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L’arte della relazione educativa negli orientamenti di Emilia Mosca, prima Consigliera scolastica generale

Nel documento LA RELAZIONE EDUCATIVA NELL’ESPERIENZA (pagine 126-145)

LA RELAZIONE EDUCATIVA NELL’ESPERIENZA E NELLE FONTI SCRITTE

LA RELAZIONE EDUCATIVA EMERGENTE DALLA PRASSI E DA FONTI DOCUMENTARIE E NARRATIVE

2. L’arte della relazione educativa negli orientamenti di Emilia Mosca, prima Consigliera scolastica generale

Madre Emilia Mosca118 è la prima Consigliera scolastica generale del-le FMA.119 La “seconda assistente”, come viene chiamata nelle Costitu-zioni del 1878, ha la supervisione generale delle scuole, cura la forma-zione delle insegnanti, l’impostaforma-zione didattica ed educativa dell’inse-gnamento, in modo che in ogni scuola si osservino le leggi statali in fe-deltà ai principi pedagogici dell’Istituto.120 Essa è la “voce” pedagogico-salesiana della scuola perché, in continua interrelazione con le insegnan-ti, ne cura la formazione e ne stimola la collaborazione, contribuisce a

118 Emilia Mosca (1851-1900) nasce ad Ivrea (Torino) dal conte Alessandro Mo-sca di S. Martino e da Eugenia Garello, discendente dei conti Bellegarde di St. Lary.

Conseguito il diploma di abilitazione all’insegnamento della lingua francese alla re-gia Università di Torino, è istitutrice in una nobile famiglia torinese. Nel 1872 le vie-ne proposto da don Bosco di recarsi a Morvie-nese in qualità di insegnante di italiano e francese. Conquistata dallo spirito religioso ed educativo dell’Istituto, chiede di far-ne parte e, ancora novizia dirige la scuola di Morfar-nese. Insieme a suor Rosalia Pesta-rino sostiene gli esami per conseguire il diploma magistrale ed in seguito si occupa della formazione delle educande e delle suore. Quando nel 1878 s’inaugura la Casa di Nizza Monferrato ella ne organizza la scuola elementare e in seguito, attraverso un lungo e faticoso iter, la integra con la scuola complementare e quella normale, portandola al pareggiamento alle scuole statali (cf MAINETTI, Una educatrice nella luce di San Giovanni Bosco. Suor Emilia Mosca di San Martino, Torino, L.I.C.E.-Berruti, 1952; GENGHINI, Un anno di assistenza sotto la guida di Madre Assistente Suor Emilia Mosca. Nizza Monferrato, anno scolastico 1892-93, Torino, Istituto FMA 1965). Quest’ultimo testo è certamente di indubbio interesse pedagogico, sia per l’attendibilità dell’autrice, sia perché raccoglie episodi, appunti di conferenze o buone notti, orientamenti pratici dati da madre Emilia. Suor Clelia era allora giova-ne e igiova-nesperta assistente delle educande. Il quaderno contiegiova-ne in appendice alcugiova-ne conferenze di madre Emilia Mosca alle maestre della scuola elementare.

119 Le prime Costituzioni stampate dedicano un articolo alla Consigliera scola-stica generale chiamata “Seconda Assistente”. Ad essa «sarà affidato quanto riguar-da le scuole e l’insegnamento nelle varie Case dell’Istituto» (Costituzioni [1878] III 9). Tale figura, presente anche a Torino - Valdocco nella persona di don Celestino Durando, prima, e poi di don Francesco Cerruti, era oltremodo significativa soprat-tutto se pensiamo che l’Istituto, che andava sempre più espandendosi, era fondato per l’educazione cristiana della donna (cf CAVAGLIÀ, La consigliera scolastica nelle scuole delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Approccio storico-pedagogico, in Rivista di Scienze dell’Educazione 32 [1994] 2, 189-221).

120 Cf Deliberazioni del Secondo Capitolo Generale delle Figlie di Maria SS. Ausi-liatrice tenuto in Nizza Monferrato nell’agosto del 1886, S. Benigno Canavese, Tip.

