• Non ci sono risultati.

La relazione educativa in Maria Domenica Mazzarello: sintesi di bontà e fermezza

Nel documento LA RELAZIONE EDUCATIVA NELL’ESPERIENZA (pagine 67-73)

LA RELAZIONE EDUCATIVA NELL’ESPERIENZA E NELLE FONTI SCRITTE

E NELLA PRIMA COMUNITÀ DELLE FMA

1. La relazione educativa in Maria Domenica Mazzarello: sintesi di bontà e fermezza

L’identità delle FMA, da cui deriva un peculiare stile di relazioni, af-fonda le sue radici nelle scelte che precedono la af-fondazione dell’Istituto e precisamente nell’esperienza educativa vissuta da Maria Domenica Mazzarello e dalle sue compagne Figlie dell’Immacolata a Mornese (Alessandria).2 Don Bosco, conosciuto il gruppo delle FMI,3 grazie alla mediazione di don Domenico Pestarino,4 percepì la reale sintonia tra Maria Domenica Mazzarello e il suo “sistema preventivo”. In lei

intravi-2 Stando a quanto attestano le fonti, l’ispirazione di educare le fanciulle è radica-ta in Maria Domenica storicamente prima dell’incontro di don Bosco con il gruppo delle Figlie di Maria Immacolata (FMI) e di conseguenza con la stessa Maria Dome-nica (cf POSADA, Significato della «validissima cooperatio» di S. Maria D. Mazzarello, in ID. [a cura di], Attuale perché vera. Contributi su S. Maria Domenica Mazzarello, Roma, LAS 1987, 53-68. Cf anche VRANCKEN Sylvie, Il tempo della scelta. Maria Do-menica Mazzarello sulle vie dell’educazione, Roma, LAS 2000).

3 Le FMI furono fondate a Mornese per iniziativa della maestra del paese, An-gela Maccagno, la quale aveva preparato anche un primo abbozzo di Regola; don Pestarino ne favorì l’incremento e il teologo Giuseppe Frassinetti ne compilò la Re-gola utilizzando l’abbozzo della Maccagno. Le giovani creavano tra loro una comu-nione di vita e una vera e profonda amicizia spirituale. Si dedicavano ad opere di ca-rità suggerite dalla situazione del paese: catechismo alle bambine, adunanze ricreati-ve, assistenza agli ammalati, laboratorio di sartoria, piccoli servizi a chi ne avesse avuto bisogno, in un clima di semplicità, di dolcezza interiore, di fede nell’Eucare-stia, di impegno nella castità, di amore filiale a Maria Immacolata (cf POSADA, Storia e santità. Influsso del Teologo Giuseppe Frassinetti sulla spiritualità di S. Maria Do-menica Mazzarello, Roma, LAS 1992, 62; STELLA, Don Bosco nella storia I 192-194 e PORCELLA Maria Francesca, La consacrazione secolare femminile. Pensiero e prassi in Giuseppe Frassinetti, Roma, LAS 1999).

4 Domenico Pestarino (1817-1874) nacque a Mornese da una famiglia benestan-te. Compì gli studi ecclesiastici nel Seminario di Genova, guidato dal teologo Giu-seppe Frassinetti. Per le sue non comuni doti di educatore, rimase nello stesso am-biente per dodici anni in qualità di assistente dei seminaristi. Trasferitosi a Mornese nel 1847 si dedicò in modo particolare all’opera catechistica contribuendo al rinno-vamento pastorale della parrocchia. Conosciuto don Bosco fu conquistato dal suo sistema educativo e decise di farsi salesiano. Fu direttore spirituale delle prime Figlie dell’Immacolata dalle quali si costituì il primo gruppo delle Figlie di Maria Ausilia-trice (cf MAGDIC Giovanni, Pestarinosac. Domenico, primo direttore spirituale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, in VALENTINI Eugenio - RODINÒ Amedeo [a cura di], Dizionario biografico dei Salesiani, Torino, Ufficio Stampa Salesiano 1969, 219 [d’ora in poi si abbrevierà DBS]; L’ARCO Adolfo, In orbita fra due astri, Don Dome-nico Pestarino, Torino [Leumann], LDC 1980).

