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RISChI DA SOVRACCARICO bIOMeCCAnICO

2. InfezIOnI TRASMeSSe DA VeTTORI 1 Infezioni trasmesse da zanzare

Numerosi sono gli esempi sia in sanità pubblica sia in sanità animale dell’emergen-za di malattie trasmesse da vettori. Tra queste ve ne sono alcune un tempo consi-derate esclusive di specifici areali tropicali, ad esempio chikungunya, dengue e infe-zioni da virus West Nile, Zika e Rift Valley, che recentemente hanno raggiunto aree geografiche anche molto lontane da quelle di origine grazie alla plasticità ecologica dei virus e ai cambiamenti climatici ed ambientali.

Si tratta di malattie trasmesse da specie di zanzare ampiamente diffuse sul territorio italiano, pertanto l’eventuale insorgenza di cicli autoctoni conseguenti a fenomeni di importazione (ad esempio tramite i viaggiatori o il commercio di animali) desta molta preoccupazione.

Una delle misure di prevenzione più efficaci consiste nel realizzare piani sistematici di sorveglianza entomologica e controllo delle zanzare mediante trattamenti di larve e adulti, come prescritti dalle Circolari recentemente emanate dal Ministero della salute (16.6.2016; 10.8.2016; 23.9.2016)

2.1.1 Infezione da Chikungunya

La chikungunya è una malattia virale acuta, causata da un Alphavirus (Arbovirus).

Il virus Chikungunya è trasmesso da specie di zanzare appartenenti al genere Aedes, come Aedes aegypti e Aedes albopictus (conosciuta come zanzara tigre). Quando le

zanzare pungono una persona malata, in fase acuta, si infettano e possono successi-vamente trasmettere il virus ad altre persone. Il virus non si trasmette invece da per-sona a perper-sona con i normali contatti di vita quotidiana o di lavoro.

La malattia è caratterizzata da sintomi simil influenzali: febbre elevata, cefalea, debolezza, dolori articolari diffusi, che a volte costringono la persona affetta ad assu-mere una posizione piegata al fine di alleviare il dolore causato dall’infiammazione delle articolazioni (in swahili, “Chikungunya” significa “che contorce”). Nel 2008 è stato riconosciuto un focolaio epidemico in Emilia Romagna, nel 2016 sono stati diagnosticati 8 casi in tutto il territorio nazionale.

2.1.2 Infezione da virus West nile

È una malattia infettiva provocata dal virus West Nile, un Arbovirus della famiglia Flaviviridae. In Italia la malattia da West Nile è stata identificata per la prima volta nel 1998, nella zona umida denominata Padule di Fucecchio, in Toscana, in un focolaio che ha provocato la morte di sei cavalli nel periodo compreso fra agosto ed ottobre. Il West Nile virus (WNV) è un patogeno naturale di uccelli selvatici ed è trasmesso all’uomo e agli animali, generalmente equini, attraverso la puntura di zan-zare infette appartenenti al genere Culex; non si trasmette da persona a persona. Nei serbatoi di infezione (uccelli migratori e animali domestici) il virus può persistere da alcuni giorni a qualche mese.

La malattia nell’uomo si manifesta dopo un periodo di incubazione variabile da 3 a 15 giorni dopo la puntura infettante. La maggior parte delle infezioni decorre in modo inapparente; le infezioni sintomatiche possono manifestarsi in forma simil-influenzale con febbre, cefalea, dolori muscolari e articolari, raramente accompa-gnati da rash cutaneo.

In Italia i focolai confermati negli equidi ad oggi sono 75, di cui 30 con sintomi cli-nici; i casi totali negli equidi sono 97 di cui 36 clinicamente manifesti con 8 morti.

Le province interessate sono: Reggio Emilia, Ferrara, Modena, Parma, Verona, Mantova, Arezzo, Latina.

I casi umani riconosciuti sono stati 9, 4 dei quali caratterizzati da patologia neu-roinvasiva.

2.1.3 febbre da zika

È una malattia virale causata dall’infezione da Zika virus, un Flavivirus simile al virus della febbre gialla, della dengue, dell’encefalite giapponese e dell’encefalite del Nilo occidentale. I vettori responsabili della trasmissione sono zanzare appartenen-ti al genere Aedes, molto diffuse anche in Italia, mentre non si conosce con certezza l’ospite serbatoio, forse rappresentato da un primate non umano. In Italia sono stati registrati 3 casi di infezione nel 2014, 5 nel 2015 e 63 nel 2016, tutti di importa-zione; il dato del 2016 è correlabile alla recente epidemia verificatasi in sud America,

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in particolare in Brasile. L’infezione si instaura in seguito alla puntura di una zan-zara infetta ma può trasmettersi anche attraverso i fluidi biologici. Il periodo di incubazione può durare da 3 a 12 giorni e i sintomi da 2 a 7, sono di tipo simil-influenzale (febbre, mialgia, antralgia, congiuntivite, mal di testa e a volte rash maculo-papulare) e raramente comportano complicazioni che richiedono il ricove-ro in ospedale. Tuttavia il virus può causare malformazioni neuricove-rologiche nel feto se l’infezione interessa una donna in gravidanza.