Salesiana 1886, 23-25.

creare e mantenere nell’ambiente scolastico il clima familiare tipico del

“sistema preventivo” e, al tempo stesso, la serietà pedagogica e didattica richiesta da tali istituzioni.121

Madre Emilia fu Consigliera scolastica per 24 anni (1876-1900). Ne-gli studi sulla sua figura è considerata come colei che ha contribuito ad esprimere al femminile il metodo di don Bosco mediante la ricchezza della sua personalità e la competenza pedagogica.122 La sua attività si esplica in una molteplicità di compiti: maestra e direttrice della scuola a Mornese, professoressa di pedagogia, direttrice della Scuola Normale

“Nostra Signora delle Grazie” di Nizza Monferrato, della quale segue la pratica del pareggiamento fino ad ottenerne il riconoscimento ministe-riale; vigila sull’impostazione metodologico-salesiana delle scuole in Ita-lia e in altre nazioni;123 visita le istituzioni educative dirette dalle FMA;

intrattiene con le educatrici una fitta corrispondenza epistolare ponen-dosi nei loro confronti come guida saggia e incoraggiante.124

La sua specifica missione è quella di «aver innestato sul giovanissimo ramo dell’Istituto femminile di don Bosco l’idea educativa del grande santo educatore».125 Di lei il Rettor Maggiore don Filippo Rinaldi ebbe a dire: «Chi ha compreso bene e tradotto in pratica il sistema di Don Bosco nell’educazione delle ragazze, è stata suor Emilia Mosca: fate che riviva!».126

121 Cf CAVAGLIÀ, La consigliera scolastica 213-216.

122 Cf DALCERRI, Un fecondo innesto della pedagogia di Don Bosco nell’azione educativa di Madre Emilia Mosca, Roma, Scuola tipografica privata FMA 1977.

123 Madre Emilia segue le scuole allora fondate in Francia, Spagna, Tunisia.

124 La ragione della sua efficacia formativa va innanzitutto ricercata nella sua ec-cezionale personalità. Lo scrisse anche Bartolomeo Fascie: «Bisogna ricordarci che Madre Assistente era una creatura d’eccezione, come ve ne sono poche, e gli effetti educativi che lei otteneva erano dovuti soprattutto alla sua personalità»(GENGHINI, Un anno di assistenza 7-8). È significativo quello che nel 1918 suor Angelica Sorbo-ne scrisse su di lei rilevandoSorbo-ne l’originalità e l’esemplarità della figura: «Madre Mo-sca fu di carattere! Carattere serio, energico, posato e nello stesso tempo amabile, buono, materno! È difficile trovare ai giorni nostri persona di carattere come la cara madre Mosca! Mi trovo Maestra delle Novizie e trovo che non si presentano già di questi caratteri, ma superficiali, suscettibili, pieni di sé e delle proprie comodità, benché non manchi la buona volontà» (SORBONE Angelica, Memorie della reverenda e carissima Madre Assistente Suor Emilia Mosca, Bernal 8 aprile 1918, in AGFMA 220 01-32-70, ms. aut.).

125 DALCERRI, Lo stile educativo di Madre Emilia Mosca di S. Martino, in Rivista di Pedagogia e Scienze Religiose 5 (1967) 3, 337.

126 La citazione è riportata da Clelia Genghini nell’introduzione a Un anno di

as-Cap. III: La relazione educativa emergente dalla prassi… 127 È inoltre un esempio di educatrice che ha saputo assimilare il “siste-ma preventivo” nonostante non possedesse un temperamento dolce e amabile. Seppe tuttavia approfondire la spiritualità di don Bosco e

«comprese che la via dell’amorevolezza è la più sicura per giungere ai cuori. Sorvegliò se stessa, si controllò e, soprattutto, fece suo l’amore di don Bosco per le anime».127 Di ciò divenne talmente convinta da affer-mare ripetutamente:

