diurne e serali, quelle festive, il doposcuola, gli orfanotrofi, le case di beneficenza, gli educandati, le scuole professionali, i convitti per le operaie e per le normaliste, gli oratori con i circoli G.C.F. (Gioventù Cattolica Femminile) e tra le varie associazioni quali i Devoti di Maria Ausiliatrice, i Cooperatori Salesiani e l’Unione exallieve (cf Temi da trattarsi nell’ottavo Capitolo Generale, in AGFMA 11-8 111, ms.).

28 La prima scuola ad essere pareggiata è quella di Nizza Monferrato nel 1900 (cf CAVAGLIÀ, Educazione e cultura per la donna. La scuola «Nostra Signora delle Grazie» di Nizza Monferrato dalle origini alla riforma Gentile [1878-1923], Roma, LAS 1990). L’autrice, alle pagine 326-331 riporta l’elenco delle FMA laureate fino al 1923 che furono insegnanti a Nizza. Ad esse vanno aggiunte le future Superiore

ge-Cap. I: La relazione educativa tra sfide e prospettive emergenti 193 tor Maggiore don Filippo Rinaldi alle capitolari riguardano, tra l’altro, anche l’incremento degli studi secondari in modo da promuovere una cultura più elevata sia per le ragazze che per le suore. Si è consapevoli, infatti, che «una buona cultura potrà rispondere a molte, a nuove esi-genze».29

La riscoperta del carattere comunitario e formativo del “sistema pre-ventivo” è un elemento che va emergendo soprattutto nella riflessione capitolare, anche grazie agli interventi dei superiori salesiani. Si fa stra-da, infatti, la convinzione che il metodo implica la formazione integrale non solo dei destinatari, ma anche delle educatrici le quali trovano in es-so un itinerario formativo che le rende: «Salesiane nel metodo, Salesiane nel pensiero, nel sentimento, nello spirito, nell’azione».30

I problemi emergenti nell’assemblea si condensano in particolare at-torno a due nuclei: il primo riguarda lo stile di conduzione della

comu-nerali Ermelinda Lucotti, diplomatasi nel 1910 in lingua e letteratura italiana e nel 1911 in pedagogia e morale; e Angela Vespa in lettere italiane nel 1914 e in pedago-gia e morale nel 1915 (cf anche LOPARCO, Gli studi nell’Istituto delle FMA, in AA.VV., Insediamenti e iniziative dopo don Bosco, Roma, LAS 1996, 327-368;ROC

-CA, La formazione delle religiose insegnanti tra Otto e Novecento, in PAZZAGLIA [a cura di], Cattolici, educazione e trasformazioni socio-culturali 440-441).

29 Capitolo Generale VIII tenutosi in Nizza Monferrato nel settembre del 1922.

Risposte - Istruzioni - Esortazioni del Ven.mo superiore Don Filippo Rinaldi Rettor Maggiore della Società Salesiana e Delegato Apostolico per l’Istituto delle Figlie di Ma-ria Ausiliatrice, Nizza Monferrato, Istituto FMA 1922, 17. L’istanza della “conserva-zione” delle caratteristiche essenziali del “sistema preventivo” non è in contrasto con l’esigenza di un suo opportuno approfondimento e adeguamento alle mutate condizioni dei tempi. D’altra parte don Bosco stesso aveva riconosciuto nell’opusco-lo sul “sistema preventivo” un’opera “incompiuta”. Nel IV Capitonell’opusco-lo generale dei Salesiani, svoltosi nel 1886 e presieduto dal Fondatore, si conserva la proposta di don Francesco Cerruti di aggiungere alle Deliberazioni “qualcosa di determinato”

riguardo al sistema preventivo. E don Bosco ricorda di aver «incominciato un opu-scolo su questo argomento. Spera di poterlo, o per sé o per altri, condurre a termi-ne» (Capitolo generale IV della Congregazione Salesiana 1886, in Archivio Salesiano Centrale 046).