Cap. II: La relazione educativa nell’esperienza di M.D. Mazzarello 67 de la donna capace di interpretare, al femminile, il suo metodo.5 Qual-che tempo dopo, ormai avviato l’Istituto delle FMA, aveva rassicurato don Giovanni Cagliero, direttore generale dell’Istituto, circa la capacità educativa di Maria Domenica, preposta a superiora della comunità:

«Tu conosci lo spirito del nostro Oratorio, il nostro sistema preventivo ed il segreto di farsi voler bene, ascoltare ed ubbidire dai giovani; amando tutti e non mortificando nessuno, ed assistendoli giorno e notte con paterna vigilanza, pa-ziente carità e benignità costante. Orbene, questi requisiti la buona Madre Maz-zarello li possiede e quindi possiamo stare fidenti nel governo dell’Istituto e nel governo delle suore. Essa non ha altro da fare e altro non fa se non uniformarsi allo spirito, al sistema e carattere proprio del nostro Oratorio, delle Costituzioni e deliberazioni salesiane; la loro Congregazione è pari alla nostra; ha lo stesso fine e gli stessi mezzi, che essa inculca con l’esempio e con la parola alle suore, le quali, alla loro volta, sul modello della Madre, più che superiore, direttrici e maestre sono tenere madri verso le loro giovani educande».6

Effettivamente, la sintonia con don Bosco e il suo stile educativo, Maria Mazzarello l’aveva percepita sin dal giorno in cui, il 7 ottobre 1864, lo aveva incontrato per la prima volta a Mornese. Attiva FMI ave-va intuito che le parole di don Bosco erano, stando all’interpretazione della redattrice della Cronistoria, come «l’eco di un linguaggio che sen-tiva in cuore senza saperlo esprimere; come la traduzione del suo stesso sentimento; come una cosa aspettata sempre e finalmente venuta».7 Da

5 Don Bosco conosceva in Torino varie istituzioni religiose che si dedicavano al-l’educazione delle ragazze. Non soltanto la marchesa Giulia di Barolo e le suore di S. Anna da lei fondate, ma anche varie famiglie religiose della città: l’Istituto delle Fedeli Compagne, le Figlie del Rosario, le suore del Buon Pastore. In particolare don Bosco ebbe contatti con suor Maria Luisa Angelica Clarac, la quale aveva isti-tuito numerose opere a favore dei bambini e delle giovani, tra cui un laboratorio e un orfanotrofio femminile poco lontano dall’Oratorio di S. Luigi in Porta Nuova ge-stito da don Bosco. L’interesse del fondatore si rivolse però al gruppo delle FMI delle quali accolse e valorizzò la tipica esperienza di protagonismo femminile che il gruppo stava vivendo in Mornese (cf STELLA, Don Bosco nella storia I 187-208;

COLOMBO Antonia, La provocazione di don Bosco per la formazione della donna, in Rivista di Scienze dell’Educazione 22 [1984] 2, 242-243).

6 CAGLIERO Giovanni, [Memoria storica su Maria Domenica Mazzarello] 1918, in AGFMA 020 04-1-01, ms. aut.

7 CAPETTI (a cura di), Cronistoria [dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice]

I, Roma, Istituto FMA 1974, 149. Opera in cinque volumi, pubblicata in occasione del centenario di fondazione dell’Istituto, è la più ricca fonte di informazioni sulla comunità delle origini, anche se non è redatta con criteri storico-scientifici. D’ora in poi si citerà: Cronistoria.

allora aveva continuato con maggiore entusiasmo l’opera educativa tra le ragazze del laboratorio da lei aperto e diretto insieme all’amica Petro-nilla Mazzarello, nell’oratorio festivo e nelle diverse attività ideate per favorire la crescita umana e cristiana delle ragazze di Mornese. L’ispira-zione di fondo, che sin dall’inizio aveva animato la sua missione, Maria Domenica l’aveva esplicitata in un incontro con l’amica proponendole di iniziare insieme un laboratorio di sartoria: «Accetteremo qualche ra-gazza che vorrà imparare a cucire e le insegneremo, col fine principale però, ricordiamolo bene, di toglierla dai pericoli, di farla buona e spe-cialmente di insegnarle a conoscere e amare il Signore».8 Con la dolcez-za, l’affabilità, il rispetto per le ragazze da un lato, e la fermezdolcez-za, l’auto-revolezza e l’esigenza dell’obbedienza dall’altro, Maria applicava un me-todo in perfetta sintonia con il “sistema preventivo” di don Bosco.9 Me-todo che, per il raggiungimento delle finalità che si propone, postula la creazione di relazioni positive, ricche di umanità, rispettose della perso-na dell’educanda, capaci di diventare “laboratorio” di maturazione umana e cristiana.