«Il metodo di don Bosco fa miracoli: son rare le fanciulle che si ribellano al-la bontà; al-la disciplina si ottiene con al-la bontà e con al-la fermezza, e col non richie-dere mai ciò che è superiore alle forze della fanciulla, o che la reprime anziché aiutarla a conquistare la libertà dei figli di Dio. Non dobbiamo porre le nostre educande in difficoltà o situazioni penose inutilmente; non dobbiamo dar loro ordini, o dare anche solo un consiglio, un suggerimento, senza prima averlo me-ditato in cuor nostro, avere esaminato noi stesse e avere studiato il momento opportuno per farlo».128

Di lei ci restano appunti di conferenze tenute alle prime maestre,129 una raccolta di orientamenti curati dopo tanti anni di distanza da suor Clelia Genghini, che a Nizza si formò alla sua scuola, e numerose lettere inedite indirizzate ad educatrici, maestre ed anche a exallieve della scuo-la normale. Esistono infine testimonianze di FMA che scuo-la conobbero quando erano educande, maestre o assistenti a Nizza Monferrato e che furono direttamente formate da lei.130

sistenza 10. Tale richiamo fu forse pronunciato da don Rinaldi in un tempo di crisi nell’interpretazione del “sistema preventivo”. Si può ipotizzare nel 1917, quando madre Daghero chiese a don Rinaldi di parlare alle FMA di Nizza dello stile educa-tivo salesiano. Era infatti necessario richiamare le FMA al metodo della bontà e del-l’amorevolezza indispensabile per l’efficacia educativa (cf Conferenze di don Filippo Rinaldi, SDB, sulla pratica del sistema preventivo tenute alle Suore di Nizza Monferra-to dal 19 al 21 febbraio 1917 su richiesta della Madre Generale Madre Caterina Da-ghero, in AGFMA A 383-9-32, copia datt.).

127 DALCERRI, Un fecondo innesto 90.

128 MOSCA, Conferenza alle insegnanti e alle assistenti, inGENGHINI, Un anno di assistenza 10.

129 L. cit.

130 Tali testimonianze giunsero al Consiglio generale nel 1917 per esplicita ri-chiesta della Vicaria, suor Enrichetta Sorbone. Nella Circolare del 1° novembre 1917 ella così si esprime: «Tra quelle cresciute alla sua scuola chi non ricorda la sua pietà squisita, la nobiltà e profondità de’ suoi sentimenti, quella sua virtù forte e ma-terna a un tempo, quella sua costante e infaticabile attività nel lavoro e nel sacrificio, quel dono suo particolare di comunicare alle alunne, tanto educande che Suore, lo

2.1. La formazione delle educatrici allo stile relazionale

Emilia Mosca, particolarmente sensibile alla formazione delle educa-trici, vi si dedica con una metodologia esperienziale che si rivela efficace non solo perché ricca di orientamenti e prospettive, ma perché fondata sulla sua presenza continua accanto alle giovani insegnanti le quali, a contatto con la sua competenza pedagogica e sensibilità educativa assi-milano quasi per osmosi lo stile del “sistema preventivo” al femminile.

Attraverso il ricordo e la testimonianza di suor Clelia Genghini e di altre FMA che vissero alla sua scuola si possono rintracciare utili indicazioni circa lo stile di rapporto che caratterizza l’educatrice nei confronti delle giovani.