30 Capitolo Generale VIII 34. A questo proposito la Consigliera scolastica gene-rale, madre Marina Coppa, dice di ricevere molte lettere nelle quali direttrici ed FMA affermano di studiare insieme il “sistema preventivo” e di sentirsi perciò mag-giormente animate dal desiderio di praticarlo (cf DAGHERO, LC del 24 settembre 1918 n° 42). In molte altre circolari la superiora esorta le FMA a valorizzare soprat-tutto il periodo delle vacanze estive per studiare ed approfondire il metodo educati-vo di don Bosco (cf ID., LC del 24 luglio 1919 n° 52; ID., LC del 24 febbraio 1920 n° 58).

nità delle FMA. In essa la direttrice è coadiuvata da un consiglio che agisce in sinergia con lei e del quale ella deve favorire la sussidiarietà e la collaborazione. Il tema in questione ha notevoli risonanze sulla relazione tra le consorelle e di conseguenza con le ragazze.

Il secondo nucleo problematico riguarda l’assistenza durante la ri-creazione delle educande. Quest’esperienza educativa, benché istituzio-nalmente affidata ad un’assistente incaricata, è tuttavia così importante da richiedere la collaborazione e il concorso di tutte le FMA.

2.1. Il ruolo del “consiglio locale” per la corresponsabilità educativa Nel Capitolo generale in esame si prende atto della necessità di un miglior funzionamento dei consigli locali.31 Mentre le diverse figure che affiancano l’azione di governo della superiora hanno il compito di

col-31 Le funzioni del consiglio locale sono codificate nelle Costituzioni del 1906.

L’articolo 272, infatti, recita: «Nel disimpegno del suo ufficio la Direttrice sarà coa-diuvata da due Consigliere che formeranno il suo Consiglio». Viene poi espressa-mente evidenziato il ruolo della prima consigliera, cioè la vicaria, la quale «fa le veci della Superiora in caso di assenza o quando per qualsiasi ragione questa fosse impe-dita» (Costituzioni [1906] 272-273). Il Manuale del 1908 è molto più esplicito circa la funzione delle consigliere. In particolare la vicaria è incaricata dalla direttrice di ricevere le nuove alunne e di confortarle dopo la separazione dai parenti, di accom-pagnarle dalla direttrice e di raccomandarle alle maestre e rispettive assistenti. A lei è affidata la disciplina delle educande vigilando che esse siano puntuali ai loro dove-ri. Inoltre, con “belle maniere” ella deve preoccuparsi che le maestre ed assistenti siano fedeli ai loro doveri nei confronti delle educande. Sarà lei che dovrà «vegliare attentamente sopra i difetti delle alunne onde essere in grado, per la parte che le spetta, di correggerle opportunamente, e dare ogni sabato il suo voto di condotta, ordine e urbanità ad ognuna». Infine, dovrà “ispirare” in tutte la confidenza verso la direttrice, di modo che ricorrano a lei con fiducia, «come a madre affettuosa» (Ma-nuale [1908] 581-583-584-585-586). La seconda consigliera avrà l’ufficio di segreta-ria del consiglio (cf ivi 590). Il compito delle consigliere è quello di aiutare la diret-trice nel disimpegno del suo ufficio operando in piena concordia con lei per il buon governo della casa e manifestando con libertà e segretezza quanto può essere utile per il miglioramento delle opere (cf ivi 591-592). Le conclusioni a cui si giungerà durante il Capitolo porteranno all’elaborazione di alcune linee normative nelle quali sarà ancora trattato il ruolo delle vicaria: ella dovrà «intervenire benevolmente a tut-te le ricreazioni delle alunne, animando i giuochi, trattut-tenendosi in lietut-te e utili con-versazioni con questa e quella, passeggiando e avendo occhio da sorella maggiore su tutto e su tutte» (Norme Regolamentari proposte ad esperimento dal Capitolo Genera-le VIII tenutosi in Nizza nel settembre del 1922, Torino, Istituto FMA 1922, n. 34).

