3.3 Strumenti a supporto per la progettazione didattica
3.3.2 L’Index for Inclusion
Nel contesto scientifico internazionale, il traguardo di una scuola inclusiva per tutti gli alunni, dove si eliminano le barriere all’apprendimento ed alla partecipazione di ognuno, allievi disabili in primis, è ampiamente dibattuto anche nel quadro teorico dell’inclusive education e dei disability studies (Booth & Ainscow, 2008), secondo i quali il modello sociale di riferimento ha come focus la full inclusion, ovvero l’idea di una scuola inclusiva per tutti gli alunni e non solo per allievi con BES e con DSA. Secondo Ianes, tenendo presente la prospettiva critica dei disabilities studies, che si “…discosta almeno in fase inziale dall’orientamento tradizionale italiano, è comunque prioritario puntare ad una didattica pienamente inclusiva sulla base di una prospettiva della disabilità bio-psico-sociale…” (Ianes, 2013b, p. 18).
In tale ottica risultano rilevanti nella pratica didattica l’utilizzo dell’ICF-CY e dell’Index for Inclusion in tutte le fasi di un processo ciclico: questo inizia dalle fasi di definizione di specifiche strategie educative con le relative progettazioni didattiche e si completa nella valutazione sul campo della loro efficacia ed efficienza, ovviamente sulla base di un processo di ricerca controllato o
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Evidence Based (Calvani, 2012, 2013b)32. Seguendo l’approccio della dimensione inclusiva, in particolare per la scuola, la partecipazione, la comunità e l’uguaglianza, non devono rappresentare solo concetti astratti, ma principi guida nelle pratiche educative e nel curricolo, tali da permettere che i bambini/ragazzi disabili, con DSA o con BES possano assumere nella scuola il ruolo effettivo di allievi.
La prospettiva inclusiva consente di superare la condizione di integrazione condizionale, dove l’allievo disabile è sempre vincolato da condizioni che possono o non possono favorirne la partecipazione e l’uguaglianza (Canevaro & Mandato, 2004), ma si coniuga con una educazione per tutti ponendo l’accento su tutte le diversità presenti in un’aula scolastica, ovvero su tutti gli alunni, spostando di conseguenza l’attenzione e l’azione dagli allievi disabili, con DSA e con BES al complesso degli alunni come insieme delle diverse abilità, oltre che all’abbattimento delle barriere che ne impediscono l’apprendimento e la partecipazione (Medeghini & Fornasa, 2011).
Tale prospettiva non si esaurisce, quindi, nel semplice fatto di aver inserito gli allievi disabili, con DSA o con BES nei percorsi comuni scolastici con l’abolizione delle scuole e delle classi speciali e nella conseguente realizzazione delle condizioni legislative ed economiche che hanno consentito la frequenza delle scuole ordinarie agli allievi disabili, ma viene superato il concetto delle etichette diagnostiche attribuite alla persona e vengono interpretate le difficoltà non come problema del singolo, ma come ostacoli all’apprendimento e alla partecipazione che possono “…dipendere dal contesto educativo o sorgere dall’interazione degli alunni con l’ambiente, ossia con le persone, le regole, le
32 Con Evidence Based Education (EBE) si intende il recente approccio di ricerca fondato sulla
cultura dell’evidenza e finalizzato in primo luogo a definire standard rigorosi e qualitativamente elevati da utilizzare anche in ottica comparativa per l’analisi dell’efficacia delle pratiche sottostanti i processi di insegnamento-apprendimento. Secondo tale prospettiva vengono considerate accettabili solo indagini di tipo Randomized Controlled Trial (RCT), che prevedono l’impiego di un gruppo sperimentale ed un gruppo di controllo casuale, con possibilità di utilizzare anche delle applicazioni meno rigide quali indagini quasi sperimentali o raccolte empiriche sistematiche oppure osservazioni ripetute in condizioni controllate.
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istituzioni, le culture e le caratteristiche socioeconomiche che influenzano le loro vite…” (Dovigo, 2008, p. 20).
Il cambiamento di prospettiva così introdotto assume un rilievo particolarmente importante perché evidenzia che la disabilità è soprattutto il prodotto del contesto culturale o micro culturale, nel caso della scuola, in cui si opera. Allo stesso tempo la nozione di ostacoli all’apprendimento e alla partecipazione consente di ampliare in modo decisivo la riflessione su diversità e inclusione. Se si assume, infatti, che il problema da affrontare sono le pressioni che tendono a escludere alcune tipologie di scolari dai percorsi di apprendimento e dalla piena partecipazione appare evidente che vi sono molti alunni a rischio di esclusione.