Per madre Emilia l’educazione tende alla formazione completa delle alunne per la vita adulta; occorre educare, dunque, «coscienze e volontà adamantine».131 Nella sua concezione educativa la scuola è un “tempio”, cioè un ambiente dove ogni realtà, strutture, persone, contenuti, espe-rienze, è finalizzato alla crescita umana e cristiana dell’alunna e alla lode del Creatore. Di qui l’impegno delle maestre di offrire alle ragazze la possibilità di vivere in un ambiente ordinato, sano, rispettoso delle rego-le, disciplinato, secondo lo stile del “sistema preventivo” e cioè «non stecchito, ma gradito alla vista, all’udito, al cuore»,132 ovvero ricco di spirito del Padre da essa subito perfettamente intuito e fatto proprio sotto la luce di-retta del Venerabile Fondatore? Chi non prova una vera compiacenza filiale nel ri-cordare di averla avuta, in tutte le ore, Assistente, Maestra e Madre vigilantissima, premurosissima, sempre intenta a ben formare le sue allieve, per averle a suo tempo vere educatrici della gioventù, secondo i principi del Metodo Preventivo? […] Si sveglino dunque quelle che debbono dir grazie a Madre Assistente se oggi sono quel che sono; e stendano per iscritto le loro memorie, mandandocele al più presto, per-ché possano servire a completare le notizie che già di lei si hanno, e a mostrarla, qual è, vero modello di educatrice religiosa e salesiana di Don Bosco» (DAGHERO, LC del 1° novembre 1917).

131 Cf MOSCA, La scuola secondo la pratica dell’Istituto e il sistema educativo di don Bosco, in GENGHINI, Un anno di assistenza 123. Nell’archivio generale si trova il Sunto di pedagogia pel 1° Corso Normale di Madre Assistente, sono note di pedagogia utilizzate da madre Emilia per le lezioni che ella teneva alle normaliste. Nel Sunto emerge che la finalità dell’educazione è quella di «mirare sempre e in tutto a rendere l’allievo migliore nella bontà dei costumi, e a dirigerlo alla vera e compiuta felicità», mentre l’educatore deve «mirare tutta l’opera sua in modo che l’educando si faccia a poco a poco, e con sicurezza, causa consapevole, libera ed abile della propria educa-zione, ossia si faccia autonomo» (AGFMA 220 01-2-04 p.3, quad. ms.).

132 Cf MOSCA, La scuola secondo la pratica dell’Istituto, in GENGHINI, Un anno di

Cap. III: La relazione educativa emergente dalla prassi… 129 cordialità e familiarità, capace di aprire il cuore alla confidenza e alla spontaneità. Le educande devono poter intuire, sin dal loro arrivo nel collegio, qual è lo stile che caratterizza l’ambiente salesiano: ognuna de-ve sentirsi accolta, conosciuta e compresa personalmente. Suor Genghi-ni annota quanto visse in prima persona nell’anno scolastico 1892/93 a Nizza Monferrato. Si era all’inizio di ottobre e occorreva disporsi al-l’accoglienza delle educande:

«Ci ha radunate ancora madre Assistente, che c’instrada a ricevere le edu-cande; c’insegna come trattare le nuove, come farle sentire subito di casa, per aver modo di conoscerle più presto e di far subito il maggior bene fra di loro».133

Anche e soprattutto i momenti informali, come quelli della ricreazio-ne, contribuiscono a creare questo clima. Madre Emilia insegna alle maestre che cosa esigere dalle allieve perché la spontaneità non degeneri:

«Non chiasso esagerato, non scorrazzate per i corridoi, ma sollievo libero, durante il quale la maestra possa vedere, sentire e darsi conto esatto della scola-resca, non restando, no, impalata e fredda come una sentinella, ma sorridendo all’una, dando uno sguardo all’altra, volgendo la parola ad una terza, e non pas-sando quei pochi minuti in far prediche o sermoni».134

Condizione irrinunciabile per instaurare una buona relazione con le ragazze è quella di conoscerle nelle loro caratteristiche peculiari. Gli ac-corgimenti dei quali servirsi sono semplici, perché dettati dal tipico in-tuito femminile che guida ad osservare i particolari e a comporli in una visione globale:

assistenza 124. Serietà nell’impegno formativo e clima familiare sono i cardini che reggono sin dall’inizio l’opera educativa di Maria Domenica Mazzarello. Le testi-monianze del primo laboratorio di cucito, fondato da Maria e Petronilla lo confer-mano: «Quella del laboratorio fu considerata una vera scuola di lavoro e retribuita con una lira al mese, in denaro o derrate. Una scuola-famiglia ove si andava senza ombra di soggezione. […] Tutto questo era il mezzo per raggiungere il fine di porta-re le fanciulle al Signoporta-re. Tuttavia Maria non le tediava con pporta-reghieporta-re, con racco-mandazioni, con proibizioni» (Cronistoria I 108).