2.1.4. Dengue

Si tratta di una patologia pandemica di origine virale, trasmessa dalla zanzara Aedes egypti (femmina), la cui incidenza è aumentata di 30 volte negli ultimi 50 anni.

L’infezione può causare una grave complicanza, la febbre emorragica, con esito potenzialmente letale.

Il vettore ha colonizzato efficacemente gli ambienti urbani riproducendosi in con-tenitori artificiali. L’unica forma di prevenzione è rappresentata dal controllo delle zanzare attraverso la combinazione di gestione ambientale, lotta chimica e lotta bio-logica contro le larve.

2.1.5 febbre da Rift Valley Virus

È causata da un virus del gruppo Phlebovirus, patogeno naturale di ruminanti, (ovini, bovini e caprini), trasmesso anche all’uomo da zanzare dei generi Aedes e Culex e dal contatto con sangue e carni di animali infetti o ingerendo latte non pastorizzato o crudo. È stata inoltre dimostrata la trasmissione per via inalatoria, attraverso l’aerosol generato durante la macellazione di animali infetti. Pertanto, il rischio riguarda soprattutto allevatori, veterinari e addetti alla macellazione.

I sintomi sono numerosi e di gravità variabile, in una minoranza di casi si svilup-pano malattie oculari, meningoencefalite o forme di febbre emorragica.

I focolai sono tipicamente africani e la misura di prevenzione più efficace consiste nella sorveglianza veterinaria e nel controllo sia di animali che di carni macellate di importazione.

2.1.6 Misure di prevenzione e sorveglianza per i lavoratori outdoor

Il rischio di essere punti da zanzare infette è esteso a tutta la popolazione; tuttavia, tra i lavoratori più esposti vi sono coloro che svolgono attività outdoor (agricoltori, giardinieri, forestali, edili, ecc.).

Particolare attenzione merita il controllo dei vettori, che comprende sia misure di profilassi comportamentale che misure di controllo ambientale come:

- uso di repellenti a base di dietiltoluammide;

- uso di indumenti protettivi, ad esempio pantaloni lunghi e camicie a maniche lunghe, meglio se chiari;

- controllo della popolazione di zanzare;

- periodici interventi di disinfestazione;

- eliminazione, soprattutto in prossimità delle abitazioni o dei luoghi di lavoro, delle raccolte d’acqua che possono essere utilizzate dalle zanzare per la deposizio-ne delle uova;

- informazione e formazione dei lavoratori.

2.2 Infezioni trasmesse da zecche

Le zecche sono aracnidi ectoparassiti ematofagi che fungono da vettori per nume-rosi agenti biologici patogeni. La distribuzione e la diffusione delle zecche sono determinate dai mutamenti climatici, dalle migrazioni degli uccelli selvatici che pos-sono trasportare e diffondere questi parassiti, dalle attività zootecniche, dall’intro-duzione nell’ambiente di specie selvatiche ed esotiche e dai movimenti migratori delle popolazioni umane.

2.2.1 Tick-borne encefalitis (Tbe)

L’encefalite da zecche è causata da un Flavivirus, il cui sottotipo europeo si tra-smette all’uomo mediante il morso della zecca Ixodes ricinus, che agisce sia da ser-batoio che da vettore. I principali ospiti sono piccoli roditori, insettivori e carnivo-ri, mentre l’uomo è un ospite accidentale. La maggior parte delle infezioni umane ha decorso asintomatico. Nei casi clinici, si ha l’interessamento del sistema nervoso centrale, con possibile meningite, meningoencefalite, paralisi, infiammazione del midollo spinale e delle radici dei nervi spinali.

Secondo i dati pubblicati dal Ministero della salute, negli ultimi 30 anni il numero di casi umani nelle regioni endemiche europee è aumentato di circa il 400%.

2.2.2 febbre q

La febbre Q è una zoonosi causata dalla rickettsia Coxiella burnetii, che infetta pic-coli roditori ma anche capre, pecore e mucche nonché artropodi come le zecche.

L’uomo può infettarsi attraverso il contatto diretto con bovini, ovini e caprini infet-ti, inalando le coxielle presenti nei liquidi biologici, nei tessuti placentali, negli escreti e nei materiali contaminati: lana, paglia, letame, recinti, ecc., oppure inge-rendo latte non pastorizzato. Un’altra via di trasmissione delle coxielle all’uomo è rappresentata dal morso di zecche infette.