Cap. I: La relazione educativa tra sfide e prospettive emergenti 195 laborare con lei nel disimpegno delle funzioni disciplinari, scolastiche, amministrative, alla direttrice spetta sempre e comunque il ruolo di

“madre”. Nonostante la chiarezza delle norme giuridiche contenute nel-la regonel-la, le comunità delle FMA incontrano non lievi difficoltà a livello operativo. Lo dimostrano gli interventi dei superiori e le discussioni su questo tema in sede di Capitolo. In proposito il Rettor Maggiore don Rinaldi così si esprime:

«Nelle case, si vede, ha preso bene il suo posto l’Economa; lo prenda egual-mente la Vicaria; lo prenda la seconda Consigliera, che dovrebbe, d’ordinario, disimpegnare l’ufficio di Consigliera Scolastica. E compia ogni Vicaria, ogni Consigliera la sua parte, con bontà, sì, ma con fermezza, lasciando alla Superio-ra la parte di madre; e sarà il vero mezzo per la formazione di future Direttrici;

sarà la via facile, sarà il mezzo sicuro, per coltivare nel cuore delle Suore la con-fidenza verso le Superiore […] Questo il sistema preventivo di Don Bosco:

un’alunna è stata chiamata all’ordine dalla Vicaria, dalla Consigliera scolastica;

possa trovare nella Direttrice un cuore in cui versare il proprio. E la Direttrice avrà modo di persuaderla del suo torto consolandola, incoraggiandola. Così fa-ceva, così insegnava don Bosco».32

Le difficoltà sorte nel modo di interpretare e di attuare il ruolo diret-tivo sembrano essere causate dal fraintendimento della concezione del-l’autorità così come è trasmessa dai Fondatori.33 Per don Bosco e Maria Domenica Mazzarello, infatti, il direttore e la direttrice costituiscono il centro attorno al quale si svolge e si organizza l’opera della comunità.

Ciò si realizza grazie alla loro capacità di coinvolgere tutti rispettando e valorizzando i diversi ruoli, dando fiducia e favorendo in tal modo la corresponsabilità.

Dalla documentazione consultata risulta che le superiore tendono ad accentrare l’autorità, e dunque l’animazione della comunità, attorno alla loro persona. Tale tendenza è all’origine di tensioni relazionali tra le stesse educatrici le quali, inibite nelle loro capacità collaborative,

ri-32 Capitolo Generale VIII 7-8.

33 Le fonti sono concordi nell’avvalorare la concezione di autorità tipica di don Bosco caratterizzata da familiarità e confidenza. Un antico alunno del santo, Giacin-to Ballesio, testimonia: «Don Bosco ci fu esempio di veramente cristiana amorevo-lezza e nel suo governo con noi schivò il formalismo artificiale, il rigorismo, che po-ne come un abisso tra chi comanda e chi ubbidisce. Amante ed espansivo esercitava l’autorità, inspirando rispetto, confidenza ed amore. E le anime nostre gli si apriva-no con intimo, giocondo e totale abbandoapriva-no. […]. Sistema questo direi più unico che raro tra Superiori e dipendenti» (BALLESIO Giacinto, Vita intima di Don Gio-vanni Bosco nel suo primo Oratorio di Torino, Torino, Tip. Salesiana 1888, 21).

schiano di irrigidire il loro rapporto non solo nei confronti della supe-riora, ma anche delle educande. Una direttrice autoritaria, solitamente, utilizza modalità relazionali impositive, affermandosi come “superiora”

più che come “sorella”. Al contrario, afferma don Filippo Rinaldi che presiede il Capitolo, nel “sistema preventivo” «la confidenza non si im-pone, bisogna guadagnarsela. E a questo fine ogni Superiora sia colle Suore una madre buona che consiglia, conforta, sostiene, incoraggia e lasci i rimproveri, le parole aspre, le mortificazioni, le sgridate».34