133 GENGHINI, Un anno di assistenza 12. La necessità di conoscere gli allievi vie-ne più volte richiamata da don Bosco quale presupposto imprescindibile per l’edu-cazione dei giovani. La conoscenza, però, sarà possibile solo se l’educatore si impe-gnerà a «passare con loro tutto il tempo possibile adoperandosi di dire all’orecchio loro qualche affettuosa parola» (BOSCO, Ricordi confidenziali ai direttori, in DBE 183).

134 MOSCA, La scuola secondo la pratica dell’Istituto, in GENGHINI, Un anno di assistenza 123.

«Si capiscono subito le ragazze. Osservate se hanno l’occhio sereno, vedete se hanno paura del vostro sguardo e vi sfuggono; date un’occhiata alle loro mosse; fatele parlare, ridere (voi sorridete senza ridere), e dal come fanno o ri-spondono, non tarderete a conoscere che tipo è quella che avete davanti […]

Senza fissarle in volto, vedete bene, (ché ad una mamma nulla sfugge) il colori-to, lo sguardo, l’andatura, l’esterno ordine».135

Lo stile dell’incontro è soprattutto connotato d’intuizione, di reali-stica conoscenza delle ragazze e di oculata e benevola presenza in mezzo a loro:

«Ricevuta un’alunna la ben oculata assistente od insegnante non tarderà ad accorgersi di dove e da chi venga la nuova arrivata: se dalla campagna o dalla città, se da famiglia benestante o no, morigerata a tutto punto o meno rispetta-bile. Sa dirsi molto presto se la figliuola è di carattere speciale, nervoso, ipersen-sibile, o riflessiva, positiva, ritenuta. Studiata in ricreazione, a tavola, in cappel-la, in dormitorio, a passeggio, senza aver sempre gli occhi su di lei, ma pur non perdendola di vista; sa quasi giudicarla a priori, sa dirsi cioè se gli atti urbani o inurbani, di ordine o di disordine della figliuola, siano da ritenersi meritevoli di lode o di correzione immediata o progressiva. Giunta a questo punto, ecco la chiave maestra in mano».136

La FMA, educatrice prima che insegnante, si prende cura della cre-scita integrale delle ragazze. Tale compito si svolge in un ambiente dove

135 GENGHINI, Un anno di assistenza 14.16.

136 Cf ID., Istruzioni speciali di madre Emilia Mosca, in ivi 107-108. La conoscen-za intuitiva delle persone da educare è uno degli elementi pedagogici che ritornano con più frequenza anche nell’azione educativa di Maria Domenica Mazzarello. Suor Enrichetta Sorbone testimonia di lei: «La Madre studiava molto il carattere, le incli-nazioni, le attitudini e le abilità delle suore, e, come un giardiniere intelligente col-loca i fiori nel luogo proprio adatto e poi li coltiva, così la Madre assegnava a ogni suora l’ufficio adatto alle sue forze fisiche, morali e intellettuali, alla sua capacità e tendenza; e poi vegliava di continuo, affinché ognuna compisse bene il suo dovere, svolgesse e perfezionasse le doti che Dio le aveva dato, progredisse nella virtù e ac-quistasse abilità per rendersi sempre più utile all’Istituto e far del bene al prossimo, specialmente alle fanciulle. Studiava molto le suore che doveva mandare nelle varie case, e, se occorreva, con soavità sì, ma con risolutezza e fermezza, le cambiava d’uf-ficio e di casa senza lasciarsi mai deviare da umani riguardi» (MACCONO, Santa I 372). E con le giovani aspiranti alla vita religiosa: «Studiava con intelletto d’amore il carattere di ognuna, ne intuiva i bisogni e le doti, provvedendo a quelli e svolgendo queste per amore del bene» (ivi 359). La conoscenza personale delle giovani confe-risce alla sua azione educativa l’equilibrio e la saggezza di scegliere la modalità di in-tervento più adatta a ciascuna: «Faceva correzioni con parole amorevoli, e questa ri-prendeva con volto severo e dolce insieme, quella con mesto sorriso, quell’altra in altro modo, a seconda delle circostanze» (l. cit.).