La maggior parte delle persone che contraggono l’infezione sviluppa una forma simil-influenzale o una polmonite, ma un ridotto numero di casi può presentare una serie

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di gravi complicazioni come endocardite o epatite cronica. La rickettsia può soprav-vivere anche per mesi o anni nei materiali, nella polvere o nel suolo contaminati (fino a 500 giorni in materiale essiccato quale lana e pelli), nelle polveri e nei prodotti ali-mentari. La febbre Q è da considerare una malattia occupazionale per addetti ai macelli, allevatori, veterinari, ma anche per tosatori, cardatori e conciatori; poiché le rickettsie sono escrete con le urine, possono essere a rischio anche coloro che fre-quentano aree limitrofe o che si occupano del trasferimento degli animali.

Le misure adottabili per la riduzione del rischio riguardano: piani di sorveglianza epidemiologica, monitoraggio sierologico degli animali, identificazione e isolamen-to degli animali infetti, distruzione dei feti e degli annessi di animali infetti, disin-fezione dei ricoveri, lotta contro le zecche o altri vettori della malattia riscontrati nelle località dove si verificano casi di infezione, lavaggio e disinfezione degli indu-menti utilizzati nella manipolazione di materiale potenzialmente infetto. È impor-tante sottolineare che le coxielle resistono ai comuni disinfettanti; si consigliano, pertanto, formalina e idrato sodico per gli ambienti, cloruro di calce per le superfi-ci contaminate e cloramina per le mani.

2.2.3 Malattia di lyme

La malattia (o borreliosi) di Lyme è una zoonosi causata da Borrelia burgdorferi, una spirocheta il cui serbatoio naturale è rappresentato da uccelli e varie specie di mam-miferi tra cui piccoli roditori, cani e cavalli; fungono da vettori le zecche appartenenti al genere Ixodes. La patologia si manifesta con eritema cronico migrante accompa-gnato da una sindrome simil-influenzale e sintomi articolari e/o neurologici.

In Italia le regioni centro-settentrionali presentano il maggior numero di casi osser-vati di infezione; tra i lavoratori a maggior rischio di esposizione vi sono coloro che svolgono attività outdoor (agricoltori, giardinieri, forestali, edili, ecc.).

2.2.4 Tularemia

La tularemia, conosciuta come la “febbre del coniglio” è causata dal batterio Francisella tularensis holartica e colpisce generalmente conigli e roditori selvatici, ma può colpire anche altre specie animali e l’uomo. Francisella tularensis è classificata dai Centers for Disease Control in Categoria A come potenziale agente di bioterrori-smo a causa della sua alta infettività, facilità di disseminazione e potenzialità di pro-vocare una grave malattia. La maggior parte dei casi è associata a morsi di zecche, tafani e pulci ma il contagio può avvenire anche per contatto con animali infetti (soprattutto conigli e lepri), per consumo di carne infetta poco cotta o per inge-stione d’acqua contaminata, anche se meno frequentemente. Non è stata docu-mentata una trasmissione interumana. I sintomi della tularemia sono: febbre, mal di testa, malessere, lesioni ulcerose della cute; può anche presentarsi con polmoni-te, meningipolmoni-te, sepsi, shock e morte (1-3%).

Il batterio sopravvive per lunghi periodi in acqua, fango, carcasse animali, soprat-tutto in ambienti a bassa temperatura. La tularemia rappresenta un rischio occupa-zionale per chiunque operi a contatto con conigli, cani e gatti (veterinari e allevato-ri) o manipoli carcasse di animali e tessuti infetti (laboratoristi); è un rischio anche l’esposizione a polvere contaminata o lavorare in aree outdoor infestate da zecche infette (agricoltori, forestali ecc.).

2.2.5 Misure di prevenzione e sorveglianza per i lavoratori outdoor

Le misure di prevenzione da adottare per evitare il contatto con i vettori d’infezio-ne sono di carattere igienico (personale, ambientale e degli animali domestici) e di tipo comportamentale.

Tra questi:

- uso di antiparassitari sugli animali domestici e sulle cucce;

- uso di repellenti a base di dietiltoluammide o dimetilftolato o permetrina;

- evitare di camminare in mezzo a erba alta o incolta o vicino a mandrie di animali;

- ispezionare spesso indumenti e parti del proprio corpo;

- utilizzare indumenti ben coprenti e chiari che facilitino l’individuazione di even-tuali vettori;

- utilizzare DPI (tute, guanti, stivali).

3. InfezIOnI nOn TRASMeSSe DA VeTTORI