L’affetto e la dolcezza dei modi favoriscono la fiducia e la confidenza delle persone. Don Rinaldi indica tre caratteristiche “salesiane” che co-stituiscono il presupposto di una buona relazione delle superiore nei confronti delle consorelle: la segretezza, la verità e la giustizia.35

Un altro elemento necessario perché si approfondisca la relazione tra superiora e suddite è la creazione di spazi di ascolto. Essi sono necessari per suscitare il dialogo, per offrire alle persone la certezza di essere ac-colte, rispettate nelle loro necessità personali e nelle difficoltà apostoli-che, accompagnate nei percorsi di crescita. La certezza di un appoggio e di una presenza sicura accanto a sé offre alle FMA la possibilità di spe-rimentare in prima persona il valore gratificante di una relazione che a loro volta esse potranno instaurare con le ragazze. Per questo è necessa-rio farne l’esperienza diretta, come richiama in tono deciso e realistico don Rinaldi nel rivolgersi alle ispettrici:

«Le Suore debbono trovarvi sempre pazienti nell’ascoltarle, buone nel-l’incoraggiarle, calme e serene nell’aiutarle. Siate ognora pronte al loro bisogno.

Non potrete sempre esserlo? Rimandate ad altro tempo l’ascoltarle, ma stabili-telo questo tempo e trovatevi ad aspettarle all’ora stabilita. La Suora non debba mai lamentare l’impossibilità di parlare alla sua Superiora, non debba mai la-mentare l’impazienza della sua Superiora nell’ascoltarla. Vi parrà, talvolta, di perdere il tempo, ed invece lo guadagnate. E se anche lo perdete voi, lo

guada-34 Capitolo Generale VIII 6.

35 Così si esprime il Superiore: «Volete che le suore vi abbiano confidenza? 1°

Siate Superiore segrete; a qualunque costo sappiate mantenere il segreto di quello che vi viene confidato […]. 2° La verità soprattutto, e sempre! Mai restrizioni men-tali che non si addicono alla semplicità religiosa, e si riducono al più delle volte a ve-ro e pve-roprio sotterfugio, e non debbono essere in una Superiora. È, è. Non è, non è.

Se dovete tacere, dite candidamente: non posso parlare. Ma nulla mai contro la cari-tà. Ne guadagnerete in tutti i sensi […]. 3° Siate Superiore giuste; a ciascuna il suo:

non più, non meno; non parzialità, non due pesi e due misure; tutte, e tutte con ugual senso materno […] Sono queste le tre doti che costituiscono il nerbo della fi-ducia» (ivi 11-13.21).

Cap. I: La relazione educativa tra sfide e prospettive emergenti 197 gna la Suora, che dopo avervi parlato, dopo essere stata ascoltata con pazienza, con bontà, ritorna al suo lavoro serena e tranquilla; mentre, altrimenti, perde-rebbe, forse, la giornata a far castelli in aria. Don Bosco terminava sempre i di-scorsi coi suoi figli con una parola faceta, che loro apriva il cuore e li rendeva lieti e glieli affezionava ognora più. Imitate Don Bosco; terminate sempre con la parola buona, serena, materna. Sono piccole cose, eppur difficili a praticarsi, perché richiedono molta virtù, molto dominio su noi stessi, eppure sono neces-sarie a una Superiora che vuol veramente far del bene. Portate, buone Ispettrici, queste raccomandazioni alle Direttrici; fate che tutte sappiano farsi amare, sap-piano rendere felici le loro Suore. Una Direttrice che non sa farsi amare, che rende le sue Suore scontente, disgustate, è persona fuori posto. O si corregge o alla scadenza del triennio si toglie. Carità lo richiede».36

La corresponsabilità e la sussidiarietà che la direttrice deve favorire, prima nel suo consiglio e poi con tutte le suore, integrate con le sue ca-pacità relazionali nel trattare le persone, sono elementi così importanti da costituire, per il Rettor Maggiore, un sicuro criterio di scelta del per-sonale da proporre a guida delle comunità.