Cap. III: La relazione educativa emergente dalla prassi… 131 gli interventi, tenendo conto dell’integrazione di molteplici ruoli educa-tivi, presuppongono la convergenza della finalità, dello stile e dell’impo-stazione. Ciascuna educatrice, quindi, assumendo il ruolo che le compe-te ed assolvendolo con responsabilità, si sforza di acquisire quei tratti re-lazionali che la caratterizzano salesianamente e che madre Emilia Mosca riassume con linguaggio incisivo:

«Essere Madri e Sorelle, ma serie, ma religiose, ma salesiane; essere Madri e Sorelle, di cuore, ma le mani a posto;137 le parole misurate, lo sguardo fermo e la disciplina costante; essere Madri e Sorelle prevenienti, ma di spirito virile e di criterio pratico, sì da preparare alla vita vera».138

Tale comportamento scaturisce da una personalità matura e adulta che sa integrare l’affettività e la razionalità, la sensibilità e la competenza professionale, la parola e l’azione, frutto di un costante e vigile processo di autoformazione:

«Studiamo anche un po’ noi stesse, cioè i nostri difetti, le nostre circostanze, le nostre sensibilità, le delicatezze del nostro amor proprio, i mezzi continui e rinnovati che sempre usano le nostre Superiore con noi, per guidarci e soste-nerci nel lavoro della nostra perfezione: conferenze, esortazioni, buone notti, buon giorno, una lode, uno sguardo, o un po’ più di silenzio significativo incon-trandoci … Pensiamo a quello che fa il Signore per sollevarci se cadute e rica-dute, per rianimare il nostro coraggio se prostrato, per farci vedere quello che siamo e quello che dovremmo essere per dargli gusto … e via, via … Poi fac-ciamo altrettanto per rispetto alle nostre educande piccole e alte … sempre fisse nel principio: preghiera, carità, tempo e pazienza, poche parole e molto sacrificio,

137 L’espressione allude alla sobrietà delle manifestazioni affettive di cui si è già trattato presentando i Verbali del primo Capitolo Generale del 1884.

138 GENGHINI, Un anno di assistenza 12. Si è già avuto modo di sottolineare co-me il modello dell’educatrice “madre” sia preminente nella letteratura del secolo XIX. Un’altra similitudine altrettanto importante, secondo gli studiosi, è quella che interpreta la maestra come “madre-educatrice”. Come la madre, infatti, la maestra deve fornire lo strumento indispensabile per accedere al sapere; deve insegnare la lingua materna, importante strumento per appropriarsi della nazionalità; infine, co-me la madre, la maestra deve introdurre alla vita, fornendo gli struco-menti conoscitivi di base per affrontarla in termini di conoscenze, di valori e di comportamenti. Si-monetta Soldani fa notare che non a caso il Dizionario illustrato di pedagogia edito da Vallardi alla fine dell’Ottocento ignorava la voce Maestro, e inseriva il femminile Maestra in una sequenza aperta da Madre e Scuola delle Madri, scegliendo una trat-tazione attenta a rilevarne il carattere non contraddittorio di una figura ricca di con-notati materni e al tempo stesso “fiera e superba” di contribuire al “miglioramento morale della nazione” (cf SOLDANI, Nascita della maestra elementare, in SOLDANI -TURI, Fare gli italiani 68-69).

buone ricreazioni, e ben ordinate occupazioni, forse meno esigenza in riguardo alle ragazze e più fermezza ed uguaglianza di umore in noi, nel volere quanto è da

buone ricreazioni, e ben ordinate occupazioni, forse meno esigenza in riguardo alle ragazze e più fermezza ed uguaglianza di umore in noi, nel volere quanto è da

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