Nella personalità di Maria Mazzarello, come nota Ferdinando Mac-cono nella sua documentata biografia, coesisteva il germe della bontà e della maternità spirituale, insieme a quello della vocazione pedagogica e religiosa.10 Lo riconosceva anche Petronilla, che aveva condiviso con lei le vicende che portarono alla fondazione dell’Istituto, la quale costatava:

«Maria attirava le ragazze come la calamita attira il ferro».11

Le sue qualità umane e spirituali facevano di lei un’educatrice parti-colarmente abile e con uno stile formativo analogo a quello di don Bo-sco, sintesi equilibrata di doti personali e del lavorío svolto sul suo ca-rattere anche grazie alla guida di don Pestarino. A ragione perciò Alber-to Caviglia la definisce «salesiana per istinAlber-to».12

È quindi legittimo supporre che gli orientamenti metodologici offerti da don Bosco alle FMI nel 1869 fossero in maniera intuitiva già vissuti dalle giovani educatrici di Mornese, in particolare da Maria

Mazzarel-8 Cronistoria I 98.

9 Cf MACCONO, Santa I 274-275.

10 Cf ivi 35-36.

11 Ivi 67.

12 CAVIGLIA Alberto, L’eredità spirituale di Suor Maria Domenica Mazzarello, in KOTHGASSER Alois - LEMOYNE G. Battista - CAVIGLIA Alberto, Maria Domenica Mazzarello. Profezia di una vita, Roma, Istituto FMA 1996, 119.

Cap. II: La relazione educativa nell’esperienza di M.D. Mazzarello 69 lo.13 Anzitutto era loro richiesto l’impegno di «formarsi un buon carat-tere, paziente, lieto, tale da rendere amabile la virtù e più facile il vivere insieme».

Secondariamente, bisognava porsi in relazione con le giovani e le fa-miglie con cordialità, simpatia, interesse per le persone e sintonia con la loro mentalità partendo dalla loro situazione e dai loro problemi. Con-quistando in tal modo la fiducia delle famiglie, si sarebbe ottenuta anche la collaborazione dei genitori in ordine all’educazione dei figli: «Nelle relazioni con gli esterni, entrare nelle loro viste interessandosi prudente-mente delle loro cose, per finir poi bel bello con una buona parola; esor-tando i genitori a tener le figliole lontane dai pericoli».14

Infine, occorreva offrire alle giovani una presenza educativa intessuta di amore, più che di timore; una presenza solerte, continua, amorosa,

“non pesante, non diffidente”, finalizzata ad educare le ragazze attraver-so la preghiera, il lavoro, la ricreazione. Occorreva «orientarle a una pie-tà veramente seria, combattendo in esse la menzogna, la vanipie-tà, la legge-rezza».15

Le FMI, anche attraverso la mediazione formativa di don Pestarino, incarnavano questo ideale manifestando uno straordinario ascendente sulla gente. Si dedicavano alle ragazze con maggior continuità rispetto a quanto avrebbero potuto fare se fossero rimaste nelle loro famiglie. La Cronistoria annota, sulla base di testimonianze dirette:

«Vanno, vengono, pare non si immischino in niente, eppure il loro nome è ripetuto da tutti, perché tutti ricevono da loro un consiglio, un favore, una pa-rola amorevole. La stessa Maria, prima così riservata, ora avvicina questa o quel-la figliuoquel-la, l’interroga, se l’accompagna in chiesa, le parquel-la delquel-la Madonna. […]

E cosa notabile, non va a cercare le migliori, come faceva prima: ora pare che le sue preferenze siano per le più birichine. Ma le birichine, dopo un po’ le si affe-zionano; e sembra che non possano più stare senza imitarla».16

Dunque l’amore educativo vissuto dalle FMI e in particolare da Ma-ria Mazzarello si caratterizza sin dall’inizio per l’accoglienza e la

sol-13 Il 19 aprile 1869 don Bosco si recò a Mornese. In quell’occasione ebbe modo di occuparsi delle FMI dando loro un “regolamento per la giornata”. Il manoscritto purtroppo non venne conservato, ma Petronilla Mazzarello ne ricordava le linee ge-nerali riportate in Cronistoria I 224.