Pertanto secondo tale approccio, il concetto di inclusione, riferendosi a tutti gli alunni e non soltanto quelli con deficit o che sono in difficoltà, si pone l’obiettivo di trasformare la cultura e la pratica all’interno delle scuole per arrivare ad essere scuole di tutte, considerando l’insieme delle differenze nell’intento di valorizzare tutte le potenzialità anche attraverso l’individuazione ed il potenziamento delle strategie organizzative e didattiche entro le quali i concetti chiave dell’Index for Inclusion (Booth, Ainscow & Kingston, 2006; Booth & Ainscow, 2002, 2011, 2014)33, quali rimuovere gli ostacoli all’apprendimento, promuovere l’apprendimento e la partecipazione, mobilitare risorse per sostenere l’apprendimento e le diversità, vengono posti dialetticamente a confronto con quello di bisogno educativo speciale, al fine di
33 La terza edizione dell’Index (2014) tiene conto di tutti i suggerimenti e le osservazioni
pervenute da ogni parte del mondo con aggiornamenti realizzati nella sezione dedicata agli indicatori ed alle domande. In particolare in questa edizione è stato esteso il lavoro sui valori inclusivi per dare unitarietà agli interventi basati sui principi, come quello della sostenibilità ambientale, della cittadinanza nazionale e globale, della non violenza e sulla promozione della salute. Nelle edizioni precedenti vi era una sezione specifica denominata “Mobilitare le risorse”, che in questa edizione è stata distribuita nelle diverse sezioni, per sottolineare l’importante ruolo che le risorse per l’apprendimento e la partecipazione hanno in quanto concetto chiave che permea tutto l’Index. L’innovazione più ampia riguarda il contenuto dei curricoli ed è inserita nella sezione “Costruire curricoli per tutti”. Per approfondimenti cfr. Booth T., & Ainscow M. (2014). Nuovo Index per l’inclusione. Percorsi di apprendimento e partecipazione
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evitare un’etichettatura svalutante degli alunni che influenzerebbe negativamente le aspettative nei loro confronti (Chiappetta Cajola, 2012).
3.3.2.1 Un sistema di indicatori per l’autovalutazione delle scuole
L’Index for Inclusion si basa su un processo di autovalutazione della scuola finalizzato a monitorare il proprio livello di adeguatezza rispetto ai principi dell’inclusione, con l’obiettivo di far emergere le culture che ispirano quell’organizzazione, anche in riferimento al contesto territoriale, e per sostenere l’esigenza di modificarle verso il processo inclusivo attivando specifici processi organizzativi-didattici. Il processo di autovalutazione è rivolto ad una scuola che si muove verso il superamento di logiche speciali con l’obiettivo di ridurre le barriere all’apprendimento per la partecipazione degli studenti, rivolgendo l’attenzione all’intero sistema e coinvolgendo tutti coloro che prendono parte all’esperienza educativa.
Booth e Ainscow propongono una raccolta strutturata di indicatori dell’inclusione sulla base di questionari predefiniti. La flessibilità dello strumento riguarda la possibilità di adattare e/o modificare gli indicatori previsti nei questionari in funzione delle diverse tipologie di scuole e di progettazione didattica adottata che rappresentano gli obiettivi di autovalutazione. Gli indicatori sono rappresentati dalle domande e sono organizzati in tre dimensioni: la cultura inclusiva (i valori ed il clima relazionale della scuola), le politiche inclusive (gli aspetti organizzativi legati all’accessibilità della scuola) e le pratiche inclusive (tutto ciò che riguarda i processi di apprendimento e insegnamento, le risorse che vengono utilizzate per tali processi e come vengono creati curricoli per tutti). Accanto alla definizione degli indicatori, l’Index propone anche una metodologia di autovalutazione ed automiglioramento che fa uso proprio di quegli indicatori per individuare i punti di forza e le situazioni che richiedono, invece, specifici interventi progettuali. Sulla base di questa analisi il Collegio dei docenti può elaborare priorità e strategie di intervento e miglioramento e può provare a realizzarle. Al
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termine di questo percorso può essere prevista una nuova autovalutazione per rilanciare l’inizio di un nuovo ciclo dell’Index “… nella prospettiva di un miglioramento potenzialmente infinito…” (Demo, 2013, p. 199).
Operativamente le fasi previste dall’Index for Inclusion sono riportate nello schema seguente (Fig. 5).
Fig. 5: The Index process and the school development planning cycle (Booth & Ainscow, 2002, p.10)
In conclusione l’Index è costruito attorno a quattro componenti: i concetti chiave che permettono di avere punti teorici di riferimento in grado di sostenere il senso dell’autoanalisi, le dimensioni e le sezioni che permettono di organizzare e strutturare l’approccio alla valutazione e allo sviluppo della scuola, gli indicatori con domande che consentono un’analisi dettagliata dei vari aspetti che definiscono l’inclusione, il processo inclusivo che orienta il percorso di analisi, pianificazione e messa in atto delle decisioni (Medeghini, 2006).
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Capitolo 4
Le tecnologie per il processo di inclusione scolastica
Fig. 6: Vignetta di Staino34