Il consiglio locale deve inoltre collaborare, in sinergia con la direttri-ce, anche nell’esperienza della correzione fraterna. Premesso che nel me-todo salesiano la correzione deve “migliorare e non inasprire”, è neces-sario che nel correggere «non vi sia né amarezza, né animosità; altrimen-ti si passa dalla parte del torto e, invece di riparare uno sbaglio, se ne aggiunge un altro; invece di giovare, si nuoce. Correzioni quando occor-rono; ma sempre calme, serene, soavi, non mai risentite, non mai morti-ficanti».37 Per giungere a tale risultato sarà necessario che la direttrice sappia farsi amare in modo che le suore sentano in lei una vera madre.

Le consigliere, per ciò che loro compete, coadiuveranno la superiora ri-chiamando, correggendo, migliorando e ravvivando nelle consorelle la stima e l’affetto nei confronti della direttrice.38

I richiami che emergono all’interno dell’assemblea capitolare non si discostano da quanto era già presente soprattutto nel Manuale del 1908.

Il fatto che buona parte delle riflessioni e dibattiti assembleari sia im-piegato nel ribadire tali aspetti fa supporre che l’attuazione pratica delle norme contenute nei testi ufficiali sia disattesa. Nelle Deliberazioni non si fa menzione della ricaduta negativa della trascuratezza di tali norme sulla relazione con le alunne, ma è probabile che anche le difficoltà nella

36 Ivi 21-22.

37 Ivi 33.64.

38 Cf ivi 64.

partecipazione alla ricreazione delle ragazze ne sia un riflesso. Nel para-grafo che segue si evidenzia appunto quest’aspetto in base alla docu-mentazione reperita nelle fonti.

2.2. La spontaneità della relazione durante le ricreazioni delle alunne Numerose riflessioni delle partecipanti all’assemblea capitolare del 1922 vertono sull’organizzazione delle ricreazioni, esperienza carica di rilevanza pedagogica nel metodo educativo delle FMA. Attraverso di es-sa è facile per le educatrici conquistare la fiducia delle ragazze.39 L’argo-mento era stato precedentemente trattato sia dalla Superiora generale madre Caterina Daghero, sia da don Filippo Rinaldi in alcune conferen-ze tenute alla comunità di Nizza Monferrato nel 1917.

Nella pianificazione della vita del collegio, peraltro abbastanza rigida nella suddivisione dell’orario giornaliero, la ricreazione assume un’im-portanza particolare. Essa è, infatti, un’esperienza caratterizzata da spontaneità nelle relazioni, durante la quale le ragazze hanno modo di esprimere la loro esuberanza e nel gioco il proprio carattere, risorse e limiti.40 Ad un’educatrice competente non sfugge quindi l’importanza

39 I Regolamenti per le Case di Educazione nella parte che riguarda il Regolamen-to per le alunne stabiliscono che «la miglior ricreazione è quella in cui il giuoco è più animato e l’espansione degli animi più fraterna e gioconda» (Regolamento n. 819, in Manuale [1908]). Per questo «non è permesso studiare o leggere» (ivi 821). Tutti i pedagogisti sono concordi nell’attribuire al gioco un ruolo fondamentale nello

39 I Regolamenti per le Case di Educazione nella parte che riguarda il Regolamen-to per le alunne stabiliscono che «la miglior ricreazione è quella in cui il giuoco è più animato e l’espansione degli animi più fraterna e gioconda» (Regolamento n. 819, in Manuale [1908]). Per questo «non è permesso studiare o leggere» (ivi 821). Tutti i pedagogisti sono concordi nell’attribuire al gioco un ruolo fondamentale nello

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