14 L. cit.

15 L. cit.

16 Ivi I 71.

lecitudine per le ragazze più trascurate e difficili. Uno stile educativo connotato da differenziata adeguatezza, in modo da raggiungere il cuore delle ragazze attraverso l’affetto, i richiami, i consigli, il confronto con i valori e la guida paziente verso la loro graduale assimilazione.

Un’altra testimonianza conferma il peculiare stile di relazioni di Ma-ria Domenica Mazzarello:

«Si occupava di tutte le fanciulle, ma specialmente aveva l’occhio a quelle che erano di carattere irrequieto, a quelle che frequentavano i balli e sapeva che menavano una vita un po’ leggera. Le chiamava a sé, le esortava al bene, usava loro tutta la carità per guadagnarle alla virtù. Aveva cura di mettere ai loro fian-chi qualche compagna buona che, senza apparire, le sorvegliasse e le inducesse al bene. […] Amava tutte indistintamente, allieve ed oratoriane, avessero forme graziose e modi gentili, o fossero poco attraenti per fattezze e grossolane di trat-to. Non aveva preferenze, o, se ne aveva, erano per le meno favorite di natura o di fortuna, e specialmente per le più bisognose nell’anima e le orfanelle che se-guiva e non perdeva d’occhio mai».17

Il tratto cordiale e amorevole sembra essere il segreto che affezionava le ragazze a Maria tanto che esse «desideravano di non stare un solo giorno lontane da lei».18 Insieme alla bontà, Maria univa l’autorevolezza con la quale esigeva dalle ragazze diligenza, impegno, schiettezza. L’a-more ad esse donato ritornava alle educatrici attraverso una dinamica di reciprocità e si trasformava in apertura, confidenza, docilità verso chi si dedicava a loro con sollecita cura. Inoltre, l’armonizzare autorevolezza ed amorevolezza creava un clima educativo che faceva evitare l’uso dei castighi perché, sentendosi amate ed aiutate, le ragazze corrispondevano facilmente all’intervento formativo.19

Tale stile di relazioni, caratteristico e sintomatico in un periodo in cui a livello pedagogico erano diffusi sistemi educativi prevalentemente

17 MACCONO,Santa I 138-139. L’autore, noto biografo della Mazzarello, basa le sue ricerche storiche sulla testimonianza e gli scritti delle prime FMA che egli inter-vistò ripetutamente.

18 Cronistoria I 134.

19 Esse attestano: «Maria ci sgridava se lo meritavamo; ma, dopo la sgridata, do-po averci fatto comprendere il male commesso, ci voleva bene come prima e non conservava alcun malumore; non ne parlava più e ci trattava come se nulla fosse ac-caduto. Era sempre di uguale umore; non ricordiamo di averla vista imbronciata, né incollerita, benché noi fanciulle le occasioni non gliele lasciassimo mancare»

(MACCONO, Santa I 123).

Cap. II: La relazione educativa nell’esperienza di M.D. Mazzarello 71 basati sull’austerità e la rigidezza,20 è l’eredità che le FMI portano con sé quando, nel 1872, si trasferiscono al Collegio di Mornese, per l’inizio uf-ficiale dell’Istituto delle FMA. Nella loro prima comunità vita religiosa e missione educativa continuano ad essere impostate all’insegna della fi-ducia reciproca e della familiarità. Maria Mazzarello, che ora guida la comunità in qualità di superiora, contribuisce alla creazione di questo clima, vigilando perché siano evitate forme di rigidezza o di imposizio-ne, e perché la relazione sia pervasa di dolcezza, di amabilità e di gioia, secondo lo spirito del Fondatore.21

La capacità di non far pesare la superiorità22 caratterizza il suo stile relazionale configurando così l’identità dell’educatrice salesiana, chia-mata a prendersi cura delle ragazze in totale “prossimità”, secondo quanto afferma don Bosco nell’opuscolo sul Sistema Preventivo.23 La capacità di eliminare le distanze, senza rinunciare al ruolo educativo, è la conditio sine qua non per una corretta impostazione della relazione con le giovani. Grazie a questa vicinanza sorge spontanea l’apertura e la confidenza da parte delle ragazze che sentono di potersi fidare

dell’edu-20 Pietro Braido mette in evidenza come i sistemi pedagogici più austeri ed esi-genti fondano e giustificano il loro metodo puntando direttamente sul traguardo da raggiungere e perciò tendono a guardare il giovane come l’adulto del futuro, da trat-tare conseguentemente come tale fin dai primi anni della sua vita. Di qui le leggi e i provvedimenti fortemente responsabilizzanti dei collegi di stile militare. Nel secolo XIX aveva piena legittimità storica, teorica e pratica, con diverse modalità di appli-cazioni, l’“educazione correzionale”, nota nel mondo penale educativo e rieducati-vo. Nel periodo in cui don Bosco approdava a Torino, trattava in modo appassiona-to del suddetappassiona-to argomenappassiona-to il consigliere di Staappassiona-to del Regno sardo, il conte Carlo Ila-rione Petitti di Roreto (1790-1850), nel saggio Della condizione attuale delle carceri e dei mezzi di migliorarla, in particolare nel capitolo Dell’istoria dell’educazione corret-tiva e dello stato attuale della scienza, in PETITTI DI RORETO Carlo, Opere scelte, To-rino, Einaudi 1969, 319-587. Nella fondazione delle sue opere educative, anche per quelle dirette dalle FMA, don Bosco scelse invece il metodo ad orientamento fami-liare, più centrato sul ragazzo e sui “limiti” della sua età, quindi su un’assistenza as-sidua e amorevole da parte dell’educatore, che “paternamente” o “maternamente” è presente, consiglia, guida e sostiene (cf BRAIDO, Prevenire non reprimere 7-8).

21 Cf MACCONO, Santa I 289.

22 Cf CAVIGLIA, L’eredità spirituale 129 e COLLI, Contributo di don Bosco e di madre Mazzarello al carisma di fondazione dell’Istituto delle FMA, Roma, Istituto FMA 1978, 113-140; ID., Lo spirito di Mornese. L’eredità spirituale di S. M. Domeni-ca Mazzarello, Roma, Istituto FMA 1981, 134-144.

23 Come si è evidenziato nel primo capitolo, cardine del rapporto educativo è il fatto che gli educatori, più che superiori, si manifestano padri, amici e fratelli (cf BOSCO, Il Sistema Preventivo, in DBE264).

catrice giungendo così ad una più efficace assimilazione dei valori. La relazione educativa è chiaramente finalizzata e orientata a creare le con-dizioni perché le ragazze siano in grado di aprirsi ad un cammino di ma-turazione. Nelle lettere che Maria Mazzarello scrive alle ragazze si avrà modo di evidenziare con pertinenza di documentazione tale fondamen-tale realtà.

Le relazioni educative positive che le fonti attestano come tipiche del Collegio di Mornese sono il frutto dell’intenzionale opera di collabora-zione tra educatrici, ragazze, famiglie, ambiente ecclesiale e sociale. La rete di rapporti, che esprime lo stile peculiare del “sistema preventivo”

vissuto al femminile, è una complessa realtà che scaturisce dalla con-fluenza di apporti specifici e complementari: l’esperienza educativa vis-suta dalle prime FMI, l’incontro con il metodo educativo di don Bosco e il confronto continuo con l’esperienza di Valdocco, l’apporto originale di ciascuna educatrice impegnata a dare il meglio delle sue risorse per la configurazione della prima comunità educativa dell’Istituto.

2. Le lettere di Maria Domenica Mazzarello alle ragazze: un

Nel documento LA RELAZIONE EDUCATIVA NELL’ESPERIENZA (pagine 67-73)